Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22141 del 03/08/2021

Cassazione civile sez. VI, 03/08/2021, (ud. 20/01/2021, dep. 03/08/2021), n.22141

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. COSENTINO Antonello – rel. Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 12069-2019 proposto da:

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MARZIALE,

36, presso lo studio dell’avvocato ENRICO GIUSEPPE DE PAOLIS,

rappresentato e difeso dall’avvocato MAURIZIO GIOVANFORTE;

– ricorrente –

contro

B.V., M.T., elettivamente domiciliati in

ROMA, VIA DELLA FALCOGNANA 61, presso lo studio dell’avvocato EGIDIO

MARULLO, che li rappresenta e difende;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 8099/2018 della CORTE D’APPELLO di ROMA,

depositata il 19/12/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 20/01/2021 dal Presidente Relatore Dott. COSENTINO

ANTONELLO.

 

Fatto

RAGIONI IN FATTO E IN DIRITTO DELLA DECISIONE

1. B.A. ha proposto ricorso, sulla scorta di due motivi, per la cassazione della sentenza n. 8099/2019 della Corte d’Appello di Roma che, confermando la sentenza del Tribunale della stessa città, ha accolto, per quanto qui ancora interessa, la domanda di usucapione di due appartamenti siti in Roma, avanzata nei suoi confronti da B.V. e M.T..

La Corte d’Appello ha preliminarmente evidenziato che B.A., originario convenuto, poi appellante, non aveva sollevato alcuna contestazione specifica, in primo grado, riguardo le allegazioni in fatto e la documentazione dedotta dagli attori a riprova del possesso da loro esercitato sugli appartamenti oggetto della controversia. Di conseguenza, ha dichiarato inammissibili ex art. 345 c.p.c., in quanto nuove, le contestazioni da lui mosse al possesso degli originari attori nel suo atto di appello.

Nonostante tale affermazione di inammissibilità, la Corte territoriale si è tuttavia pronunciata anche nel merito delle suddette contestazioni, rigettando le stesse e ritenendo provato il possesso degli attori in base ad una valutazione complessiva delle risultanze istruttorie. Nell’impugnata sentenza si evidenziano, in particolare: le operazioni di accatastamento e di sanatoria edilizia operate dagli attori, rispettivamente, nel 1976 e nel 1986; la missiva inviata da B.A. del 2003, prodotta in primo grado, contenente un implicito riconoscimento della proprietà altrui; la mancata indicazione di alcun evento interruttivo del possesso degli attori nell’arco di tempo compreso tra il 1986 ed il 2004.

2. B.V. e M.T. hanno depositato controricorso, offrendo in comunicazione documenti successivi al deposito della sentenza impugnata. La causa è stata chiamata all’adunanza camerale del 20 gennaio 2021, per la quale sia il ricorrente che i controricorrenti hanno depositato memorie; il procuratore dei contro ricorrenti ha altresì chiesto la distrazione delle spese.

3. Preliminarmente va dichiarata inammissibile, ai sensi dell’art. 372 c.p.c., la produzione documentale allegata al controricorso, trattandosi di documenti che non riguardano la nullità della sentenza impugnata o l’ammissibilità del ricorso o del controricorso.

4. Col primo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 1158 c.c. e della L. n. 47 del 1985, art. 31 in cui la Corte d’Appello sarebbe incorsa nel ritenere il possesso degli appellati-attori dimostrato dal fatto di aver realizzato operazioni di accatastamento e di sanatoria edilizia. Il ricorrente sottolinea come la L. n. 47 del 1985, art. 31 consenta anche al conduttore di presentare domanda di sanatoria degli abusi edilizi, sicché da tali fatti non potrebbe in alcun caso dedursi che gli appellati-attori fossero possessori.

Il motivo di ricorso non può trovare accoglimento, perché non coglie la ratio decidendi della sentenza impugnata.

