Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22149 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 14/10/2020), n.22149

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

Dott. CRISCUOLO Mauro – rel. Consigliere –

Dott. BESSO MARCHEIS Chiara – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul regolamento necessario di competenza d’ufficio iscritto al numero

R.G. 34604/2019, tra:

T.R.S., elettivamente domiciliata in ROMA VIA E.

FAA’ di BRUNO, presso AG Servizi e Consulenze Legali, rappresentata

e difesa dall’avvocato NICOLA SIRACUSANO giusta procura a margine

del ricorso;

– ricorrente –

contro

T.F., T. SALE SRL, elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA CAMILLUCCIA 19, presso lo studio dell’avvocato GEA

CARLONI, rappresentati e difesi dall’avvocato GIUSEPPE MELAZZO,

giusta procura a margine del controricorso;

– resistenti –

e

T.A., T.R.R., T.G.;

– intimate –

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di BARCELLONA POZZO DI GOTTO,

depositato il 14/10/2019;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

23/09/2020 dal Consigliere Dott. CRISCUOLO MAURO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero, in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. CIMMINO ALESSANDRO, che, visto

l’art. 380 ter c.p.c., chiede che la Corte di Cassazione, riunita in

Camera di consiglio, accolga il secondo motivo di ricorso,

dichiarando la competenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di

Gotto;

Lette le memorie depositate dalla difesa di T.R.S..

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. T.R.S. conveniva in giudizio dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, T.F., T.G., T.A., T.R.R. e la T. Sale S.r.l., deducendo che già pendeva dinanzi allo stesso Tribunale un giudizio relativo alla divisione dei beni caduti nella successione della madre Roma Maria, deceduta il 6 luglio 2008.

Aggiungeva che nel 2010 era morto anche il genitore T.L., che aveva disposto della successione con il testamento del 22 ottobre 2008. Inoltre, nell’asse doveva includersi anche un’azienda avente ad oggetto la lavorazione, macinazione ed impacchettamento del sale nonchè la lavorazione e la trasformazione del mosto, azienda che in vita era stata fittiziamente intestata al figlio F., a causa delle traversie economiche del de cuius.

T.F. aveva poi conferito il ramo di azienda relativo alla lavorazione del sale alla T. Sale S.r.l., con atto del 30 maggio 2014, società della quale aveva donato il 99 % delle quote alle figlie M. e S..

Chiedeva, quindi, accertarsi il carattere fiduciario ovvero fittizio dell’intestazione dell’azienda al convenuto e, previo accertamento della sua quota di riserva, chiedeva procedersi allo scioglimento della comunione ereditaria, con la condanna del convenuto al rendimento del conto, aggiungendosi che, laddove non fosse stato possibile ottenere la restituzione dell’azienda e degli utili alla massa, il T. fosse condannato al risarcimento del danno in misura pari alla quota di legittima vantata.

Si costituiva anche la società che eccepiva in via preliminare l’incompetenza per materia del giudice adito, attesa la competenza del Tribunale di Palermo – Sezione specializzata in materia di imprese, eccezione cui aderiva anche T.F..

Il Tribunale con ordinanza del 14 ottobre 2019 dichiarava la propria incompetenza in favore della sezione specializzata in materia di imprese istituita presso il Tribunale di Palermo.

Rilevava che la controversia introdotta dall’attrice aveva ad oggetto l’accertamento della simulazione dell’intestazione della ditta individuale al convenuto F. e conseguentemente la restituzione dello stesso ramo d’azienda, ormai conferito alla società, trattandosi quindi di causa riconducibile ad un rapporto societario, ed in particolare “al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto partecipazioni sociali o i diritti inerenti”, rientrando quindi nella competenza della detta sezione specializzata.

La pregiudizialità della domanda di accertamento dell’intestazione fittizia o fiduciaria dell’azienda e di restituzione del ramo di azienda rispetto a quella di riduzione e divisione implicava poi che l’intera controversia dovesse essere devoluta alla sezione de qua.

T.R.S. ha impugnato tale ordinanza con ricorso per regolamento necessario di competenza sulla base di due motivi.

T.F. e la T. Sale S.r.l. hanno resistito con controricorso.

Essendosi ravvisate le condizioni per la decisione con il procedimento di cui all’art. 380-ter c.p.c., è stata fatta richiesta al Pubblico Ministero presso la Corte di formulare le sue conclusioni ed all’esito del loro deposito ne è stata fatta notificazione alle parti unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza camerale.

