Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22124 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 20/06/2018, dep. 11/09/2018), n.22124

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana – Presidente –

Dott. GHINOY Paola – Consigliere –

Dott. SPENA Francesca – rel. Consigliere –

Dott. CAVALLARO Luigi – Consigliere –

Dott. DE MARINIS Nicola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 7328/2017 proposto da:

M.M., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA ADRIANA

15, presso lo studio dell’avvocato GIANLUCA FERA, rappresentato e

difeso dall’avvocato ROBERTO CARBONE;

– ricorrente –

contro

COSTRUZIONI GENERALI SRL, in persona del legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE BRUNO BUOZZI 36,

presso lo studio dell’avvocato DONATELLO FUMIA, rappresentata e

difesa dall’avvocato ISABELLA VITALE;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2661/2016 della CORTE D’APPELLO di BARI,

depositata il 10/11/2016;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio non

partecipata del 20/06/2018 dal Consigliere Dott. FRANCESCA SPENA.

Fatto

RILEVATO

che con sentenza del 31 ottobre – 10 novembre 2016 numero 2661 la Corte d’Appello di Bari confermava la sentenza del Tribunale della stessa sede, che aveva respinto la domanda proposta da M.M. nei confronti della società COSTRUZIONI GENERALI srl (già O.M. spa) per il pagamento delle differenze di retribuzione derivanti dall’applicazione – ai sensi dell’art. 2070 c.c. e dell’art. 36 Cost. – del Contratto Collettivo nazionale del lavoro per le imprese operanti nell’attività edilizia o nell’attività dell’Igiene Ambientale;

che a fondamento della decisione la Corte territoriale osservava che la società aveva incontestatamente applicato, sin dalla assunzione del M., il contratto collettivo nazionale di lavoro CHIMICA PICCOLA INDUSTRIA, il che rendeva irrilevante il fatto che nell’attestato di assunzione si fosse fatto riferimento al contratto collettivo EDILI – industria.

La questione di causa consisteva nel verificare se il contratto di fatto applicato fosse corretto.

La società all’atto della costituzione in giudizio aveva allegato che presso l’impianto di (OMISSIS), ove il M. era stato impiegato come contabile, si svolgeva attività di compostaggio rifiuti, rientrante nell’area di competenza del contratto applicato e che alla applicazione essa era obbligata anche per effetto della convenzione stipulata con il Ministero dell’Industria del Lavoro per il finanziamento D.L. n. 86 del 1988, ex art. 6. Detta convenzione rilevava non in quanto mezzo di prova ma quale atto che contribuiva a chiarire l’opera commissionata.

Gravava sulla parte attrice l’onere di provare che presso l’impianto di (OMISSIS) si stava realizzando un’opera estranea alla sfera di operatività del contratto collettivo applicato dal datore di lavoro ed, in sostanza, che quell’opera costituiva un’attività strumentale o accessoria delle attività prevalenti della società, svolte nel settore edilizio ed in quello ambientale.

Tale prova non era stata offerta; l’applicabilità del contratto collettivo di IGIENE AMBIENTALE era affermata in termini apodittici.

Da ultimo, con il ricorso introduttivo il M. aveva chiesto in via esclusiva le differenze derivanti dall’applicazione parametrica del contratto collettivo IGIENE AMBIENTALE o di altro contratto riferibile alla categoria di appartenenza di parte datoriale; il fatto che, a parere del c.t.u. nominato nel primo grado, vi fossero differenze a credito del M. anche sulla base del contratto collettivo applicato era irrilevante, perchè tale circostanza era estranea all’originaria causa petendi;

che avverso la sentenza ha proposto ricorso M.M., articolato in quattro motivi, avverso il quale ha opposto difese con controricorso la società COSTRUZIONI GENERALI Srl;

che la proposta del relatore è stata comunicata alle parti, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza – ai sensi dell’articolo 380 bis codice di procedura civile;

che il ricorrente ha depositato memoria.

Diritto

CONSIDERATO

che la parte ricorrente ha dedotto:

– con il primo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione e falsa applicazione dell’art. 416 c.p.c. e art. 2909 c.c..

Ha censurato la sentenza per avere posto a base della decisione la convenzione stipulata dalla società datrice di lavoro con il Ministero dell’Industria e del Lavoro benchè la parte resistente si fosse costituita in giudizio tardivamente.

La decadenza dalla produzione dei documenti era stata rilevata anche dalla sentenza di primo grado, con statuizione passata in giudicato.

– con il secondo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – – violazione degli artt. 115 e 112 c.p.c.. Ha esposto che la Corte di merito, nel dare ingresso alla produzione della richiamata convenzione, aveva affermato che il documento non rilevava a fini di prova ma come atto richiamato nella memoria difensiva per chiarire l’attività svolta presso l’impianto di (OMISSIS).

Ha assunto che la produzione della convenzione non era diretta a dimostrare il settore di attività in cui la società aveva operato ma l’esistenza di un accordo, vincolante tra le sole parti, che le imponeva di applicare un determinato contratto collettivo. La conclusione secondo cui la convenzione era stata prodotta ad illustrazione dell’attività svolta era frutto di una considerazione personale del giudice, in violazione degli artt. 115 e 112 c.p.c.. D’altronde la convenzione non attestava che nell’impianto si svolgesse un procedimento chimico – industriale nè avrebbe potuto farlo, considerando che il compostaggio non era frutto di un procedimento chimico ma di un procedimento naturale, seppur forzato, accelerato e migliorato – con il terzo motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 4 – violazione dell’art. 2697 c.c. e dell’art. 2070c.c., nonchè dell’art. 36 Cost..

