Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22141 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. I, 25/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 14997/2009 proposto da:

G.E. ((OMISSIS)), in proprio e quale erede di

M.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

39, presso lo studio dell’avvocato SABIA Vincenzo, che la rappresenta

e difende giusta procura speciale a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA ((OMISSIS)), in persona del Ministro

pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e

difende ope legis;

– resistente –

avverso il decreto n. 242/2008 della CORTE D’APPELLO di PERUGIA del

10/03/808, depositato il 30/04/2009;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

udito l’Avvocato Sabia Vincenzo difensore della ricorrente che si

riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che ha

concluso per l’inammissibilità o in subordine per il rigetto del

ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- La Corte di appello di Perugia, con il decreto impugnato, ha parzialmente accolto la domanda di equa riparazione ai sensi della L. n. 89 del 2001, presentata da G.E., in proprio e quale erede del coniuge M.F., in relazione alla durata irragionevole di un giudizio civile promosso dai predetti coniugi dinanzi al Tribunale di Roma il 29.9.1994 e definito con sentenza del 17.11.2005.

La Corte di appello, in considerazione della complessità della causa e della difficoltà degli accertamenti tecnici, ha determinato in tre anni il periodo eccedente la durata ragionevole imputabile allo Stato, previa detrazione della dilazione imputabile al comportamento delle parti e ha liquidato all’istante, a titolo di danno patrimoniale, la somma di Euro 3.600,00 jure proprio e la somma di Euro 2.000,00 jure hereditatis, compensando parzialmente le spese processuali.

Contro il predetto decreto parte attrice ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi.

Il Ministero della Giustizia intimato non ha svolto attività difensiva, depositando solo atto di costituzione ai fini della partecipazione alla discussione.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal Collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c., il P.G. ha depositato memoria.

2.- Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 81 c.p.c. e dell’art. 6 della Convenzione europea nella parte in cui è stata attribuita alla sola responsabilità delle parti la durata relativa ai rinvii che, solo per quanto richiesti, non potevano essere concessi ma comunque dovevano necessariamente rispettare la temporalità data dall’art. 81 c.p.c.. Denuncia altresì omessa insufficiente erronea determinazione della durata complessiva del ritardo del giudizio grado in relazione all’arti. 360 c.p.c., n. 5.

Con il secondo motivo denuncia la violazione di legge il vizio di motivazione in ordine all’entità indennizzo liquidato, pari a Euro 1.000 per anno di ritardo.

Con il terzo motivo denuncia violazione e falsa applicazione di legge e vizio di motivazione perchè la durata del ritardo posta a base del risarcimento risulta solo quella eccedente il termine ragionevole.

Con il quarto motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 92 c.p.c. e vizio di motivazione in relazione alla erronea determinazione delle spese di lite e alla disposta compensazione parziale.

La ricorrente formula un solo quesito ai sensi dell’art. 366 bis c.p.c. chiedendo: “se i rinvii richiesti dalle parti siano da imputare integralmente ad esse anche nel caso in cui gli stessi siano di durata considerevole comunque superiore ai 15 giorni stabiliti dall’art. 81 c.p.c. o se per l’eccedenza siano imputabili comunque l’amministrazione”.

3.- Osserva la Corte che il secondo, il terzo e il quarto motivo del ricorso sono inammissibili per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., non essendo stati formulati i corrispondenti quesiti di diritto in ordine alla violazioni di legge denunciate mentre in relazione ai vizi di motivazione dedotti non sono state formulate le sintesi del fatto controverso.

Anche il primo motivo è inammissibile per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., stante l’inadeguatezza del quesito, del tutto astratto e privo di riferimenti alla concreta fattispecie, tali da consentire alla Corte di affermare il diverso principio che, secondo il ricorrente, sarebbe applicabile al caso deciso.

Il quesito di diritto costituisce, invero, il punto di congiunzione tra la risoluzione del caso specifico e l’enunciazione del principio giuridico generale, risultando altrimenti inadeguata, e quindi non ammissibile, l’investitura stessa del giudice di legittimità.

Il ricorso, dunque, deve essere dichiarato inammissibile.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso.

Così deciso in Roma, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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