2. Preliminarmente deve essere rilevata l’ammissibilità del regolamento di competenza proposto, posto che le Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 19882/2019 hanno chiarito che solo il rapporto tra sezione ordinaria e sezione specializzata in materia di impresa, nello specifico caso in cui entrambe le sezioni facciano parte del medesimo ufficio giudiziario, non attiene alla competenza, ma rientra nella mera ripartizione degli affari interni all’ufficio giudiziario, da cui l’inammissibilità del regolamento di competenza, in quel caso richiesto d’ufficio ai sensi dell’art. 45 c.p.c., mentre rientra, invece, nell’ambito della competenza in senso proprio la relazione tra la sezione specializzata in materia di impresa e l’ufficio giudiziario diverso da quello ove la prima sia istituita, ipotesi che ricorre nella fattispecie, essendo la sezione specializzata competente per territorio istituita presso un Tribunale diverso da quello ove è stata inizialmente incardinata la causa.

3. Il primo motivo di ricorso denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 38 c.p.c., atteso che, essendo i convenuti decaduti dalla possibilità di validamente eccepire l’incompetenza del giudice adito (in quanto tardivamente costituiti nella causa di merito), doveva reputarsi precluso anche il potere officioso di rilievo del giudice, che non aveva provveduto a tanto nell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., ma solo nell’ordinanza emessa all’esito della riserva assunta all’udienza di trattazione.

Si deduce che alla detta udienza erano state le parti, come detto, tardivamente costituitesi, a sollevare la questione della competenza, senza che però il giudice rilevasse alcunchè, limitandosi a riservare la decisione, senza nemmeno specificare su quale questione si fosse riservato.

Peraltro, la stessa successiva ordinanza emessa all’esito della riserva, ed avente la data del 20 gennaio 2019, contiene un rilievo officioso, essendosi il giudice limitato ad invitare le parti a precisare le conclusioni per una successiva udienza al fine di decidere sulla questione di rito.

Il motivo è infondato.

Come si ricava dalla stessa narrazione dei fatti di causa operata dalla ricorrente, la causa era stata fissata per la celebrazione della prima udienza alla data dell’8 gennaio 2019, nel corso della quale i convenuti, ancorchè tardivamente costituiti, ribadirono l’eccezione di incompetenza in favore della sezione specializzata in materia di imprese.

Il Tribunale con ordinanza del 20 gennaio 2019, resa all’esito della riserva presa alla detta udienza, “esaminata l’eccezione di incompetenza funzionale sollevata da T.F. e T. Sale S.r.l., rilevabile – comunque d’ufficio -” ha invitato le parti a precisare le conclusioni alla successiva udienza del 24 settembre 2019 in merito all’eccezione di incompetenza.

Ritiene il Collegio di dover condividere le argomentazioni spese dal Pubblico Ministero per motivare il rigetto del motivo in esame.

Questa Corte ha di recente riaffermato il principio secondo cui (Cass. n. 6734/2018) nel regime di rilevazione della questione di competenza di cui all’art. 38 c.p.c., nel testo sostituito dalla L. n. 69 del 1009, ove il convenuto abbia sollevato un’eccezione di incompetenza territoriale inderogabile nella comparsa di risposta depositata direttamente all’udienza di prima comparizione, ai sensi dell’art. 183 c.p.c., anzichè nel termine di cui all’art. 166 c.p.c. e, dunque, tardivamente, il potere di rilevazione ufficioso della stessa eccezione, o di una diversa eccezione di incompetenza territoriale inderogabile, deve essere esercitato necessariamente ed espressamente dal giudice nella detta udienza, restando, in mancanza, la competenza radicata avanti al giudice adito (conf. Cass. n. 3537/2014).

E’ stato altresì precisato che (Cass. n. 18383/2016) il rilievo officioso dell’incompetenza territoriale ex art. 38 c.p.c., comma 3, va svolto in modo chiaro ed inequivocabile, onde stimolare il contraddittorio e l’esercizio consapevole del diritto di difesa, e non oltre l’udienza ex art. 183 c.p.c., non potendo valere allo scopo, qualora l’eccezione sia stata sollevata da una parte (nella specie, peraltro, tardivamente), il rinvio ripetuto della causa, con la concessione dei termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, anche per la trattazione dell’eccezione medesima, senza che il giudice manifesti tempestivamente ed espressamente l’intendimento di sollevare la questione d’ufficio.

