Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2213 del 30/01/2010

Cassazione civile sez. III, 30/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 30/01/2010), n.2213

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 35-2009 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA TUSCOLANA

9, presso lo studio dell’avvocato RICCI ROSELLINA, rappresentata e

difesa dall’avvocato PALERMO CRISTINA, giusta procura speciale in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

MONTAUTO SRL in persona dell’amministratore unico, elettivamente

domiciliata in ROMA, PIAZZA DI PRISCILLA 4, presso lo studio

dell’avvocato COEN STEFANO, rappresentata e difesa dall’avvocato

CECCHI MANUELA, giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1384/2 007 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE

del 3.10.07, depositata il 05/11/2007;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2 009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per la controricorrente l’Avvocato Beatrice Rizzacasa (per

delega avv. Manuela Cecchi) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 19 dicembre 2008 M.M. ha chiesto la cassazione della sentenza, non notificata, depositata in data 5 novembre 2007 dalla Corte d’Appello di Firenze confermativa della sentenza del Tribunale che l’aveva condannato a rilasciare l’immobile di proprietà della Montauto S.r.l..

L’intimata ha resistito con controricorso.

2 – La formulazione dell’unico motivo di ricorso non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

3. – Con l’unico motivo la ricorrente denuncia violazione dell’art. 112 c.p.c. ex art. 115 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Formula un quesito, sostanzialmente ripetitivo delle argomentazioni poste a sostegno della censura, con il quale non postula l’enunciazione di un principio di diritto decisivo per il giudizio e di applicazione generalizzata, ma l’omessa valutazione di fatti e circostanze in merito al diverso titolo opposto al rilascio.

Inoltre il quesito si rivela del tutto svincolato dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale ha rilevato che nel giudizio d’appello la M. aveva addotto una causa petendi diversa da quella prospettata in primo grado.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Non sono state presentate conclusioni scritte nè memorie; la resistente ha chiesto d’essere ascoltata in camera di consiglio.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.200,00, di cui Euro 2.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2010

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