Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22132 del 14/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 14/10/2020, (ud. 09/07/2020, dep. 14/10/2020), n.22132

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. ESPOSITO Antonio Francesco – rel. Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 5661-2019 proposto da:

COMUNE DI MONTEGIORDANO, in persona del Sindaco pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA GIOVANNI BATTISTA TIEPOLO 4,

presso lo studio legale SPERTI, rappresentato e difeso dagli

avvocati FERRARA LAMBERTO, IURLO IVAN;

– ricorrente –

contro

L.P.L.;

– intimato –

avverso la sentenza n. 3919/1/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

PROVINCIALE di COSENZA, depositata il 04/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/07/2020 dal Consigliere Relatore Dott. ESPOSITO

ANTONIO FRANCESCO.

 

Fatto

RILEVATO

Che:

L.P.L., dottore commercialista, in qualità di difensore antistatario di D.E.F., instaurava dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza giudizio di impugnativa di atti tributari, definito con sentenza n. 540/5/2012, con la quale veniva accolto il ricorso e condannato il Comune di Montegiordano al pagamento delle spese processuali, quantificate in Euro 150,00, oltre accessori di legge.

Passata in cosa giudicata la sentenza, il L.P. la notificava, munita di formula esecutiva, al Comune di Montegiordano chiedendo il pagamento della somma totale di Euro 1.178,68.

Il Comune di Montegiordano inviava quindi raccomandata a.r. allo studio L.P., contestando le richieste ex adverso formulate poichè non corrispondenti a quanto liquidato in sentenza. Con successiva missiva a mezzo raccomandata a.r. veniva reiterata la volontà del Comune di risolvere la vertenza in termini extraprocessuali. Entrambe le missive non venivano ritirate dal destinatario e venivano restituite al mittente per compiuta giacenza.

A seguito di ricorso proposto dal L.P., la CTP di Cosenza, con decisione del 4 luglio 2018, imponeva al Comune di Montegiordano l’ottemperanza della sentenza n. 540/5/2012 in relazione alla condanna al pagamento delle spese processuali; condannava altresì il Comune alla rifusione delle spese del giudizio di ottemperanza da distrarsi in favore del difensore anticipatario, liquidate in complessivi Euro 530,00, oltre 15% per spese forfettarie, IVA e CAP.

Avverso la suddetta sentenza il Comune di Montegiordano, con atto del 4 febbraio 2019, ha proposto ricorso per cassazione, affidato a cinque motivi.

Luciano L.P. non ha svolto difese.

Il ricorrente ha depositato memoria.

Sulla proposta del relatore ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c. risulta regolarmente costituito il contraddittorio camerale.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo il Comune di Montegiordano denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e/o falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 69, comma 4, e art. 70, nonchè dell’art. 45 c.p.c. Sostiene il ricorrente che non sussistevano i presupposti previsti dalla legge per il giudizio di ottemperanza, difettando nella specie l’inerzia dell’Amministrazione comunale, la quale, a fronte della richiesta di pagamento, si era attivata sollecitando – con le missive indicate in parte espositiva L.P.L. a prendere contatto con il legale del Comune al fine di definire in via stragiudiziale la vicenda.

La censura è infondata.

A norma del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 69, rubricato “Esecuzione delle sentenze di condanna in favore del contribuente”, “Il pagamento delle somme dovute a seguito della sentenza deve essere eseguito entro novanta giorni dalla sua notificazione (…)” (comma 4) e “In caso di mancata esecuzione della sentenza il contribuente può chiedere l’ottemperanza (…)” (comma 5).

L’inerzia dell’Amministrazione è dunque correlata al mero decorso del termine normativamente previsto senza che l’Amministrazione abbia provveduto alla esecuzione della sentenza. Non assumono pertanto rilievo le missive inviate dal Comune di Montegiordano al L.P., con le quali il Comune si è limitato a prospettare una soluzione stragiudiziale della vicenda, senza peraltro provvedere al pagamento di quanto dallo stesso ritenuto dovuto sulla base del giudicato.

