Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22128 del 29/10/2015
Civile Sent. Sez. L Num. 22128 Anno 2015
Presidente: AMOROSO GIOVANNI
Relatore: ESPOSITO LUCIA
SENTENZA
sul ricorso 23992-2013 proposto da:
MERCIARI
FRANCESCA
c.f.
MRCFNC74A51D786H,
elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GERMANICO 172,
presso lo studio dell’avvocato PIER LUIGI PANICI,
rappresentata e difesa dall’avvocato DORETTA BRACCI,
giusta delega in atti;
– ricorrente –
2015
2928
contro
C.R.I. – CROCE ROSSA ITALIANA C.F. 01906810583;
– intimata –
avverso la sentenza n. 125/2013 della CORTE D’APPELLO
Data pubblicazione: 29/10/2015
di PERUGIA, depositata il 06/05/2013 R.G.N. 417/2013;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 23/06/2015 dal Consigliere Dott. LUCIA
ESPOSITO;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
per il rigetto del ricorso.
Generale Dott. GIANFRANCO SERVELLO che ha concluso
Svolgimento del processo
1.La Corte d’Appello di Perugia, con sentenza del 24/4/2013, confermava la
–
statuizione del giudice di primo grado che aveva rigettato la domanda – avanzata
da Merciari Francesca nei confronti della Croce Rossa Italiana, alle cui
dipendenze la stessa aveva lavorato con contratti di lavoro subordinato a tempo
determinato – diretta all’accertamento del diritto alla stabilizzazione del rapporto
di lavoro ex art. 1 commi 519 e 520 I. 296 del 2006.
2.1 giudici del merito rilevavano che l’art. 1 c. 519 della legge citata collegava la
stabilizzazione a una specifica autorizzazione governativa e che l’art. 39 c. 3 ter
della I. 449/1997 prevedeva non una mera presa d’atto delle esigenze
prospettate dalle amministrazioni richiedenti, ma la sottoposizione delle
medesime all’esame del Consiglio dei Ministri, previa istruttoria volta ad
accertare l’esistenza di effettive esigenze di reperimento di nuovo personale e
l’impraticabilità di soluzioni alternative collegate a procedure di mobilità o
all’adozione di misure di razionalizzazione interna. Ritenevano, pertanto, che
all’autorizzazione dovesse essere attribuita non la funzione di un mero passaggio
procedimentale di carattere formale, ma un presupposto necessario per la
stabilizzazione atto a rappresentare uno dei fatti costitutivi del diritto.
3. Avverso la sentenza ha proposto ricorso per cassazione la lavoratrice, affidato
a due motivi. La Croce Rossa italiana è rimasta intimata.
Motivi della decisione
1.Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione dell’art. 1, c. 519, 557 e
558 I. n. 296 del 2006. Rileva che l’autorizzazione governativa non è prevista
dalle norme di legge come fatto costitutivo del diritto alla stabilizzazione.
Osserva che, in presenza di tutti i requisiti ai fini della stabilizzazione del
rapporto di lavoro (espletamento di mansioni, non occasionali né eventuali,
rientranti nei fini istituzionali dell’ente, per di più in presenza di disponibilità di
posti inerenti alla qualifica della ricorrente), l’ostacolo alla realizzazione del
diritto era costituito unicamente dal fatto che la CRI non avesse provveduto a
richiedere l’autorizzazione ex art. 39 c. ter I. 449/1997 per l’assunzione della
ricorrente, il cui diritto non poteva essere limitato da una scelta dell’ente.
2. Con il secondo motivo deduce omessa insufficiente contraddittoria
motivazione circa le conseguenze del fatto che l’autorizzazione necessaria alla
–
- stabilizzazione non fosse mai stata chiesta dalla CRI, fatto questo decisivo per il
giudizio.
3.1 motivi possono essere trattati congiuntamente stante l’intima connessione.
La questione che si discute è stata già trattata ampiamente da Cass. 6868/2015.
La predetta decisione ha evidenziato che quello destinato alla stabilizzazione dei
lavoratori precari della sanità è un procedimento amministrativo complesso,
promosso ad iniziativa dei dipendenti precari interessati, in cui si innesta come
nell’assunzione di dipendenti già in servizio presso enti del compatto pubblico
con rapporti a termine. Nella citata pronuncia è stato affermato il principio in
forza del quale : “il rispetto del principio di eguaglianza (ex art. 3 Cost., comma
1) e di non discriminazione in materia di lavoro (ex D.Lgs. n. 216 del 2003)
impone una lettura rigorosa e testuale del comma 519 dell’art. 1 cit.: il diritto a
partecipare al procedimento di stabilizzazione insorge se solo ricorrono i requisiti
in tale disposizione previsti. Non c’è anche un requisito implicito che rinvii ne’
alle ragioni dell’iniziale assunzione a tempo determinato, ne’ all’attività a cui è
assegnato da ultimo chi aspiri alla stabilizzazione”. Tuttavia, quanto alla
situazione soggettiva di chi sia stato illegittimamente escluso dalla
partecipazione al procedimento di stabilizzazione, è stato correttamente
evidenziato che, in ragione della limitatezza delle risorse finanziarie previste dal
fondo di cui al citato L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, deve escludersi che
l’ente sia tenuto a stabilizzare tutto il suo personale precario sol che ricorrano i
requisiti di cui alla predetta disciplina. L’autorizzazione prescritta da tale
disposizione, pertanto, implica comunque il condizionamento – riconosciuto
anche dalla giurisprudenza delle Sezioni Unite (Cass. 6077/2013) – rispetto alle
risorse finanziarie, che inevitabilmente limita il numero dei dipendenti da
stabilizzare.
4.In questo complesso contesto normativo – pur escludendo l’esistenza una sorta
di automatismo per cui, ricorrendo i requisiti di cui alla predetta L. n. 296 del
2006, art. 1, comma 519, tutti i rapporti a tempo determinato possano dare
luogo all’assunzione a tempo indeterminato – tuttavia fondatamente la ricorrente
lamenta che sia stata ritenuta d’ostacolo alla stabilizzazione la mancanza di
autorizzazione in ipotesi in cui la stessa mancanza era addebitabile alla datrice di
lavoro che aveva omesso di richiederla. Ne consegue l’inadempimento di siffatto
obbligo della ditta datrice non potrà essere scevro di conseguenze sotto il profilo
della tutela risarcitoria, non già in ragione della mancata assunzione, ma per la
violazione del diritto alla partecipazione alla procedura.
condizione di legittimità un provvedimento autorizzatorio, che sfocia
4. In base alle svolte argomentazioni la sentenza va cassata, con rinvio al
giudice del merito che, provvedendo anche alla regolamentazione delle spese del
giudizio di legittimità, si atterrà al seguente principio di diritto: Nel caso di
esclusione, per omessa richiesta da parte del datore di lavoro di autorizzazione
ex art. 39 c. ter I. 449/1997, del lavoratore precario dalla procedura di
stabilizzazione prevista dalla L. n. 296 del 2006, art. 1, comma 519, nonostante
espressa istanza del lavoratore, quest’ultimo, ancorché non possa invocare
richiamata disciplina, potrà far valere l’inadempimento della ditta datrice di
lavoro in funzione della tutela risarcitoria.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le
spese, alla Corte d’Appello di Roma.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. 115 del 2002, dà atto della non
sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale,
dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il
ricorso principale a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma il 23/6/2015
automaticamente il diritto all’assunzione a tempo indeterminato in virtù della