Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22147 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. I, 25/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22147

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.F. ((OMISSIS)) D.G.C.

((OMISSIS)) L.R. ((OMISSIS)) B.

A. ((OMISSIS)), P.P.

((OMISSIS)) G.G. (OMISSIS), S.

V. (OMISSIS) M.R. (OMISSIS)

G.G. ((OMISSIS)), M.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA GIUSEPPE

FERRARI 4, presso lo studio dell’avvocato CORONAS SALVATORE, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CORONAS UMBERTO giuste

procure in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (OMISSIS), in persona del

Ministro in carica, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI

PORTOGHESI 12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo

rappresenta e difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 334/08 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA

dell’11/06/09, depositato il 24/06/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’Avvocato Coronas Salvatore, difensore dei ricorrenti che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- Con il decreto impugnato la Corte d’appello di Venezia ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione ex L. n. 89 del 2001 proposta da L.R. e gli altri ricorrenti indicati in epigrafe in riferimento al giudizio promosso innanzi alla Corte dei conti – sez. giurisdizionale Veneto – con ricorso depositato il 30.11.1998 e definito il 14.11.2007, avente ad oggetto la richiesta di riliquidazione del trattamento pensionistico. La Corte d’appello, fissato il termine di ragionevole durata del giudizio in anni tre, ha liquidato a ciascun ricorrente, a titolo di equa riparazione per il danno non patrimoniale, per il periodo eccedente detto termine (circa anni 6), Euro 500,00 per anno di ritardo, in considerazione del carattere collettivo del ricorso, quindi complessivi Euro 2.960,00, oltre le spese.

Per la cassazione di questo decreto hanno proposto ricorso gli attori formulando tre motivi.

Il Ministero dell’Economia e delle Finanze non ha svolto difese. Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c. il P.G. e le parti ricorrenti hanno depositato memoria.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in camera di consiglio.

2.- Con i primi due motivi di ricorso le parti ricorrenti denunciano violazione di legge e vizio di motivazione lamentando che non sia stato applicato l’orientamento giurisprudenziale che prevede la liquidazione del danno in almeno Euro 1.000,00 per anno di ritardo.

Con il terzo motivo censurano la liquidazione delle spese.

3.- Il ricorso è fondato.

Questa Corte ha già avuto modo di precisare e ribadire (Sez. 1, Ordinanza n. 23350 del 18 novembre 2010) che la presunzione di danno non patrimoniale notoriamente connessa a situazioni soggettive provocate da un giudizio durato troppo a lungo, la cui. connotazione in termini di irragionevolezza è, potrebbe dirsi, ancor più marcata in presenza di domande palesemente infondate e, come tali, suscettibili di immediata risoluzione, non può essere superata, tra l’altro, dalla circostanza che il ricorso amministrativo, inerente a rivendicazioni di categoria, sia stato proposto da una pluralità di attori, considerato che la proposizione di un ricorso in forma collettiva e indifferenziata non equivale certamente a trasferire sul “gruppo”, come entità amorfa, e quindi a neutralizzare situazioni di angoscia o patema d’animo riferibili specificamente a ciascun singolo consorte in lite (Sez. 1, Sentenza n. 27610 del 2008). In proposito va ricordato che ai fini della liquidazione dell’indennizzo del danno non patrimoniale conseguente alla violazione del diritto alla ragionevole durata del processo, ai sensi della L. 24 marzo 2001, n. 89, l’ambito della valutazione equitativa, affidato al giudice del merito, è segnato dal rispetto della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, per come essa vive nelle decisioni, da parte della Corte europea dei diritti dell’uomo, di casi simili a quello portato all’esame del giudice nazionale, di tal che è configurabile, in capo al giudice del merito, un obbligo di tener conto dei criteri di determinazione della riparazione applicati dalla Corte europea, pur conservando egli un margine di valutazione che gli consente di discostarsi, purchè in misura ragionevole, dalle liquidazioni effettuate da quella Corte in casi simili (Sez. U, Sentenza n. 1340 del 26/01/2004). Non appare ragionevole, per contro, il dimezzamento della misura dell’indennizzo per la sola caratteristica di ricorso “collettivo” della domanda proposta dal ricorrente. E’ assorbita la censura relativa alle spese.

Ravvisandosi le condizioni per la decisione della causa nel merito ai sensi dell’art. 384 c.p.c., dovendosi quantificare il periodo di eccessiva durata del processo in 6 anni, tenuto conto dei criteri per la liquidazione del danno non patrimoniale stabiliti dalla CEDU e da questa Corte (v. per tutte Sez. 1, Sentenza n. 21840 del 14/10/2009), l’indennizzo va determinato nella misura di Euro 5.250,00, con gli interessi dalla domanda.

Le spese del giudizio vanno poste a carico della parte soccombente e vanno liquidale come in dispositivo, secondo le tariffe vigenti ed i conseguenti criteri di computo costantemente adottati da questa Corte per cause similari. Spese distratte.

P.Q.M.

La Corte, accoglie il ricorso nei termini di cui in motivazione, cassa il decreto impugnato e, decidendo nel merito, condanna l’Amministrazione a corrispondere a ciascuna parte ricorrente la somma di Euro 5.250,00 per indennizzo, gli interessi legali su detta somma dalla domanda e le spese del giudizio:

che determina per il giudizio di merito nella somma di Euro 50,00 per esborsi, Euro 1.473,00 per diritti e Euro 490,00 per onorari, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario;

e per il giudizio di legittimità, che determina per l’intero in Euro 965,00 di cui Euro 100,00 per esborsi, oltre spese generali ed accessori di legge e che dispone siano distratte in favore del difensore antistatario.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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