Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22118 del 29/10/2015


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Civile Sent. Sez. 1 Num. 22118 Anno 2015
Presidente: RORDORF RENATO
Relatore: GENOVESE FRANCESCO ANTONIO

PU

SENTENZA

sul ricorso 23493 2011 proposto da:

L.A.L. S.R.L. (c.f./p.i. 02153850421), in persona del
legale rappresentante pro tempore, domiciliata in
ROMA, VIA PRISCIANO 28, presso l’avvocato GUIDO
CIPRIANI, che la rappresenta e difende, giusta ‘

Data pubblicazione: 29/10/2015

procura a margine del ricorso;
– ricorrente contro

GHIRELLI S.R.L., in persona del legale rappresentante
pro tempore, e GHIRELLI ALESSANDRO in proprio,
elettivamente domiciliati in ROMA, Via DUE MACELLI

1

47, presso l’avvocato ALBERTO IMPRODA, che li
rappresenta e difende, giusta procura a margine del
controricorso;

avverso la sentenza n.

controricorrent£

1366/2010 della CORTE

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza

del

07/10/2015

dal

Consigliere

Dott.

FRANCESCO ANTONIO GENOVESE;
udito, per la ricorrente, l’Avvocato CIPRIANI GUIDO
che ha chiesto raccoglimento del ricorso e si
riporta alla memoria;
,
udito, per i controricorrenti, l’Avvocato IMPRODA
e

ALBERTO che si riporta;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. FEDERICO SORRENTINO che ha concluso
per il rigetto del ricorso.

d

D’APPELLO di VENEZIA, depositata il 30/06/2010;

$
i

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

1.La Corte d’Appello di Venezia ha parzialmente accolto gli

dell’impugnazione principale) nonché da
Alessandro Ghirelli

(a seguito

L.A.L. srl

(d’ora innanzi:

Ghirelli Sri
i Ghirelli,

e
per

appelli, proposti da

l’impugnazione incidentale), contro la sentenza del
Tribunale di quella stessa città che aveva deciso sulle
domande: a) proposte dalla prima società, per la nullità,
invalidità e/o illegittimità dei certificati di deposito
rilasciati (nel giugno-luglio del 2002) dal Ministero dei
Beni culturali in favore dei secondi, ed inerenti a oggetti
usati per le pratiche religiose (una «Crociera Ave Maria»;
una «Corona da Rosario Medaglia Miracolosa»; un cd. «Grano
da Medaglia Miracolosa» nonché del

copyright

relativo al

«Grano Nostra signora di Lourdes» e al «Grano Madonna di
Guadalupe»), perché non costituenti opere dell’ingegno; b)

proposte dai convenuti, per l’accertamento del plagio e
della concorrenza parassitaria diacronica, ad opera
dell’attrice.
1.1. La Corte territoriale, inoltre, ha accertato la
validità del modello ornamentale di cui al DM/050 390, n.
13 (del gennaio 2000), nonché degli altri titoli di
privativa (salvo il certificato di
«Corona

da

copyright relativo alla

Rosario Medaglia Miracolosa»).

Quanto alle

2

3

domande conseguenziali, ha dichiarato inammissibile quella
di risarcimento del danno non patrimoniale proposta dai
Ghirelli, confermando nel resto la sentenza di primo grado,
in ordine alla contraffazione dei diritti di privativa

nella titolarità di questi ultimi ed alla sussistenza degli
atti di concorrenza sleale, ex art. 2598, n. 3, c.c., con
l’inibitoria

alla

L.A.L.

sr1

della contraffazione,

commercializzazione e pubblicazione, sotto ogni forma, dei
corrispondenti «rosari», fissando una penale per ogni
ulteriore violazione o inosservanza o ritardo
nell’esecuzione della sentenza, e con la pubblicazione
della stessa.
2.

