Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22120 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/10/2011, (ud. 16/06/2011, dep. 25/10/2011), n.22120

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FINOCCHIARO Mario – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. ARMANO Uliana – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 19326/2010 proposto da:

IMMOBILIARE SCORPIOS DI BARBACCI LORENZO & C. SAS IN

LIQUIDAZIONE

(OMISSIS), in persona del Commissario liquidatore, B.

L. (OMISSIS), già socio accomandatario della

Immobiliare Scorpios sas, elettivamente domiciliati in ROMA, VIALE

MAZZINI 114-A, presso lo studio dell’avvocato PASCUCCI Franco, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato VOLTOLINA RAFFAELE

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrenti –

contro

P.A. (OMISSIS), elettivamente domiciliata in

ROMA, VIA LUCREZIO CARO 62, presso lo studio dell’avvocato CICCOTTI

Sabina, che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato

MANTOVANI PIERCARLO giusta mandato in calce al controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 1932/2009 della CORTE D’APPELLO di VENEZIA del

4/11/09, depositata il 10/12/2009;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

16/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. ULIANA ARMANO;

è presente il P.G. in persona del Dott. IGNAZIO PATRONE.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

E’ stata depositata la seguente relazione: “1. – La Immobiliare Scorpios s.a.s di Barbacci Lorenzo & C in liquidazione e B. L., già socio accomandatario della suddetta società propongono ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Venezia depositata il 10-12-2009 con la quale veniva accolto parzialmente l’appello proposto da P.A. e condannata la Immobiliare Scorpios s.a.s di Barbacci Lorenzo & C. al pagamento della somma di Euro 2.000,00 oltre rivalutazione interessi e spese processuali.

La Corte di Appello, per quello che ancora qui interessa, ha accolto la domanda proposta dalla locataria P. per danni arrecati all’immobile locato dalla Immobiliare Scorpios, liquidati in via equitativa ex art. 1226 c.c..

Resiste con controricorso P..

2. – Il ricorso contiene due motivi. Può essere trattato in Camera di consiglio (art. 375 c.p.c.) rigettato per manifesta infondatezza, alla stregua delle considerazioni che seguono:

Il ricorrente denunzia nullità della sentenza e del procedimento ai sensi dell’art. 360 c.p.c., n. 4, perchè la sentenza impugnata non contiene, in contrasto con l’art. 132 c.p.c., la trascrizione delle conclusioni della parte appellata che è altresì indicata come contumace.

Tale omissione, secondo il ricorrente, non era solamente una irregolarità formale ma si concretava nell’omesso esame delle eccezioni e difese dell’appellata.

Si osserva che l’omessa, inesatta o incompleta trascrizione delle conclusioni delle parti nell’epigrafe della sentenza importa nullità della sentenza stessa soltanto quando le suddette conclusioni non siano state esaminate, di guisa che sia mancata in concreto una decisione sulle domande ed eccezioni ritualmente proposte.

Sez. 2, Sentenza n. 10853 del 05/05/2010;

Sez. 1, Sentenza n. 5277 del 10/03/2006;

Nel caso di specie, secondo quanto trascritto in ricorso dallo stesso appellante, le conclusione di cui è stata omessa la trascrizione sono le seguenti “Voglia la Eccellentissima Corte d’Appello di Venezia rigettare le domande ex adverso formulate di riforma parziale della sentenza 284/06 emessa dal Tribunale di Vicenza – sezione distaccata di Schio – e per l’effetto confermare in toto la sentenza.

Vittoria di spese del grado di giudizio,con spese generali al 12,5% I.V.A. e C.P.A. come per legge”.

Tali conclusioni, con cui si richiede un generico rigetto dell’impugnazione, non contengono specifiche eccezioni e di conseguenza la loro mancata trascrizione è una semplice irregolarità formale.

Anche l’errore relativo alla indicazione di contumacia della società appellata ha un rilievo esclusivamente formale, in quanto la posizione di contumace nel processo dipende dalla sua effettiva non costituzione e non dalla dichiarazione del giudice.

Come secondo motivo viene denunziata omessa ed insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio consistente nella insussistenza delle condizioni per poter ricorrere alla liquidazione equitativa del danno ex art. 1226 c.c., in quanto non si verteva in ipotesi di difficoltà nè di notevole difficoltà di liquidazione.

