Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22142 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2020, (ud. 16/09/2020, dep. 14/10/2020), n.22142

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. FALASCHI Milena – Consigliere –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DONGIACOMO Giuseppe – Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 34573-2018 proposto da:

G.V., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA XX SETTEMBRE

n. 4, presso lo studio dell’avvocato STEFANO GALEANI, che lo

rappresenta e difende;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI SCHEGGINO ed AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimati –

avverso la sentenza n. 8320/2018 del TRIBUNALE di ROMA, depositata il

24/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

16/09/2020 dal Consigliere Dott. OLIVA STEFANO.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con atto ex art. 615 c.p.c. G.V. proponeva opposizione innanzi il Giudice di Pace di Roma avverso una cartella esattoriale formata da Equitalia Gerit Spa sulla base di un verbale di infrazione al Codice della strada emesso dal Comune di Scheggino.

Con sentenza n. 27650/2009 il Giudice di Pace di Roma dichiarava il ricorso inammissibile perchè depositato oltre il termine di 30 giorni dalla notifica della cartella opposta.

Interponeva appello il G. e il Tribunale di Roma, con sentenza n. 3111/2012, rilevava la mancata rituale evocazione in giudizio di Equitalia e rimetteva gli atti al Giudice di Pace ordinando l’integrazione del contraddittorio nei confronti della società di riscossione.

All’esito della riassunzione del giudizio, il Giudice di Pace di Roma, con sentenza n. 23043 del 2014, rigettava la domanda ritenendo che parte convenuta avesse dimostrato l’intervenuta notificazione del verbale presupposto alla cartella impugnata, che non era stato tempestivamente impugnato dal G..

Quest’ultimo interponeva appello avverso detta decisione e il Tribunale di Roma, con la sentenza n. 8320/2018 oggi impugnata, rigettava il gravame ritenendo che l’impugnazione avverso la cartella esattoriale avrebbe dovuto essere proposta nei termini e nelle forme di cui all’art. 617 c.p.c., ferma restando l’esperibilità del rimedio di cui alla L. n. 689 del 1981, art. 22 nei confronti del verbale presupposto alla cartella predetta.

Propone ricorso per la cassazione di detta decisione G.V. affidandosi a quattro motivi.

Il Comune di Scheggino e l’Agenzia delle Entrate Riscossione, intimati, non hanno svolto attività difensiva nel presente giudizio di legittimità.

Il ricorrente ha depositato memoria in prossimità dell’adunanza camerale.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 343,324 c.p.c. e 2909 c.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè il Tribunale avrebbe riformato la sentenza del Giudice di Pace in relazione al capo con cui era stata ritenuta validamente proposta l’opposizione ex art. 615 c.p.c., non oggetto di specifico motive di gravame. Il ricorrente osserva, inoltre, che la causa ha avuto inizio nel 2008, quando il rimedio previsto dall’art. 615 c.p.c. era ritenuto ammissibile dalla giurisprudenza, di talchè il giudice di merito avrebbe dovuto considerare l’imprevedibilità del nuovo orientamento interpretativo conseguente alla pronuncia delle Sezioni Unite di questa Corte n. 22080 del 2017.

La censura è infondata. Con la decisione da ultimo richiamata le Sezioni Unite hanno definitivamente chiarito che l’eccezione cd. recuperatoria, dovendosi per tale intendere quella con cui la parte deduca che il primo atto con cui è venuta a conoscenza della sanzione sia la cartella esattoriale, a causa della mancata notificazione del provvedimento ad essa presupposto, vada introdotta, quando la cartella è formata sulla base di una sanzione derivante da contravvenzione al codice della strada, nel termine di trenta giorni di cui al D.Lgs n. 150 del 2011, art. 7, decorrente dalla notifica della cartella impugnata, e non invece nelle forme di cui all’art. 615 c.p.c. (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 22080 del 22/09/2017, Rv. 645323). L’opzione interpretativa fatta propria dalle Sezioni Unite, peraltro, risulta conforme a diversi precedenti di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 3, Sentenza n. 16282 del 04/08/2016, Rv. 642095; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 1985 del 29/01/2014, Rv. 629973; Cass. Sez. 6 – 3, Ordinanza n. 14496 del 07/06/2013, Rv. 626692; nonchè Cass. Sez. 1, Sentenza n. 9180 del 20/04/2006, Rv. 588643, la quale ultima aveva già a suo tempo chiarito che avverso la cartella esattoriale emessa ai fini della riscossione di sanzioni amministrative pecuniarie per violazioni del codice della strada sono ammissibili: a) l’opposizione ai sensi della L. n. 689 del 1981, allorchè sia mancata la notificazione dell’ordinanza-ingiunzione o del verbale di accertamento di violazione al codice della strada, con ricorso da proporre entro 30 giorni dalla notificazione della cartella stessa; b) l’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c., allorchè si contesti la legittimità dell’iscrizione a ruolo per omessa notifica della cartella, e quindi per la mancanza di un titolo legittimante l’iscrizione a ruolo, o si adducano fatti estintivi sopravvenuti alla formazione del titolo, da proporre nelle forme ordinarie previste per l’opposizione all’esecuzione; c) l’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c., qualora si deducano vizi formali della cartella esattoriale o del successivo avviso di mora, da proporre nel termine di cui alla disposizione da ultimo richiamata). Nessun radicale mutamento giurisprudenziale si è quindi verificato nel 2017, posta la risalenza dell’interpretazione fatta propria dalle Sezioni Unite.

