Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22121 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/10/2020, (ud. 09/09/2020, dep. 13/10/2020), n.22121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GRECO Antonio – Presidente –

Dott. CROLLA Cosmo – rel. Consigliere –

Dott. LUCIOTTI Lucio – Consigliere –

Dott. RUSSO Rita – Consigliere –

Dott. D’AQUINO Filippo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14637-2019 proposto da:

T.F., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA VALADIER

44, presso lo studio dell’avvocato FRANCESCO MANGAZZO, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GIOVANNI SELLITTO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE;

– intimate –

avverso la sentenza n. 9457/11/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CAMPANIA, depositata il 05/11/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 09/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. COSMO

CROLLA.

 

Fatto

RILEVATO CHE

1. T.F. impugnava la cartella di pagamento notificata in data 2/3/2017 da Equitalia Servizi di Riscossione (successivamente divenuta Agenzia delle Entrate-Riscossioni) a seguito di controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis e D.P.R. n. 633 del 1972, ex art. 54 bis, per mancato versamento dell’Iva dell’Irpef, dell’addizionale comunale e regionale relative all’anno di imposta 2013.

2.La Commissione Tributaria Provinciale di Napoli rigettava il ricorso.

3. Sull’impugnazione della contribuente la Commissione Tributaria Regionale della Campania rigettava l’appello osservando: a) che il contribuente non aveva fornito alcun elemento idoneo a dimostrare l’errore in cui era incorso nella prima dichiarazione; b) che la cartella risultava emessa sulla base della stessa dichiarazione del contribuente e quindi era sufficiente, per assolvere all’obbligo motivazionale, il semplice richiamo alla stessa, c) che il tasso di interessi applicato è quello predeterminato per legge con la conseguenza che il contribuente è stato messo in grado di verificare, conoscendo la data di scadenza del pagamento omesso e l’importo del contributo da versare la correttezza dei calcoli operati dall’amministrazione.

4 Avverso la sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente sulla base di due motivi. Le intimate non si sono costituite.

Diritto

CONSIDERATO CHE

1.Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., del D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, commi 8 e 8 bis, del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 7 e del D.Lgs. n. 472 del 1997, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3.

2. Si sostiene che la CTR sia incorsa nel vizio di ultra petizione in quanto l’oggetto del giudizio era esclusivamente la questione del ritardo della presentazione della seconda dichiarazione e mai era stata messa in discussione dall’Ufficio la veridicità dell’errore commesso dalla medesima nel riportare nella propria dichiarazione un valore delle rimanenze finali superiori rispetto al dato reale. La CTR non avrebbe inoltre applicato il principio del favor rei in forza del quale se la legge in vigore al momento della violazione e le leggi posteriori stabiliscono sanzioni diverse (o prevedono la fattispecie non punibile) si applica la norma più favorevole costituita dal D.L. n. 193 del 2016, art. 5, che ha uniformato il termine di presentazione delle dichiarazioni “a favore” con quelle “a sfavore”

2.1 Con il secondo motivo viene dedotta violazione della L. n. 212 del 2000, art. 7 e della L. n. 241 del 1990, art. 3, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3; in particolare si rileva che l’Ufficio ha emesso la cartella esattoriale senza dare contezza della dichiarazione integrativa “a favore” e senza indicare i criteri di calcolo degli interessi nonchè il tasso applicato.

3 Il primo motivo è infondato.

3.1 Oggetto della presente controversia è la pretesa tributaria fatta valere dall’Amministrazione Finanziaria attraverso la notifica di una cartella di pagamento per omesso versamento da parte del contribuente dell’Irpef nell’anno di imposta 2013. La violazione è stata rilevata da un controllo automatico sul modello Unico 2014 presentato dal ricorrente in data 29/12/2014.

3.2 T.F. ha dedotto di aver presentato una seconda dichiarazione “integrativa a favore” in data 21/12/2015 nella quale, sulla scorta del corretto riporto delle rimanenze finali afferenti a merci, l’imponibile veniva modificato passando da un utile tassabile ad un risultato negativo di circa Euro 129.638, con conseguente venir meno dell’obbligo di versamento delle imposte.

