Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22100 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. trib., 22/09/2017, (ud. 08/03/2017, dep.22/09/2017),  n. 22100

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BIELLI Stefano – Presidente –

Dott. BRUSCHETTA Ernestino Luigi – Consigliere –

Dott. CAIAZZO Luigi – rel. Consigliere –

Dott. FUOCHI TINARELLI Giuseppe – Consigliere –

Dott. TEDESCO Giuseppe – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 7518/14, proposto da:

F.F.; F.A.; F.M., tutti nella

qualità di eredi di Fo.Fr.; P.M., in

proprio e quale erede di Fo.Fr.; tutti elett.te domic.

in Roma, alla via M. Dionigi n. 29, presso l’avv. Marina Milli, che

li rappres. e difende unitamente agli avv.ti Alberto Marcheselli e

Stefano Salardi, con procura speciale in calce al ricorso;

– ricorrenti –

contro

Agenzia delle entrate, elett.te domic. in Roma, alla via dei

Portoghesi n. 12, presso l’avvocatura dello Stato che la rappres. e

difende;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 20546 del 27.6.2013 della Corte Suprema di

Cassazione, depositata il 6/9/2013;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza

dell’8/3/2017 dal Consigliere Dott. Caiazzo Rosario;

udito il difensore della parte ricorrente, avv. A. Marcheselli;

udito il difensore della parte controricorrente, E. De Bonis;

udito il P.M. in persona del sostituto procuratore generale Dott.ssa

Zeno Immacolata, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso

per sopravvenuta carenza di interesse; in subordine, per

l’accoglimento dei primi due motivi.

Fatto

FATTI DI CAUSA

F., A. e F.M., nella qualità di eredi di Fo.Fr., nonchè P.M., in proprio e quale erede di Fo.Fr., hanno proposto ricorso per revocazione avverso la sentenza n. 20546 emessa dalla Corte di Cassazione, in data 27.6.2013, esponendo: di aver impugnato un avviso d’accertamento relativo alla plusvalenza afferente alla cessione di una azienda di farmacia; che la Ctp di Modena, dato atto della rinuncia a parte della pretesa fiscale (per circa 300 milioni di Lire), accolse il ricorso, escludendo la plusvalenza e ritenendo la sussistenza di una rendita vitalizia di ammontare incerto e non determinabile; che la Ctr confermò la sentenza di primo grado; che la Corte Suprema, con sentenza del 13.9.2016, su ricorso dell’Agenzia delle entrate, cassò la sentenza della Ctr, assumendo che il corrispettivo della cessione aziendale fosse determinabile, anche se corrisposto nella forma della rendita vitalizia, attraverso il criterio della capitalizzazione della rendita, al tasso previsto dalle tabelle attuariali, con conseguente determinabilità della plusvalenza; che la stessa Corte, decidendo nel merito, rigettò il ricorso originario.

Premesso ciò, i ricorrenti- i quali hanno anche depositato successiva memoria – hanno lamentato che la suddetta sentenza della Corte di Cassazione, quantunque corretta in ordine al principio di diritto affermato, fosse affetta da errori materiali, in quanto l’avviso impugnato aveva un contenuto completamente diverso da quello presupposto dalla stessa decisione in esame, poichè afferente a criteri di calcolo della rendita vitalizia diversi da quelli del metodo attuariale.

In particolare, con il primo motivo, è stato addotto un primo errore revocatorio, consistente nella svista materiale sul contenuto essenziale dell’avviso d’accertamento.

Con il secondo motivo, è stato rilevato l’errore revocatorio altresì nel fatto che la pretesa tributaria era stata parzialmente ritirata dall’ufficio nel corso del processo.

Pertanto, i ricorrenti hanno esposto che la sentenza suddetta, che ha rigettato il ricorso originario dei ricorrenti, avrebbe dovuto avere diverso dispositivo, di rigetto parziale (se in ipotesi la stessa Corte avesse effettuato i calcoli attuariali), ovvero di annullamento dell’avviso d’accertamento, con rinvio al giudice di merito per la determinazione dell’importo della plusvalenza secondo i criteri stabiliti nella medesima sentenza della Corte.

Per tali motivi, i ricorrenti, allegando che la sentenza in questione contenesse un errore su un fatto, decisivo ed essenziale, rilevabile agevolmente senza ausilio di attività interpretativa, e non un errore di giudizio o valutazione, hanno chiesto la revocazione della sentenza a norma dell’art. 395 c.p.c., n. 4. Resiste l’Agenzia delle entrate con il deposito del controricorso, eccependo l’infondatezza del ricorso.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione sollevata dall’Agenzia delle entrate secondo cui non sussistono i presupposti dell’errore revocatorio, poichè la determinazione del quantum, relativo all’atto d’accertamento impugnato dai ricorrenti innanzi al giudice tributario, non aveva costituito oggetto del giudizio di merito.