La censura afferisce alla statuizione in sentenza del difetto di prova dei fatti costitutivi della pretesa.

Il ricorrente ha esposto che la domanda concerneva la determinazione della giusta retribuzione ex art. 36 Cost., in riferimento al contratto collettivo IGIENE AMBIENTALE o ad altro relativo alla categoria di appartenenza della parte datoriale.

Egli, dunque, doveva provare non l’inapplicabilità del contratto collettivo CHIMICA PICCOLA INDUSTRIA ma l’attività svolta dal datore di lavoro; tale prova era stata fornita esibendo le buste-paga- a dimostrazione del percepito – e la visura camerale, da cui risultava che il datore di lavoro svolgeva attività edilizia oltre che di gestione degli impianti idrici, del gas e di trattamento di rifiuti. Era incontestato che l’attività svolta nell’impianto di (OMISSIS) fosse autonoma rispetto a quella edile; la stessa società aveva riconosciuto errato il riferimento nel contratto di assunzione al contratto dell’edilizia.

– con il quarto motivo – ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 3 – violazione dell’art. 2070 c.c. e dell’art. 36 Cost.. Si censura la sentenza per aver ritenuto di non dovere rideterminare la retribuzione neppure sulla base del contratto collettivo CHIMICA PICCOLA INDUSTRIA, per essere la pretesa estranea all’oggetto del giudizio.

Il ricorrente ha esposto di avere domandato la giusta retribuzione in riferimento al contratto collettivo IGIENE AMBIENTALE o ad “altro eventualmente ritenuto riferibile alla categoria di appartenenza della parte datoriale”. Il ctu nominato nel primo grado aveva accertato che egli aveva percepito una retribuzione inferiore ai minimi previsti nel contratto collettivo CHIMICA PICCOLA INDUSTRIA.

che ritiene il Collegio si debba respingere il ricorso che infatti:

– i primi due motivi, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi, sono inammissibili, in quanto colgono un punto della sentenza privo di decisività. Il rigetto della domanda è stato fondato sul rilievo che non era stata fornita da parte del lavoratore la prova della applicabilità in via parametrica ex art. 36 Cost., del contratto collettivo IGIENE AMBIENTALE, in quanto le sue allegazioni sul punto erano del tutto apodittiche. Gravava invece a carico del lavoratore l’onere di provare che presso l’impianto di (OMISSIS), cui egli era addetto, si svolgesse un’attività estranea alla sfera di operatività del contratto collettivo applicato dal datore di lavoro (CHIMICA) ed, in particolare, che l’opera in corso costituisse un’attività strumentale o accessoria di quelle prevalenti della società, svolte nel settore edilizio ed in quello ambientale. Tale ratio costituisce la base della decisione mentre ogni ulteriore considerazione sulla produzione da parte della società COSTRUZIONI GENERALI srI della convenzione conclusa con il Ministero dell’INDUSTRIA e del LAVORO per il finanziamento dell’opera appare meramente rafforzativa e priva di autonoma rilevanza.

– il terzo motivo è infondato. Correttamente la sentenza ha posto l’onere della prova circa i presupposti oggettivi di applicabilità del CCNL IGIENE AMBIENTALE (in ragione della attività svolta) a carico della parte attrice, trattandosi del fatto costituivo della domanda fondata sull’art. 36 Cost.. Erra, poi, la parte ricorrente là dove assume che la prova era stata offerta con la produzione della visura camerale in quanto, come rilevato in sentenza, occorreva altresì dimostrare che l’attività svolta nel cantiere, di compostaggio rifiuti, fosse strumentale o accessoria rispetto alle attività risultanti dall’oggetto sociale. Il giudizio secondo cui tale prova non era stata offerta costituisce, poi, valutazione rimessa al giudice di merito, sindacabile da questa Corte unicamente nei limiti di deducibilità del vizio di motivazione.

– Parimenti infondato è il quarto motivo. Essendo stata proposta domanda di pagamento di differenze di retribuzione ai sensi dell’art. 36 Cost., non era oggetto di causa la verifica di eventuali crediti del lavoratore sulla base del contratto collettivo di fatto applicato, trattandosi nell’un caso di applicazione parametrica del contratto collettivo, in relazione alle sole voci economiche costituenti la struttura fondamentale della retribuzione, nell’altro di applicazione diretta ed integrale delle clausole del contratto; che, pertanto, essendo condivisibile la proposta del relatore, il ricorso può essere definito con ordinanza in camera di Consiglio ex art. 375 c.p.c..

che le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza; che, trattandosi di giudizio instaurato successivamente al 30 gennaio 2013 sussistono le condizioni per dare atto – ai sensi della L. n. 228 del 2012, art. 1,comma 17 (che ha aggiunto D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater) – della sussistenza dell’obbligo di versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per la impugnazione integralmente rigettata.

PQM

La Corte rigetta il ricorso.

Condanna parte ricorrente al pagamento della spese, che liquida in Euro 200 per spese ed Euro 3.000 per compensi professionali, oltre spese generali al 15% ed accessori di legge, con attribuzione.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Adunanza camerale, il 20 giugno 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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