Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22138 del 02/11/2016


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Cassazione civile sez. VI, 02/11/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 02/11/2016), n.22138

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – rel. Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 15834-2012 proposto da:

M.P., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA MAZZINI

27, presso lo studio dell’avvocato GIOVANNI CANDIDO DI GIOIA, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato PAOLO MARIA CAPE’

giusta procura in calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, c.f. (OMISSIS), in persona del Direttore

pro-tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI

12, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

e contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI NUORO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 237/2011 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE di CAGLIARI, emessa il 20/10/2011 e depositata il

15/12/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ETTORE CIRILLO;

udito l’Avvocato PAOLO MARIA CAPE’ per la ricorrente che si riporta

precisando i motivi ed insiste per l’accoglimento del ricorso.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

La CTR della Sardegna ha respinto l’appello di M.P. proposto contro la sentenza n.23/02/2009 della CTP di Nuoro che aveva già integralmente rigettato l’impugnazione del silenzio-rifiuto sull’istanza di rimborso dell’IRAP proposta sulla premessa che il ricorrente – esercente la professione di “commercialista” come si legge nella pronuncia impugnata – mancasse di autonoma organizzazione. Il giudice regionale ha motivato sul rilievo che negli anni d’imposta 2005 e 2006 risultava la corresponsione di compensi a terzi (con esborso rilevante nel 2006); la disponibilità di un ampio studio; un elevato valore di beni strumentali; un ingente importo di entrate. Tali elementi, per il giudice di merito, deponevano per l’esistenza di una struttura organizzativa eccedente i limiti di un normale studio professionale fondato sul solo contributo personale del professionista. Del pari, era da rigettare la domanda subordinata concernente i compensi percepiti quale componente di collegi sindacali, in quanto l’attività in questione non era “svolta in via esclusiva… ma unitamente alla sua attività professionale”.

Per la cassazione di tale decisione il contribuente ha proposto ricorso affidato a due motivi; l’Agenzia si è difesa con controricorso.

A seguito della notifica della relazione, non è stata depositata alcuna memoria; indi la causa è stata riassegnata ad altro consigliere relatore con decreto prot. n. 130/VI/16 del 29 luglio 2016.

Con il primo motivo di ricorso la parte contribuente prospetta due censure: violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3) e correlato vizio di motivazione. Assume che il giudice di appello abbia errato nel ravvisare il presupposto dell’autonoma organizzazione senza distinguere tra le diverse annualità d’imposta, enfatizzato senza ragione il fatto che nell’anno 2006 vi erano stato significativi compensi “per l’utilizzo di servizi di terzi”. Inoltre il giudicante avrebbe trascurato la circostanza che “ha prestato la propria attività professionale non in una propria struttura organizzativa, ma presso altri professionisti cui si è limitato a versare un parziale rimborso spese”.

Il motivo va disatteso.

Non ha commesso alcuna violazione di norme di diritto sostanziali il giudice del merito nel valorizzare gli elementi di fatto esaminati in sentenza, peraltro non enucleandoli isolatamente ma facendone unitaria considerazione secondo l’insegnamento di Cass. n. 27000 del 2014, che laddove s’invita il giudice di merito a valorizzare “un compendio di elementi capaci di dimostrare, nel loro complesso, la loro incidenza sull’organizzazione del professionista”. Si aggiunga che si tratta di censure che esulano dai poteri del giudice di legittimità richiedendo nuovo esame, scelta e ponderazione del materiale probatorio globalmente sottoposto al giudice di merito.

Con il secondo motivo di ricorso la parte contribuente prospetta due censure: violazione di norme di diritto sostanziali (D.Lgs. n. 446 del 1997, artt. 2 e 3) e correlato vizio di motivazione. Si duole, infatti, della decisione laddove è stata disattesa la domanda subordinata volta ad accertare l’esenzione da IRAP dei compensi percepiti nella veste di membro di collegio sindacale, e ciò per non essere stato dimostrato che per il reddito prodotto in assolvimento di questi incarichi il contribuente “non abbia utilizzato la propria autonoma organizzazione”.

Il motivo è fondato.

L’assunto impugnatorio dalla parte contribuente si pone in continuità con i principi regolativi della materia compendiati da Cass. n. 4246 del 2016 (e seni. ivi cit.) nel senso che: 1) l’attività del commercialista non è soggetta a IRAP se manchi l’autonoma organizzazione, che sussiste solo se il professionista adopera beni strumentali eccedenti il minimo indispensabile ovvero ricorre in modo non occasionale al lavoro di terzi; il che accade perchè la capacità produttiva aggiuntiva rispetto a quella personale del professionista sconta l’imposizione per il “surplus” di quanto ottenuto merce una struttura organizzativa che sia servente rispetto all’opera intellettuale svolta con le proprie conoscenze e gli strumenti minimi indipensabili. B) Il commercialista, dunque, che sia anche amministratore, revisore e sindaco di società non è soggetto a IRAP per il reddito netto di tali attività perchè è soggetto a imposizione fiscale unicamente l’eccedenza dei compensi rispetto alla produttività auto-organizzata dell’opera individuale; il che si verifica in quanto per la soggezione a IRAP non è sufficiente che il commercialista operi presso uno studio professionale, atteso che tale presupposto non integra di per se stesso il requisito dell’autonoma organizzazione.

Già con Cass. n. 10594 del 2007, n. 15893 del 2011 e n. 3434 del 2012 si era chiarito – con riferimento a fattispecie nella quale si discuteva di redditi realizzati dal libero professionista nell’esercizio di attività sindaco, amministratore di società, consulente tecnico – che non fosse soggetto a imposizione quel segmento di ricavo netto consequenziale a quell’attività specifica purchè risultasse possibile, in concreto, lo scorporo delle diverse categorie di compensi conseguiti e verificare l’esistenza dei presupposti impositivi per ciascuno dei settori interessati. Tale accertamento spetta al giudice di merito ed è insindacabile in sede di legittimità, solo se congruamente motivato. Sennonchè, seguendo l’insegnamento di Cass. n. 1236 del 2006, ai fini della sufficienza della motivazione della sentenza, il giudice non può, quando esamina i fatti di prova, limitarsi ad enunciare il giudizio nel quale consiste la sua valutazione, perchè questo è il solo contenuto “statico” della complessa dichiarazione motivazionale, ma deve impegnarsi anche nella descrizione del processo cognitivo attraverso il quale è passato dalla sua situazione di iniziale ignoranza dei fatti alla situazione finale costituita dal giudizio, che rappresenta il necessario contenuto “dinamico” della dichiarazione stessa.

Nella specie il giudice d’appello si è limitato ad affermare che l’attività in questione non è stata “svolta in via esclusiva… ma unitamente alla sua attività professionale” e che non risulta che il contribuente “non abbia utilizzato la propria autonoma organizzazione”, così trascurando anche i rilievi fattuali avanzati nel giudizio di merito e riprodotti in ricorso, soprattutto laddove si precisa che i compensi ulteriori erano per cariche sociali presso aziende terze e incidevano sull’imposizione complessiva di 46.612 Euro per la quota assolutamente predominante di 29.979 Euro (ric. pag. 2 e 7).

Pertanto il ricorso va deciso con accoglimento del solo secondo motivo, cassazione in relazione della pronuncia impugnata e rinvio alla CTR competente che, in diversa composizione e sulla scorta dei principi sopra enunciati, procederà a nuovo esame e regolerà anche le spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte rigetta il primo motivo ricorso, accoglie il secondo, cassa in relazione la sentenza d’appello e rinvia, anche per le spese, alla CTR – Sardegna in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 2 novembre 2016

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