Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2214 del 31/01/2011

Cassazione civile sez. trib., 31/01/2011, (ud. 22/09/2010, dep. 31/01/2011), n.2214

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PLENTEDA Donato – Presidente –

Dott. BOGNANNI Salvatore – Consigliere –

Dott. CARLEO Giovanni – Consigliere –

Dott. PARMEGGIANI Carlo – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

R.G., elettivamente domiciliato in Roma, Via A.

Granisci, n. 54, nello studio dell’Avv. TASCO Giampiero, che lo

rappresenta e difende giusta procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

Agenzia delle Entrate, rappresentata e difesa dall’Avvocatura

Generale dello Stato, nei cui uffici in Roma, Via dei Portoghesi, 12,

è domiciliata;

– controricorrente –

avverso la sentenza della C.T.R. del Lazio, n. 105/4/06, depositata

in data 16 novembre 2006;

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22

settembre 2010 dal Consigliere Dott. Pietro Campanile;

Udite le richieste del Procuratore Generale, in persona del Sostituto

Dott. Ennio Attilio Sepe, il quale ha concluso per l’accoglimento del

primo motivo del ricorso.

Fatto

1. – R.G. proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento con cui l’Agenzia delle Entrate di Albano Laziale contestava maggiori redditi ai fini IRPEF per l’anno 1997, sulla base di quanto accertato nei confronti della S.r.l. – a ristretta base personale – Edilizia Albanese, della quale detto contribuente era socio.

La Commissione tributaria provinciale di Roma rigettava il ricorso con decisione n. 58/52/2005.

1.2 – La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’appello proposto dal contribuente, rilevando in primo luogo, quanto all’istanza di sospensione del procedimento dallo stesso avanzata sulla base della pendenza del ricorso proposto dalla società avverso l’avviso di accertamento alla stessa notificata, che in realtà il R. non aveva chiesto la sospensione del giudizio, ma “l’annullamento dell’avviso sulla base dei motivi esposti nel ricorso, annullamento che non potrebbe essere domandato se il merito della lite dovesse essere definito sulla base delle risultanze dell’altro processo, considerato prioritario”.

Nel merito si affermava che, risultando la sussistenza di utili extracontabili in capo alla menzionata società, dovesse operare la presunzione della relativa percezione, pro quota, da parte del R., in considerazione della ristretta base sociale della S.r.l. Edilizia Albanese.

1.3 Avverso detta decisione il contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

Diritto

2. – Il primo motivo, con il quale viene denunciata violazione e falsa applicazione dell’art. 295 c.p.c., nonchè omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, è fondato.

Il relazione al primo profilo della censura è stato formulato il seguente quesito di diritto: “Dica la Suprema Corte di Cassazione se le Commissione tributaria regionale, in considerazione della pendenza del giudizio sull’avviso di accertamento societario, propedeutico per stabilire la legittimità degli accertamenti personali relativi ai singoli soci, avrebbe dovuto sospendere il giudizio ex art. 295 c.p.c.”.

2.1 – Il tema riguarda il rapporto fra l’accertamento di utili di natura extra – contabile nei confronti di una società di capitali e l’accertamento nei confronti del socio della stessa, quale percettore degli utili stessi, allorchè si tratti di organismo a base ristretta, in tal caso, secondo un orientamento consolidato di questa Corte, è legittima la presunzione di attribuzione ai soci degli eventuali utili extracontabili accertali, rimanendo salva la facoltà del contribuente di offrire la prova del fatto che i maggiori ricavi non siano stati fatti oggetto di distribuzione, ma siano stati, invece, accantonati dalla società, ovvero da essa reinvestiti (Cass., 16 marzo 2007, n. 6197).

Il procedimento logico giuridico in esame muove dalla premessa che il reddito nei confronti della società risulti accertato in maniera definitiva, ragion per cui, non ricorrendo l’ipotesi del litisconsorzio necessario affermato per le società di persone (Cass., Sez. Un., 4 giugno 2008, n. 14815), il giudizio nei confronti del socio, per quanto attiene all’esistenza degli utili extracontabili realizzati dalla società, è pregiudicato dall’esito dell’accertamento effettuato nei confronti della società stessa.

Entro tali termini, costituendo l’accertamento nei confronti della società un “presupposto dell’accertamento nel confronti del soci, in quanto indispensabile antecedente logico giuridico dello stesso, in forza dell’unico atto amministrativo dal quale entrambe le rettifiche promanano (in tal senso, nell’ambito di una fattispecie del tutto analoga, Cass., 30 giugno 2006, n. 15171; v. anche, in motivazione, Cass., 3 settembre 2008, n. 22171), ricorre un’ipotesi di sospensione ai sensi dell’art. 295 c.p.c..

2.2 – Deve richiamarsi, in proposito, il principio, più volte affermato da questa Corte, secondo cui il D.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546, art. 39, a mente del quale il processo è sospeso soltanto “quando è presentata querela di falso o deve essere decisa in via pregiudiziale una questione sullo stato o la capacità delle persone, salvo che si tratti della capacità di stare in giudizio” – regola unicamente i rapporti esterni, ovvero i rapporti tra processo tributario e processi non tributari, mentre, in ordine ai rapporti tra processi tributari, trova applicazione, in virtù del disposto del citato D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, la disciplina dettata dall’art. 295 c.p.c., secondo cui “il giudice dispone che il processo sia sospeso in ogni caso in cui egli stesso o altro giudice deve risolvere una controversia, dalla cui definizione dipende la decisione della causa” (Cass., 14 maggio 2007, n. 10952; Cass., 10 marzo 2006, n. 5366; Cass. 6 settembre 2004, n. 17937).

3. – Deve pertanto, rispondersi in maniera positiva al richiamato quesito di diritto, con conseguente accoglimento del motivo in esame, il cui carattere assorbente rispetto ad ogni altra doglianza è del tutto evidente. Invero, avuto anche riguardo al tenore del controricorso, la circostanza della pendenza, al momento dell’emanazione della sentenza de qua, del giudizio scaturito dal ricorso proposto dalla società deve considerasi pacifica.

La decisione impugnata, pertanto, deve essere cassata, con rinvio ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio, che applicherà il principio testè ribadito, provvedendo altresì in merito alle spese processuali anche del presente giudizio di legittimità.

P.Q.M.

Accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, ad altra Sezione della Commissione tributaria regionale del Lazio.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Quinta Civile – Tributaria, il 22 settembre 2010.

Depositato in Cancelleria il 31 gennaio 2011

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