Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22144 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 19/07/2017, dep.22/09/2017),  n. 22144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – rel. Consigliere –

Dott. ZOSO Liana M.T. – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 6564-2011 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

B.A., G.M., S.M.R., elettivamente

domiciliati in ROMA VIA GERMANICO 197, presso lo studio

dell’avvocato MAURO MEZZETTI, che li rappresenta e difende

unitamente all’avvocato ALBERTO MEZZETTI;

– controricorrenti –

nonchè contro

B.P., B.M.G.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 249/2010 della COMM. TRIB. REG. di ROMA,

depositata il 29/11/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/07/2017 dal Consigliere Dott. DE MASI ORONZO;

lette le conclusioni scritte del Pubblico Ministero in persona del

Sostituto Procuratore Generale Dott. SORRENTINO FEDERICO che ha

chiesto l’accoglimento per quanto di ragione del ricorso.

Fatto

RITENUTO

che S.M.R. ved. B., V. e B.A., rispettivamente coniuge e figli del defunto B.U., presentarono in data 20/02/1985 denuncia di successione all’Ufficio del Registro – Successioni di Roma, in relazione ad otto cespiti ereditari, tra cui alcuni immobili non ancora censiti, nonchè in data 29/09/1988 dichiarazione integrativa, chiedendo di avvalersi della valutazione automatica per i cespiti distinti con i nn. 1, 2, 3, 5, e l’Ufficio con avviso notificato il 14/04/1989 rettificò il valore di tutti cespiti ereditari, costituiti da terreni o fabbricati, rispetto a quelli indicati nella denuncia di successione, richiamando una valutazione dell’UTE;

che a Commissione Tributaria Provinciale di Roma, adita dai contribuenti, accolse il ricorso limitatamente ad alcuni beni immobili, respingendolo per quelli relativi ai cespiti distinti con i nn. 2, 3, 4, 5, e la Commissione Tributaria Regionale del Lazio, a seguito di appello dei contribuenti, preso atto della cessata materia del contendere relativamente al cespite sub 4, per rinuncia del relativo motivo di gravame, confermò la sentenza di prime cure;

che per la cassazione della decisione ricorsero i contribuenti, proponendo tre motivi di impugnazione, non resistiti dalla Amministrazione Finanziaria, la quale non si costituì nel giudizio, e questa Corte di legittimità, con sentenza n. 16956/2016, accolse il terzo motivo per quanto di ragione, avuto riguardo alla affermata esclusione del criterio di valutazione automatica per il terreno sub 5, rigettò le rimanenti censure, cassò la sentenza impugnata in relazione alla censura accolta, e rinviò la causa, anche per le spese processuali, ad altra sezione della Commissione Tributaria Regionale del Lazio;

che i processo non venne riassunto da alcuna delle parti, e l’Ufficio provvide ad emettere nei confronti dei contribuenti avviso di liquidazione, notificato il 6/6/2007, per imposta di successione, INVIM ed accessori, cui fece seguito anche l’emissione di cartelle di pagamento, che gli eredi B. impugnarono, eccependo l’intervenuta estinzione per prescrizione del credito vantato dall’Amministrazione finanziaria;

che l’adita CTP accolse parzialmente il ricorso dei contribuenti e la CTR, respinto l’appello incidentale dell’Agenzia delle Entrate, accolse l’appello principale proposto dai predetti eredi, ed annullò l’avviso di liquidazione in accoglimento della eccezione di prescrizione decennale del credito erariale; che avverso la decisione l’Agenzia delle Entrate propone ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui i contribuenti resistono con controricorso e memoria; che il P.G. conclude per l’accoglimento del ricorso per quanto di ragione.

Diritto

CONSIDERATO

che con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, e art. 393 c.p.c., censura la sentenza della CTR perchè afferma che la mancata riassunzione del giudizio di rinvio ha determinato l’estinzione dell’intero processo, con conseguente cessazione dell’effetto permanente della interazione del decorso della prescrizione, e che gli unici atti idonei a conservare efficacia e valenza interruttiva sono l’avviso di accertamento (notificato il 14/4/1989), e l’impugnato avviso di liquidazione (notificato il 6/6/2007), quest’ultimo intervenuto diciotto anni dopo il primo, con conseguente compiuta prescrizione dell’intera pretesa tributaria;

