Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2215 del 31/01/2014


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Civile Sent. Sez. 5 Num. 2215 Anno 2014
Presidente: ADAMO MARIO
Relatore: CONTI ROBERTO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso 25348-2008 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro
tempore, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI
PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO
STATO, che lo rappresenta e difende ope legis;
– ricorrente contro

2013
3536

POMILIA SRL;
– intimato –

Nonché da:
POMILIA SRL in persona degli Amministratori legali
rappresentanti pro tempore, elettivamente domiciliato

Data pubblicazione: 31/01/2014

in ROMA VIA TREBBIA 3, presso lo studio dell’avvocato
CASSESE ANTONIETTA, rappresentato e difeso
dall’avvocato BIANCO ALDO giusta delega a margine;
– controricorrente con ricorso incidentale contro

– intimato –

avverso la sentenza n. 366/2007 della
COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. di SALERNO, depositata il
26/11/2007;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 09/12/2013 dal Consigliere Dott. ROBERTO
GIOVANNI CONTI;
udito per il ricorrente l’Avvocato FIDUCCIA che ha
chiesto l’accoglimento;
udito per il controricorrente l’Avvocato AMETRANO
delega Avvocato BIANCO che ha chiesto il rigetto del
ricorso principale e l’accoglimento del ricorso
incidentale;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. VINCENZO GAMBARDELLA che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso principale e il
rigetto del ricorso incidentale.

AGENZIA DELLE ENTRATE;

Svolgimento del processo

1. Con avviso di rettifica notificato da parte dell’Agenzia delle Entrate Ufficio di Pagani,
l’Amministrazione contestava alla srl Pomilia di aver compensato nell’anno 1999 i debiti afferenti
vari tributi con crediti IVA relativi a due annate 1998 e 1999 in misura eccedente il limite di lire

particolare superando il predetto limite di lire 412.719.000.
2.L’Ufficio applicava così una sanzione ex art. 13 D.Lgs. n.241/1997 sull’importo illegittimamente
compensato.
3.La contribuente presentava ricorso avverso l’avviso di rettifica davanti alla Commissione
Tributaria provinciale di Salerno, sostenendo che la sanzione doveva essere applicata solo sul
minore importo di £.270.525.000, in eccedenza rispetto al credito di £.770.525.000 maturato
nell’anno 1999, non dovendosi per contro considerare il credito maturato per l’anno 1998 -pari a
£.142.194.000- essendo questo al di sotto del limite fissato ex lege.
4. Il giudice di primo grado accoglieva il ricorso con decisione confermata dalla Commissione
tributaria regionale della Campania che, con sentenza n.366/5/07, depositata i1011.2007, rigettava
l’appello proposto dal’Agenzia delle Entrate.
5. Secondo il giudice di appello, ancorchè l’interpretazione letterale dell’art.25 d.lgs.n.241/97
sembrava riferirsi ai crediti maturati nell’anno solare, in effetti la stessa non poteva operare quando
il contribuente avesse compensato anche crediti relativi all’anno di imposta precedente. Pertanto,
corretta doveva ritenersi la decisione del giudice di primo grado.
6.L’Agenzia delle entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo, al quale
ha resistito la società contribuente con controricorso e ricorso incidentale, affidato ad unico motivo,
al quale l’Agenzia non ha fatto seguire il deposito di difese scritte.
MOTIVI DELLA DECISIONE
7.Con l’unico motivo proposto l’Agenzia deduce violazione dell’art.25 d.lgs.n.241/97, in relazione
all’art.360 comma 1 n.3 c.p.c.
7.1 Lamenta che la CTR aveva indebitamente escluso dal limite previsto dalla ricordata
disposizione il credito IVA maturato dal contribuente per l’anno 1998, giungendo in tal modo a
considerare che il limite di £.500.000.000 allora vigente potesse operare per ogni periodo di imposta
pregresso.
7.2Formulava il seguente quesito di diritto:// limite alla compensazione in conto fiscale tra debiti
d’imposta attuali e crediti pregressi, fissato in £.500.000.000 per periodo d’imposta dall’art.5

500.000.000 fissato dall’art. 25 comma 2 D.Lgs. 241/1997 per ciascun periodo d’imposta, in

comma 2 d.lgs.n.241/97 si riferisce a tutte le somme da compensare a qualunque titolo, nel periodo
stesso e non è da intendere come limite massimo dei crediti d’imposta in ogni periodo d’imposta
precedente, sicché in caso di compensazione eccessiva, la sanzione del 30 % ex art.13
d.lgs.n.471/97 si applica su tutto quanto eccede il compensato oltre i 500 milioni e senza defalcarne
quanto riferibile a precedenti periodi d’imposta”?

