Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22144 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/08/2021, (ud. 24/03/2021, dep. 03/08/2021), n.22144

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ORILIA Lorenzo – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – rel. Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34212 – 2019 R.G. proposto da:

G.F. – c.f. (OMISSIS) – elettivamente domiciliata, con

indicazione dell’indirizzo p.e.c., in Vibo Valentia, alla via

Moricca, n. 12, presso lo studio dell’avvocato Francesco De Luca che

la rappresenta e difende in virtù di procura speciale su foglio

allegato in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

R.G. (nato a Pizzo Calabro l'(OMISSIS));

– intimato –

avverso la sentenza n. 1723/2018 della Corte d’Appello di Catanzaro;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24 marzo 2021

dal consigliere Dott. Abete Luigi;

 

Fatto

MOTIVI IN FATTO ED IN DIRITTO

1. Con atto notificato il 10.2.1998 G.F. citava a comparire dinanzi al Tribunale di Vibo Valentia R.G..

Esponeva che con preliminare del 30.1.1994 aveva promesso di acquistare ed il convenuto aveva promesso di venderle un immobile in Pizzo Calabro, alla via Pietà, n. 2, per il prezzo di lire 130.000.000; che nondimeno l’immobile promesso in vendita era privo del certificato di abitabilità.

Chiedeva pronunciarsi la risoluzione del preliminare per inadempimento del convenuto e condannarsi il convenuto alla restituzione dell’acconto di Lire 80.000.000 ricevuto nonché al risarcimento dei danni.

2. Si costituiva R.G..

Deduceva che l’attrice non aveva provveduto all’integrale versamento del prezzo pattuito; che segnatamente non aveva provveduto al versamento della somma di Lire 60.000.000, corrispondente al mutuo che la promissaria acquirente si era accollata alla stipula del preliminare.

Instava per il rigetto dell’avversa domanda; in riconvenzionale per la risoluzione del preliminare per inadempimento dell’attrice e per la condanna dell’attrice al risarcimento dei danni.

3. Assunte le prove per testimoni, espletata la c.t.u., con sentenza n. 323/2001 il tribunale rigettava la domanda principale, accoglieva la domanda riconvenzionale e, per l’effetto, pronunciava la risoluzione del preliminare per inadempimento della promissaria acquirente; faceva ordine al convenuto di far luogo alla restituzione dell’acconto ricevuto con gli interessi legali ed all’attrice di far luogo alla restituzione dell’immobile; condannava l’attrice al risarcimento del danno cagionato al convenuto e liquidato in lire 40.990.440 oltre rivalutazione ed interessi; condannava l’attrice alle spese di lite e di c.t.u.

4. G.F. proponeva appello.

Resisteva R.G..

5. Con sentenza n. 537/2006 la Corte d’Appello di Catanzaro dichiarava il gravame inammissibile, siccome tardivamente proposto.

6. Con sentenza n. 20712/2013 questa Corte cassava la sentenza n. 537/2006 della Corte d’Appello di Catanzaro.

7. G.F. riassumeva il giudizio in sede di rinvio. Resisteva R.G..

8. Con sentenza n. 1723/2018 la Corte d’Appello di Catanzaro rigettava il gravame e condannava G.F. alle spese del giudizio di rinvio, del giudizio di legittimità e del pregresso giudizio d’appello.

Evidenziava la corte che il giudizio di comparazione dei reciproci inadempimenti non era stato attinto da uno specifico motivo di censura.

Evidenziava ad ogni modo che la valutazione del tribunale circa la maggiore gravità dell’inadempimento della promissaria acquirente – che, immessa nel possesso dell’alloggio sin dall’8.2.1996, non aveva provveduto al versamento del residuo corrispettivo di Lire 60.000.000 – era appieno da condividere.

9. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso G.F.; ne ha chiesto sulla scorta di due motivi la cassazione con ogni susseguente statuizione anche in ordine alle spese di lite.

R.G. non ha svolto difese.

10. Il relatore ha formulato ex art. 375 c.p.c., n. 5), proposta di manifesta infondatezza dei motivi di ricorso; il presidente ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., comma 1, ha fissato l’adunanza in camera di consiglio.

11. La ricorrente ha depositato memoria.

12. Con il primo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 115 c.p.c.; l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la Corte di Catanzaro non ha tenuto conto che il promittente venditore ha omesso di integrare con la documentazione richiesta dal Comune di Pizzo Calabro con nota in data 8.5.2000, prot. 8175, e con nota in data 12.11.2001, prot. 18592, l’istanza volta al rilascio del certificato di abitabilità.

Deduce che in dipendenza del parere contrario espresso, a fronte della richiesta di “variante” presentata dal R. il 14.10.1996, dal Comune di Pizzo Calabro con le note anzidette giammai si è perfezionato il “silenzio – assenso”.

Deduce che il promittente venditore era ben a conoscenza dell’assenza dei presupposti di conformità dell’immobile alle prescrizioni edilizie ed urbanistiche, ovvero che l’edificio superasse l’altezza massima consentita.

13. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto in relazione all’art. 115 c.p.c.; l’omesso esame di fatto decisivo oggetto di discussione tra le parti.

