Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22151 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.22/09/2017),  n. 22151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – rel. Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – Consigliere –

Dott. CORBO Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14994/2012 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

MF COMPONENTI SRL IN LIQUIDAZIONE CONCORDATO PREVENTIVO,

elettivamente domiciliato in ROMA PIAZZA D’ARACOELI 1, presso lo

studio dell’avvocato PIETRO PICCONE FERRAROTTI, che lo rappresenta e

difende;

– controricorrente –

e contro

A.I., R.P.P.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 64/2011 della COMM. TRIB. REG. di MILANO,

depositata il 02/05/2011;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. GUGLIELMO CINQUE;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SERGIO DEL CORE, che ha chiesto

l’accoglimento del ricorso.

Fatto

RILEVATO

che, con la sentenza n. 64/45/2011, depositata il 2.5.2011, la Commissione Tributaria Regionale della Lombardia, per quello che interessa in questa sede, ha rigettato l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate, Direzione Provinciale di Milano (OMISSIS), avverso la pronuncia n. 37/24/10 della CTP di Milano, affermando che per i contribuenti l’obbligo di indicare separatamente in dichiarazione i costi relativi ad acquisti da imprese domiciliate fiscalmente in Stati o territori aventi regimi fiscali privilegiati sussisteva, ai sensi dell’art. 110, comma 1 T.U.I.R., unicamente se detti costi non fossero deducibili dal reddito per cui, nel caso in esame, accertata la deducibilità, era ininfluente, da parte della MF Componenti srl in liquidazione, la separata indicazione nella dichiarazione dei redditi per l’anno 2004 dei costi sostenuti in relazione alle operazioni di acquisto di materie prime dalle società elvetiche PPC Electronic AG e Sires Gmbhc, per Euro 2.123.189,95, con conseguente annullamento dell’atto di contestazione impugnato con il quale erano state irrogate le sanzioni;

che, avverso tale decisione, ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate affidato ad un solo motivo;

che la società in liquidazione ha resistito con controricorso;

che il PG ha formulato richieste scritte concludendo per l’accoglimento del ricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che, con il ricorso per cassazione, si censura la violazione dell’art. 110 T.U.I.R. e del D.Lgs. n. 471 del 1997, art. 8, comma 3 bis (ex art. 30 c.p.c., n. 3), deducendo che, erroneamente, i giudici di secondo grado avevano ritenuto l’obbligo della indicazione separata dei costi subordinata alla deducibilità di questi ultimi tanto è che dal 1 gennaio 2007, in virtù della modifica apportata dell’art. 110, comma 11 T.U.I.R. della L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 301, non era più richiesta, come presupposto condizionante la deducibilità dei costi in questione, la loro specifica e separata indicazione in dichiarazione e che la sanzione applicabile era quella stabilita in misura pari al 10% dell’importo complessivo non indicato separatamente, da un minimo di Euro 500,00 ad un massimo di Euro 50.000;

che il ricorso è fondato: invero, alla stregua dei recenti principi giurisprudenziali affermati da questa Corte (cfr. Cass. n. 4030/2015; Cass. n. 6205/2015), cui si intende dare seguito, in tema di reddito di impresa, l’abolizione del previgente regime di indeducibilità dei costi relativi ad operazioni commerciali intercorse con soggetti domiciliati in Paesi a fiscalità privilegiati (cd. black list), prevista dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, commi 301, 302 e 303, ha carattere retroattivo, sicchè la deducibilità risulta subordinata solo alla prova dell’operatività dell’impresa estera contraentè e della effettività della transazione commerciale, mentre la separata indicazione di detti costi è degradata ad obbligo di carattere formale, passibile unicamente di sanzione amministrativa;

che tale obbligo, di carattere formale, perchè finalizzato all’espletamento di una facoltà di controllo dell’Amministrazione, prescinde dalla deduzione e prova della sussistenza dei presupposti necessari ai fini della detrazione dei costi;

che, pertanto, la gravata sentenza, che non si è attenuta a tali principi, è incorsa nelle denunziate violazioni di legge e deve, conseguentemente, essere cassata in relazione al motivo formulato; che, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto e in considerazione dei punti su cui si è formato un giudicato interno, la causa può essere decisa nel merito con rigetto dell’originario ricorso, anche per lo specifico aspetto sanzionatorio;

che, per l’incerto sviluppo processuale e giurisprudenziale, vanno compensate le spese dei giudizi di merito mentre la società intimata va condannata al pagamento di quelle del presente giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della società. Compensa tra le parti le spese dei giudizi di merito e condanna la società al pagamento, in favore della Agenzia delle Entrate, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 2.100,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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