Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22151 del 12/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 12/09/2018, (ud. 10/04/2018, dep. 12/09/2018), n.22151

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Presidente –

Dott. CORRENTI Vincenzo – Consigliere –

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Consigliere –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 8271-2017 proposto da:

COMUNE DI CAPACCIO PAESTUM, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CORTE DI

CASSAZIONE, rappresentato e difeso dall’avvocato EMILIO GRIMALDI;

– ricorrente –

contro

T.A.;

– intimate –

avverso la sentenza n. 4114/2016 del TRIBUNALE di SALERNO, depositata

il 17/09/2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 10/04/2018 dal Consigliere Dott. ANTONELLO

COSENTINO.

Fatto

RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Il Comune di Capaccio Paestum ricorre nei confronti della signora T.A. avverso la sentenza del tribunale di Salerno che, riformando la sentenza del giudice di pace della stessa città, ha rigettato l’opposizione all’esecuzione da costei proposta ed ha confermato la validità della cartella di pagamento n. (OMISSIS), emessa da Equitalia Polis s.p.a. e notificata all’opponente in data 23.12.2009, relativa ad un verbale di accertamento elevato dalla Polizia Municipale di Capaccio per violazione del Codice della Strada.

Il ricorso consta di un unico motivo.

T.A. non ha spiegato attività difensive in questa sede;

La causa è stata discussa nell’adunanza di camera di consiglio del 10 aprile 2018, per la quale il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Con l’unico motivo il Comune ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 91 e 92 c.p.c., nonchè del D.M. 10 marzo 2014, n. 55, artt. 2 e 4 (art. 360, comma 1, n. 3) in cui il tribunale sarebbe incorso liquidando le spese legali in suo favore, parte vittoriosa, senza tener conto delle spese vive documentate e, sotto altro aspetto, in misura inferiore ai valori medi previsti dalla tabella di riferimento.

La doglianza concernente la mancata liquidazione delle spese vive è fondata, non avendo il tribunale nè provveduto alla relativa liquidazione, nè indicato ragioni per le quali la richieste all’uopo avanzata dal Comune di Capaccio di Paestum dovesse essere disattesa.

Infondata è invece la doglianza relativa alla liquidazione del compenso del difensore, in quanto:

a) il giudice non è gravato di uno specifico onere di motivazione sull’entità della liquidazione quando questa si mantenga tra il minimo ed il massimo di tariffa (Cass. 20289/15);

b) i minimi e massimi di cui al D.M. n. 55 del 2014 si determinano applicando ai parametri medi fissati nelle tabelle allegate al decreto le percentuali di scostamento, in più o in meno, previste dall’art. 4, comma 1, di tale decreto (Cass. 3591/18).

Nella specie, tenuto conto del valore della causa (fino a Euro 1.100), la liquidazione del compenso professionale effettuata dalla corte territoriale (in complessivi Euro 600,00 per i due gradi di merito) risulta superiore ai minimi imposti dal D.M. n. 55 del 2014. Tali minimi, infatti, determinati applicando ai valori medi la massima riduzione prevista dall’art. 4, comma 1, del medesimo d.m. 55/2014 (pari al 70% per la fase istruttoria ed al 50%, per le altre fasi), sono, per il giudizio di primo grado davanti al GDP, Euro 32,5 per la fase di studio, Euro 32,5 per la fase introduttiva, Euro 19,5 per la fase istruttoria ed Euro 67,5 per la fase decisionale e, per il giudizio di appello davanti al tribunale, Euro 62,5 per la fase di studio, Euro 62,5 per la fase introduttiva, Euro 57 per la fase istruttoria ed Euro 95 per la fase decisionale (per complessivi Euro 429 per i due gradi).

Per quanto concerne i rilievi mossi nei paragrafi A) e B) della memoria difensiva del ricorrente, è sufficiente richiamare Cass. 30529/17 (“In tema di spese processuali, agli effetti dell’art. 41 del d.m. n. 140 del 2012, il quale ha dato attuazione al D.L. n. 1 del 2012, art. 9, comma 2, conv. con modif. dalla L. n. 27 del 2012, i nuovi parametri, cui devono essere commisurati i compensi dei professionisti in luogo delle precedenti tariffe professionali, sono applicabili ogni volta che la liquidazione giudiziale intervenga in un momento successivo alla entrata in vigore del predetto decreto e si riferisca al compenso spettante ad un professionista che, a quella data, non abbia ancora completato la propria prestazione professionale, benchè questa abbia avuto inizio e si sia in parte svolta quando vigevano le tariffe abrogate, evocando l’accezione omnicomprensiva di “compenso” la nozione di un corrispettivo unitario per l’opera complessivamente prestata, operante anche con riferimento all’attività svolta nei gradi di giudizio conclusi con sentenza prima dell’entrata in vigore del decreto e anche nel successivo giudizio di rinvio”).

Per quanto concerne i rilievi mossi nel paragrafo C) della memoria difensiva del ricorrente, è sufficiente richiamare Cass. 2386/17 (“in tema di liquidazione delle spese processuali successiva al D.M. n. 55 del 2014, non trova fondamento normativo un vincolo alla determinazione secondo i valori medi ivi indicati, dovendo il giudice solo quantificare il compenso tra il minimo ed il massimo delle tariffe, a loro volta derogabili con apposita motivazione);

Per quanto concerne i rilievi mossi nel paragrafo D) della memoria difensiva del ricorrente, il Collegio osserva che gli stessi non sono concludenti al fini di sostenere l’impugnazione; infatti, se anche l’espressione “Per la fase istruttoria l’aumento è di regola fino al 100 per cento e la diminuzione di regola fino al 70 per cento” (D.M. n. 55 del 2014, art. 4,comma 1) andasse intesa nel senso che, per la fase istruttoria, la liquidazione non possa scendere, di regola, sotto il 70% dei valori medi, ciò non gioverebbe al ricorrente, perchè anche secondo questo metodo di calcolo i minimi applicabili nella specie (Euro 178 per il primo grado ed Euro 353 per il secondo grado, per complessivi Euro 531) resterebbero pur sempre inferiori a quanto liquidato dal tribunale (Euro 600 per i due gradi);

Conclusivamente, il ricorso va accolto limitatamente alla doglianza concernente l’omessa liquidazione delle spese vive e la sentenza gravata va cassata in parte qua; poichè la liquidazione delle spese delle fasi di merito implica accertamenti di fatto sulla relativa sussistenza e giustificazione, alla cassazione deve seguire il rinvio prosecutorio.

PQM

La Corte accoglie il ricorso per quanto di ragione, cassa la sentenza gravata in relazione alla doglianza accolta e rinvia ad altra sezione del tribunale di Salerno, che provvederà anche a regolare le spese del giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 10 aprile 2018.

Depositato in Cancelleria il 12 settembre 2018

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