Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22140 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. I, 25/10/2011, (ud. 28/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22140

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SALME’ Giuseppe – Presidente –

Dott. DI PALMA Salvatore – Consigliere –

Dott. ZANICHELLI Vittorio – Consigliere –

Dott. SCHIRO’ Stefano – Consigliere –

Dott. DIDONE Antonio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 20195/2007 proposto da:

R.L.S., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA

CRESCENZIO 20, presso lo studio dell’avvocato TRALICCI Gina, che lo

rappresenta e difende giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro in carica,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende ope

legis;

– controricorrente –

avverso il decreto n. 440/06 V.G. della CORTE D’APPELLO di PERUGIA

del 12/02/07, depositato il 06/04/2007;

udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del

28/09/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ANTONIO DIDONE;

è presente il P.G. in persona del Dott. NICOLA LETTIERI che ha

concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

RITENUTO IN FATTO E IN DIRITTO

1.- R.L.S. ha proposto ricorso per cassazione nei confronti del Ministero della giustizia contro il decreto della corte di appello di Perugia depositato in data 6 aprile 2007 con il quale è stata respinta la sua domanda di equa riparazione proposta ai sensi della L. n. 89 del 2001, in relazione alla dedotta irragionevole durata del procedimento civile in materia locatizia iniziato nel mese di marzo 1996 con la ricezione della notifica dello sfratto per morosità e definito con sentenza della cassazione depositata in data 23 gennaio 2006.

Ha osservato la Corte di appello che nel proporre impugnazione nell’ottobre del 1996 il ricorrente aveva fissato l’udienza due mesi oltre il termine necessario. Inoltre la sentenza di primo grado era stata, impugnata dal R. con atto del maggio 2000, cioè ad un anno dalla pubblicazione della sentenza e, infine, era stata fissata la prima udienza di comparizione al 15 maggio 2001 e anticipata soltanto su richiesta della controparte. La sentenza di appello, depositata nel luglio 2001, era stata impugnata soltanto nel. luglio 2002. Da quanto innanzi esposto la corte di merito ha tratto il convincimento che il R. non avesse alcun interesse alla sollecita definizione dell’opposizione evidenti essendo i suoi comportamenti volti a procrastinare la decisione. Tenuto conto del comportamento del ricorrente non era stato superato il termine ragionevole del processo, benchè durato sette anni, mentre unico ipotizzabile turbamento emotivo subito dalla parte era il senso di soddisfazione che ordinariamente si trova nel raggiungere i propri scopi. Ciò escludeva qualsiasi diritto al risarcimento. Il Ministero intimato resiste con controricorso.

Nei termini di cui all’art. 378 c.p.c., il P.G. ha depositato memoria.

1.1.- La presente sentenza è redatta con motivazione semplificata così come disposto dal collegio in esito alla deliberazione in Camera di consiglio.

2.2.- Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla determinazione della durata ragionevole del processo.

Formula i seguenti quesiti: 1) “se il termine ragionevole di durata secondo cui il procedimento civile debba durare tre anni in primo grado e due anni per ogni grado successivo sia effettivamente applicabile in quanto proveniente dalla consolidata giurisprudenza della corte europea o se al contrario non sia applicabile in quanto coniato ad hoc dalla corte di appello di Perugia”; 2) “dica la corte di cassazione adita gli stati psicologici del ricorrente nello svolgimento del processo che non abbiano avuto ripercussione alcuna sugli atti processuali e sulla durata del procedimento siano oggetto del giudizio per equa riparazione ex L. n. 89 del 2001”; 3) “se il Giudice competente ex L. n. 89 del 2001, debba riconoscere il diritto all’equo indennizzo nel caso in cui il ritardo nella definizione del processo si sia comunque verificato, anche se per periodi inferiori all’anno”.

3.3.- Osserva la corte che il ricorso è inammissibile. Infatti, le censure formulate dal ricorrente sono del tutto aspecifiche rispetto alle ragioni poste a fondamento della decisione impugnata la quale ha correttamente evidenziato il comportamento dilatorio della parte e l’interesse della stessa a procrastinare l’esito del processo presupposto stante la natura dello stesso e considerato il vantaggio derivante dal godimento dell’immobile durante la causa di sfratto.

Pertanto, nessun patema d’animo, quindi nessun danno non patrimoniale, era derivato all’istante dalla durata irragionevole del processo.

Le spese del giudizio di legittimità – liquidate dispositivo – vanno poste a carico del ricorrente.

P.Q.M.

La corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in Euro 1.200,00 oltre le spese prenotate addebito.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 28 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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