Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22130 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. lav., 25/10/2011, (ud. 29/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22130

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. NAPOLETANO Giuseppe – Consigliere –

Dott. MAISANO Giulio – rel. Consigliere –

Dott. CURZIO Pietro – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 19368/2009 proposto da:

S.R., domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la

CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato MARTELLA Giuseppe, giusta delega in atti;

– ricorrente –

contro

FEDERAZIONE PROVINCIALE COLTIVATORI DIRETTI DI MESSINA, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA DI RIPETTA 22, presso lo studio VESCI GERARDO &

PARTNERS,

rappresentata e difesa dagli avvocati VESCI Gerardo e SCHITTONE

NICOLO’, giusta delega in atti;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 465/2009 della CORTE D’APPELLO di MESSINA,

depositata il 20/05/2009 r.g.n. 439/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

29/09/2011 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l’Avvocato MARTELLA GIUSEPPE;

udito l’Avvocato DANIELE SCROFANI CANCELLIERI per delega GERARDO

VESCI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

CESQUI Elisabetta, che ha concluso per l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza del 20 maggio 2009 la Corte d’Appello di Messina ha confermato la sentenza del Tribunale di Messina del 13 marzo 2003 con la quale è stata accolta la domanda proposta da S.R. nei confronti della Federazione Provinciale Coltivatori diretti di Messina ed è stato dichiarato illegittimo il licenziamento comminato dalla Federazione resistente che è stata condannata alla riassunzione ovvero al pagamento dell’indennità risarcitoria della L. n. 300 del 1970, ex art. 18, comma 5.

Per quanto rileva in questa sede la Corte territoriale ha motivato tale sentenza ritenendo infondata la lamentela del lavoratore riguardo alla pronuncia del giudice di primo grado in merito alle differenze retributive la cui domanda era stata dichiarata inammissibile con ordinanza, affermando che comunque il lavoratore ha proposta la domanda relativa alle differenze retributive con autonomo giudizio, per cui non è pregiudicato dalla pronuncia contenuta nella sentenza di primo grado. Inoltre la Corte d’Appello ha escluso che il licenziamento è avvenuto durante il periodo di malattia in quanto risale alle ore 13,23 del 14 luglio 2000, mentre il certificato medico relativo alla malattia del lavoratore decorre dalle ore 15 dello stesso giorno.

Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione lo S. articolato su due motivi.

Resiste con controricorso la Federazione Provinciale Coltivatori diretti di Messina.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo il ricorrente lamenta la nullità della sentenza per la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., assumendo che il giudice di merito non avrebbe potuto pronunciarsi su un capo della domanda già dichiarato inammissibile quale, nel caso di specie, quello relativo alle differenze retributive.

Con il secondo motivo si deduce violazione dell’art. 1334 cod. civ., lamentando che non sarebbe stato considerato il licenziamento intervenuto in periodo di malattia sebbene tale atto sia ricettizio per cui, essendo rilevante la data del ricevimento da parte del lavoratore il 15 luglio 2000, assumerebbe rilievo che a tale data il periodo di malattia era già iniziato, per cui il licenziamento decorrerebbe dalla fine del periodo di malattia già iniziato.

All’udienza di discussione il difensore del ricorrente ha dichiarato di rinunciare al primo motivo di ricorso. Tale motivo sarebbe comunque inammissibile in quanto il ricorrente non ha interesse a far valere il vizio lamentato poichè la mancata pronuncia sul capo della domanda relativo alle differenze retributive, così come chiesto dal ricorrente, lascerebbe comunque in vita la dichiarazione di inammissibilità della relativa domanda, e nessun utile ne potrebbe discendere per il ricorrente.

Parimenti inammissibile è il secondo motivo di ricorso per l’inidoneità del quesito di diritto formulato ai sensi dell’art. 366 bis cod. proc. civ.. Infatti con tale quesito viene chiesto alla Corte “se l’intimazione del licenziamento individuale è, o meno, un atto avente natura recettizia soggetto alla disciplina dell’art. 1334 cod. civ., con la conseguenza che esso viene ad esistere solo nel momento in cui viene a conoscenza del destinatario”; si osserva che la Corte territoriale non ha affatto posto in questione la natura recettizia del licenziamento, ma ha invece motivato il rigetto del relativo motivo di appello in punto di fatto, affermando che la decorrenza della malattia è successiva al licenziamento in questione.

Il ricorso va dunque dichiarato inammissibile.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso;

Condanna il ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 30,00 oltre Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali, I.V.A. e C.P.A..

Così deciso in Roma, il 29 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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