Deduce che la Corte di Catanzaro non ha tenuto conto che l’omesso rilascio del certificato di abitabilità è da ricondurre a talune significative difformità edilizie ed urbanistiche dell’immobile, difformità per le quali il promittente venditore ebbe a presentare al Comune di Pizzo Calabro progetto in variante del 14.10.1996, prot. 16078, progetto relativamente al quale l’autorità comunale ha sempre espresso parere contrario a qualsivoglia sanatoria.

14. Si premette che il collegio appieno condivide la proposta del relatore, che ben può essere reiterata in questa sede.

D’altronde le argomentazioni di cui alla memoria (mera reiterazione delle argomentazioni di cui al ricorso) non sono da condividere.

I motivi di ricorso – da esaminare congiuntamente siccome strettamente connessi – sono dunque privi di fondamento e da respingere.

15. Va debitamente premesso che ambedue i mezzi di impugnazione non sono, a rigore, debitamente “specifici” ed “autosufficienti”.

Questo Giudice del diritto spiega che il ricorrente per cassazione, che intenda dolersi dell’omessa od erronea valutazione di un documento – nella fattispecie, della nota del Comune di Pizzo datata 8.5.2000, prot. 8175, e della nota del Comune di Pizzo datata 11.12.2001, prot. 18592 – da parte del giudice di merito, ha il duplice onere – imposto dall’art. 366 c.p.c., comma 1, n. 6, – di produrlo agli atti (indicando esattamente nel ricorso in quale fase processuale ed in quale fascicolo di parte si trovi il documento in questione) e di indicarne il contenuto (trascrivendolo o riassumendolo nel ricorso); la violazione anche di uno soltanto di tali oneri rende il ricorso inammissibile (cfr. Cass. (ord.) 28.9.2016, n. 19048; Cass. 12.12.2014, n. 26174; Cass. sez. lav. 7.2.2011, n. 2966; Cass. (ord.) 3.7.2009, n. 15628. Cfr. più di recente Cass. 13.11.2018, n. 29093).

Si badi che l’inottemperanza agli oneri di “specificità” e di “autosufficienza” rileva viepiù, siccome la corte d’appello ha non solo puntualizzato che R.G. aveva ottenuto il certificato di abitabilità per “silenzio – assenso”, non avendo il Comune di Pizzo Calabro nei 45 giorni successivi chiesto documenti integrativi (cfr. sentenza impugnata, pag. 9), ma ha soggiunto che il parere contrario espresso dal Comune di Pizzo nella nota 18592/2001 in ordine alla richiesta di variante, non aveva valenza, “trattandosi di valutazione che a dire dello stesso responsabile dell’ufficio tecnico, sentito come teste, non incide in alcuna misura sull’abitabilità dell’immobile” (così sentenza impugnata, pag. 9).

16. In ogni caso – a prescindere dal rilievo anzidetto – si reputa quanto segue.

Ambedue i motivi di ricorso si qualificano in via esclusiva alla stregua della previsione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5.

Invero con entrambi i mezzi la G. censura il giudizio “di fatto” cui la corte distrettuale ha atteso, allorché, nel condividere e reiterare la valutazione comparativa delle reciproche condotte delle parti contraenti operata dal tribunale, ha reputato di maggiore gravità la condotta inadempiente della promissaria acquirente (cfr. sentenza impugnata, pagg. 8 – 10).

Del resto, questa Corte spiega che, nei contratti con prestazioni corrispettive, ai fini della pronuncia di risoluzione per inadempimento in caso di inadempienze reciproche, il giudice di merito è tenuto a formulare un giudizio – incensurabile in sede di legittimità se congruamente motivato, recte, alla luce del novello dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, se non inficiato da omesso esame circa fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti – di comparazione in merito al comportamento complessivo delle parti, al fine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti e causa del comportamento della controparte e della conseguente alterazione del sinallagma contrattuale (cfr. Cass. 9.6.2010, n. 13840).

In quest’ottica si reputa ulteriormente quanto segue.

17. Per un verso, è da escludere recisamente che taluna delle figure di “anomalia motivazionale” destinate ad acquisire significato alla luce della pronuncia delle sezioni unite di questa Corte n. 8053 del 7.4.2014 possa scorgersi in relazione alle motivazioni cui la corte territoriale ha ancorato il suo dictum.

Più esattamente, con riferimento alli “anomalia” della motivazione “apparente” – che ricorre allorquando il giudice di merito non procede ad una approfondita disamina logico – giuridica, tale da lasciar trasparire il percorso argomentativo seguito (cfr. Cass. 21.7.2006, n. 16672) – la corte calabrese ha compiutamente ed intellegibilmente esplicitato il proprio iter argomentativo.

Segnatamente la corte di merito ha non solo puntualizzato che l’immobile era “nelle condizioni sostanziali di ottenere l’abitabilità” (così sentenza impugnata, pag. 8) e che la promissaria acquirente, pur abitando nell’immobile sin dal 1996, non aveva per nulla “lamentato la presenza di vizi igienico sanitari ostativi all’abitabilità” (così sentenza impugnata, pag. 8).

