Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22119 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/10/2020, (ud. 24/09/2020, dep. 13/10/2020), n.22119

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. DELLI PRISCOLI Lorenzo – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2122-2019 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (C.F. (OMISSIS)), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

C.G., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DELLA SCROFA

57, presso lo studio dell’avvocato NICOLA BORZOMI’, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato MARIA GRAZIA MASTINO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 599/8/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della CALABRIA SEZIONE DISTACCATA di REGGIO CALABRIA,

depositata il 09/04/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 24/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. LORENZO

DELLI PRISCOLI.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

Rilevato che:

la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva il ricorso della parte contribuente avverso una cartella di pagamento e la Commissione Tributaria Regionale della Calabria respingeva l’appello dell’Agenzia osservando che “nè nell’atto di costituzione nè all’udienza del 15 gennaio 2007 dinanzi al giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate ha contestato la validità della documentazione prodotta dal ricorrente, sicchè essa è legittimamente e validamente entrata – anche nel suo contenuto – nel patrimonio conoscitivo e valutativo della Commissione. Questa, poi, ha espresso le proprie argomentazioni, alle quali ci si richiama, che appaiono condivisibili e immuni da vizi logici”;

l’Agenzia delle entrate proponeva ricorso affidato a due motivi mentre la parte contribuente si costituiva con controricorso e in prossimità dell’udienza depositava memoria chiedendo che il ricorso sia dichiarato improcedibile o comunque inammissibile.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Considerato che con il primo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 32, in quanto sarebbe erronea l’affermazione della CTR secondo la quale “nè nell’atto di costituzione nè all’udienza del 15 gennaio 2007 dinanzi al giudice di primo grado l’Agenzia delle entrate ha contestato la validità della documentazione prodotta dal ricorrente, sicchè essa è legittimamente e validamente entrata – anche nel suo contenuto – nel patrimonio conoscitivo e valutativo della Commissione” in quanto la produzione di tale documentazione sarebbe stata tardiva, come rilevato nell’atto di appello dell’Agenzia delle entrate;

considerato che con il secondo motivo d’impugnazione, in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, l’Agenzia delle entrate denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c. e del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 36, perchè la sentenza della CTR, mutuando acriticamente il contenuto della decisione di primo grado, non fornisce alcuna logica motivazione a sostegno del rigetto delle censure proposte in appello;

Innanzitutto il ricorso è procedibile in quanto il ricorrente ha depositato, unitamente al ricorso notificato anche la sentenza impugnata, facente parte integrante del ricorso e contrassegnata con il timbro della Corte di Cassazione, ufficio depositi, in data 22 gennaio 2019.

Ritenuto preliminarmente che, in virtù del principio della ragione più liquida (che consente di modificare l’ordine logico-giuridico delle questioni da trattare di cui all’art. 276 c.p.c., in adesione alle esigenze di celerità del giudizio e di economia processuale di cui agli artt. 24 e 111 Cost., posto che l’accertamento della sussistenza di eventuali motivi di inammissibilità, nonchè l’esame del primo motivo di ricorso, anche se logicamente preliminari, non potrebbero in ogni caso condurre ad un esito del giudizio più favorevole per il resistente: Cass. n. 28309 del 2019; Cass. 19 giugno 2017, n. 15064; Cass. 18 novembre 2016, n. 23531), appare opportuno esaminare innanzitutto il secondo dei motivi di ricorso;

considerato, quanto a tale secondo motivo, che, secondo questa Corte:

il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111 Cost., comma 6, individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4, e danno luogo a nullità della sentenza – di “mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, al di fuori delle quali il vizio di motivazione può essere dedotto solo per omesso esame di un “fatto storico”, che abbia formato oggetto di discussione e che appaia “decisivo” ai fini di una diversa soluzione della controversia (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911; Cass. n. 23940 del 2017; Cass. SU n. 8053 del 2014);

in seguito alla riformulazione dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, disposta dal D.L. n. 83 del 2012, art. 54, conv., con modif., dalla L. n. 134 del 2012, non è più deducibile quale vizio di legittimità il semplice difetto di sufficienza della motivazione, ma i provvedimenti giudiziari non si sottraggono all’obbligo di motivazione previsto in via generale dall’art. 111 Cost., comma 6, e, nel processo civile, dall’art. 132 c.p.c., comma 2, n. 4. Tale obbligo è violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero essa risulti del tutto inidonea ad assolvere alla funzione specifica di esplicitare le ragioni della decisione (per essere afflitta da un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili oppure perchè perplessa ed obiettivamente incomprensibile) e, in tal caso, si concreta una nullità processuale deducibile in sede di legittimità ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911; Cass. n. 22598 del 2018);

considerato che nel caso di specie la CTR non ha raggiunto la soglia del “minimo costituzionale” di motivazione in quanto si è limitata ad affermare che la Commissione Tributaria Provinciale “ha espresso le proprie argomentazioni, alle quali ci si richiama, che appaiono condivisibili e immuni da vizi logici”, in questa maniera riportandosi acriticamente alle motivazioni della sentenza di primo grado senza minimamente spiegare per quale motivo tale motivazione sia stata fatta propria (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911);

ritenuto infatti che, sempre secondo l’insegnamento di questa Corte, la sentenza d’appello può essere motivata per relationem, purchè il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicchè dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (Cass. 23 luglio 2019, n. 19911; Cass. 5 novembre 2018, n. 28139).

Ritenuto pertanto che, in accoglimento del secondo motivo di impugnazione e assorbito il primo, il ricorso della contribuente va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del presente giudizio.

PQM

La corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Commissione Tributaria Regionale della Calabria, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 24 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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