Nella specie tuttavia l’ordinanza del 20 gennaio 2019, emessa a seguito della riserva assunta direttamente alla prima udienza di trattazione (e quindi non già una volta concessi i termini di cui all’art. 183 c.p.c., comma 6, con la progressione del giudizio ad una fase successiva a quella dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c.), contiene una chiara individuazione della questione di competenza che, sebbene tardivamente sollevata dalle parti, deve reputarsi essere stata fatta propria dal giudice, nell’esercizio del proprio potere officioso, avendo invitato le parti a precisare le conclusioni con specifico riferimento alla rilevanza di tale questione.

Reputa il Collegio che debba escludersi la dedotta violazione dell’art. 38 c.p.c., quanto alla tempistica per il rilievo d’ufficio della questione di competenza da parte del giudice.

Questa Corte, con la pronuncia n. 5933/2012 ha già a suo tempo affermato che non può individuarsi una preclusione alla dichiarazione di incompetenza in ragione del rilievo svolto nell’ordinanza riservata a seguito dell’udienza ai sensi dell’art. 183 c.p.c., adottando il principio di diritto secondo cui “quando il giudice rileva d’ufficio una incompetenza nell’esercizio del potere di rilevazione d’ufficio e lo fa tempestivamente, cioè nell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. o con ordinanza riservata pronunciata in esito a detta udienza, la circostanza che egli, anzichè disporre l’immediata rimessione in decisione della causa, conceda termine per la trattazione scritta ai sensi dell’art. 183 c.p.c., comma 6, non può essere interpretata nel senso di una revoca del rilievo d’ufficio, sia perchè l’art. 187 c.p.c., comma 3, consente al giudice di disporre la decisione della questione di competenza unitamente al merito e tale otere concerne anche la questione di incompetenza rilevata d’ufficio, sia perchè l’eventuale revoca, alla luce del principio di cui all’art. 177 c.p.c., comma 1, non pregiudicherebbe la decisione, con la conseguenza che sulla questione lo stesso giudice potrebbe comunque decidere”.

Nella fattispecie, coerentemente al rilievo circa la portata potenzialmente assorbente della questione di competenza rilevata con l’ordinanza resa a seguito dell’udienza di trattazione, il giudice ha fissato immediatamente l’udienza di precisazione delle conclusioni, confortando in tal modo la precisa volontà di ritenere la medesima rilevante e decisiva.

Quanto poi alla tempestività del rilievo effettuato con l’ordinanza emessa a seguito della riserva riservata assunta nell’udienza di trattazione di cui all’art. 183 c.p.c., va richiamata Cass. n. 27731/2019, in tema di regolamento di competenza d’ufficio, nonchè Cass. n. 6563/2019, secondo cui, a tenore dell’art. 38 c.p.c., il Tribunale, rispettando il limite temporale dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c. possa tempestivamente rilevare “ex officio” la propria incompetenza funzionale sciogliendo la riserva assunta a detta udienza ed assegnando alle parti i termini per la riassunzione.

In maniera puntuale il Pubblico Ministero ha poi richiamato le argomentazioni di Cass. n. 29246/2018 che, nel ribadire la sussistenza del potere del giudice di rilevare di ufficio la questione di competenza non oltre l’udienza di cui all’art. 183 c.p.c., ai sensi dell’art. 38 c.p.c., potere che può essere esercitato anche nell’ordinanza emessa a scioglimento della riserva che in tale udienza sia stata assunta, ha ritenuto che l’ordinanza adottata a scioglimento della riserva assunta in prima udienza costituisce, infatti, una fisiologica prosecuzione del dialogo tra le parti ed il giudice sviluppatosi nell’udienza stessa, e ciò a differenza invece del rilievo dell’incompetenza contenuto nell’ordinanza di cui al medesimo articolo, comma 7, adottata cioè all’esito delle memorie depositate dalle parti ai sensi del comma 6, posto che tale ultima ordinanza, infatti, si colloca al di fuori dell’attività di trattazione svoltasi nella prima udienza e pertanto risulta inidonea a contenere un rilievo ufficioso tempestivo della questione di competenza (Cass. 10596/12, Cass. 5225/14).

Deve quindi ritenersi correttamente esercitato il potere di rilievo d’ufficio dell’incompetenza da parte del Tribunale, dovendosi pertanto pervenire al rigetto del motivo in esame.

4. Il secondo motivo denuncia la violazione e falsa applicazione degli artt. 22,38 e 40 c.p.c. nonchè del D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, come modificato dalla L. n. 27 del 2012, art. 2. Si deduce che le domande proposte in sede di merito alla ricorrente avevano chiaramente carattere successorio, essendo stata denunciata una lesione della sua quota di legittima, quale conseguenza dell’intestazione fittizia ovvero fiduciaria dell’azienda paterna in favore del fratello.