che, in particolare, il Giudice di appello non avrebbe considerato che, all’esito della sentenza n. 94/04/98 della CTP di Roma, è rimasto definitivamente confermato il valore dei cespiti nn. 1, 6, 7 e 8, essendosi formato un primo giudicato di accoglimento su tale punto di ricorso, stante l’acquiescenza dell’Ufficio, e che all’esito della sentenza n. 89/22/99 della CTR del Lazio, si è formato un secondo giudicato sul cespite n. 4, avendo i contribuenti rinunciato ai gravame su tale ulteriore punto, stante l’esiguità dei valori in discussione, ed inoltre, che all’esito della sentenza n. 27652/2005 di questa Corte si è formato un giudicato sui cespiti nn. 2 e 3, essendo stati rigettati i relativi motivi di ricorso, per cui solo per il cespite n. 5 non si era formato alcun giudicato, essendo stato accolto, per quanto di ragione, il motivo di impugnazione, e cessata in parte qua la sentenza della CTR, ma che, per effetto della mancata riassunzione del giudizio di rinvio, l’avviso di accertamento è divenuto su tale punto definitivo, per cui l’Ufficio ha legittimamente emesso l’avviso di liquidazione, sulla base del valore di Euro 548.651.700 risultante dai giudicati via via formatisi sul rapporto de quo, ed entro tali limiti;

che con il secondo motivo la ricorrente, in via subordinata, censura la decisione, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, per violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 63, art. 393 c.p.c., art. 2909 c.c., D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41, u.c., perchè la CTR non ha tenuto conto dei giudicati che si sono formati nel corso del giudizio, e che non sono travolti dall’intervenuta estinzione del processo, con la conseguenza che la pretesa tributaria de qua ben poteva essere fatta valere, in quanto il credito dell’Amministrazione finanziaria, per l’imposta definitivamente accertata, si prescrive nel termine di dieci anni, termine che decorre proprio da tale momento;

che la questione posta dalla ricorrente con il primo motivo di censura può essere agevolmente risolta alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo cui, in tema di contenzioso tributario, “l’estinzione del processo all’esito della cassazione con rinvio della sentenza di merito e dell’omessa riassunzione del giudizio è rilevata anche d’ufficio del D.Lgs. n. 546 del 1992, ex art. 45, comma 3, e art. 63, e si estende non soltanto al grado in cui viene pronunziata, ma all’intero giudizio, con il conseguente effetto di consolidamento dell’atto impositivo”. (Cass. n. 23922/2016);

che, infatti, “la pronuncia di estinzione del giudizio comporta, ex art. 393 c.p.c., e D.Lgs. n. 516 del 1992, art. 63, comma 2, il venir meno dell’intero processo ed, in forza dei principi in materia di impugnazione dell’atto tributario, a definitività dell’avviso di accertamento ” (Cass. n. 23922/2016, n. 21143/2015, n. 16689/2013, n. 5044/2012, n. 3040/2008);

che, inoltre, “in ipotesi di estinzione del processo, per omessa riassunzione della causa avanti al giudice di rinvio, il dies a quo del termine di prescrizione (come di quello di decadenza) va ancorato, a prescindere dalla previsione di cui all’art. 2945 c.c., comma 3, alla data di scadenza del termine utile per la (non attuata) riassunzione della causa davanti al giudice di rinvio, posto che solo da tale data, per effetto dell’acquisita definitività dell’atto impositivo, l’Amministrazione può, ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 68,D.P.R. n. 602 del 1973, artt. 14 e 15, far valere in modo definitivo e compiuto il proprio credito, attivando la relativa procedura di riscossione ” (Cass. n. 556/2016 e n. 9521/2017); che in alcune decisioni (Cass. 16689/2013; Cass. 5044/2012; Cass. 3040/2008, rese in fattispecie di estinzione del giudizio conseguente alla cassazione con rinvio di altra sentenza) la Corte ha anche osservato “che la pretesa tributaria vive di forza propria, in virtù dell’atto impositivo in cui è stata formalizzata, e che l’estinzione del processo travolge la sentenza impugnata, ma non l’atto amministrativo, che non è atto processuale bensì l’oggetto dell’impugnazione” e che “la riassunzione della causa in sede di rinvio può essere fatta da una qualunque delle parti, tuttavia, dominando, anche in questa fase, il principio dell’interesse (art. 100 c.p.c.), la riassunzione verrà operata da quella delle parti che ha interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, non certo da quella per la quale l’estinzione dell’intero processo possa essere di vantaggio (Cass. n. 1252/1968 e n. 23922/2016 citata);

che, alla luce di quanto sopra esposto, appare evidente l’erroneità della sentenza della CTR atteso che l’avviso di accertamento in rettifica, notificato ai contribuenti il 14/4/1989, venne emesso dall’Ufficio nel rispetto dei termini decadenziali (e non di prescrizione), rispetto ai quali non opera il regime della interruzione della prescrizione (art. 2964 c.c.), e che, ai fini della decisione, assume rilievo l’individuazione del dies a quo del decorso del termine di prescrizione decennale di cui al D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41, il quale attiene non già alla fase procedimentale dell’accertamento, cui rimane estranea la sollevata problematica della interruzione della prescrizione (art. 2945 c.c.), ma a quella della successiva liquidazione dell’imposta che, nella specie, si è risolta nella emissione del nuovo avviso di liquidazione notificato ai contribuenti il 6/6/2007, all’esito del contenzioso giudiziario che ha visto ridursi l’imponibile accertato, e che dunque consegue alla acquisita definitività dell’accertamento medesimo;