Secondo il giudice di appello, per quello che ancora

rileva in questa sede, l’eccezione di inammissibilità della

domanda riconvenzionale di contraffazione e concorrenza
sleale, proposta dal difensore dei Ghirelli in relazione al
modello ornamentale DM1050 390, sollevata dall’attrice

L.A.L. sr1,

era, da un lato, connessa soggettivamente e,

dall’altro, omogenea alla materia introdotta con le altre
domande, perciò ammissibile, anche sulla base della procura
alle liti a lui rilasciata, in quanto collegata a quelle ed
in ragione del principio del simultaneus processus.
2.1.

Nel merito, con riferimento ai copyrights oggetto di

causa, la normativa applicabile era da individuarsi negli

4

.

artt. 1 e 2, n.

4,

della legge n. 633 del 1941 (L. A.),

che non riserverebbe tutela e protezione alle sole opere di
grande o particolare valore artistico ma anche alle
creazioni di modesta misura, in presenza dell’individualità

2.2.

e dell’originalità dell’opera.
Con riferimento alle opere dell’incisione e delle

altri arti figurative similari, infatti, quand’anche
applicate all’industria, l’abrogazione dell’inciso relativo
alla scindibilità delle raffigurazioni tutelare rispetto al
carattere industriale del prodotto – contenuto nella
menzionata previsione legislativa – , operata dal D. Lgs.
n. 95 del 2001, successivamente a sua volta abrogato
dall’art. 246, lett.

gg),

del

D.

Lgs. n. 30 del 2005

(C.P.I.), andrebbe letto in senso limitativo e correttivo,
diversamente da quanto il nuovo codice della proprietà
industriale avrebbe fatto con riferimento ad altre
disposizioni, nelle quali avrebbe dato per scontato la
perdurante vigenza delle norme introdotte dal D. Lgs. n. 95
cit. (ad es. negli artt. 44 e 239), onde la permanenza
attuale del requisito della cd. scindibilità del valore
artistico dell’opera applicata al prodotto industriale.
2.3.

Nella sostanza, nel caso di specie, non potrebbe

trovare applicazione l’art. 2 n. 10 della L.A., riferibile
al cd.

industrial design o disegno industriale, ma solo

‘t

5

l’art. 2, n. 4 della detta legge, che consentirebbe la
tutelabilità della creazione d’arte applicata all’industria
solo in presenza della scindibilità del suo valore
artistico dal carattere industriale del prodotto, al quale

essa sarebbe concretamente associata (riferimento a Cass.
n. 10516 del 1994). Ciò che nella specie sarebbe avvenuto,
trattandosi di «oggetti di culto» ed essendo sufficiente,
per riscontrare la meritevolezza della tutela invocata,
l’esistenza di una creatività-novità, sia pure in una
misura modesta.
2.4.

Con riferimento ai modelli ornamentali, invece, la

tutela sarebbe offerta dall’art. 5 del RD n. 1411 del 1940
(così come ritenuto dal Tribunale). Essa, specialmente in
mancanza del requisito della scindibilità
dell’abbellimento, non sarebbe cumulabile con la tutela
autorale e verrebbe in rilievo solo che per il fatto della
presenza dello speciale ornamento.
2.5.Venendo ai

copyrights oggetto di causa, la Corte ha

confermato la tutelabilità di quello n. 008726 (la Crociera
Ave Maria), «la cui pregevolezza, quale opera creativa, non
può seriamente essere posta in dubbio»,

non potendosi

ammettere la prova testimoniale richiesta in quanto diretta
a dimostrare (senza essere idonea) la anteriore
commercializzazione di una medaglia (cd.

«Maggi»),

6

e
a

a

l’altro ben diversa dalla

Crociera,

oggetto della

privativa.
2.6.Lo

stesso

dicasi

della

Medaglia

Miracolosa

(registrazione n. 008723), avente i requisiti della novità

e creatività, anche rispetto all’immagine della Madonna
così come ispirata a Santa Caterina, durante la celebre
apparizione del 1831, nonché rispetto alla medaglia della
società Lauretana srl, perché costituente una
rielaborazione delle immagini tratte dalla iconografia
classica, avente caratteri individualizzanti.
2.7. Quanto al modello ornamentale oggetto di causa (quello

,

n. DM 050 390, nn. 4 e 12), trovando applicazione,
temporis,

ratione

il RD n. 1411 del 1940, i relativi rosari

sarebbero caratterizzati da una assoluta originalità,
avendo essi «forma e volume inusuali, atti a differenziarli
dagli oggetti solitamente in commercio».
2.8.