La doglianza investe quindi la sottrazione di un bene ereditario, costituito da un’azienda, poi conferita alla società convenuta, il che esclude la vis actractiva della sezione specializzata in materia di imprese.

Il motivo è fondato.

Il tribunale ha fondato la diversa competenza della sezione specializzata ritenendo che la richiesta di accertare la natura simulata o fittizia dell’intestazione dell’azienda del de cuius al figlio, con la conseguente richiesta di restituzione della stessa da parte della società cui era stata conferita, configura una controversia inerente al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti.

Trattasi però di conclusione che deve essere disattesa.

Ritiene la Corte che debba darsi continuità a quanto affermato da Cass. n. 8738/2017, secondo cui, perchè sussista la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, D.Lgs. n. 168 del 2003, ex art. 3, comma 2, occorre che vi sia un legame diretto tra la controversia e le partecipazioni sociali, escludendosi nel caso di specie la vis actractiva delle sezioni specializzate in quanto la domanda svolta dall’attore atteneva ad un contratto di intermediazione, la cui pretesa nullità si sarebbe riversata solo in via mediata sull’acquisto delle partecipazioni sociali.

Avuto riguardo al disposto del D.Lgs. 27 giugno 2003, n. 168, art. 3 come sostituito dal D.L. n. 24 gennaio 2012, n. 1, art. 2, comma 1, lett. d) conv. con modificazioni nella L. 24 marzo 2012, n. 27, al comma 2, che dispone nella parte che anche qui interessa: “Le sezioni specializzate sono altresì competenti, relativamente alle società di cui al libro 5, titolo 5, capi 5, 6 e 7, e titolo 6 c.c…. per le cause e i procedinnenti:…b) relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto le partecipazioni sociali o i diritti inerenti”; ed al comma 3: “Le sezioni specializzate sono altresì competenti per le cause ed i procedimenti che presentano ragioni di connessione con quelli di cui ai commi 1 e 2.”, nel precedente in esame la Corte ha sottolineato come, già nella formulazione complessiva della norma, risulta posto l’accento su quel che costituisce l’oggetto della controversia, che deve essere influenzato in via diretta dalla questione societaria, ed in tal senso milita nella lett. a) il riferimento ai “rapporti societari”, così come nella previsione della lett. b) l’attinenza alle partecipazioni sociali ed ai diritti inerenti.

La norma ha inteso pertanto valorizzare, ai fini della individuazione della competenza delle Sezioni specializzate, il legame diretto della controversia con i rapporti societari e le partecipazioni sociali, riscontrabile alla stregua del petitum sostanziale, identificabile in funzione soprattutto della causa petendi, per la intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio.

Nella fattispecie, l’azione svolta dalla T. non è relativa al trasferimento delle quote societarie da parte del convenuto alle figlie (vicenda peraltro evidentemente successiva sia all’intestazione fiduciaria o fittizia dell’azienda che al suo conferimento nella neocostituita società), ma è basata sulla vicenda successoria ed in particolare sulla pretesa di includere ai fini della riunione fittizia e, quindi, della determinazione della sua quota di riserva, anche l’azienda appartenente in vita al genitore, e che solo in apparenza o in via fiduciaria sarebbe stata trasferita al convenuto, dovendo per converso essere presa in esame ai fini del calcolo della quota di riserva o perchè bene ancora di spettanza del genitore (e quindi rientrante nella massa) o perchè oggetto di una liberalità dissimulata, e quindi suscettibile di riduzione.

L’oggetto della pretesa dell’attrice non è la partecipazione societaria (nè si deduce la natura simulata della creazione della società), ma l’azienda ab origine appartenente al genitore e che andrebbe considerata ai fini della risoluzione della vicenda successoria, essendo evidentemente implicata la società in quanto acquirente di un bene ereditario e come tale interessata all’accertamento dell’effettiva consistenza dell’asse ereditario o ai sensi dell’art. 1415 c.c., ove si opini per la natura simulata del trasferimento dal padre al figlio, ovvero ex art. 563 c.c., ove invece si reputi che il trasferimento fu effettivo ma idoneo a dare vita ad una donazione suscettibile di riduzione.