2. Con il secondo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 70, commi 7 e 8, nonchè dell’art. 2909 c.c.. Rileva il ricorrente che la sentenza oggetto di ottemperanza aveva liquidato le spese processuali in favore del “procuratore costituito” e, quindi, in favore di L.P.L. e L.P.F., di modo che il giudice dell’ottemperanza, condannando il Comune di Montegiordano al pagamento in favore del solo L.P.L. delle somme liquidate in sentenza, aveva illegittimamente allo stesso attribuito nuovi ed ulteriori diritti rispetto a quelli riconosciuti nella sentenza da eseguire.

Il motivo è infondato.

La CTP di Cosenza ha così statuito: “Impone al convenuto Comune l’ottemperanza del giudicato di cui alla sentenza n. 540/5/2012 (…) con cui i Giudici hanno condannato l’Amministrazione Comunale al pagamento delle spese e competenze processuali quantificate in Euro 150,00 oltre accessori di legge”. La CTP, quindi, si è limitata a ribadire il comando contenuto nel giudicato circa la debenza da parte del Comune delle somme liquidate per spese processuali, senza prendere posizione in merito ai soggetti beneficiari del pagamento. Il giudice dell’ottemperanza non ha dunque condannato l’Amministrazione comunale al pagamento in favore di L.P.L. dell’intero importo liquidato in sentenza e non ha, pertanto, attribuito allo stesso nuovi ed ulteriori diritti rispetto a quelli riconosciuti nella sentenza da eseguire.

3. Con il terzo motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2, nonchè degli artt. 91 e 92 c.p.c.. Il ricorrente censura la statuizione contenuta nella sentenza impugnata di condanna del Comune di Montegiordano al pagamento delle spese processuali; sostiene che il giudice dell’ottemperanza avrebbe dovuto compensare le spese del giudizio per soccombenza reciproca, essendo stata accolta la domanda del L.P. in misura di molto inferiore rispetto a quanto richiesto.

La censura è fondata.

Il giudice dell’ottemperanza ha ritenuto la domanda del L.P. parzialmente fondata, rilevando che “non sussiste alcun obbligo della p.a. di pagare i compensi richiesti dal contribuente in occasione della notifica del titolo esecutivo e dell’atto di diffida”, liquidando consequenzialmente solo le spese correlate al giudizio di ottemperanza.

Secondo l’orientamento espresso da questa Corte, “La nozione di soccombenza reciproca che consente la compensazione parziale o totale delle spese processuali, sottende – anche in relazione al principio di causalità – una pluralità di domande contrapposte, accolte o rigettate, che si siano trovate in cumulo nel medesimo processo fra le stesse parti, ovvero l’accoglimento parziale dell’unica domanda proposta, allorchè essa sia stata articolata in più capi e ne siano stati accolti uno o alcuni e rigettati gli altri, ovvero una parzialità dell’accoglimento anche meramente quantitativa, riguardante una domanda articolata in unico capo” (Cass. n. 10113 del 2018; in senso conforme, n. 21564 del 2018).

Orbene, il giudice dell’ottemperanza non si è uniformato ai tali principi, avendo omesso, in ipotesi di soccombenza reciproca per parziale accoglimento della domanda con significativa riduzione del quantum richiesto, di valutare la ricorrenza dei presupposti per la totale o parziale compensazione delle spese processuali. Nel regolare le spese del giudizio, il giudice di rinvio dovrà effettuare una valutazione fondata sul principio di causalità, che si specifica nell’imputare idealmente a ciascuna parte gli oneri processuali causati all’altra per aver resistito a pretese fondate, ovvero per aver avanzato pretese infondate, e nell’operare una ideale compensazione tra essi, sempre che non sussistano particolari motivi, da esplicitare in motivazione, per una integrale compensazione o comunque una modifica del carico delle spese in base alle circostanze di cui è possibile tenere conto ai sensi degli art. 91 e 92 c.p.c. (in termini, Cass. n. 3438 del 2016).

