Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22152 del 05/09/2019

Cassazione civile sez. III, 05/09/2019, (ud. 30/01/2019, dep. 05/09/2019), n.22152

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ARMANO Uliana – Presidente –

Dott. GRAZIOSI Chiara – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. D’ARRIGO Cosimo – Consigliere –

Dott. GUIZZI Stefano Giaime – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 5625-2017 proposto da:

ADRIATICA IMMOBILIARE DI S.G. E C SAS in persona del

legale rappresentante, domiciliata ex lege in ROMA, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato ROSA MAURO;

– ricorrente –

contro

T.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GAIO MENIO 41,

presso lo studio dell’avvocato LUCA TILIA, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1222/2016 del TRIBUNALE di RIMINI, depositata

il 07/10/2016;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/01/2019 dal Consigliere Dott. STEFANO GIAIME GUIZZI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SGROI CARMELO che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l’Avvocato ROSA MAURO;

udito l’Avvocato TILIA LUCA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. La società Adriatica Immobiliare di S.G. e C. S.a.s. (d’ora in poi, “Adriatica Immobiliare”), ricorre, sulla base di tre motivi, per la cassazione della sentenza n. 1222/16, del 7 ottobre 2016 del Tribunale di Rimini, che – respingendo il gravame da essa esperito contro la sentenza n. 32/15, del 14 gennaio 2015, del Giudice di Pace di Rimini – ha confermato l’accoglimento dell’opposizione ex art. 645 c.p.c., proposta da T.L., avverso il provvedimento monitorio che gli ingiungeva il pagamento, in favore dall’odierna ricorrente, della somma di Euro 4.477,00, a titolo di provvigione ex art. 1755 c.c..

2. Riferisce, in punto di fatto, la ricorrente che il T. proponeva opposizione al decreto ingiuntivo suddetto, eccependo, nell’ordine, il difetto di competenza dell’adito Giudice di pace, la propria carenza di legittimazione passiva, avendo operato come procuratore della parte destinataria dell’affare, nonchè, nel merito, la presunta mancanza di attività di intermediazione, con la conseguente carenza del presupposto per il pagamento dell’incarico alla società Adriatica Immobiliare.

Costituitasi nel giudizio ex art. 645 c.p.c., l’odierna ricorrente contestava tutto quanto “ex adverso” dedotto, ed in particolare, nel merito, assumeva che il contratto di mediazione prevedeva la cd. “clausola di esclusiva”, in base alla quale, anche se il venditore avesse trovato un interessato all’acquisto, in ogni caso l’agente avrebbe dovuto seguire la trattativa.

Accolta l’opposizione dal primo giudice, la decisione veniva confermata dal Tribunale riminese, in funzione di giudice d’appello, giacche il gravame esperito dall’odierna ricorrente veniva da esso rigettato.

3. Avverso tale ultima decisione ha proposto ricorso per cassazione la società Adriatica Immobiliare, sulla base di tre motivi.

3.1. Con il primo motivo – proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), – si deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 99 e 112 c.p.c., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Si censura la sentenza impugnata in quanto essa ha ricondotto il rigetto del gravame all’accoglimento dell’eccezione di carenza di legittimazione passiva sollevata dal T. in primo grado e poi riproposta in appello.

Si osserva, al riguardo, che sebbene tale eccezione fosse stata dapprima sollevata e poi riproposta, essa non sarebbe mai stata, di fatto, compiutamente formulata e articolata, giacchè la lettura degli scritti defensionali del T. rivelerebbe come costui non ha mai concluso per l’accoglimento dell’eccezione suddetta, nè in primo nè in secondo grado.

3.2. Con il secondo motivo – sempre proposto ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3) e 5), – si deduce violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 1755 e 1388 c.c., nonchè omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio.