Ma ha soggiunto e specificato – lo si è già anticipato – che il promittente venditore aveva chiesto ed ottenuto in corso di causa il certificato di abitabilità “per silenzio – assenso” e che, alla luce delle dichiarazioni testimoniali rese dal responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Pizzo Calabro, non aveva incidenza sull’abitabilità la nota n. 18592/2001 dello stesso Comune.

18. Per altro verso, è da escludere recisamente che la Corte di Catanzaro abbia omesso la disamina del fatto storico dalle parti discusso, a carattere decisivo, connotante la res litigiosa, ovvero della valenza dei comportamenti tenuti da G.F. sia in relazione comparativa con la condotta tenuta da R.G. sia in rapporto all’incidenza che gli stessi comportamenti della promissaria acquirente hanno eziologicamente esplicato ai fini della mancata attuazione del programma negoziale concepito con la stipula del preliminare del 30.1.1994.

19. Per altro verso ancora, l’iter motivazionale che sorregge il dictum della Corte d’Appello di Catanzaro, oltre che congruo ed esaustivo sul piano logico – formale, risulta in toto ineccepibile sul piano della correttezza giuridica.

Invero, questa Corte ha già avuto modo di chiarire che, in tema di compravendita immobiliare, la mancata consegna al compratore del certificato di abitabilità non determina, in via automatica, la risoluzione del contratto preliminare per inadempimento del venditore, dovendo essere verificata in concreto l’importanza e la gravità dell’omissione in relazione al godimento e alla commerciabilità del bene; e la risoluzione non può essere pronunciata ove in corso di causa si accerti che l’immobile promesso in vendita presentava tutte le caratteristiche necessarie per l’uso suo proprio e che le difformità edilizie rispetto al progetto originario erano state sanate a seguito della presentazione della domanda di concessione in sanatoria, del pagamento di quanto dovuto e del formarsi del “silenzio-assenso” sulla relativa domanda (cfr. Cass. 31.5.2010, n. 13231; Cass. (ord.) 5.12.2017, n. 29090. Cfr. Cass. 13.8.2020, n. 17123, secondo cui, nella vendita di immobili destinati ad abitazione, pur costituendo il certificato di abitabilità un requisito giuridico essenziale ai fini del legittimo godimento e della normale commerciabilità del bene, la mancata consegna di detto certificato costituisce un inadempimento del venditore che non incide necessariamente in modo dirimente sull’equilibrio delle reciproche prestazioni, sicché il successivo rilascio del certificato di abitabilità esclude la possibilità stessa di configurare l’ipotesi di vendita di “aliud pro alio”).

20. D’altro canto, al cospetto del riscontro operato dalla corte di seconde cure sulla scorta delle dichiarazioni testimoniali rese dal responsabile dell’ufficio tecnico del Comune di Pizzo Calabro, la ricorrente, in fondo, si duole per l’asserita omessa, erronea valutazione della nota del Comune di Pizzo datata 8.5.2000, prot. 8175, e della nota del Comune di Pizzo datata 11.12.2001, prot. 18592 (“nonostante la presentazione nel lontano 1996 di una variante al progetto, quest’ultima ha sempre avuto il parere contrario e non si è mai trasformata in sanatoria”: così ricorso, pag. 9; “a fronte del parere contrario espresso dall’Ufficio tecnico del Comune di Pizzo, che richiedeva invece l’integrazione documentale al sig. R.G., quest’ultimo non ha mai adempiuto alla detta richiesta di integrazione documentale”: così memoria, pag. 2; “il R. avrebbe cercato di superare con la presentazione al Comune di Pizzo di un progetto in variante (…) del 14.10.1996 per il quale il predetto Comune ha sempre espresso parere contrario”: così memoria, pag. 3).

E tuttavia il cattivo esercizio del potere di apprezzamento delle prove non legali da parte del giudice di merito non dà luogo ad alcun vizio denunciabile con il ricorso per cassazione, non essendo inquadrabile nel paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, né in quello del precedente n. 4, disposizione che – per il tramite dell’art. 132 c.p.c., n. 4 – dà rilievo unicamente all’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

21. Si tenga conto, da ultimo, che, in materia di ricorso per cassazione, la violazione dell’art. 115 c.p.c. può essere dedotta come vizio di legittimità solo denunciando che il giudice ha dichiarato espressamente di non dover osservare la regola contenuta nella norma, ovvero ha giudicato sulla base di prove non introdotte dalle parti, ma disposte di sua iniziativa fuori dei poteri officiosi riconosciutigli, e non anche che il medesimo, nel valutare le prove proposte dalle parti, ha attribuito maggior forza di convincimento ad alcune piuttosto che ad altre (cfr. Cass. 10.6.2016, n. 11892).

22. R.G. non ha svolto difese; nonostante il rigetto del ricorso nessuna statuizione in ordine alle spese del presente giudizio va assunta.

23. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto (cfr. Cass. sez. un. 20.2.2020, n. 4315).

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso; ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, G.F., di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso ai sensi del citato D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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