La stessa tutela andava accordata anche al modello

ornamentale n. 13, per l’originalità di associare i cd.
cristalli

Swarovski con gli oggetti di culto, sia per la

loro forma sia per la «particolare combinazione di linee e
colori e/o di altri elementi», ai sensi dell’art. 5 del RD
n. 1141 del 1940.
,

e

3.

Sulla base di tali accertamenti di validità, la Corte

territoriale ha poi concluso per la conferma della
7

responsabilità della LAL srl per gli atti di concorrenza
sleale compiuti, da qualificarsi, ai sensi dell’art. 2598,
n. 3, c.c., come concorrenza parassitaria diacronica,
nonostante non fosse stata riscontrata l’ipotesi

dell’imitazione servile dei prodotti della Ghirelli, ai
sensi dell’art. 2598, nn. 1 e 2, del codice civile.
4.Avverso tale decisione la LAI srl ha proposto ricorso per
cassazione, affidato a nove motivi di censura, contro cui
resistono i Ghirelli, con controricorso.
4.1. La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
MOTIVI DELLA DECISIONE

1.Con il primo motivo di ricorso principale [violazione o
falsa applicazione dell’art. 84 c.p.c. e omessa e carente
motivazione su un fatto decisivo della controversia (art.
360 nn. 3 e 5 c.p.c.)] la ricorrente chiede che questa
Corte risponda negativamente al quesito relativo alla
possibilità per il difensore di proporre domande
riconvenzionali ogni qualvolta le stesse non siano
collegate con l’oggetto originario del giudizio ed in
particolare allorquando chi sia convenuto in giudizio per
l’annullamento di un diritto di autore chieda in
riconvenzionale la condanna dell’attore per l’asserita
violazione di un diritto ornamentale o disegno industriale.

8

1.1.Secondo la ricorrente, il giudice distrettuale non
avrebbe spiegato le ragioni del collegamento tra le domande
principali e quelle riconvenzionali, con violazione
dell’art. 84 c.p.c. e per vizio motivazionale.
Con il secondo mezzo [violazione o falsa applicazione

2.

dell’art. 2, nn. 4 e 10, della L. n. 633 del 1941 (cd.
Legge sul diritto di Autore: L.A.), con riferimento a tutti
i copyrights

(art. 360 n. 3 c.p.c.)] la ricorrente chiede

che questa Corte risponda affermativamente al quesito
relativo all’applicabilità dell’art. 2, n. 10, in luogo
dell’art. 2, n. 4, della L.A.
2.1.

La

ricorrente

lamenta

l’errore

del

giudice

distrettuale che non avrebbe compreso che le opere tutelate
erano dirette alla produzione industriale di «rosari»,

e

non ad opere della scultura o della pittura, del disegno o
dell’incisione o delle arti figurative similari, applicate
all’industria, come si sarebbe dovuto desume anche dal
fatto che era stata rivendica una particolare forma (cd. a
barilotto) per i grani di tali «rosari».
2.2.

Ove fosse stata data la corretta qualificazione

avrebbe potuto farsi applicazione dell’art. dell’art. 2, n.
10, anziché n. 4 della L.A. e, perciò richiedersi, per la
validità dei

copyrights

impugnati, l’accertamento del

requisito del carattere creativo dell’opera, unitamente a
9

quello del suo valore artistico (non bastando la semplice
sussistenza del primo), ossia di elementi talmente
difficili da ritrovarsi che di essi sarebbe rimasta vittima
la stessa chaise longue dell’arch. Le Corbousier.