In proposito va rilevato che, come affermato nella giurisprudenza di legittimità, l’esercizio del potere discrezionale di liquidare il danno in via equitativa, conferito al giudice dagli artt. 1226 e 2056 c.c., espressione del più generale potere di cui all’art. 115 c.p.c., da luogo non già ad un giudizio di equità, ma ad un giudizio di diritto caratterizzato dalla cosiddetta equità giudiziale correttiva od integrativa, che, pertanto, da un lato è subordinato alla condizione che risulti obiettivamente impossibile, o particolarmente difficile per la parte interessata provare il danno nel suo preciso ammontare, come desumibile dalle citate norme sostanziali, dall’altro non ricomprende anche l’accertamento del pregiudizio della cui liquidazione si tratta, presupponendo già assolto l’onere della parte di dimostrare sia la sussistenza sia l’entità materiale del danno, nè esonera la parte stessa dal fornire gli elementi probatori e i dati di fatto dei quali possa ragionevolmente disporre, affinchè l’apprezzamento equitativo sia per quanto possibile ricondotto alla sua funzione di colmare solo le lacune insuperabili nell’iter della determinazione dell’equivalente pecuniario del danno stesso (sentenza 18/11/2002 n. 16202 Sez. 2, Sentenza n. 13288 del 07/06/2007).

Il criterio equitativo è utilizzabile sempre che sia certa e provata l’esistenza nel caso concreto del danno (desumibile dagli elementi obiettivi acquisiti ed emergenti dagli atti del processo) e solo se la sua precisa determinazione incorra in una impossibilità probatoria. Nella specie la sentenza impugnata ha fatto corretta applicazione dei detti principi in ordine all’effettiva sussistenza del danno, neppure contestato dalla conduttrice appellata, alle prove acquisite al riguardo, all’impossibilità di fornire in modo non difficoltoso le prove circa l’entità del danno, con il riferimento alla circostanza che alcuni beni da sostituire non erano più in commercio per cui il relativo costo di sostituzione non poteva costituire un parametro preciso per la liquidazione ed alla difficoltà di liquidazione determinata dalla circostanza che il danno era rappresentato dalla somma di diversi pregiudizi di diversa natura, ognuno dei quali di non rilevante valore economico.

Di conseguenza è sorretto da sufficiente e coerente motivazione il ricorso alla valutazione equitativa sul piano delle condizioni richieste dall’art. 1126 c.c..

Si propone pertanto il rigetto del ricorso.

2. La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti. Non sono state depositate conclusioni scritte. Le parti non hanno presentato memorie difensive.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

A seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella Camera di consiglio, il Collegio ha condiviso i motivi in fatto ed in diritto esposti nella relazione. In relazione al primo motivo ultima parte il Collegio osserva che “Nella redazione della motivazione della sentenza, il giudice non è tenuto ad occuparsi espressamente e singolarmente di ogni allegazione, prospettazione ed argomentazione delle parti, essendo necessario e sufficiente, in base all’art. 132 cod. proc. civ., n. 4 (nel testo “ratione temporis” vigente), che esponga, in maniera concisa, gli elementi in fatto ed in diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo ritenersi per implicito disattesi tutti gli argomenti, le tesi e i rilievi che, seppure non espressamente esaminati, siano incompatibili con la soluzione adottata e con il percorso argomentativo seguito” Cass. 20/11/2009 n. 24542 conf. Cass. 27-7-06 n. 17145. In relazione al secondo motivo il Collegio rileva che secondo costante giurisprudenza di legittimità”. La liquidazione del danno con criterio equitativo non postula necessariamente l’impossibilità assoluta di stimare con esattezza l’entità del danno, potendo il giudice ricorrervi anche quando, in relazione peculiarità del fatto dannoso, la precisa determinazione del danno riesca difficoltosa. Cass. sent. n. 4914 del 15/05/1998 Cass. sent. n. 13114 del 27/12/95 e Cass. sent. n. 2745…del 27-3-97. Il ricorso deve essere rigettato. Le spese seguono la soccombenza.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali del presente grado liquidate in Euro 1.000,00, di cui Euro 200,00 per spese, oltre spese generali ed accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 16 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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