Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22101 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. II, 25/10/2011, (ud. 30/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22101

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRIOLA Roberto Michele – Presidente –

Dott. GOLDONI Umberto – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MAZZACANE Vincenzo – Consigliere –

Dott. SAN GIORGIO Maria Rosaria – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso 3442-2006 proposto da:

AGESEP SPA P.I. (OMISSIS) IN PERSONA DEL SUO CONSIGLIERE DELEGATO

DOTT. B.G., elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

BAIAMONTI 2, presso lo studio dell’avvocato ARROTTA CARLO,

rappresentata e difesa dall’avvocato BENINATI GAETANO;

-ricorrente –

contro

B.R., M.S., M.E.;

– intimati –

avverso la sentenza n. 1130/2005 della CORTE D’APPELLO di PALERMO,

depositata il 28/09/2005;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

30/09/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

PATRONE Ignazio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con atto di citazione notificato il 10.9.1997 E.M. e M.S. convenivano in giudizio la AGESP s.p.a.

esponendo: avevano acquistato da B.R., con atto del 5.7.83, un villino realizzato in (OMISSIS) da detta società; nell’estate 1987 si erano manifestate nell’immobile gravi lesioni ed avendo la AGESP s.p.a. provveduto, nella primavera 91, a creare una sottofondazione a valle del villino, avevano abbandonato il giudizio instaurato per detti vizi costruttivi con cancellazione della causa dal ruolo in data 10.1.1995; nell’estate del 97 erano, tuttavia, comparse nel villino lesioni ancor più gravi e dissesti nella pavimentazione e, pertanto, convenivano, di nuovo, in giudizio la società AGESP chiedendone la condanna alla esecuzione delle opere di bonifica, ex artt. 1669 e 2966 c.c.. Il G.I. disponeva la rinnovazione della notifica della citazione eseguita il 2.1.98 e l’integrazione del contraddittorio nei confronti della B. che, costituitasi, chiedeva di essere autorizzata a chiamare in garanzia l’AGESP. Con sentenza del 24.6.2002 il Tribunale di Trapani, ritenuta prescritta, ex art. 1490 c.c.. l’azione esercitata nei confronti della B., condannava la società AGESP al risarcimento dei danni, per i gravi dissesti dell’immobile accertati mediante C.T.U., nella misura di L. 25.000.000 oltre rivalutazione monetaria ed interessi.

Tale sentenza era appellata dalla AGESP e confermata, dalla Corte di Appello di Palermo con sentenza 10.6.2005. Rilevava la Corte di merito che la B. aveva notificato alla soc. AGESP la citazione per chiamata in garanzia nel termine a comparire di 60 gg.e che la società stessa non aveva eliminato i gravi difetti dell’immobile costruito ed, anzi, li aveva aggravati sicchè, ai sensi dell’art. 1669 c.c. era responsabile anche delle opere realizzate per eliminare i vizi costruttivi, con applicazione di un nuovo termine di prescrizione decennale decorrente dalla ultimazione di dette opere. Avverso quest’ultima decisione propone ricorso per cassazione la AGESP sulla base di due motivi di ricorso. Gli intimati non hanno svolto alcuna attività difensiva.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

La società ricorrente deduce:

1) violazione e falsa applicazione degli artt. 163 bis e 164 c.p.c. anche in relazione all’art. 159 c.p.c.; erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto sanata la nullità della citazione di primo grado, per avere la B., convenuta ed intervenuta in giudizio “iussu iudicis”, quale litisconsorte necessaria, notificato all’AGESP la citazione nel rispetto dei termini a comparire; la sanzione della nullità della citazione, prevista dall’art. 164 c.p.c., comma 1, per l’ipotesi di assegnazione di un termine a comparire inferiore a quello di legge, doveva, invece, ritenersi estesa, ex art. 159 c.p.c., agli atti successivi e travolgeva l’intero giudizio, atteso lo stretto collegamento tra la citazione effettata dagli attori e quella proveniente dalla B.;

2) violazione e falsa applicazione dell’art. 1669 c.c. nonchè omessa ed insufficiente motivazione circa un punto decisivo della controversia, laddove la Corte di merito, considerato validamente instaurato il contraddittorio nei confronti dell’AGESP, aveva proceduto all’esame del merito, disattendendo le censure mosse dall’appellante alla sentenza di primo grado; in particolare, i giudici di appello avevano ritenuto che i lavori di ripristino e riparazione effettuati dall’AGESP, nel 1991, rientrassero nel concetto di “costruzione” o “ricostruzione” con conseguente applicabilità della prescrizione decennale prevista dall’art. 1669 c.c. in luogo di quella biennale ex art. 1667 c.c.; tale giudizio era stato, peraltro, fondato acriticamente sulle conclusioni del C.T.U. Ing. I. che già si era espresso quale C.T.U. nel primo giudizio poi abbandonato, circostanza che avrebbe consentito alla ricorrente di ricusare il consulente stesso, ai sensi dell’art. 51 n. 4 c.p.c..

Rileva, preliminarmente, il Collegio:

dall’intestazione del ricorso risulta che la AGESP s.p.a. agisce in giudizio “in persona del suo consigliere delegato Dott. B. G.”, tramite, cioè, un soggetto che può rappresentare la società processualmente nei rapporti esterni, con effetti vincolanti per la società, solo ove sussista, in tal senso, una specifica attribuzione statutaria oppure un conferimento negoziale da parte dell’organo amministrativo.

Detta persona fisica aveva, quindi, l’onere di allegare la sua qualità di legale rappresentante della società, onere non adempiuto, in difetto di ogni specificazione sul potere del consigliere delegato di rappresentare la società; Nè tale onere può ritenersi implicitamente adempiuto se non quando si deduca di ricoprire la qualità di organo amministrativo della società, trattandosi, in tal caso, di veste astrattamente idonea a rappresentare in giudizio la persona giuridica.

Secondo la giurisprudenza della S.C., in tema di rappresentanza processuale delle persone giuridiche, sussiste, peraltro, il dovere del giudice di accertare, anche d’ufficio, la legittimazione processuale delle parti sicchè egli è tenuto a verificare se il soggetto che ha dichiarato di agire o contraddire in nome e per conto dell’ente abbia anche dichiarato di far ciò in una veste astrattamente idonea, per legge o per espressa disposizione statutaria, ad abilitarlo alla rappresentanza processuale dello stesso ente (Cfr. Cass. n. 24298/2006; n. 22783/2006).

Nel caso di specie nessuna allegazione al riguardo è stata effettuata sicchè la società ricorrente non può ritenersi legittimamente rappresentata in giudizio dal consigliere delegato. In difetto della valida costituzione del rapporto processuale, il ricorso deve, pertanto, dichiararsi inammissibile.

Nessuna pronuncia sulle spese non avendo gli intimati svolto attività difensiva.

P.Q.M.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Nulla per le spese.

Così deciso in Roma, il 30 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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