Poichè nel caso di specie, come accertato dal Tribunale (cfr. pag.3 della sentenza impugnata) la cartella esattoriale è stata notificata al G. in data 19.12.2007 ed il ricorso è stato depositato il 21.2.2018, l’opposizione è tardiva.

Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 615 e 617 c.p.c. e dell’ordinanza della Corte costituzionale n. 377/2007 in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3 perchè la cartella impugnata non contiene l’indicazione del nominative del responsabile del procedimento di esazione.

La censura è inammissibile, in quanto il vizio denunziato, attinente alla regolarità della cartella esattoriale, rientra tra quelli previsti dall’art. 617 c.p.c. e, quindi, avrebbe dovuto essere dedotto nel termine di 20 giorni previsto da detta disposizione, addirittura inferiore a quello di 30 giorni previsto dal D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7 per la proposizione della cd. opposizione recuperatoria (cfr. Cass. Sez. 2, Ordinanza n. 22094 del 04/09/2019, Rv. 655216).

Con il terzo motivo il ricorrente lamenta la violazione del D.L. n. 132 del 2014, convertito in L. n. 162 del 2014, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, perchè il Tribunale avrebbe dovuto, a seguito della modifica giurisprudenziale del 2017, disporre l’integrale compensazione delle spese di lite.

La censura è infondata. La compensazione delle spese di lite costituisce infatti una possibilità, rimessa al prudente apprezzamento del giudice di merito. In particolare, nel regime anteriore all’entrata in vigore del D.L. 12 settembre 2014, n. 132, convertito, con modificazioni, in L. 10 novembre 2014, n. 162, la compensazione poteva essere disposta anche senza alcuna motivazione, e senza che -per questo- la statuizione divenisse per ciò solo sindacabile in sede di impugnazione e di legittimità, atteso che il sindacato della Corte di Cassazione era comunque limitato all’accertamento che non risultasse violato il principio secondo il quale le spese non potevano essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa o che fossero addotte ragioni palesemente o microscopicamente illogiche e tali da inficiare, per la loro inconsistenza o evidente erroneità, lo stesso processo formativo della volontà decisionale (cfr. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 8540 del 22/04/2005, Rv. 580529; conf. Cass. Sez. 1, Sentenza n. 10420 del 18/05/2005, Rv. 580897; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 17953 del 08/09/2005, Rv. 584700). Per effetto dell’entrata in vigore del richiamato D.L. n. 132 del 2014, prima, e dell’intervento della sentenza n. 77 del 2018 della Corte costituzionale, poi, è stato ridotto l’ambito in cui il è possibile esercitare la facoltà di compensare le spese di lite per la precisione, solo in caso di soccombenza reciproca, di assoluta novità della questione trattata, di mutamento della giurisprudenza rispetto alle questioni dirimenti o di sopravvenienze relative a tali questioni, di assoluta incertezza e che presentino la stessa, o maggiore, gravità ed eccezionalità delle situazioni tipiche espressamente previste dall’art. 92 c.p.c., comma 2 (cfr. Cass. Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 4696 del 18/02/2019, Rv. 652795)- ma non è stata modificata la natura discrezionale dell’esercizio del relative potere da parte del giudice. Di conseguenza, nessuna violazione di legge si rinviene nella statuizione con cui il Tribunale di Roma ha condannato il G. alle spese del grado, in applicazione della regola generale della soccombenza.

Con il quarto ed ultimo motivo il ricorrente lamenta infine l’omesso esame di un fatto decisivo, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 5, perchè il giudice di merito avrebbe omesso di esaminare la documentazione depositata in atti di causa dal Comune di Scheggino, dalla quale -ad avviso del ricorrente- emergerebbe la prova della mancata notificazione del verbale presupposto alla cartella esattoriale impugnata.

La censura è inammissibile. La rilevata tardività dell’opposizione proposta dal G. avverso la cartella impugnata preclude l’esame di qualsiasi questione relativa alla regolarità della notificazione dell’atto ad essa presupposto, poichè la questione avrebbe dovuto essere dedotta tempestivamente, nel già indicato termine di 30 giorni di cui al D.Lgs. n. 150 del 2011, art. 7.

In definitiva, il ricorso va rigettato.

Nulla per le spese, in difetto di svolgimento di attività difensiva da parte intimata nel presente giudizio di legittimità.

Stante il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater- della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.

PQM

la Corte rigetta il ricorso.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della sesta sezione civile, il 16 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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