Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22154 del 20/10/2014


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Civile Sent. Sez. L Num. 22154 Anno 2014
Presidente: VIDIRI GUIDO
Relatore: AMENDOLA FABRIZIO

SENTENZA
sul ricorso 965-2013 proposto da:
ROSMARINI

PIETRO

C.F.

RSMPTR61R26C093U,

già

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CESENA 58,
presso lo studio dell’avvocato FABIO MARIANTONI,
rappresentato e difeso dall’avvocato ROBERTO ALLEVI,
giusta delega in atti e da ultimo domiciliato presso LA
2014

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;
– ricorrente –

2360

contro

I.N.A.I.L – ISTITUTO NAZIONALE PER L’ASSICURAZIONE
CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO C.F. 01165400589, in

Data pubblicazione: 20/10/2014

persona del

legale

rappresentante pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144,
presso lo studio degli avvocati LUCIANA ROMEO, TERESA
OTTOLINI, giusta delega in atti;

controri corrente

di ANCONA, depositata il 09/01/2012 R.G.N. 1315/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 02/07/2014 dal Consigliere Dott. FABRIZIO
AMENDOLA;
udito l’Avvocato MARIANTONI FABIO per delega ALLEVI
ROBERTO;
udito l’Avvocato OTTOLINI TERESA;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. MARCELLO MATERA che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

avverso la sentenza n. 843/2011 della CORTE D’APPELLO

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
Pubblica udienza del 2 luglio 2014
n. 24 del ruolo – R.G. n. 965/2013
Presidente Vidiri – Relatore Amendola

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

riforma della sentenza di primo grado, rigettava la domanda proposta da
Pietro Rosmarini con cui si chiedeva la condanna dell’Inail al pagamento
della rendita ex D.P.R. n. 1124 del 1965 nonché dell’indennità per inabilità
temporanea in relazione all’infortunio in itinere subito dal lavoratore in data

3 giugno 1998.
La Corte distrettuale premetteva come pacifiche le circostanze di fatto
utili ai fini della decisione: l’infortunio si era verificato poco prima delle 8.00,
orario di inizio della prestazione lavorativa, allorquando il Rosmarini si
trovava alla guida dell’autovettura lungo il tragitto per raggiungere il posto di
lavoro; tramite rilievo dei luoghi mediante consulenza tecnica d’ufficio era
stato accertato che la distanza tra l’abitazione e l’ingresso della ditta era di
poco meno di un chilometro; tale distanza era coperta da un servizio di linea
di trasporto pubblico con partenze alle 7.05 ed alle 7.55, con percorrenze del
tragitto in circa tre minuti.
Ciò posto la Corte di merito ha scrutinato che nella specie l’uso del
mezzo proprio non fosse necessitato, atteso che il lavoratore aveva senz’altro
a disposizione il servizio di linea, “utilizzando anche la corsa delle ore 7.55,
tale da consentirgli di raggiungere il posto di lavoro all’orario di lavoro
programmato”, e considerando altresì che, data la media età lavorativa e la
mancata allegazione di problemi fisici o di salute, il tragitto non superiore al
chilometro era comodamente percorribile anche a piedi senza eccessivo
dispendio di energie fisiche.
2.— Il ricorso di Pietro Rosmarini è affidato ad un motivo, illustrato da
memoria. Ha resistito con controricorso l’INAIL.

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1.— Con sentenza del 9 gennaio 2012, la Corte di Appello di Ancona, in