4. Con il quarto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-octies, nonchè dell’art. 91 c.p.c., comma 1, ultimo periodo. Rileva il ricorrente che l’Amministrazione comunale aveva formulato una proposta conciliativa al L.P. inviandogli due missive, non ritirate, con le quali veniva offerto il pagamento delle spettanze dovute in forza del dispositivo della sentenza notificata. Sostiene che il giudice dell’ottemperanza aveva errato nel condannare il Comune di Montegiordano al pagamento delle spese processuali, posto che, all’esito del giudizio, era stata riconosciuta al L.P. una somma identica a quella offerta in via stragiudiziale.

Il motivo è infondato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-octies, stabilisce che: “Qualora una delle parti abbia formulato una proposta conciliativa, non accettata dall’altra parte senza giustificato motivo, restano a carico di quest’ultima le spese del processo ove il riconoscimento delle sue pretese risulti inferiore al contenuto della proposta ad essa effettuata”.

Le Sezioni Unite di questa Corte hanno chiarito (sent. n. 21109 del 2017) che la proposta conciliativa cui fa riferimento l’art. 91 c.p.c., comma 1, – e quindi anche il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-octies, – è quella formulata da una delle parti in causa, le sole titolari di un potere di proposta negoziale in senso proprio, su cui possa formarsi l’incontro delle volontà con l’eventuale adesione della controparte.

Non assumono, pertanto, rilievo le missive – inviate prima dell’instaurazione del giudizio di ottemperanza – con le quali il Comune di Montegiordano aveva offerto il pagamento delle spettanze dovute in forza del dispositivo della sentenza notificata, dovendo la proposta conciliativa essere formulata dalla parte nel corso del giudizio.

5. Con il quinto motivo si denuncia, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4, la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-quinquies, con riferimento al D.M. n. 140 del 2012, art. 28, comma 2, nonchè degli artt. 91 e 112 c.p.c.. Il ricorrente censura la statuizione contenuta nella sentenza impugnata di condanna del Comune di Montegiordano al pagamento di Euro 500,00 per onorario, somma di molto superiore all’importo spettante sulla base dei parametri previsti per la categoria professionale di dottore commercialista, cui apparteneva il L.P..

Il motivo è fondato.

Il D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 15, comma 2-quinquies, stabilisce: “I compensi agli incaricati dell’assistenza tecnica sono liquidati sulla base dei parametri previsti per le singole categorie professionali. Agli iscritti negli elenchi di cui all’art. 12, comma 4, si applicano i parametri previsti per i dottori commercialisti e gli esperti contabili”.

Il D.M. n. 140 del 2012, art. 28, comma 2, relativo ai compensi professionali per i dottori commercialisti, prevede che “Il valore della pratica per la liquidazione di incarichi di predisposizione di ricorsi, appelli e memorie alle commissioni tributarie (…), è determinato per ogni grado di giudizio, in funzione dell’importo complessivo delle imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi che sarebbero dovuti sulla base dell’atto impugnato o in contestazione (…), e il compenso è liquidato, di regola, secondo quanto indicato dal riquadro 10.2 della tabella C – Dottori commercialisti ed esperti contabili”. Il riquadro 10.2 stabilisce che il compenso debba essere determinato tra 11A) e il 5% dell’importo complessivo delle imposte, tasse, contributi, sanzioni, interessi.

Nel caso di specie, il valore della controversia cui parametrare i compensi spettanti al professionista va commisurato agli importi oggetto del giudizio di ottemperanza (Euro 150,00, oltre accessori di legge, per spese processuali).

Orbene, è di tutta evidenza che la statuizione di condanna del Comune di Montegiordano al pagamento della somma di Euro 500,00 per onorario non è conforme ai parametri previsti per l’attività professionale svolta dal dottore commercialista L.P. in relazione al giudizio di ottemperanza.

6. In conclusione, devono essere accolti il terzo ed il quinto motivo di ricorso e rigettati gli altri. La sentenza impugnata va dunque cassata in relazione ai motivi accolti, con rinvio alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, in diversa composizione, la quale provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

PQM

Accoglie il terzo e quinto motivo di ricorso, rigetta il primo, secondo e quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Commissione tributaria provinciale di Cosenza, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, il 9 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 14 ottobre 2020

 

 

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