Si censura la sentenza impugnata laddove ha ritenuto fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva, esito cui è pervenuta sul rilievo che il T., in occasione sia del conferimento dell’incarico alla società Adriatica Immobiliare, che della conclusione del rogito di vendita, ebbe a dichiarare di operare non in proprio, ma esclusivamente quale procuratore speciale di tale M.E..

Sul presupposto che il diritto alla provvigione si perfezioni, ai sensi dell’art. 1755 c.c., al momento della conclusione dell’affare, che non coincide necessariamente con quello della conclusione del contratto, la ricorrente contesta la sentenza impugnata, laddove ha dato rilievo alla circostanza che il T., in occasione del conferimento dell’incarico, dichiarò di agire quale procuratore, senza, tuttavia, operare la cosiddetta “spendita del nome” del soggetto rappresentato.

Si evidenzia, al riguardo, come nei contratti per i quali è richiesta la forma scritta “ad substantiam”, la “contemplatio domini” tacita non è ammessa.

3.3. Infine, con quello che, per vero, non sembra neppure essere qualificato alla stregua di un terzo motivo di ricorso, la ricorrente, “nel merito”, ribadisce il proprio diritto alla provvigione, lamentando il fatto che la sentenza di prime cure risulterebbe errata, laddove ha completamente omesso l’esame della documentazione versata in atti e volta ad evidenziare come, nella specie, ricorresse un’ipotesi di mediazione in esclusiva.

4. T.L. ha resistito, con controricorso, all’avversaria impugnazione, chiedendone la declaratoria di inammissibilità ovvero, in subordine, di infondatezza.

In particolare, con riferimento al primo motivo di ricorso, il controricorrente evidenzia come sia ipotizzabile una pronuncia d’ufficio allorchè il giudice basi, come nella specie, la propria decisione su domande implicite.

Quanto al secondo motivo, nel ribadire di aver sempre dichiarato di agire in qualità di procuratore di altri, il T. sottolinea come la rappresentanza non richieda necessariamente una espressa dichiarazione del soggetto agente, potendo il potere rappresentativo, al medesimo conferito, essere manifestato attraverso la struttura stessa dell’atto o altri elementi univoci, quali l’intestazione del contratto e l’appartenenza del bene. Siffatta evenienza, in particolare, ricorrerebbe nel caso di specie, giacchè la circostanza che l’immobile, della cui vendita la ricorrente era stata incaricata, fosse di proprietà della M., ebbe ad emergere in occasione della conclusione del rogito.

Infine, quanto alla pretesa che questa Corte decida la controversia “nel merito”, si sottolinea come essa possa pronunciarsi solo in ordine a vizi di legittimità.

5. Inizialmente destinato all’esame della Sezione Sesta di questa Corte, il presente ricorso – dopo che la ricorrente aveva depositato memoria – è stato rimesso all’esame della Sezione Terza, in pubblica udienza.

6. La ricorrente ha depositato memoria, ex art. 378 c.p.c., insistendo nella proprie argomentazioni.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

5. Il ricorso va rigettato.

5.1. Il primo motivo non è fondato.

5.1.1. Al netto di ogni altra considerazione (in particolare, sulla necessità di interpretare la domanda alla stregua del comportamento complessivo della parte, visto che in tale attività “il giudice non è condizionato dalle parole utilizzate dalla parte e deve tener conto dell’intero contesto dell’atto, senza alterarne il senso letterale ma, allo stesso tempo, valutandone la formulazione testuale e il contenuto sostanziale in relazione all’effettiva finalità che la parte intende perseguire”; da ultimo, Cass. Sez. Lav., ord. 20 luglio 2018, n. 19435, Rv. 649970-01), dirimente è la constatazione che il difetto di “legitimatio ad causam” può avvenire anche d’ufficio.

Invero, ancora di recente questa Corte ha ribadito che “il difetto di “legitimatio ad causam”, riguardando la regolarità del contraddittorio, costituisce un “error in procedendo” ed è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del processo” (Cass. Sez. 1, sent. 27 marzo 2017, n. 7776, Rv. 644832-01).