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro

MOTIVI DELLA DECISIONE
1.— Con il motivo di impugnazione, articolato in duplice rubrica, il
ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 2 e 66 del
D.P.R. n. 1124 del 1965 e dell’art. 12 del d. lgs. n. 38 del 2000 e dei principi
di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto
controverso e decisivo per il giudizio.
Osserva che nella specie l’uso del mezzo meccanico era giustificato dalla
distanza tra abitazione e luogo di lavoro, tenuto conto che la
“giurisprudenza, che indica notoriamente la distanza minima in circa metri
600 metri, è pacifica e consolidata”.
Rileva che il Rosmarini utilizzando il servizio di linea alle ore 7.55
sarebbe giunto alla fermata in prossimità della ditta alle 7.58, dovendo
altresì percorrere più di 100 metri prima di entrare nello stabilimento,
raggiungere gli spogliatoi, cambiarsi e timbrare il cartellino entro le ore 8.00,
con impossibilità di rispettare l’orario di lavoro “notoriamente disciplinato”
dal CCNL dei metalmeccanici.
2.— Il Collegio giudica il ricorso infondato.
2.1.— Deve rilevarsi che, secondo il consolidato e condiviso
orientamento interpretativo di questa Corte, ai sensi del D.P.R. n. 1124 del
1965, art. 2 (applicabile nella fattispecie ratione temporis), l’indennizzabilità
dell’infortunio in itinere, subito dal lavoratore nel percorrere, con mezzo
proprio, la distanza fra la sua abitazione e il luogo di lavoro, postula: a) la
sussistenza di un nesso eziologico tra il percorso seguito e l’evento, nel senso
che tale percorso costituisca per l’infortunato quello normale per recarsi al
lavoro e per tornare alla propria abitazione; b) la sussistenza di un nesso
almeno occasionale tra itinerario seguito ed attività lavorativa, nel senso che
il primo non sia dal lavoratore percorso per ragioni personali o in orari non
collegabili alla seconda; c) la necessità dell’uso del veicolo privato, adoperato

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generali che regolano l’assicurazione sugli infortuni sul lavoro nonché vizio

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
dal lavoratore, per il collegamento tra abitazione e luogo di lavoro,
considerati i suoi orari di lavoro e quelli dei pubblici servizi di trasporto (ex

plurimis: Cass. n. 7717 del 2004).
Va altresì considerato che, in linea generale, in tema di infortunio in
che il comportamento del lavoratore sia giustificato da un’esigenza
funzionale alla prestazione lavorativa, tale da legarla indissolubilmente
all’attività di locomozione, posto che il suddetto infortunio merita tutela nei
limiti in cui l’assicurato non abbia aggravato, per suoi particolari motivi o
esigenze personali, la condotta extralavorativa connessa alla prestazione per
ragioni di tempo e di luogo, interrompendo così il collegamento che
giustificava la copertura assicurativa; pertanto, il rischio elettivo, escludente
l’indennizzabilità e che postula un maggior rigore valutativo, rispetto
all’attività lavorativa diretta, implica tutto ciò che, estraneo e non attinente
all’attività lavorativa, sia dovuto a scelta arbitraria del lavoratore, che abbia
volutamente creato, ed affrontato, in base a ragioni ed impulsi personali,
una situazione diversa da quella inerente la sua attività lavorativa e per
nulla connessa ad essa (v. Cass. n. 6449 del 2008; Cass. n. 19047 del 2005).
L’uso del mezzo proprio, con l’assunzione degli ingenti rischi connessi
alla circolazione stradale, deve essere valutato dunque con adeguato rigore,
tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento
normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di
esposizione al rischio di incidenti (Cass. n. 19940 del /2004).
Infine – ma non ultimo per importanza – occorre rammentare e ribadire
che, per questa Corte, la valutazione dell’inerenza del rischio all’attività
lavorativa ed alle sue modalità costituisce un apprezzamento di fatto di
competenza del giudice del merito (tra le altre: Cass. n. 6725 del 2013; Cass.
n. 22759 del 2011; Cass. n. 6449 del 1998).
Tale valutazione è dunque sindacabile in sede di legittimità
esclusivamente nei limiti imposti dall’art. 360, co. 1, n. 5, c.p.c., secondo il

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itinere, occorre, per il verificarsi dell’estensione della copertura assicurativa,

