Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22111 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 31/10/2016, (ud. 14/09/2016, dep. 31/10/2016), n.22111

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHIRO’ Stefano – Presidente –

Dott. CIRILLO Ettore – Consigliere –

Dott. NAPOLITANO Lucio – rel. Consigliere –

Dott. FEDERICO Guido – Consigliere –

Dott. VELLA Paola – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 17887/2015 proposto da:

ASTA MOBILI SRL, in persona del suo legale rappresentante pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIALE DEL VIGNOLA 5,

presso lo studio dell’avvocato LIVIA RANUZZI, che la rappresenta e

difende unitamente all’avvocato STEFANO LOVERI, giusta procura in

calce al ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI LECCE, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA VIA DELLA SCROFA 64, presso lo studio

dell’avvocato FRANCESCO BALDASSARRE, rappresentato e difeso

dall’avvocato LAURA ASTUTO, giusta procura in calce al

controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2512/24/2014 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE DI BARI SEZIONE DISTACCATA di LECCE, emessa il 19/11/2014

e depositata il 03/12/2014;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del

14/09/2016 dal Consigliere Relatore Dott. LUCIO NAPOLITANO.

Fatto

FATTO E DIRITTO

La Corte, costituito il contraddittorio camerale sulla relazione prevista dall’art. 380 bis c.p.c., osserva quanto segue:

Con sentenza n. 2512/24/14, depositata il 3 dicembre 2014, non notificata, la CTR della Puglia – sezione staccata di Lecce – ha respinto l’appello proposta dalla società Asta Mobili S.r.l. nei confronti del Comune di Lecce per la riforma della sentenza della CTP di Lecce, che aveva rigettato il ricorso proposto dalla contribuente avverso avviso di accertamento ICI relativo all’anno (OMISSIS).

La sentenza della CTR ha confermato in toto la decisione di primo grado, che aveva ritenuto legittimo il calcolo dell’imposta dovuta in forza di rendita catastale la cui attribuzione era in atti dal (OMISSIS), sebbene non notificata, ed il calcolo delle sanzioni da conteggiare sul 100% dell’imposta dovuta e non sulla differenza tra il dovuto ed il versato.

Avverso detta pronuncia la contribuente ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, cui resiste con controricorso il Comune.

Con il primo motivo la ricorrente denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 342 del 2000, art. 74, in relazione all’art. 360 c.p.c., n. 3, quale richiamato dal D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 62, comma 1, nella parte in cui la decisione impugnata ha confermato la legittimità del calcolo dell’ICI sulla base della rendita catastale non notificata.

Il motivo è manifestamente infondato.

La CTP, con accertamento di fatto confermato dal giudice d’appello, ha rilevato che l’immobile in relazione al quale è stato notificato l’avviso di accertamento impugnato risulta iscritto in catasto nella piena proprietà di Grossitalia S.r.l. – cui è poi succeduta, in sede di fusione per incorporazione, Asta Mobili S.r.l. – dal (OMISSIS) e, dal (OMISSIS), con attribuzione della rendita di Euro 34.984,64.

Orbene questa Corte ha affermato il principio che in tema di ICI (imposta comunale sugli immobili), “solo a decorrere dal 1 gennaio 2000 gli atti di attribuzione o di modifica della rendita catastale sono efficaci dal giorno della loro notificazione, giacchè per gli atti comportanti attribuzione di rendita adottati entro il 31 dicembre 1999, ancor quando successivamente notificati, il Comune può legittimamente richiedere l’ICI dovuta in base al classamento, che ha effetto dalla data di adozione e non da quella della notificazione, non potendo trovare applicazione la L. 21 novembre 2000, n. 342, art. 74, comma 1, concernente la diversa ipotesi in cui l’attribuzione della rendita catastale sia stata non solo notificata, ma anche effettuata dopo il 1 gennaio 2000” (Cass. sez. 5, 20 marzo 2015, n. 5623; Cass. sez. 5, 29 aprile 2005, n. 8932).