3.Con il terzo motivo di ricorso [omessa, insufficiente e
contraddittoria motivazione in ordine a un punto
controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento a
tutti i copyrights

(art. 360 n. 5 c.p.c.)] la ricorrente

lamenta l’esistenza di un vizio motivazionale in relazione
all’erronea applicazione del disposizione menzionata con il
mezzo precedente ed alla classificazione delle opere
protette come incisioni, anziché come prodotti
dell’industrial design.
4.Con il quarto mezzo [violazione o falsa applicazione
dell’art. 2, nn. 4 e 10, della L. n. 633 del 1941 (cd.
Legge sul diritto di Autore: L.A.), con riferimento a tutti
i copyrights

(art. 360 n. 3 c.p.c.)] la ricorrente chiede

che questa Corte risponda affermativamente al quesito di
diritto secondo cui, in ogni caso, la scindibilità non può
sussistere negli oggetti tridimensionali relativamente ai
quali si applica la norma di cui all’art. 2, n. 10, LA.
4.1.infatti, secondo la ricorrente, il requisito della
scindibilità del valore artistico dal supporto materiale,
dopo l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 95 del 2001, on
10

e

sarebbe più richiesto dalla legge con riferimento agli
oggetti tridimensionali.
5.

Con il quinto motivo

[omessa,

insufficiente e

contraddittoria motivazione in ordine a un punto

tutti i copyrights, tranne la Crociera Ave Maria

controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento a
(art. 360

n. 5 c.p.c.)3 la ricorrente lamenta l’esistenza di un vizio
motivazionale, in relazione al mancato esame
dell’allegazione (e delle relativa prova testimoniale
richiesta per dimostrarlo) secondo cui l’idea di riportare
le immagini sacre sui grani del rosario era stata già
realizzata ed anticipata da altre aziende, nominativamente
indicate.
6.Con

il

sesto

mezzo

[omessa,

insufficiente

e

contraddittoria motivazione in ordine a un punto
controverso e decisivo per il giudizio, con riferimento al
copyright Crociera Ave Maria

(art. 360 n. 5 c.p.c.)] la

ricorrente lamenta l’esistenza di un vizio motivazionale,
in relazione al mancato corretto esame dell’allegazione (e
delle relativa prova testimoniale richiesta per
dimostrarlo) secondo cui l’idea

di riportare una immagine

sacra, già realizzata e commercializzata dall’azienda Maggi
Coniature,

fin dagli anni settanta, identica in ogni

aspetto a quella oggetto di

copyright,

era stata solo

11

e
.

apparentemente confutata con l’affermazione secondo cui
essa sarebbe stata utilizzata con una diversa funzione
ossia come «crociera di un rosario».
7.Con il settimo [omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione in ordine a un punto controverso e decisivo per
il giudizio, con riferimento al modello ornamentale
internazionale DM7050390 (art. 360 n. 5 c.p.c.)] la
ricorrente lamenta l’esistenza di un vizio motivazionale,
in relazione al mancato corretto esame dell’allegazione (e
delle relativa prova depositata in atti, per dimostrarlo)
secondo cui l’idea di realizzare rosari con cristalli
Swarovski non sarebbe stata affatto un’idea particolarmente
originale atteso che dai cataloghi e dalle fatture
depositata agli atti sarebbe risultata la prova della
anteriore utilizzazione di grani e croci di cristallo,
proprio da parte della stessa odierna ricorrente. Del resto
la Corte non avrebbe neppure spiegato in che cosa
consisterebbe la peculiarità dell’utilizzo di quei
particolari cristalli rispetto agli altri, usati ancor
prima della Ghirelli, dai suoi concorrenti.
8.Con l’ottavo [violazione o falsa applicazione dell’art.
2598, n. 3 c.c., con riferimento a tutte le privative (art.
360 n. 3 c.p.c.)] la ricorrente chiede che questa Corte
risponda affermativamente al quesito di diritto affermando
.,

12

che sussiste concorrenza sleale parassitaria soltanto

quando si sia in presenza della riproduzione di tutte le
iniziative del concorrente ed a breve distanza di tempo da
queste e che detta concorrenza sleale parassitaria vada

esclusa in presenza della sola riproduzione di alcuni
prodotti.
8.1. Secondo la ricorrente, l’illecito non sussisterebbe in

casi, che si assume tale come quello oggetto di causa, in
cui vengano imitati solo alcuni prodotti della concorrenza
e non vengano prese altre iniziative imprenditoriali, di
differente tipologia (pubblicitarie, organizzative, ecc.),
idonee a fornire l’elemento eterogeneo della complessità.
9.

