Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22131 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 08/06/2017, dep.22/09/2017),  n. 22131

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CAPPABIANCA Aurelio – Presidente –

Dott. GRECO Antonio – Consigliere –

Dott. TERRUSI Francesco – Consigliere –

Dott. IANNELLO Emilio – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 22113-2010 proposto da:

NUOVA CASTELLI SPA, elettivamente domiciliato in ROMA VIALE BRUNO

BUOZZI 102, presso lo studio dell’avvocato GUGLIELMO FRANSONI, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato PASQUALE RUSSO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/2010 della COMM.TRIB.REG. SEZ. DIST. PARMA,

depositata il 19/02/2010;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

08/06/2017 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza in data 21.12.2009-19.2.2010 (nr. 46/22/10) la Commissione Tributaria Regionale di Bologna – sezione distaccata di Parma, ha parzialmente riformato la sentenza della Commissione Tributaria di primo grado di Reggio Emilia del 5.10.2006 (nr. 148/1/06), ritenendo computabili come reddito gli interessi attivi maturati in favore della società NUOVA CASTELLI spa dall’1 luglio 1999 sul finanziamento fruttifero concesso alla controllata estera “Castelli Cote d’Ivorie”;

che avverso tale sentenza ha proposto ricorso la società NUOVA CASTELLI spa, affidato ad un unico motivo, al quale ha opposto difese la Agenzia delle Entrate con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

che con l’unico motivo il ricorrente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3, violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 917 del 1986, art. 52 (poi art. 83) nonchè degli artt. 75 e 56 (poi art. 109, comma 2, lett. b).

Ha esposto che ai sensi del richiamato art. 52 il reddito complessivo si determinava partendo dai risultati del conto economico predisposto ai fini civilistici, con le variazioni disposte dallo stesso D.P.R. (principio di derivazione).

Nel bilancio civilistico dovevano tenersi in considerazione anche gli eventi successivi alla chiusura dell’esercizio, ove concorrenti a fornire una rappresentazione chiara, vera e corretta delle poste indicate (art. 2423 c.c.).

I suddetti eventi rilevavano, dunque, per il principio di derivazione, anche ai fini della dichiarazione dei redditi. Di ciò era conferma nel D.P.R. n. 600 del 1973, art. 14, comma 4, , che, in applicazione del principio di derivazione, prevedeva la possibilità per le società di effettuare gli aggiornamenti delle scritture contabili consequenziali alla approvazione del bilancio fino al termine stabilito per la presentazione della dichiarazione dei redditi.

Detta applicazione non era in contrasto con il principio di competenza di cui al D.P.R. n. 917 del 1986, art. 75 giacchè la regola secondo cui ogni componente reddituale deve essere imputata all’esercizio di relativa maturazione non escludeva la possibilità di tenere conto di fatti successivi alla chiusura dell’esercizio e rilevati nel bilancio laddove tali fatti consentissero una visione delle poste maturate più aderente alla realtà.

Nella fattispecie di causa era incontestato che il credito concesso da essa ricorrente alla società controllata “Castelli Cote d’Ivorie” aveva sì generato interessi attivi a decorrere dall’1 luglio 1999 (epoca di conversione del precedente credito per fornitura in credito da finanziamento) ma che tali interessi erano stati poi elisi dal Consiglio di Amministrazione, convocato per la redazione del bilancio dell’anno 1999, con Delib. 31 marzo 2000.

Il motivo è infondato.

La sentenza ha accertato in fatto che gli interessi attivi erano maturati dal luglio al dicembre 1999.

Sulla base di tale accertamento in fatto, non contestato in questa sede, ha affermato che la effettiva riscossione degli interessi era indifferente ai fini della tassazione, per quanto disposto dal D.P.R. n. 917 del 1986, art. 56, comma 3 (nella formulazione vigente ratione temporis), a tenore del quale “gli interessi… concorrono a formare il reddito per l’ammontare maturato nell’esercizio”.

Essendosi infatti verificato il presupposto della imposta – la maturazione dell’interesse nell’esercizio – il contribuente non poteva disporre della sua posizione debitoria verso la amministrazione finanziaria; in altri termini, la dilazione di pagamento del capitale concessa dopo la maturazione dell’interesse è un atto – (sia esso espressivo di una volontà di rinunzia o, piuttosto, di semplice dilazione rispetto all’interesse già maturato) – rilevante ai fini civilistici ma non idoneo ad estinguere la obbligazione tributaria.

Nè sussiste il vizio di falsa applicazione delle norme evocate dalla parte ricorrente. Esse sono pertinenti alla ipotesi in cui i fatti verificatisi dopo la chiusura dell’esercizio concorrano a dare chiarezza alle voci di bilancio; nella fattispecie di causa il fatto successivo è invece un fatto giuridico nuovo ed autonomo, che ha determinato una modifica della situazione realmente esistente alla chiusura dell’esercizio (maturazione dell’interesse) sicchè esso non poteva avere retroattività nè ai fini contabili nè ai fini fiscali.

che il ricorso deve essere conclusivamente respinto;

che le spese vengono regolate come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento delle spese, che liquida in Euro 7.000 oltre spese prenotate a debito.

Così deciso in Roma, nella adunanza camerale, il 8 giugno 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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