3.3 Ciò premesso in punto di fatto, va rilevato come è ormai noto che Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 13378/2016 hanno affermato il principio secondo il quale ” La possibilità di emendare la dichiarazione dei redditi, per correggere errori od omissioni che abbiano determinato l’indicazione di un maggior reddito o, comunque, di un maggior debito d’imposta o di un minor credito, mediante la dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, è esercitabile non oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo d’imposta successivo, con compensazione del credito eventualmente risultante. La possibilità di emendare la dichiarazione d& redditi conseguente ad errori od omissioni in grado di determinare un danno per l’amministrazione, è esercitabile non oltre i termini stabiliti dal D.P.R. n. 600 del 1973, art. 43. Il rimborso dei versamenti diretti di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, è esercitabile entro il termine di decadenza di quarantotto mesi dalla data del versamento, indipendentemente dai termini e modalità della dichiarazione integrativa di cui al D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis. Il contribuente, indipendentemente dalle modalità e termini di cui alla dichiarazione integrativa prevista dal D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2 e dall’istanza di rimborso di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 38, in sede contenziosa, può sempre opporsi alla maggiore pretesa tributaria dell’amministrazione finanziaria, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella redazione della dichiarazione, incidenti sull’obbligazione tributaria”.

3.4 n legislatore, confermando l’autorevole interpretazione delle Sezioni Unite, ha con il D.L. n. 193 del 2016, art. 5, comma 1, lett. a), modificato il D.P.R. n. 322 del 1998, art. 2, comma 8 bis, prevedendo che “resta ferma in ogni caso per il contribuente la possibilità di far valere, anche in sede di accertamento o di giudizio, eventuali errori, di fatto o di diritto, che abbiano inciso sull’obbligazione tributaria, determinando l’indicazione di un maggiore imponibile, di un maggiore debito d’imposta o, comunque, di un minore credito”.

3.5 In tale giudizio, secondo il costante insegnamento della giurisprudenza, è onere del contribuente, che contesta la pretesa fiscale azionata sulla base della sua stessa dichiarazione, dimostrare l’esistenza e la correttezza degli elementi riduttivi e dei dati contemplati nella dichiarazione integrativa (cfr. Cass. 556/2018 e Cass. S.U. n. 13378/2016).

3.6 La CTR si è pienamente uniformata ai suesposti principi riconoscendo al contribuente possibilità di impugnare la cartella esattoriale sulla base della dichiarazione emendativa proposta oltre il termine prescritto per la presentazione della dichiarazione relativa al periodo di imposta successivo ma entro i termini stabiliti dal D.P.R. n. 45 del 1973, art. 43, ma rigettando la domanda in quanto il contribuente non ha fornito alcun elemento contabile atto a dimostrare l’errore in cui era incorso nella prima dichiarazione e, per converso, la corrispondenza alla sua effettiva situazione reddituale dei valori indicati nella dichiarazione integrativa.

3.7 Così facendo i giudici di seconde cure non sono affatto incorsi nel dedotto vizio di ultrapetizione in quanto l’oggetto del giudizio devoluto alla loro cognizione era costituito dall’esame della fondatezza della pretesa creditoria dell’Amministrazione esposta nella cartella e scaturente da un controllo automatizzato su dati e informazioni forniti dal contribuente con la prima dichiarazione.

3.8 Nè può predicarsi alcuna violazione del principio del favor rei in punto di sanzioni, in quanto, contrariamente a quanto opinato dalla ricorrente, l’impugnata sentenza ha applicato la nuova normativa confermando l’operato dell’Ufficio per non aver il contribuente provato le ragioni della diminuzione del reddito dedotte con la dichiarazione in rettifica.

4. Il secondo motivo è infondato.

4.1 Con l’emissione della cartella esattoria emessa sulla base di un controllo automatizzato D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 36 bis, l’Ufficio deve dare spiegazione solo dei fatti costitutivi della pretesa fiscale dati dalla non corrispondenza tra i versamenti effettuati e gli importi dovuti sulle scorte della stessa dichiarazione presentata dal contribuente non essendo tenuto a dare contezza della dei dati e delle risultanze della dichiarazione integrativa.

4.2 Quanto alla motivazione degli interessi applicati, ai sensi del D.P.R. n. 602 del 1973, art. 20 “sulle imposte o sulle maggiori imposte dovute alla liquidazione e al controllo formale della dichiarazione o all’accertamento d’ufficio si applicano a partire dal giorno successivo a quello di scadenza del pagamento e fino alla data di consegna al concessionario dei ruoli nei quali tali imposte sono iscritte gli interessi al tasso del cinque per cento annuo”.

4.3 Ritiene il Collegio che la determinazione complessiva degli interessi contenuta nella cartella è ricostruibile attraverso semplici operazioni di calcolo tenuto conto del tasso indicato dalla citata norma, del breve lasso temporale tra la scadenza del pagamento e la notifica della cartella (circa due anni).

3 Ne consegue il rigetto del ricorso.

Nulla è da statuire sulle spese del presente giudizio non essendosi costituiti gli intimati.

PQM

La corte:

– rigetta il ricorso;

– Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente principale dell’ulteriore importo pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 9 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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