Con il nono [omessa, insufficiente e contraddittoria

motivazione in ordine a un punto controverso e decisivo per
il giudizio. Omessa pronuncia sulle domande di merito (art.
360 n. 5 c.p.c.)] la ricorrente lamenta l’esistenza di un
vizio motivazionale, in relazione al mancato esame e alla
omessa motivazione relativa alle domande relative alla
concorrenza sleale posta in essere dai Ghirelli e alla
richiesta di risarcimento del danno conseguente.

*
10.11 primo motivo del ricorso lamenta che il giudice
distrettuale abbia violato il principio di cui all’art. 84
,-

c.p.c., incorrendo anche in un vizio della motivazione,
13

avendo il difensore proposto una domanda riconvenzionale
(relativa alla tutela di un modello ornamentale) del tutto
diversa e non connessa con quelle proposte da essa
attrice.
La doglianza non è fondata, atteso che la domanda

10.1.

introdotta – in via riconvenzionale – dai Ghirelli, avente
ad oggetto la contraffazione da parte della società attrice
di una ulteriore anteriorità (un modello ornamentale da
loro a suo tempo depostato, previo riconoscimento della
sua validità), è strettamente connessa al generale
t
accertamento della correttezza del reciproci comportamenti
in relazione al portafoglio delle privative che si assumono
lese (o meno) da ciascunoldelle due parti contendendi, onde
la sua ricomprensione nel novero delle difese esperibili in
relazione alle quali era stato conferito il mandato
difensivo.
10.2.

A tale proposito, la Corte territoriale ha, nella

sostanza, fatto applicazione corretta del principio
(peraltro costituente diritto vivente: cfr. Cass. sez. 2,
Sentenza n. 8207 del 2006) secondo cui

«Il mandato “ad

litem”, anche quando sia conferito in calce alla copia
notificata della citazione, attribuisce al difensore la
facoltà di proporre tutte le

difese che siano comunque

ricollegabili con l’originario oggetto della

causa, e,

14

-

quindi, anche la domanda riconvenzionale, atteso che
quest’ultima, anche quando introduce un nuovo tema di
indagine e mira all’attribuzione di un autonomo bene della
resta sempre fondamentalmente connotata dalla

funzione difensiva di reazione

alla pretesa

della

vita,

controparte».
11. Il secondo ed il terzo mezzo, che attengono alla stessa
questione, devono formare oggetto – per comodità espositiva
– di un esame congiunto.
11.1.

I due motivi, infatti, suppongono la qualificazione

delle opere protette come prodotti dell’industriai design,
allo scopo di richiedere una loro valutazione più severa,
ai fini dell’esame della domanda di nullità, invalidità e/o
illegittimità dei certificati di deposito rilasciati dal
Ministero dei Beni culturali in favore dei Ghirelli, e non
invece l’accertamento del possesso dei soli requisiti della
creatività e del valore artistico anche modesto, richiesto,
dall’art. 2, n. 4 della LA, per le incisioni ed opere
similari ove queste siano applicate anche agli oggetti
della produzione industriale.
11.2.

La

questione è stata

risolta

dalla Corte

territoriale, anzitutto, con il richiamo al principio della
scindibilità tra l’oggetto materiale, idoneo ad assolvere
la funzione (nella specie: quella di culto), ed il su
15

2

decoro,

ottenuto

per

mezzo

delle

sovrapposizioni

ornamentali agli elementi dello strumento oggetto di
produzione seriale e utilizzato per le pratiche religiose
(i «rosari»), richiamando una giurisprudenza elaborata da

questa Corte nel corso degli anni ’90 (ossia ben prima che
scendesse in campo l’allora CE e che provvedesse ad esigere
dagli Stati nazionali una diversa considerazione (e
valorizzazione) del

design],

basata sulla rivendicabilità

della protezione autorale accordabile solo in caso di
scindibilità dell’incisione dal supporto materiale «muto»,
oggetto della produzione industriale.
11.3.