D’altra parte, la prospettiva non cambierebbe neppure se si considerasse quella rilevata nel caso di specie non un’ipotesi di difetto di “legittimazione”, bensì di “titolarità” (dal lato passivo) del rapporto controverso.

Difatti, secondo l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte la “carenza di titolarità, attiva o passiva, del rapporto controverso è rilevabile di ufficio dal giudice se risultante dagli atti di causa” (Cass. Sez. Un., sent. 16 febbraio 2016, n. 2951, Rv. 638373-01).

5.2. Anche il secondo motivo non è fondato.

5.2.1. Come ha, ancora di recente, affermato questa Corte, “il diritto del mediatore alla provvigione si ricollega all’efficacia del suo intervento nel favorire la conclusione dell’affare, non alle forme giuridiche mediante le quali l’affare medesimo è concluso, nè alla coincidenza soggettiva tra fase delle trattative e formalizzazione del negozio; ne consegue che il mediatore può domandare la provvigione alla persona che gli ha affidato l’incarico e ha condotto le trattative, la quale risponde in proprio, tranne che abbia dichiarato fin dall’origine di agire in rappresentanza di un terzo” (Cass. Sez. 2, ord. 14 maggio 2018, n. 11655, Rv. 648495-01; nello stesso senso, Cass. Sez. 6-3, ord. 23 marzo 2012, n. 4758, Rv. 622114-01).

L’evenienza da ultimo indicata è quella verificatasi nel caso di specie, viso che il T. ebbe a dichiarare di agire quale rappresentante di altri, il cui nominativo divenne noto in occasione della conclusione del rogito.

Nè in senso contrario, ovvero per ritenere che obbligato al pagamento della provvigione fosse il T., potrebbe addursi la circostanza che costui, pur dichiarandosi “rappresentante” della proprietaria dell’immobile, la cui vendita costituiva oggetto dell’incarico di mediazione, non avrebbe operato la “spendita del nome” della stessa, non potendo la “contemplatio domini” risultare “per (acta concludentia”, richiedendosi, in questi casi, la forma scritta, trattandosi di contratto formale, giacchè “l’incarico a trattare finalizzato ad individuare possibili compratori per un compendio immobiliare non richiede, diversamente dalla procura a vendere, la forma scritta “ad substantiam”” (Cass. Sez. 2, ord. 14 maggio 2018, n. 11655, Rv. 648495-01).

5.3. Infine, il terzo motivo risulta, sotto più profili, inammissibile.

5.3.1. Esso, infatti, per un verso, non si risolve in una critica rivolta alla sentenza impugnata, così contravvenendo al principio secondo cui il motivo di ricorso “deve necessariamente possedere i caratteri della tassatività e della specificità ed esige una precisa enunciazione, di modo che il vizio denunciato rientri nelle categorie logiche previste dall’art. 360 c.p.c., sicchè è inammissibile la critica generica della sentenza impugnata” (da ultimo, Cass. Sez. 62., ord. 14 maggio 2018, n. 11603, Rv. 648533-01).

Senza, poi, tacere del fatto che la censura appare indirizzata verso la decisione del primo giudice, donde la sua inammissibilità anche sotto questo profilo (Cass. Sez. 2, sent. 30 marzo 1999, n. 2607, Rv. 524362-01).

6. Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza, essendo poste a carico della ricorrente e liquidate come da dispositivo.

7. A carico della ricorrente sussiste l’obbligo di versare un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater.

PQM

La Corte rigetta il ricorso, condannando, per l’effetto, la società Adriatica Immobiliare di S.G. e C. S.a.s. a rifondere a T.L. le spese del presente giudizio, che liquida in Euro 2.500,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, più spese forfetarie nella misura del 15% ed accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, all’esito di pubblica udienza della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 30 gennaio 2019.

Depositato in Cancelleria il 5 settembre 2019

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