Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22101 del 29/10/2015


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 22101 Anno 2015
Presidente: BUCCIANTE ETTORE
Relatore: NUZZO LAURENZA

SENTENZA

sul ricorso 1536-2011 proposto da:
POMPA

VINCENZO

PMPVCN58E05D643Z,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA G.PISANELLI 2, presso il suo
studio, rappresentato e difeso da ex lege art.86 cpc;
– ricorrente contro
2015

PROCEDURA FALLIMENTARE

N

3440 ENTE COMUNALE CONSUMO ,
GU-k

.0″4-1 ‘’fh.

1813

et,1-1,1tACYVL. 4041″

GROSSETO SPAb0080530538, elettivamente domiciliato in
ROMA, VIA DELLE MILIZIE

N.I, presso lo studio

dell’avvocato ROSA MATTIA, rappresentato e difeso
dall’avvocato LUISELLA SIMONETTI;

Data pubblicazione: 29/10/2015

..

– controricorrente

avverso l’ordinanza del TRIBUNALE di GROSSETO,
depositata il 26/10/2010;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 10/09/2015 dal Consigliere Dott. LAURENZA

udito

l’Avvocato Giovanni

SALONIA,

con delega

depositata in udienza dell’avvocato POMPA Vincenzo,
difensore ex lege art.86 cpc, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;
udito l’Avvocato MATTIA Rosa, con delega depositata in
udienza dell’avvocato SIMONETTI Luisella, difensore
del resistente che ha chiesto il rigetto del ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
o

,

Generale Dott. CARMELO SGROI che ha concluso per il
rigetto del ricorso.

NUZZO;

Svolgimento del processo
Con ricorso ex art. 360 u.co. e 111 Cost.,l’Avv. Vincenzo Pompa, in proprio, ai sensi dell’art. 86 c.p.c., propone ricorso per cassazione avverso l’ordinanza depositata

il 26.10.2010 con cui il Tribunale di Grosseto aveva
accolto in parte il reclamo, ex art. 26 L. F., proposto
da esso ricorrente , in relazione al decreto di liquidazione 6.7.2010, emesso in suo favore dal G.D. per l’attività
svolta quale legale della curatela, nell’ambito della procedura del Fallimento dell’Ente Comunale di Consumo
di Grosseto s.p.a.
Con detta ordinanza il Tribunale, in parziale modifica
del decreto impugnato, liquidava al reclamante, per la
procedura di cui alla causa 346/2004, l’importo ulteriore
di C 1.317,00, detratto dal compenso complessivamente
dovuto l’importo di C 2.451,00, già corrisposto a titolo di
acconto;confermava il decreto impugnato quanto
all’importo liquidato nella procedura di cui alla causa n.
321/03 e dichiarava interamente compensate fra le parti
le spese della procedura.
Osservava il Tribunale adito che, quanto alla causa n.
321/03 ,definita con la pronuncia 88/10 che aveva respinto la domanda revocatoria promossa per conto del
fallimento, non poteva non tenersi conto, ai fini della determinazione del compenso, delle statuizioni della sen-

1

iP’

tenza

“con

cui

si

evidenziava

l’errore

nell’individuazione der ipetitum pi per essere stata richiesta
la revoca dei contratti anziché dei relativi pagamenti effettuati”; che l’importo liquidato dal G.D., sulla base

della relazione redatta dal curatore del fallimento, era
adeguata all’entità e qualità dell’attività professionale
svolta;
con riferimento alla causa 346/04, definita con sentenza
75/09, la determinazione delle tariffe “risultante
dall’impugnato decreto e dal richiamato parere del curatore” appariva correttamente rapportato al valore della
causa ed occorreva detrarre dall’importo dovuto al difensore unicamente l’acconto di E 2.451,00;
che le attività stragiudiziali rimanevano assorbite dalle
prestazioni giudiziali principali in quanto ad esse stramentali, in difetto di contraria documentazione.
Avverso tale decisione l’avv. Pompa ha formulato cinque motivi.
Resiste con controricorso Stefano Rossi, quale curatore
del Fallimento n. 3440- Ente Comunale di Consumo di
Grosseto s.p.a.
Motiyi della decisione
Il ricorrente deduce:
1)omessa motivazione sul rigetto del reclamo, nella parte
in cui era stato applicato, ai sensi dell’art: 5 del D.M.

049
2

n. 127/2004, lo scaglione di valore indeterminabile anziché quello compreso tra E 516.500 ed C 1.549.400,00
(come richiesto dal legale), ai fini della individuazione

re nei confronti della coop. Etruria e del Comune di
Grosseto, riducendo, di conseguenza, il compenso professionale dovuto all’avv. Pompa; il giudice del reclamo aveva motivato la determinazione del valore della
controversia

con riferimento

alla domanda, a norma

del codice di procedura eivile,limitandosi ad affermare
la congruità degli onorari liquidati dal G.D. con riguardo
solo alla entità e qualità dell’attività professionale svolta, considerato il parere del curatore fallimentare;
2)contraddittorietà della motivazione nella parte in cui
era stato confermato il minor compenso liquidato al legale del fallimento in detta controversia (321/03, definita con pronuncia 88/10) in adesione, da una parte,a1 parere espresso dal curatore fallimentare sulla base del criterio del valore della domanda giudiziale e,dall’altra, in
base dell’esito sfavorevole del giudizio promosso dal legale stesso,non tenendo conto che il curatore “aveva ritenuto inadeguato lo scaglione e non già il compenso”;
3)motivazione

apparente

sulla

entità

e

qualità

dell’attività professionale svolta dall’avv. Pompa senza
alcuna valutazione del parere scritto da questi redatto