Tuttavia, il giudice distrettuale, se da un lato

sembra ricondurre tali beni ai prodotti
design,

dell’industriai

da un altro, sia pure con una motivazione

assolutamente lapidaria, li qualifica come oggetti ad uso
religioso, e perciò come prodotti estranei alle
problematiche di valorizzazione del disegno industriale
quasi che, in materia religiosa (dove la qualità artistica
del bene non è la ragione primaria dell’utilizzazione
dell’oggetto per la pratica di culto, che segue rituali
comunitari e procedure che, a volte, si conformano ad
apposite prescrizioni della stessa autorità religiosa),
essi dovrebbero essere esclusi da una valutazione di
qualità innovativa e di pregevolezza.

16

:.

11.4. Tale motivazione, di tutta evidenza, non è corretta,

perché: a) da un lato, non spiega per quali – più o meno
attendibili – ragioni gli oggetti di culto siano da
considerare estranei al disegno industriale (quando,
beninteso, essi siano il frutto della produzione di massa

.

eseguita attraverso procedure seriali e ripetitive, più o
meno automatizzate), in tal modo godendo di un regime
giuridico diverso da questi; b) e dall’altro lato – ove
tali fossero considerati – essi dovrebbero essere
assoggettati al principio di scindibilità del disegno e
dell’ornamento dal supporto materiale oggetto della
produzione industriale di massa, alla luce della
legislazione applicabile ratione temporis.
11.5.

Infatti, a seguito dell’intervento della CE (ora UE)

nella materia (con la direttiva n. 98/71/CE), l’Italia, con
il d.lgs. 2 febbraio 2001, n. 95, di attuazione dello
strumento comunitario ha, da un lato, eliminato il criterio
della scindibilità contenuto nell’art. 2, n. 4 LA
(sopprimendo 1’ inciso: « anche se applicate all’industria,
sempreché il loro valore artistico sia scindibile dal
carattere industriale del prodotto al quale sono
associate»)

e, da un altro, inserito nell’elenco delle

opere protette un nuovo numero, il 10, relativo alle «opere
del disegno industriale che presentino di per sé carattere
creativo e valore artistico». Né l’espressione «di per s

»f

17

4
..

contenuta nel menzionato art. 2, n. 10, può essere intesa
come una sorta di nuova introduzione, in diversa forma, del
citato criterio della scindibilità, atteso che in senso del
tutto opposto (ossia, nella direzione dell’eliminazione di

quella posizione, tutta interna alla nostra legislazione
nazionale) era l’orientamento dell’allora legislatore
comunitario (fin dal

«Libro verde sulla tutela giuridica

dei modelli e disegni industriali»,

elaborato dalla

Commissione CE nel 1991, per finire con l’approdo alla
direttiva n. 98/71/CE) teso dare valore all’opera del
design, senza prescindere cioè dal carattere industriale
del prodotto in cui sono incorporate, ma lasciando libero
i ciascuno Stato nazionale di determinare «l’estensione della
protezione e le condizioni alle quali essa è concessa,
compreso il grado di originalità che il disegno o modello
deve possedere».
11.6. Ne deriva la duplice scorrettezza della conclusione a

cui è giunto il giudice di appello, il quale ha valutato le
risultanze in atti alla luce del principio di scindibilità
del disegno ornamentale apposto sui grani del rosario,
sulla base dell’art. 2, n. 4, LA nel testo previgente
(anteriore alla menzionata modifica soppressiva ivi
apportata dal D. Lgs. n. 95 cit.), ed ha concluso, con
giudizio altrettanto lapidario, circa la tutelabilità di
quegli oggetti, in quanto caratterizzati dalla minima
18

,1

creatività e valenza artistica, necessarie a farne oggetto
di privativa (sostanzialmente richiamando il principio
posto da questa Corte con le sentt. nn. 5089 del 2004 e
25173 del 2011), ma senza operare la valutazione di
competenza, ai sensi dell’art. 2, n. 10, LA.