La censura infatti si appunta esclusivamente sulle considerazioni svolte dalla Corte di appello in ordine al compimento, da parte degli originari attori, di operazioni di accatastamento e di sanatoria edilizia. La doglianza, quindi, isola atomisticamente le suddette considerazioni dal ragionamento complessivo che sorregge l’accertamento della maturazione, in capo agli attori, di un possesso ad usucapionem ultraventennale. In definitiva, quantunque la rubrica del motivo denunci un vizio di violazione di legge, la censura effettivamente svolta impinge nel merito, risolvendosi in una richiesta, inammissibile in sede di legittimità, di revisione del’apprezzamento operato della Corte d’Appello sul materiale probatorio acquisito alla cause; materiale che comprende anche la missiva di B.A. del 2003 (su cui il ricorso tace) e la mancata contestazione in primo grado, da parte di B.A., dei fatti storici dedotti dagli attori a fondamento della loro domanda di usucapione.

5. Col secondo motivo di ricorso, riferito all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), si denuncia la violazione e falsa applicazione dell’art. 115 c.p.c. in cui la Corte d’Appello sarebbe incorsa affermando che l’attuale ricorrente non aveva contestato in primo grado le allegazioni degli attori sul possesso da loro esercitato sugli appartamenti. Tali allegazioni, secondo il ricorrente, erano di genericità tale da non consentire di ritenere che la loro non contestazione supplisse al mancato assolvimento dell’onere degli attori di provare il vantato possesso ad usucapionem.

Anche il secondo motivo di ricorso va disatteso

Va premesso che questa Corte ha spiegato che “Nel vigore del novellato art. 115 c.p.c., a mente del quale la mancata contestazione specifica di circostanze di fatto produce l’effetto della relevatio ad onere probandi, spetta al giudice del merito apprezzare, nell’ambito del giudizio di fatto al medesimo riservato, l’esistenza ed il valore di una condotta di non contestazione dei fatti rilevanti, allegati dalla controparte” (Cass. 3680/19); vedi, in conformità, anche Cass. 27490/19, dove si precisa che l’accertamento del giudice di merito in ordine alla sussistenza di una contestazione ovvero d’una non contestazione, rientrando nel quadro dell’interpretazione del contenuto e dell’ampiezza dell’atto della parte, è sindacabile in cassazione solo per vizio di motivazione.

D’altra parte, questa Corte ha stabilito pure che il ricorso per cassazione con cui si deduca l’erronea applicazione del principio di non contestazione non può prescindere dalla trascrizione degli atti sulla cui base il giudice di merito ha ritenuto integrata la non contestazione che il ricorrente pretende di negare (Cass. 20637/16). Tanto premesso, il Collegio osserva che il ricorrente ha formulato la propria censure in termini inammissibilmente generici, perché non ha riportato nel ricorso né le affermazioni degli attori ritenute incontestate dalla Corte di appello, né i passi delle proprie difese di primo grado con cui dette affermazioni sarebbero state, per contro, contestate; né di dette affermazioni ha offerto, quanto meno, la localizzazione interna ed esterna – vale a dire l’indicazione degli atti e l’indicazione dei luoghi, all’interno degli atti, in cui tali affermazioni si trovano – onde consentire a questa Corte di esaminare le stesse senza dover procedere all’esplorazione dell’intero corpo degli atti del fascicolo di primo grado (cfr. Cass. 28184/20).

Il ricorso, al quale la memoria ex art. 380 bis nulla aggiunge, è rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate per come stabilito nel dispositivo, nonché distratte in favore del difensore ex art. 93 c.p.c.

Deve altresì darsi atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, del raddoppio del contributo unificato D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1-quater, se dovuto.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al rimborso in favore dei controricorrenti delle spese del presente giudizio che liquida in complessivi Euro 7.200,00, di cui Euro 200,00 per esborsi, oltre spese generali pari al 15 % sui compensi ed accessori di legge, se dovuti; con distrazione in favore dell’avvocato Egidio Marullo, che se ne è dichiarato antistatario.

Si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

Così deciso in Roma, il 20 gennaio 2021.

Depositato in Cancelleria il 3 agosto 2021

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