8.La società contribuente ha chiesto il rigetto del ricorso, evidenziando la correttezza della

9.La censura è fondata in relazione a quanto esposto di seguito.
9.1 Giova rammentare che l’art. 25 d.lgs. 241/1997, nella versione ratione temporis vigente rispetto
alla controversia qui esaminata -relativa a compensazione risalente all’anno di imposta 1999-, dopo
avere previsto quali crediti sono soggetti a compensazione, ha sancito al secondo comma che “Il
limite massimo dei crediti d’imposta e dei contributi che possono essere compensati, e’, fino
all’anno 2000, fissato in lire 500 milioni per ciascun periodo d’imposta.”
9.2 Ed è proprio sull’interpretazione dell’inciso finale della disposizione testé riportata che si
appunta la critica espressa dall’Agenzia all’operato della CTR la quale, condividendo l’assunto
difensivo della società contribuente, ha ritenuto che detto limite riguarda non cumulativamente tutti
i crediti che il contribuente deduce nell’anno di imposta, ma è destinato ad operare, volta per volta,
con riguardo a ciascun periodo di imposta al quale si riferiva il credito. Ragion per cui, avendo nel
caso di specie la parte contribuente maturato per l’anno precedente al 1999 un credito inferiore a
£.500.000.000, la stessa poteva fruire della compensazione senza sommarsi all’importo dei crediti
maturati nell’anno 1999.
9.3 Tale conclusione, secondo la Corte, non sembra conforme a legge.
9.4 Ed invero, posto che, per quanto a conoscenza del Collegio non constano precedenti di questa
Corte che si siano occupati della questione, deve ritenersi che la previsione legislativa abbia inteso
introdurre, per ciascun anno d’imposta, un limite invalicabile alla possibilità del contribuente di
porre in compensazione crediti fiscali e debito IVA proprio al fine di garantire allo Stato un certo
reddito che non potesse elidersi, per ciascun contribuente, oltre la soglia di £.500.000.000.
9.5 Non può, d’altra parte sottacersi che la compensazione di cui all’art.25 ult. cit. opera tanto in
modo verticale tra imposte omologhe- e dunque operante nel contesto di ogni singolo tributo
(IRPEF, IRES, IRAP, ecc.)in modo da potere recuperare crediti sorti in periodi d’imposta
precedenti e non chiesti a rimborso, con debiti della stessa imposta-, quanto orizzontalmente tra

imposte diverse e/o contributi previdenziali (v. Cass. pen. 42462/10; Cass. civ. 18369/12).
9.5 Da ciò sembra doversi desumere che il riferimento all’anno d’imposta di cui all’art.25 co.2 d.lgs.
241/97 non può che coincidere con l’anno solare, come ha peraltro precisato in modo più dettagliato

decisione impugnata.

la novella successiva a tale disposizione — pur non applicabile alla fattispecie- contenuta nell’art.34
comma 1 della 1.n.388/2000 come modificata dall’art. 10, D.L. n. 78/2009, a cui tenore “A
decorrere dal 1 gennaio 2001 il limite massimo dei crediti di imposta e dei contributi compensabili
ai sensi dell’articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio 1997, n. 241, ovvero rimborsabili ai
soggetti intestatari di conto fiscale, è fissato in lire 1 miliardo (€’ 516,456,90) per ciascun anno
solare…”.

