Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22133 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2020, (ud. 10/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22133

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. LOMBARDO Luigi Giovanni – Presidente –

Dott. GRASSO Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CASADONTE Annamaria – rel. Consigliere –

Dott. GIANNACCARI Rossana – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 411-2019 proposto da:

P.D., elettivamente domiciliato in Roma, Via Sabotino, 46,

presso lo studio dell’avvocato Romano Claudio, rappresentato e

difeso dall’avvocato Ceriello Luca;

– ricorrente –

contro

FABRICA SRL, elettivamente domiciliato in Roma, Via Vitelleschi

Giovanni 26, presso lo studio dell’avvocato Luoni Francesco, che lo

rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 4326/2018 della Corte d’appello di Milano,

depositata il 03/10/2018;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

10/07/2020 dal Consigliere Casadonte Annamaria.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

– l’avv. P. conveniva in giudizio la società Fabrica s.r.l. per il pagamento di competenze professionali in tre distinti giudizi, fra cui quello n. 7654/2006 intentato avanti al Tribunale di Monza e per il quale chiedeva il pagamento di Euro 6026,00;

– la domanda, nella contumacia della convenuta, veniva accolta in relazione a detto giudizio nella minore misura di Euro 1000,00 avendo il giudice di prime cure e la corte d’appello poi desunto dalla richiesta di saldo e stralcio di Euro 1000,00 inviata dall’avvocato P. al cliente Fabrica via pec il 3/3/2015 la confessione stragiudiziale che l’importo di Euro 5062,00 era stato già pagato;

– il ricorso per la cassazione della sentenza d’appello si fonda su tre motivi cui resiste con controricorso la società Fabrica s.r.l..

Diritto

CONSIDERATO

Che:

– con il primo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 5, la violazione degli artt. 1218 e 2730 c.c., per avere la corte milanese erroneamente ritenuto già eseguito il pagamento dell’importo di Euro 5026,00 per il fatto che nella lettera del 3 marzo 2015 l’avvocato P. chiedeva alla società Fabrica a titolo di saldo il solo importo di Euro 1000,00 mentre nell’atto di citazione indicava in Euro 6026,00 l’importo ancora dovuto dalla convenuta; rispetto alla diversa somma richiesta per il medesimo giudizio in via giudiziale e pari ad Euro 6026,00;

– la doglianza è inammissibile perchè si risolve in una censura sull’accertamento del fatto, inammissibile in sede di legittimità (cfr. Cass. 25532/2014);

– con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, l’errata applicazione dell’art. 2734 c.c. con riferimento al tenore della lettera del 3 marzo 2015 ed alla mancata contestazione da parte del convenuto;

– il motivo è inammissibile per difetto di autosufficienza perchè il ricorrente non ha trascritto il contenuto della lettera in oggetto e ciò non consente, pertanto, di verificare se e quali circostanze aggiunte essa contenga che non sarebbero state contestate dalla convenuta;

– con il terzo motivo il ricorrente denuncia l’omesso esame dell’istanza di deferimento del giuramento decisorio, relativo al mancato pagamento della somma di Euro 5062,00, sulla quale la sentenza impugnata nulla osserva;

– il motivo è inammissibile;

– deve osservarsi che la formula del giuramento, richiamata nelle conclusioni trascritte nella sentenza impugnata, non appare tuttavia decisiva, dal momento che il fatto che il cliente non abbia pagato Euro 5062,00 non depone nel senso della sussistenza dell’obbligazione di pagamento a a carico dell’acquirente;

-atteso l’esito di tutti i motivi, il ricorso va dichiarato inammissibile;

– in applicazione del principio della soccombenza parte ricorrente va condannata alla rifusione delle spese di lite nella misura liquidata in dispositivo;

– ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

PQM

La Corte dichiara il ricorso inammissibile; condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite a favore del controricorrente e liquidate in Euro 2000,00 per compensi ed Euro 200,00 per esborsi, oltre 15% per rimborso spese generali ed oltre accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis, se dovuto.

Così deciso a Roma, nella camera di consiglio della Sesta sezione civile-2, il 10 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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