A tal fine rileva quanto di recente affermato da Cass. n. 8661/2020, secondo cui l’azione revocatoria che riguardi l’atto di vendita di quote societarie rientra nella competenza del tribunale ordinario e non della sezione specializzata in materia di impresa, atteso che tale azione non comporta conseguenze sulla titolarità delle quote contese nè sui diritti connessi, ma può produrre, ove accolta, soltanto l’inefficacia del trasferimento nei confronti di chi agisce, non alterando, per il resto, la situazione proprietaria nè l’assetto della società, che non è coinvolta direttamente, affermazione questa che appare utilmente richiamabile anche per l’ipotesi di eventuale accoglimento dell’azione di riduzione che notoriamente non comporta l’invalidità dell’atto aggredito con la riduzione, ma la sola inefficacia nei confronti unicamente del legittimario.

Sempre al fine di corroborare la fondatezza del motivo in esame, la ricorrente ha puntualmente richiamato Cass. n. 6882/2018, che ha reputato che le sezioni specializzate in materia di impresa non sono competenti a pronunciarsi su una controversia che, sebbene tragga titolo da un negozio traslativo di partecipazioni societarie, non sia causalmente connotata dall’inerenza al rapporto di società (nella specie, è stata esclusa la competenza della sezione specializzata in relazione ad un’azione diretta ad ottenere la nullità o, subordinatamente, la risoluzione di un contratto di acquisto di azioni di una banca, ritenuta priva di fondamento “endosocietario”), e ciò anche avuto riguardo al fatto che l’atto espressamente aggredito dall’attrice è il trasferimento (apparente ovvero fiduciario) non già di una partecipazione societaria, ma di un’azienda individuale (essendosi riferito dei successivi passaggi dell’azienda, ai fini di conseguire il recupero dell’azienda stessa, ma non già quale effetto di una domanda direttamente concernente rapporti societari, ma quale riflesso dell’accoglimento delle domande di natura ereditaria).

Va infine richiamato il principio affermato da Cass. n. 28537/2018, a mente del quale, in tema di competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa, non rientrano tra i procedimenti relativi al trasferimento delle partecipazioni sociali o ad ogni altro negozio avente ad oggetto tali partecipazioni o i diritti ad esse inerenti, di cui al D.Lgs. n. 168 del 2003, art. 3, comma 2, lett. b), e sono, invece, soggette al foro generale della cause ereditarie, le controversie involgenti disposizioni testamentarie relative ad azioni e quote sociali (nella specie, in applicazione del principio, la S.C. ha accolto il regolamento di competenza proposto avverso la sentenza con la quale il tribunale aveva dichiarato la propria incompetenza, in favore di quella della sezione specializzata in materia di impresa di altro ufficio giudiziario, in ordine ad una domanda di petizione ereditaria avente ad oggetto la restituzione di quote sociali di cui il “de cuius” aveva disposto per testamento), in quanto, pur avuto riguardo alla circostanza che nella fattispecie la pretesa ereditaria si incentra non su azioni o quote sociali, ma su un’azienda, nella specie l’atto aggredito è sì un atto inter vivos, ma che si assume avere rilevanza, in quanto passibile di riduzione, ai fini della definizione della vicenda successoria (nella motivazione del precedente in esame, è stato condivisibilmente rilevato che deve essere fatta salva, in via interpretativa, l’esigenza di non espandere in modo eccessivo l’attribuzione di una competenza specializzata come quella in materia di imprese, che – una volta estesa finanche a controversie ereditarie con tratti marginali o indiretti di riferibilità alle partecipazioni societarie e ai relativi diritti “inerenti”, finirebbe per smarrire la proprie precipua e peculiare attribuzione di competenza specialistica, osservandosi altresì’ che il petitum della causa aveva ad oggetto la “restituzione delle quote sociali di cui il de cuius aveva disposto per testamento” e che un tale tipo di domanda – di natura eminentemente successoria e non societaria – esclude del tutto che il giudice specializzato possa e debba avere competenza in una causa ereditaria che non esige alcuna specifica cognizione esclusiva di diritto societario).

In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso per regolamento di competenza con determinazione del giudice competente in quello del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto.

Conseguentemente va cassata l’ordinanza impugnata disponendo la prosecuzione del giudizio dinanzi al Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, previa riassunzione nel termine di legge.

La regolamentazione delle spese del presente procedimento va riservata alla pronuncia definitiva del giudice di merito.

PQM

La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, e rigettato il primo, cassa l’ordinanza impugnata e dichiara la competenza del Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, fissando per la riassunzione il termine di legge.

Spese alla pronuncia definitiva di merito.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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