Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22106 del 31/10/2016


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Cassazione civile sez. VI, 31/10/2016, (ud. 06/07/2016, dep. 31/10/2016), n.22106

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. IACOBELLIS Marcello – Presidente –

Dott. IOFRIDA Giulia – Consigliere –

Dott. CRUCITTI Roberta – Consigliere –

Dott. PERRINO Angelina Maria – Consigliere –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 2744-2015 proposto da:

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– ricorrente –

contro

IMMOBILIARE NI. MAS. DI N.R. & C. SAS, in persona del

legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 19, presso lo studio dell’avvocato LUCILLA LENTI,

rappresentata e difesa dall’avvocato PAOLO SPATARO giusta procura

speciale a margine del controricorso e ricorso incidentale;

– controricorrente e ricorrente incidentale –

e contro

– intimati –

avverso la sentenza n. 155/28/2013 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE, di MILANO del 27/09/2013, depositata il 03/12/2013;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

06/07/2016 dal Consigliere Relatore Dott. ROBERTO GIOVANNI CONTI.

Fatto

IN FATTO E IN DIRITTO

L’Ufficio fiscale notificava alla società Immobiliare Ni.Mas. di N.R. e c un avviso di accertamento relativo alla ripresa a tassazione di un credito d’imposta IVA indebitamente detratto per l’anno (OMISSIS). La società contribuente impugnava l’atto innanzi al giudice di primo grado che annullava l’accertamento. La CTR della Lombardia dichiarava inammissibile l’appello proposto dall’Agenzia delle entrate.

La sentenza di appello veniva annullata con rinvio da questa Corte con ordinanza n. 19670/2012. Il giudizio veniva quindi riassunto innanzi alla CTR della Lombardia che, con la sentenza in epigrafe, rigettava l’appello dell’ufficio.

L’Agenzia delle entrate propone ricorso per cassazione affidato ad un unico motivo con il quale deduce la nullità della sentenza in ragione dell’esistenza di una motivazione apparente, scollegata dai fatti di causa, non riproduttiva degli elementi logico giuridici sui quali si era fondata la decisione.

La Immobiliare NI.MAS. di N.R. C. s.a.s. si è costituita con controricorso e ricorso incidentale condizionato, affidato ad un unico motivo.

Il ricorso principale è certamente ammissibile ancorchè non contenga l’integrale trascrizione degli atti indicati dalla controricorrente, cogliendosi dal suo complessivo tenore la sintetica indicazione degli atti sui quali si fondava la pretesa fiscale dell’Ufficio. Nè coglie nel segno la dedotta compresenza, nella censura, di vizi di motivazione e di violazione di legge, appuntandosi il motivo sulla prospettata nullità della sentenza per assenza di motivazione.

Ciò posto, il ricorso principale è manifestamente fondato.

Palese risulta, infatti, la discrasia fra l’oggetto della lite riportato dalla stessa parte contribuente in atto di riassunzione- credito d’imposta indebitamente utilizzato dalla parte contribuente per l’importo relativo ad oltre Euro 130.000,00 – con l’aggiunta di sanzioni di importo pari ad Euro 165.265,00 – per l’anno (OMISSIS) (v. pag. 8 ricorso per cassazione) e quanto indicato nella motivazione della sentenza qui impugnata – ripresa a tassazione di Lire 4.653.000 ritenuto inesistente dall’Ufficio – alla quale si aggiunge una motivazione non intelligibile nella parte in cui fa riferimento ad un onere dell’ufficio di produrre delle dichiarazioni dei redditi risalenti ed al conseguente rigetto dell’appello in ragione della mancata produzione di tali atti.

E’ infatti arduo comprendere, in assenza dell’esposizione anche succinta dei motivi di appello, il filo logico che ha indotto la CTR a disattendere l’impugnazione, mancando nella sentenza qualunque riferimento agli elementi di fatto – credito di imposta di ingente importo – e di diritto sui quali la CTR era stata chiamata a statuire.

In questo senso, si è ritenuto da questa Corte che la concisa esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa non costituisce un elemento meramente formale, bensì un requisito da apprezzarsi esclusivamente in funzione dell’intelligibilità della decisione e della comprensione delle ragioni poste a suo fondamento, la cui assenza configura motivo di nullità della sentenza quando non sia possibile individuare gli elementi di fatto considerati o presupposti nella decisione – cfr. Cass. n. 920/2015; Cass. n. 22845/2010-. Principi che appaiono pertinenti rispetto al caso di specie, rilevandosi un’evidente discrasia fra l’oggetto dell’originaria pretesa (almeno per come risultante da un atto di parte, posto che non risulta alcunchè nella sentenza impugnata) e la motivazione della sentenza impugnata.

L’unico motivo di ricorso incidentale proposto dalla società contribuente, fondato sulla dedotta violazione del D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 22 e 53 è manifestamente infondato.

La CTR, nel ritenere ammissibile l’appello mancante dell’attestazione di conformità e di una pagina, ha fatto corretta applicazione dei principi secondo i quali, per un verso, la mancata attestazione di conformità non integra ex se vizio di inammissibilità dell’appello ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3 – Cass. n. 11760 del 26/05/2014; Cass. n. 6780/2009 -, dovendosi le previsioni d’inammissibilità del ricorso di cui al D.Lgs. n. 546 del 1992, artt. 18 e 22, per il loro rigore essere interpretate in senso restrittivo, limitandone il campo di operatività ai soli casi nei quali il rigore estremo è davvero giustificato, in conformità con quanto ritenuto dalla Corte costituzionale – cfr. Cass. n. 27494/2014 -.

Per altro verso, si è ritenuto che in tema di contenzioso tributario, qualora l’atto di appello sia stato notificato in una copia mancante di una o più pagine, non va dichiarata automaticamente l’inammissibilità dell’impugnazione, in virtù della disposizione del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 22, comma 3, (esplicitamente richiamata, quanto all’appello, dall’art. 53, comma 2 del medesimo D.Lgs.), in quanto tale ipotesi integra una mera incompletezza materiale e non quella sostanziale difformità di contenuto sanzionata con l’inammissibilità, pur dovendo il giudice accertare, in concreto, se la suddetta mancanza abbia effettivamente impedito al destinatario della notifica la completa comprensione dell’atto e, quindi, leso il suo diritto di difesa, con la conseguenza che non può dichiararsi l’inammissibilità se le pagine omesse risultino irrilevanti al fine di comprendere il tenore dell’impugnazione, ovvero quando l’atto di costituzione dell’appellato contenga, comunque, una puntuale replica ai motivi di gravame contenuti nell’atto notificato. -cfr. Cass. n. 8138/2011, Cass. n. 25504/2011-.

Orbene, a tali principi si è pienamente conformato il giudice del rinvio.

Sulla base di tali considerazioni, il ricorso incidentale va rigettato mentre deve essere accolto il ricorso principale.

La sentenza impugnata va pertanto cassata con ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, visti gli artt. 375 e 380 bis c.p.c..

Accoglie il ricorso principale, rigettando quello incidentale.

Cassa la sentenza impugnata e rinvia ad altra sezione della CTR della Lombardia anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.

Dà atto, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente incidentale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso incidentale a norma del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, commi 1 bis e 1 quater.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio, il 6 luglio 2016.

Depositato in Cancelleria il 31 ottobre 2016.

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