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Sezione lavoro
quale la motivazione omessa, contraddittoria o insufficiente è configurabile
soltanto qualora dal ragionamento del giudice di merito, come risultante
dalla sentenza impugnata, emerga la totale obliterazione di elementi che
potrebbero condurre ad una diversa decisione, ovvero quando sia evincibile
procedimento logico che lo ha indotto, sulla base degli elementi acquisiti, al
suo convincimento, ma non già quando, invece, vi sia difformità rispetto alle
attese ed alle deduzioni della parte ricorrente sul valore e sul significato dal
primo attribuiti agli elementi delibati, risolvendosi, altrimenti, il motivo di
ricorso in un’inammissibile istanza di revisione delle valutazioni e del
convincimento di quest’ultimo tesa all’ottenimento di una nuova pronuncia
sul fatto, certamente estranea alla natura ed ai fini del giudizio di cassazione
(in termini, da ultimo, Cass. SS.UU. n. 24148 del 2013).
2.2.— Alla stregua degli esposti principi il motivo di ricorso articolato
dall’istante non può trovare accoglimento.
Come ricordato nello storico della lite, la Corte distrettuale ha
scrutinato che, nella fattispecie concreta, l’uso del mezzo proprio non fosse
necessitato sulla base dei seguenti rilievi.
Tramite consulenza tecnica d’ufficio era stato infatti accertato che, tra
abitazione e luogo di lavoro, vi era la distanza di 900 metri e di 70 metri
dalla fermata dell’autobus all’ingresso della ditta; era stata altresì verificata
l’esistenza di un servizio di linea “con partenze mattutine alle ore 7.05 e 7.55
con percorrenza del tragitto in circa 3 minuti”.
I giudici d’appello hanno dunque considerato che il lavoratore avesse
senz’altro a disposizione il servizio di linea di trasporto pubblico. Sia
utilizzando la corsa delle 7.05 – che certo è orario del tutto fisiologico
nell’ambito dell’ordinario panorama del pendolarismo lavorativo – sia
utilizzando “anche” la corsa delle ore 7.55, tale da consentirgli di raggiungere
il posto di lavoro all’orario di lavoro programmato per le ore 8.00.
Hanno altresì valutato che, “data la media età lavorativa e la mancata

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l’obiettiva carenza, nel complesso della medesima sentenza, del

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
allegazione di problemi fisici o di salute, il tragitto non superiore al
chilometro era comodamente percorribile anche a piedi senza eccessivo
dispendio di energie fisiche”.
Trattasi di ragioni della decisione, l’ultima delle quali neanche
enunciati e priva di vizi logici.
Rispetto a tale motivazione parte istante, lungi dall’evidenziare
l’elemento decisivo che sarebbe stato trascurato dalla Corte territoriale e la
cui valutazione, invece, avrebbe con certezza condotto ad un esito diverso
della lite, si limita a prospettare una nozione soggettiva di uso “necessitato”
del mezzo proprio, conforme alle proprie aspettative personali ma ben
lontana dal senso proprio dell’impossibilità di fare altrimenti.
In definitiva la scelta da parte del ricorrente del mezzo personale poteva
essere dettata da ragioni del tutto legittime, ma per traslare il costo di
eventuali incidenti stradali sull’intervento solidaristico a carico della
collettività era necessario che tale uso fosse assistito da un vincolo di
“necessità”, nella specie coerentemente escluso dai giudici di merito in
presenza di alternative possibili.
3.— Conclusivamente il ricorso deve essere respinto.
Nulla spese, ratione temporis, atteso che le modifiche apportate dal D.L.
n. 269 del 2003, art. 42, comma 11, convertito in L. n. 326 del 2003, alla
disciplina delle spese nelle controversie previdenziali (art. 152 disp. att.
c.p.c., nel testo originario risultante dalla sentenza della Corte costituzionale
n. 134 del 1994) non sono applicabili ai giudizi di merito e a quello di
cassazione introdotti anteriormente al 2 ottobre 2003 (data di entrata in
vigore del predetto decreto legge).

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adeguatamente censurata, sicuramente coerenti ai principi di diritto

Corte Suprema di Cassazione
Sezione lavoro
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 2 lu lo 2014
Il Ci sigliere estensore
Il Presidente

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