Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22121 del 04/09/2019

Cassazione civile sez. VI, 04/09/2019, (ud. 14/05/2019, dep. 04/09/2019), n.22121

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 1

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCALDAFERRI Andrea – Presidente –

Dott. SAMBITO Maria Giovanna C. – rel. Consigliere –

Dott. ACIERNO Maria – Consigliere –

Dott. MERCOLINO Guido – Consigliere –

Dott. DOLMETTA Aldo Angelo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 25822-2018 proposto da:

B.N., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA CAVOUR presso

la CANCELLERIA DELLA CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LIA MINACAPILLI;

– ricorrente –

contro

MINISTERO DELL’INTERNO (OMISSIS);

– intimato –

avverso il decreto n. R.G. 2257/2017 del TRIBUNALE di CALTANISSETTA,

depositato il 20/07/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 14/05/2019 dal Consigliere Relatore Dott. MARIA

GIOVANNA C. SAMBITO.

Fatto

FATTI DI CAUSA

Con decreto del 20.7.2018, il Tribunale di Caltanissetta ha rigettato le istanze di protezione internazionale avanzate da B.N. nato in Pakistan, il quale aveva dichiarato di aver lasciato il suo Paese per il timore delle ritorsioni del ricco latifondista presso cui lavorava, il quale gli aveva concesso un prestito – per sostenere le spese nuziali della sorella – che non poteva restituire, temendo, perciò, di esser denunciato per furto e di esser condannato al carcere a vita. Il Tribunale ha reputato il richiedente non credibile, ha escluso la sussistenza di una situazione di violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale e non ha ravvisato situazioni di vulnerabilità. B.N. propone ricorso per cassazione per tre motivi. Il Ministero non ha svolto difese.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Col primo motivo il ricorrente deduce la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, artt. 3 e 5. Il ricorrente afferma che, contrariamento a quanto argomentato dal Tribunale, egli aveva fornito un racconto del tutto verosimile, e lamenta che non era stata tenuta in considerazione la gravità degli scontri che si verificano in Pakistan. In applicazione del principio dell’onere di prova attenuato, afferma il ricorrente, doveva ritenersi compiuto ogni suo sforzo per circostanziare la domanda, essendo notorio che la regione del (OMISSIS), da cui egli proviene, è una delle più pericolose al mondo.

2. Col secondo motivo, il ricorrente denuncia la violazione dell’art. 112 c.p.c. e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), ed afferma che, in caso di violenza indiscriminata, ravvisabile nella specie, non sono rilevati le motivazioni che hanno spinto il singolo migrante ad abbandonare il suo Paese.

3. Con il terzo motivo, il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c., del D.Lgs. n. 286 del 1998, art. 19, e del D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 32, per non esser stata riconosciuta la protezione umanitaria.

4. Esclusa, anzitutto l’ammissibilità delle censure riferite all’art. 112 c.p.c., la cui violazione è enunciata in tutti e tre i motivi, non essendo stata dedotta alcuna omessa pronuncia nè, comunque, la violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e pronunciato, i primi due motivi, da valutarsi congiuntamente, presentano profili d’inammissibilità e d’infondatezza.

5. Va, infatti, rilevato che il ricorso confonde e sovrappone il momento della valutazione di credibilità soggettiva col dovere di cooperazione istruttoria. Questa Corte (Cass., n. 16925 del 2018; n. 28862 del 2018) ha infatti chiarito che: “in materia di protezione internazionale, l’accertamento del giudice di merito deve innanzi tutto avere ad oggetto la credibilità soggettiva della versione del richiedente circa l’esposizione a rischio grave alla vita o alla persona. Qualora le dichiarazioni siano giudicate inattendibili alla stregua degli indicatori di genuinità soggettiva di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 3, non occorre procedere ad un approfondimento istruttorio officioso circa la prospettata situazione persecutoria nel Paese di origine, salvo che la mancanza di veridicità derivi esclusivamente dall’impossibilità di fornire riscontri probatori”. Il caso non ricorre nella specie, in quanto la valutazione di non credibilità – che attiene, in sè, al giudizio di fatto e non è qui ulteriormente apprezzabile – è stata effettuata per essere il racconto stato reputato inattendibile (il richiedente non aveva saputo precisare perchè avesse preferito espatriare piuttosto che pagare, almeno in parte, il debito utilizzando le risorse che gli aveva messo a disposizione lo zio per consentirli di lasciare il Paese e non aveva saputo precisare alcunchè circa l’esistenza di denunce a suo carico) e stereotipato (in ordine alla mancata protezione da parte della polizia, per essere il suo antagonista “potente” e “politico”).

6. Il Tribunale ha, poi, escluso il caso della “violenza indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o internazionale”, di cui al D.Lgs. n. 251 del 2007, art. 14, lett. c), coerentemente alle indicazioni dei più recenti reports relativi al (OMISSIS), puntualmente indicati, ed al lume di principi affermati dalla Corte di Giustizia UE: (17 febbrario 2009, Elgafaji, C-465/07 e 30 gennaio 2014, Diakitè, C-285/12; vedi pure Cass. n. 13858 del 2018), ed il relativo accertamento implica un apprezzamento di fatto rimesso al giudice del merito, il cui risultato può essere censurato, con motivo di ricorso per cassazione, nei limiti di cui al novellato art. 360 c.p.c., n. 5, che non è stato dedotto, sicchè la censura tende ad una diversa valutazione di fatto.

7. Il terzo motivo è inammissibile. La censura non deduce alcuna situazione di vulnerabilità, non rilevata dal Tribunale, vulnerabilità che deve, peraltro, riguardare la vicenda personale del richiedente, diversamente, infatti, verrebbe in rilievo non già la situazione particolare del singolo soggetto, ma piuttosto quella del suo Paese d’origine in termini del tutto generali ed astratti.

8. Non va provveduto sulle spese in assenza di attività difensiva della parte intimata.

P.Q.M.

rigetta il ricorso. Dà atto dei presupposti per il versamento del doppio contributo D.P.R. n. 115 del 2002, ex art. 13, comma 1 quater.

Così deciso in Roma, il 14 maggio 2019.

Depositato in Cancelleria il 4 settembre 2019

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