Inconferente risulta, pertanto, il richiamo da parte della ricorrente a Cass. sez. unite n. 3160 del 9 febbraio 2011, riguardo al principio ivi affermato sulle condizioni per l’applicazione retroattiva ad annualità suscettibili di accertamento e/o liquidazione o rimborso della rendita catastale, purchè notificata, nell’ambito quindi pur sempre dell’applicazione del disposto della citata L. n. 342 del 2000, art. 74, comma 1, viceversa da escludere nella fattispecie in esame alla luce del dato fattuale quale rilevato dal giudice di merito tanto di primo grado, quanto d’appello; laddove, proprio secondo quanto affermato dalla stessa pronuncia, l’intervenuto accatastamento dell’immobile classificabile nel gruppo D ne comporta l’assoggettamento al sistema generale della rendita catastale, con la conseguenza che la contribuente può essere tenuta a pagare, a seguito d’accertamento, una somma maggiore a titolo di ICI ove abbia continuato ad applicare in via precaria il metodo contabile.

Del pari è infondato il secondo motivo, con il quale la società ricorrente deduce la nullità della sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4 e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 62, comma 1.

Nel confermare integralmente la decisione di primo grado, la pronuncia della CTR ha quindi espressamente pronunciato, disattendendolo, sul motivo d’appello, con il quale la società aveva espressamente riproposto il motivo, rigettato dalla CTP, relativo al mancato scomputo dall’imposta dovuta di quanto già versato, confermando altresì la legittimità del calcolo delle sanzioni sul 100% dell’imposta dovuta e non sulla differenza tra il dovuto ed il versato.

Infine è inammissibile il terzo motivo, nell’ambito del quale la società ricorrente cumula una pluralità di diverse censure per diverse ipotesi di violazione e falsa applicazione di norme di diritto, il richiamo ad alcune delle quali (artt. 1218, 1223, 2043 e 2056 c.c.) risulta oggettivamente incomprensibile con riferimento alla fattispecie in esame. Quanto alla dedotta violazione dell’art. 112 c.p.c., richiamato quanto già esposto nell’ambito della disamina del motivo precedente, è sufficiente rilevare che l’eventuale vizio, che l’illustrazione del motivo non esplicita in alcun modo, avrebbe dovuto essere fatto valere in relazione al paradigma dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4.

Inammissibile è anche il motivo, relativamente alla denuncia della violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non essendo in discussione nella fattispecie in esame l’erronea ricognizione della fattispecie astratta (cfr., tra le altre, Cass. sez. lav. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. sez. 5, 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. sez. 6-5, ord. 14 maggio 2013, n. 11506), ma la valutazione da parte del giudice di merito circa le conseguenze della rilevata messa in atti della rendita catastale sin dal (OMISSIS).

Infine è inammissibile anche la censura per vizio di motivazione, per insufficienza o contraddittorietà della motivazione stessa, che attiene alla formulazione previgente dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, non applicabile alla fattispecie in esame, trattandosi di ricorso per cassazione avverso sentenza pubblicata il 3 dicembre 2014.

Per completezza va infine rilevato che in ogni caso, nella fattispecie in esame, ricorrendo l’ipotesi della c.d. doppia conforme, è preclusa l’impugnazione della sentenza della CTR anche ai sensi del nuovo art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, secondo quanto previsto dall’art. 348 ter c.p.c., u.c., applicabile anche alle sentenze pronunciate in grado d’appello dalle commissione tributarie regionali (cfr. Cass. sez. unite 7 aprile 2014, n. 8053 e 8054).

Il ricorso va pertanto rigettato per manifesta infondatezza.

Le spese del presente giudizio di legittimità seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo. Ricorrono i presupposti di legge, come indicato in dispositivo, per il raddoppio del contributo unificato a carico della ricorrente.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente alla rifusione in favore del Comune controricorrente delle spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 200,00 per esborsi ed in Euro 2300,00 per compenso, oltre rimborso spese forfettarie ed accessori, se dovuti.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 14 settembre 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016

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