che, Invero, la CTR ha criticato l’inerzia dell’Ufficio, il quale “aveva un intero anno per far valere il proprio diritto alla riassunzione del processo”, ed ha dichiarato prescritto il credito fiscale di cui all’impugnato avviso di liquidazione per decorso del previsto termine prescrizionale (D.Lgs. n. 346 del 1990, art. 41,comma 2), avuto riguardo alla data (14/4/1989) di notifica dell’avviso di accertamento, inteso quale unico atto interruttivo da considerare utilmente, essendo venuto meno l’effetto interruttivo permanente previsto dall’art. 2945 c.c. nelle more dell’azione giudiziale, senza considerare che, per quanto in precedenza esposto, il dies a quo va correttamente individuato nel momento in cui la definitività dell’accertamento si è realizzata, e dal quale prende avvio la fase della riscossione esecutiva dell’imposta, momento che coincide con quello in cui l’estinzione del giudizio (di rinvio) sull’accertamento dell’imposta si è verificata, cioè il 29/1/2007 (un anno e 46 giorni dopo il deposito della sentenza n. 27652/2005 di questa Corte, depositata il 14/12/2005);

che, del resto, non appare superfluo ricordare che la riassunzione di una causa in sede di rinvio può essere frutto dell’iniziativa di una qualunque delle parti, ma che dominando, anche in questa fase, il principio dell’interesse (art. 100 c.p.c.), essa verrà ovviamente operata da quella delle parti che ha concreto interesse ad ottenere una pronuncia conclusiva, e non certo dalla parte che dall’estinzione dell’intero processo possa solo trarre vantaggio (Cass. n. 23922/2016 citata), circostanza che avrebbe dovuto indurre il Giudice di appello a diversa considerazione della “diligenza dell’Ufficio”, avuto riguardo al soggetto effettivamente interessato alla prosecuzione della causa;

che quanto precede consente di passare all’esame del profilo della censura concernente la salvezza degli effetti delle pronunce giudiziali medio tempore intervenute, parzialmente favorevoli per i contribuenti, e, in relazione da esse, dell’avviso di accertamento impugnato, atteso il prospettato obbligo, a carico dei medesimi, di corrispondere il tributo, sia pure in misura diversa da quella inizialmente richiesta con l’impugnato avviso di accertamento;

che, sui punto, va evidenziato che all’estinzione dell’intero processo sopravvivono solo le parti delle sentenze non oggetto di impugnazione e, quindi, coperte dal giudicato progressivamente formatosi sulla domanda (Cass. n. 2002/17372; n. 1680/2012; n. 2496/2016), e consegue altresì il definitivo consolidamento del provvedimento impositivo impugnato (Cass. n. 16956/2016; n. 9521/2017; n. 23922/2016; n. 5044/2012), effetti di cui l’Ufficio deve senz’altro tenere conto nell’emettere avviso di liquidazione, questione che la CTR ha trascurato avendo ritenuto sic et simpliciter prescritta l’intera pretesa tributaria;

che, infatti, ” l’atto impugnato, che, di regola, diviene definitivo in caso di estinzione del giudizio non essendo un atto processuale ma l’oggetto dell’impugnazione, non si sottrae all’effetto del giudicato parziale formatosi tra le parti, a cui l’ufficio impositore deve adeguare la propria posizione sostanziale, anche nell’ipotesi di estinzione per omessa riassunzione del giudizio di rinvio, poichè non può porre in riscossione il tributo sulla base dell’atto impositivo impugnato “come se” quest’ultimo non fosse stato ritenuto, per taluni aspetti, illegittimo con sentenza passata in giudicato”. (Cass. n. 16956/2016 e n. 23922/2016 citate);

che, in conclusione, il primo motivo di ricorso merita accoglimento e, dichiarato assorbito il secondo (solo subordinatamente proposto dalla Agenzia delle Entrate), la sentenza impugnata va cassata, con rinvio alla medesima CTR, in diversa composizione, la quale applicando i principi innanzi riportati provvederà al riesame della controversia, nonchè alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

 

La Corte, accoglie il primo motivo ricorso, dichiara assorbito il secondo, cassa;a sentenza impugnata, e rinvia, anche per le spese, alla Commissione tributaria regionale del Lazio, in diversa composizione.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 19 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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