Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2212 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. II, 30/01/2020, (ud. 03/12/2019, dep. 30/01/2020), n.2212

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. SCARPA Antonio – Consigliere –

Dott. DE MARZO Giuseppe – Consigliere –

Dott. FORTUNATO Giuseppe – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 3755/2016 R.G. proposto da:

A.E.M.I., rappresentata e difesa dall’Avv.

Claudio Brancati per procura in calce al ricorso, elettivamente

domiciliata in Roma presso lo studio dell’Avv. Amelia Cuomo alla

piazza San Bernardo n. 101;

– ricorrente –

contro

FIDITALIA s.p.a., rappresentata e difesa dall’Avv. Enrico de

Crescenzo per procura in calce al controricorso, elettivamente

domiciliata in Roma presso il suo studio alla via degli Scipioni n.

157;

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Milano, n. 3686,

depositata il 25 settembre 2015.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Enrico Carbone nella camera

di consiglio del 3 dicembre 2019.

Fatto

ATTESO

CHE:

A.E. ha proposto querela di falso in via principale innanzi al Tribunale di Milano nei confronti di FIDITALIA s.p.a. relativamente alle sottoscrizioni a suo nome figuranti su un contratto di finanziamento del 5 novembre 1992.

Dichiarata in primo grado la falsità delle firme sulla base di una consulenza tecnica d’ufficio, era poi accolto il gravame della FIDITALIA, e pertanto dichiarata improponibile la querela di falso, in ragione del giudicato formatosi sul decreto ingiuntivo inerente il credito di restituzione del prestito, essendosi il relativo giudizio di opposizione estinto per mancata riassunzione.

L’ A. ricorre per cassazione con quattro motivi, i primi tre da esaminare unitariamente per connessione logica, in quanto il primo denuncia violazione degli artt. 2702 E 2909 c.c., artt. 215 e 221 c.p.c., il secondo violazione degli artt. 395 e 656 c.p.c. e il terzo violazione dell’art. 100 c.p.c., tutti per aver il giudice d’appello ritenuto che il passaggio in giudicato del decreto ingiuntivo sul credito di restituzione osti alla proposizione della querela di falso contro le sottoscrizioni del contratto di finanziamento, nonostante alla querela l’apparente sottoscrittrice abbia interesse in funzione della successiva revocazione straordinaria del provvedimento monitorio. L’impugnazione del decreto ingiuntivo per revocazione, ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 2 e art. 656 c.p.c., è ammissibile non soltanto nelle ipotesi testualmente richiamate nelle quali il decreto sia divenuto esecutivo per mancata opposizione o mancata costituzione dell’opponente, ma anche nel caso analogo in cui il decreto sia divenuto esecutivo per estinzione del giudizio di opposizione (Cass. 27 gennaio 1977, n. 411; Cass. 29 marzo 1989, n. 1492).

A norma dell’art. 395 c.p.c., n. 2, presupposto della revocazione straordinaria è la falsità probatoria dichiarata, sicchè la conoscenza meramente soggettiva che la parte abbia avuto della falsità durante il giudizio di merito all’esito del quale il revocando provvedimento è stato emesso non preclude l’esperimento del mezzo revocatorio, non essendo qui invocabile il principio per cui il giudicato copre il dedotto e il deducibile, sia perchè l’istanza di revocazione prescinde dal giudicato, ed è anzi diretta a rescinderlo, sia perchè nessuna norma impone alla parte consapevole della falsità di proporre querela di falso in detto giudizio di merito sotto pena di decadenza dalla facoltà di proporre l’istanza di revocazione (Cass. 10 marzo 1975, n. 875).

Avendo lo scopo di privare l’atto fidefacente della sua idoneità alla pubblica fede, con accertamento efficace erga omnes, la querela di falso può essere proposta in via principale anche se il documento impugnato è stato già prodotto in un diverso giudizio, non essendo previsto alcun obbligo di proporre la querela in via incidentale (Cass. 7 ottobre 2008, n. 24725).

Ai sensi dell’art. 221 c.p.c., la querela di falso può essere sempre proposta finchè la verità del documento non sia stata accertata con sentenza passata in giudicato, essendo irrilevante che il querelante abbia tacitamente o espressamente riconosciuto la sottoscrizione del documento di cui allega la falsità (Cass. 21 ottobre 2008, n. 25556).

Nella specie, il giudice d’appello si è allontanato da questi principi di diritto, laddove:

a) ha ritenuto che il giudicato sul decreto ingiuntivo si estenda dall’esistenza del credito di restituzione inter partes all’autenticità erga omnes delle sottoscrizioni del contratto di finanziamento, secondo un’impropria logica di deducibilità della querela, e conseguente decadenza della querela non dedotta;

b) ha sovrapposto il disconoscimento delle firme operato dall’ A. nel giudizio di opposizione e la querela di falso da lei successivamente proposta in via principale, mentre trattasi di concetti istituzionalmente distinti, potendo la querela proporsi anche per la falsità di una sottoscrizione riconosciuta;

c) ha negato a priori la sussistenza di un interesse dell’ A. ad agire per la querela di falso, senza considerare che (non la mera falsità, bensì proprio) la declaratoria di falsità è un presupposto della revocazione straordinaria del decreto ingiuntivo, quand’anche passato in giudicato per estinzione del giudizio di opposizione.

Vanno accolti i primi tre motivi di ricorso e la sentenza cassata in relazione ad essi, con rinvio per nuovo esame, conforme ai principi di diritto sopra richiamati.

Resta assorbito il quarto motivo, che, denunciando violazione dell’art. 91 c.p.c. per aver il giudice d’appello posto a carico della querelante le spese del doppio grado, solleva una questione naturalmente devoluta al giudice di rinvio, in correlazione a quel che risulterà l’esito finale del giudizio (Cass. 6 ottobre 1972, n. 2884; Cass. 6 febbraio 2017, n. 3069).

PQM

Accoglie i primi tre motivi di ricorso, assorbito il quarto.

Cassa la sentenza in relazione ai motivi accolti e rinvia ad altra sezione della Corte d’appello di Milano, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 3 dicembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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