Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22126 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 26/05/2017, dep.22/09/2017),  n. 22126

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DI IASI Camilla – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. STALLA Giacomo Maria – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – Consigliere –

Dott. NOCERA Andrea – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:

CON.SER. S.p.a., con sede in (OMISSIS), in persona

dell’amministratore unico S.G., difesa giusta procura

speciale a margine del ricorso dall’avv. Andrea Libranti,

elettivamente domiciliata in Roma, piazza Martiri di Belfiore n. 2,

presso lo studio dell’avv. Gaetano Alessi.

– ricorrente –

contro

COMUNE DI ACICASTELLO, in persona del Sindaco in carica,

rappresentato e difeso dall’avvocato Giovanna Miano, dell’Avvocatura

comunale, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv.

Giovanni Magnano di San Lio, in Roma, via dei Gracchi n. 187;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 107/17/2012 della Commissione tributaria

regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania, depositata il

23.04.2012, non notificata;

Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

26 maggio 2017 dal Dott. Nocera Andrea.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. – Con sentenza n. 107/17/2012 la Commissione tributaria regionale della Sicilia, Sezione Staccata di Catania (hinc: “CTR”), pronunciando sull’appello proposto dalla odierna società ricorrente nei confronti del comune di Acicastello avverso la sentenza n. 14/11/2008 della Commissione tributaria provinciale di Catania (hinc: “CTP”), lo respingeva, confermando la decisione di primo grado di rigetto del ricorso introduttivo proposto dalla contribuente, e compensava le spese del giudizio tra le parti.

La ricorrente ha impugnato la cartella di pagamento della TARSU del comune di Acicastello per gli anni 2003 e 2004 in relazione ad un immobile destinato ad attività di albergo, per un importo di Euro 169.925,76, eccependo, tra l’altro, l’illegittimità nel quantum della pretesa tributaria, non avendo il comune tenuto conto della effettiva consistenza dei locali e delle aree soggette a tassazione, ridotte per effetto di atti di cessione a terzi di parte delle aree esterne in data 29 dicembre 2000 e del 24 settembre 2001.

La CTR confermava la decisione di primo grado di rigetto del ricorso per la constatata “congruenza tra le superfici indicate in cartella e quelle risultanti dalla denuncia allegata alle controdeduzioni del Comune”, ritenendo non fondato l’appello sia in relazione alla riproposizione della censura originariamente dedotta, sub specie di omessa considerazione delle deduzioni relative alle intervenute vendite delle aree destinate a parcheggio, sia in ordine alla circostanza, introdotta per la prima volta con l’atto di appello, che, con riferimento all’annualità 2005, in un separato giudizio, “le parti avevano conciliato la controversia nascente dalla notifica di una cartella avente identico oggetto, sul presupposto della intervenuta cessione a terzi delle aree destinate a parcheggio e sulla base di superfici sostanzialmente equivalenti a quelle indicate in ricorso dalla società ricorrente”.

2. – Avverso la sentenza di appello, la ricorrente società ha proposto ricorso per cassazione affidato a un solo articolato motivo e notificato il 6-7 giugno 2013.

3. – Il Comune di Acicastello resiste con controricorso notificato il 16-17 luglio 2012.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. – Con un unico articolato motivo di ricorso la CON.SER. s.p.a., in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante, deduce “la violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 57 e 58, il D.Lgs. n. 507 del 1993, artt. 60 e 72, artt. 2607 c.c., 115 e 116 c.p.c., relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, nonchè l’omessa motivazione in ordine ad un punto decisivo della controversia, ex art. 360 c.p.c., n. 5”, lamentando, per un verso, la violazione della norma processuale per l’erronea qualificazione come domanda o eccezione nuova, ai sensi del D.Lgs. n. 547 del 1992, artt. 57 e 58, dell’allegazione in appello della intervenuta conciliazione giudiziale di un’analoga controversia avente ad oggetto l’annualità di imposta 2005; per altro verso, l’omesso esame dei documenti di causa, ed in particolare del suddetto verbale di conciliazione giudiziale, dal quale emergerebbe che, per effetto degli atti di vendita anteriori alla denuncia originaria, la consistenza degli immobili da assoggettare a tassazione risultava inferiore a quella assunta dal comune per il calcolo della base imponibile.

2. Il motivo di ricorso è infondato.

Secondo la ricorrente la CTR avrebbe invero errato nel ritenere inammissibile l’eccezione, formulata solo in grado d’appello, con cui era stata allegata la sopravvenuta conciliazione giudiziale, sottoscritta in data 13 settembre 2007, sul contenzioso instaurato avverso diversa cartella di pagamento emessa per la TARSU per l’anno di imposta successivo (2005), dalla quale emergerebbe una inferiore consistenza della superficie degli immobili da assoggettare a tassazione.

In ordine alle dedotte censure occorre osservare che la CTR ha escluso qualsivoglia errore nella determinazione e quantificazione della superficie della struttura alberghiera soggetta a tassazione, riconoscendo che il comune di Acicastello si è “attenuto alla planimetria della superficie tassabile prodotta dalla stessa contribuente ed allegata alla istanza di iscrizione” presentata nel 2003, anno “in cui ha avuto inizio l’attività dell’odierna appellante”. Sulla base di tale presupposto ha, quindi, ritenuto che “il richiamo alla proposta di conciliazione non può essere preso in considerazione sia perchè attiene ad annualità successive sia perchè costituisce domanda nuova”.

Il rigetto dell’appello è, dunque, fondato su una duplice ragione, affiancando la CTR alla qualificazione in termini di novità della domanda, la ritenuta irrilevanza del contenuto della conciliazione giudiziale, in quanto afferente ad una successiva annualità di imposta.

Il dedotto errore sul divieto dei nova e il vizio di motivazione si riferiscono, dunque, ad una circostanza – la conciliazione giudiziale per un successivo anno di imposta – del tutto irrilevante nell’economia della decisione della CTR.

3. Per i motivi sopra esposti il ricorso deve essere rigettato, con conferma della sentenza impugnata.

4. Alla soccombenza segue la condanna della ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità in favore del controricorrente, che si liquidano come da dispositivo.

PQM

 

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla refusione delle spese del giudizio di legittimità al controricorrente, che liquida in Euro 5.600,00 per compensi, oltre spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1- quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a tutolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio della 5^ sezione civile, il 26 maggio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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