previsioni di gettito fiscale annuale, potrebbe essere agevolmente eluso, proprio in relazione
all’ampio ambito di operatività della compensazione di cui si è detto sopra.
9.7 D’altra parte, la lettura qui proposta appare congruente rispetto alla complessiva lettura
dell’art.25 ult cit. il quale testualmente prevede, al comma 4, che “I contribuenti titolari di
partita TVA non ammessi alla compensazione o, seppure ammessi, per la parte che non trova
capienza nella compensazione, pur nel rispetto del limite di cui al comma 2, possono ricorrere
alla procedura di rimborso prevista dal titolo II del regolamento concernente l’istituzione del conto
fiscale, adottato con decreto del Ministro delle finanze 28 dicembre 1993, n. 567. Disposizione,
quest’ultima che appare in linea con l’intero impianto dell’art.25, orientato a circoscrivere in
maniera precisa ed invariabile il limite massimo entro il quale può essere fruito del peculiare
meccanismo della compensazione.
9.8 Sulla base di tali considerazioni, la sentenza impugnata, la quale non si è conformata ai principi
sopra espressi, merita di essere cassata.
10. Passando all’esame dell’unico motivo di ricorso incidentale, la società contribuente ha chiesto
alla Corte di dichiarare che la sanzione dovuta dalla stessa era quella prevista dall’art.16 c.3 del
d.lgs.n.472/1997 con la riduzione ad un quarto. Ed infatti, non essendo dovuto, come riconosciuto
dai verbalizzanti, alcun versamento di IVA poichè la società era a credito e non risultando alcun
danno per l’erario era applicabile la definizione agevolata. Formulava il seguente quesito di
diritto:Ne/ caso di compensazione in conto fiscale tra debiti di imposta attuali e crediti pregressi,
secondo quanto previsto dall’art.25 comma 2 d.lgs.n.241/97, per la illegittima compensazione di
una quota in eccedenza, che non comporta il versamento dell’imposta IVA, perchè il contribuente è
sempre a credito con l’erario è applicabile, ex art.16 comma 3 d.lgs.n.472/97 la riduzione
agevolata ad 1/4 della sanzione edittale del 30 % della quota eccedente, prevista dall’art13
d.lgs.n.471/97, oppure è applicabile detta ultima sanzione senza alcuna riduzione?
11. Il motivo è inammissibile.
11.1 Ed invero, la parte contribuente, pur evidenziando che sulla questione relativa all’applicazione
dell’art.16 comma 3 d.lgs.n.472/97 il giudice di appello non si era pronunziato, ha poi ipotizzato una

9.6 Diversamente opinando, il limite di 500 milioni, fissato per non squilibrare eccessivamente le

ZSENT2 DA
Al

violazione di norma sostanziale da parte della CTR omettendo di contestare, sotto il profilo di cui
all’art.360 comma 1 n.4, il mancato esame della questione da parte del giudice di appello, nemmeno
facendone questione nel quesito di diritto. Peraltro, la censura è priva del carattere
dell’autosufficienza, in quanto fa riferimento ad elementi asseritamente accertati dai verbalizzanti in
ordine alla circostanza che la società contribuente non era soggetta ad alcun versamento IVA in
quanto a credito, desumendo l’assenza di danno per l’erario, ancorchè siffatta circostanza, al di là

consistenza ed all’atto da cui la stessa risulterebbe.
12. Il ricorso incidentale va quindi rigettato.
13. In accoglimento del ricorso principale la sentenza impugnata va dunque cassata e non
richiedendosi ulteriori accertamenti in punto di fatto la causa può essere decisa nel merito ex art.384
c.p.c. con il rigetto del ricorso introduttivo del contribuente.
14.Ricorrono giusti motivi per compensare fra le parti le spese del giudizio di merito, mentre le
spese del giudizio di legittimità vanno poste a carico della contribuente e liquidate come da
dispositivo
P.Q.M.
la Corte
Accoglie il ricorso principale e rigetta quello incidentale.
Cassa la sentenza impugnata decidendo nel merito rigetta il ricorso originario del contribuente.
Compensa le spese del giudizio di merito.
Condanna la contribuente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità che
liquida in favore dell’Agenzia in euro 2.000,00 per compensi, otre spese prenotate a debito.
Così deciso il 9 dicembre 2013 nella camera di consiglio della V sezione civile in Roma.

della sua effettiva rilevanza, non risulta in alcun modo contestualizzata quanto alla sua effettiva

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