3

del valore della causa promossa dalla curatela fallimenta-

..

sull’opportunità di proporre appello avverso la sentenza
n. 88/2010 ed in assenza di un sufficiente relazione logica tra la soccombenza della curatela e la modalità di-

ronea o negligente attività professionale”;
4)motivazione apparente sull’applicabilità dei valori minimi dello scaglione compreso tra C 5.200,00 ed E
25.900,00, invece di quelli richiesti dal legale, per il
giudizio R.G. 364/04 contro Guicciardini Corsi Salviati,
definito con sentenza 795/2009 in favore della procedura
fallimentare; il Tribunale di Grosseto si era limitato ad
aderire acriticamente al parere del curatore, non considerando che l’avv. Pompa aveva chiesto la commisurazione dei propri compensi allo scaglione di grado superiore;
5)motivazione apparente

sul

rigetto dell’istanza di

compenso per l’attività stragiudiziale svolta in favore
della curatela fallimentare; il G.D. ed il Tribunale in sede di reclamo avevano omesso di esaminare i documenti
da cui risultava lo svolgimento di attività stragiudiziale,
quale il parere reso in merito all’opportunità di proporre appello avverso detta sentenza in cui la curatela failimentare . era rimasta soccombente e che non poteva ritenersi compresa nell’attività svolta nel primo grado di
giudizio.
,

4

fensive ai fini della “dimostrazione probatoria di una er-

Il ricorso è privo di fondamento.
I primi due motivi, da esaminarsi congiuntamente in
quanto connessi, non sono correlati alle ragioni della

splicito riferimento al parere del curatore fallimentare e
si è uniformato al criterio di diritto risultante dal cit.
art. 5 e 6 della tariffa recepita nel D.M. 127/2004 A) e,
dunque, al criterio di effettività e proporzionalità del
compenso all’opera professionale, sotteso a tali disposizioni e riconosciuto conforme al diritto ( Cfr. S.U. n.
19014/2007) in relazione al “decisum” e, nella specie,
all’esito sfavorevole della causa(321/03) per la errata
impostazione della revocatoria fallimentare in termini
di ” contratto” e non di “pagamento”.

;

Sul risultato sfavorevole di detta causa, apprezzato fra
l’altro dal giudice di merito, al di là della relazione del
curatore fallimentare, il ricorso nulla obietta sicché le
doglianze in esame vanno disattese.
Va aggiunto che il parere del curatore consiste in una
mera dichiarazione di scienza senza alcun valore certificatorio, spettando al giudice che ha provveuto alla nomina ogni accertamento della prestazione svolta
dall’incaricato oltre che dei risultati ; ne consegue che
rispetto a detto parere, non è sindacabile sia il decreto
del giudice delegato, sia il provvedimento del Tribunale
f

5

decisione, laddove il Tribunale del reclamo ha fatto e-

,

fallimentare, adito dall’incaricato in sede di reclamo ex
art. 26 legge fall.( CaSS.N. 2004/2008).
La terza doglianza è infondata in quanto attiene al rilievo insuperabile ed obiettivo dell’esito sfavorevole di

detto giudizio, la cui impugnabilità non è stata coltivata.
Il quarto motivo attinente alla causa n. R.G.346/04, definita con esito favorevole,oltre a rivestire carattere di
merito, è infondato, posto che i valori applicati non sono attestati sui minimi e perché lo scaglione di riferimento, secondo la domanda, è quello rapportato allo scaglione fino ad C 25.900,00, anche computando gli accessori.
Il quinto motivo è del tutto infondato avendo il provvei

dimento impugnato dato conto, con congrua motivazione,
dell’attività strettamente connessa alla causa, strumentale all’attività giudiziale e non scindibile dalla stessa, in
difetto di adeguata documentazione. Trattasi di motivazione aderente alla giurisprudenza di questa Corte che,
in materia, ha affermato il principio secondo cui il professionista che ha prestato attività giudiziale, può aver
diritto ad un distinto compenso per prestazioni stragiudiziali (ai sensi dell’art. 2 della tariffa stragiudiziale)
solo ove tali prestazioni non siano connesse e complementari con quello giudiziali, mentre ove sussista tale
connessione, gli compete solo il compenso per

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• -2

l’assistenza

giudiziale(Cass.

n.

14443/08;

S.U.

n.

17357/09).
Il ricorso, per quanto osservato, va rigettato.

spese processuali liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che si liquidano in C
3.200,00 di cui € 200,00 per esborsi oltre accessori di
legge.
Così deciso in Roma il 10.9.2015

Consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle

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