.

11.7.Infatti, alla luce delle menzionate modificazioni
legislative, le creazioni di

design

sono oggetto di una

protezione speciale, tendenzialmente soggetta alla
formalità costitutiva della registrazione, individuata in
un qualcosa di diverso da ciò che può costituire disegno o
modello, secondo un’interpretazione del requisito del
valore artistico come volto a riservare la tutela autorale
ai prodotti di particolare pregio estetico, di facile
riconoscibilità, anche attraverso il ricorso a criteri
indiziari, opportunamente pesati (dal suo riconoscimento in
ambiti critico-specialististici, alla presenza di tratti
sicuramente innovativi, sia sul terreno progettuale che
realizzativo, fino ad una precoce ed attendibile
musealizzazione,ecc.).
11.8.

Resta fermo, tuttavia, che quando la richiesta di

tutela sia stata posta ancor prima che tali riscontri
esterni siano intervenuti, il giudice non può che procedere
al giudizio

ex ante,

più difficile ma non impossibile,

utilizzando – anche in ambito processuale – l’esperienza e

19

.

il sapere specialistico di consulenti idonei a fornirgli
elementi valutativi, dei quali dovrà poi essere data
ragione con il provvedimento giurisdizionale conclusivo del
giudizio.
Può dunque concludersi affermando il seguente

11.9.

principio di diritto, cui dovrà attenersi il giudice del
rinvio, e secondo cui:
in tema di proprietà intellettuale, l’art. 2, n. 10, della
legge n. 633 del 1941 (applicabile

ratione temporís),

a

mente del quale sono comprese nella protezione delle opere
del disegno industriale quelle «che presentino di per sé
carattere creativo e valore artistico», va interpretato nel
senso che i menzionati parametri debbono risultare
riconoscibili, anche attraverso il ricorso a criteri
indiziari, opportunamente pesati (ove presenti), sulla base
di un giudizio

ex ante,

formulato – se del caso

attraverso il ricorso all’esperienza e al sapere
specialistico di consulenti idonei a fornire al giudice
idonei elementi valutativi.
12.

Alla luce di tale conclusione, peraltro, si comprende

anche la fondatezza della censura esposta nel quarto
motivo, come già detto, il requisito della scindibilità del
valore artistico del disegno dal supporto materiale, dopo
!

l’entrata in vigore del D. Lgs. n. 95 del 2001, non è
20

richiesto dalla legge con riferimento agli oggetti
tridimensionali che costituiscono ciò che propriamente
forma l’oggetto del disegno industriale.
13. Il quinto motivo del ricorso non ha pregio, in quanto –

con esso – si tende ad ottenere una esclusione della novità
con riferimento ad un connubio (tra disegno ornamentale ed
oggetto tridimensionale con funzione religiosa) che è stato
considerato come validamente oggetto di registrazione non
già per l’idea in sé di una tale associazione ornamentale
ma per quella particolare caratterizzata da rielaborazione,
ritenuta davvero originale, di disegni ed immagini
religiose di un certo periodo storico.
14. Infondato si rivela anche il sesto mezzo, sia perché
sfociante in una valutazione di merito sull’apprezzamento
di diversità tra quanto realizzato dalla concorrente
Ghirelli e quanto formante oggetto dell’anteriorità Maggi,
operato dal giudice della fase di merito, sia in quanto in riferimento alla sussistenza dell’anteriorità, la cui
dimostrazione è stata ritenuta inefficace dal giudice
distrettuale – non è stato neppure specificato il tenore
del capitolo di prova del quale si lamenta la mancata
ammissione.
15. Risulta inammissibile il settimo motivo perché, pur
tenuto conto della complessità dell’allegazione e della
21

conseguente richiesta di ammissione ed esame di prova a
confutazione di quanto richiesto, la sintetica motivazione
posta a fondamento della decisione

(«forma e volume

inusuall, atti a differenziarli dagli oggetti solitamente

e/o di altri

in commercio»; «particolare combinazione di linee e colori
elementi») non specificamente contestata,

rende del tutto inammissibile la doglianza.
16.

L’ottavo motivo, invece, è fondato e deve essere

accolto.
16.1.

La concorrenza sleale parassitaria consiste in un

continuo e sistematico operare, da parte di un
imprenditore, sulle orme dell’imprenditore concorrente,
attraverso l’imitazione di rilevanti iniziative
imprenditoriali di quest’ultimo, e quindi non solo dei
prodotti tutelati, compiute in tempi più o meno
ravvicinati.
16.2.

La Corte territoriale, pur richiamando alcuni di

questi elementi, tuttavia, non ha spiegato se essi abbiano
integrato o meno il comportamento della società

LAL srl,

sia con riferimento alla quasi totalità dei prodotti
imitati, sia con riferimento all’esistenza anche di altre
attività imprenditoriali copiate, di modo che si possa dire
che il procedere imprenditoriale dei Ghirelli sia stato
sistematicamente plagiato sia nei prodotti commerciati cjie
22

nelle attività imprenditoriali poste in essere, con una
certa sistematicità.
16.3. E tale perplessità è ulteriormente accresciuta dal
fatto che il giudice distrettuale abbia escluso (a p. 22

della motivazione) l’imitazione servile dei prodotti
Ghirelli da parte della concorrente (e odierna ricorrente)
senza chiarire quale sia stato il quid pluris, rispetto al
suo comportamento imitativo, atteso che se si afferma (come
è avvenuto nella specie) che il mero fatto della
contraffazione non induce in inganno la clientela è davvero
difficile o problematico individuare il danno del
concorrente, ciò che dovrebbe condurre ad escludere
l’applicabilità della norma invocata (l’art. 2598 n. 3
c.c.).
16.4. Una volta chiarito l’ambito della concorrenza
parassitaria, il giudice del rinvio dovrà riesaminare le
emergenze processuali alla luce del principio di diritto
secondo cui:
la concorrenza sleale parassitaria, ricompresa fra le
ipotesi previste dall’art. 2598, n. 3, c. c , che riguarda
comportamenti idonei a danneggiare l’altrui azienda con
ogni «altro» mezzo non conforme ai principi della
correttezza professionale, si riferisce a mezzi diversi e
:

distinti da quelli relativi ai casi tipici di cui ai

a

23

-

precedenti nn. 1 e 2, onde ove si sia correttamente escluso

nell’elemento dell’imitazione servile dei prodotti altrui
il centro dell’attività imitativa (requisito pertinente
solo alla fattispecie di concorrenza sleale prevista dal n.

l dello stesso art. 2598) devesi indicare quali siano state
le attività del concorrente sistematicamente e durevolmente
plagiate, con l’adozione e lo sfruttamento, più o meno
integrale ed immediato, di ogni sua iniziativa, studio o
ricerca, contraria alle regole della correttezza
professionale.

,

17. Il gono e ultimo mezzo è inammissibile, perché privo di
autosufficienza. Non dice, infatti, né come, ne dove e

quando tali domande sia state proposte e come esse siano
state articolate nella fase di merito.
18. In conclusione, il ricorso è fondato in relazione ai
motivi secondo, terzo, quarto ed ottavo ( disattesi i
restanti), rispetto ai quali la sentenza deve essere
cassata con il conseguente rinvio della causa per il suo
nuovo esame, condotto in base ai principi come sopra
affermati, oltre che per il governo delle spese di questa
fase.
PQM

Accoglie il secondo, terzo, quarto ed ottavo motivo del
t

.

ricorso, respinti i restanti, cassa la sentenza impugnata
24

in relazione ai motivi accolti e rinvia la causa, anche per
le spese di questa fase, alla Corte d’Appello di Venezia,
in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della la

sezione civile della Corte di cassazione, il 7 ottobre

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