Invero, il contribuente propose ricorso avverso l’avviso d’accertamento avente ad oggetto il recupero a tassazione dell’importo della plusvalenza relativa alla cessione di un’azienda-farmacia, calcolato secondo i valori di mercato della stessa azienda.

Fu proposto appello avverso tale sentenza, accolto argomentando dal fatto che la rendita vitalizia, quale corrispettivo della cessione aziendale, non fosse configurabile quale plusvalenza.

Ne consegue che l’oggetto del giudizio tributario è afferente proprio ai criteri di accertamento della plusvalenza originata dalla suddetta cessione, che furono oggetto di specifica contestazione attraverso l’appello alla sentenza della Ctp.

Il primo motivo del ricorso è fondato.

Va rilevato che, in materia di revocazione delle sentenze della Corte di Cassazione, l’errore di fatto di cui all’art. 395 c.p.c., n. 4), deve presentare i caratteri dell’evidenza ed obiettività, così da non richiedere lo sviluppo di argomentazioni induttive o indagini, e deve riguardare atti interni al giudizio di legittimità, ossia quelli che la Corte esamina direttamente nell’ambito del motivo di ricorso o delle questioni rilevabili d’ufficio (Cass., ord. n. 4456 del 5.3.2015).

Con la sentenza impugnata la Corte Suprema accolse il ricorso dell’Agenzia delle entrate, ritenendo che la cessione aziendale poteva aver generato una plusvalenza tassabile, perchè- in continuità con l’orientamento affermato dalla stessa Corte- la costituzione di una rendita vitalizia, quale corrispettivo di un’alienazione patrimoniale, pur assicurando un’utilità aleatoria, ha comunque un valore economico agevolmente accertabile in base a calcoli attuariali, secondo criteri riconosciuti dall’ordinamento giuridico.

Da tale principio di diritto, la Corte, ritenendo di poter decidere nel merito per non essere necessari ulteriori accertamenti in fatto, ha rigettato il ricorso introduttivo del procedimento sull’erroneo presupposto che l’avviso di accertamento avesse determinato la plusvalenza attribuendo valore economico alla rendita in base a calcoli attuariali.

Al riguardo, occorre richiamare l’orientamento della Corte secondo cui nella fase rescindente del giudizio di revocazione, il giudice, verificato l’errore di fatto (sostanziale o processuale) esposto ai sensi dell’art. 395 c.p.c., n. 4, deve valutarne la decisività alla stregua del solo contenuto della sentenza impugnata, operando un ragionamento di tipo controfattuale che, sostituita mentalmente l’affermazione errata con quella esatta, provi la resistenza della decisione stessa; ove tale accertamento dia esito negativo, nel senso che la sentenza impugnata risulti, in tal modo, priva della sua base logico – giuridica, il giudice deve procedere alla fase rescissoria attraverso un rinnovato esame del merito della controversia, che tenga conto dell’effettuato emendamento (Cass., n. 6881 del 24.3.2014).

E’ stato altresì affermato che l’errore in questione presuppone il contrasto fra due diverse rappresentazioni dello stesso fatto, delle quali una emerge dalla sentenza, l’altra dagli atti e documenti processuali, semprechè la realtà desumibile dalla sentenza sia frutto di supposizione e non di giudizio (Cass., n. 22171 del 29.10.2010).

Nella fattispecie, l’errore revocatorio consiste nel fatto che la Corte, premessa l’argomentazione di diritto in ordine alla configurabilità di una plusvalenza tassabile nella rendita vitalizia, pattuita quale corrispettivo di una cessione aziendale, da determinare secondo calcoli attuariali e non in base ai valori di mercato dell’azienda, ha poi pronunciato nel merito sull’erroneo presupposto che l’avviso di accertamento fosse stato emesso proprio calcolando il valore attuale della rendita. Tale presupposizione ha condotto ad una decisione inficiata da un’insanabile illogicità o incongruenza, in quanto il rigetto del ricorso originario dei contribuenti ha reso definitivo l’accertamento effettuato dall’ufficio, fondato proprio sull’applicazione dei criteri di mercato che la stessa Corte aveva inteso censurare.

Pertanto, è evidente che l’implicita premessa in fatto, circa i parametri di tassabilità della cessione d’azienda – farmacia (avente quale corrispettivo la costituzione di rendita vitalizia) utilizzati dall’amministrazione finanziaria derivi da un errore di mera percezione da parte del giudice di legittimità, e non da un errore valutativo.

L’errore revocatorio in esame presenta altresì i caratteri dell’evidenza e dell’oggettività, nel senso che esso è riscontrabile senza necessità di accertamenti, sulla base del solo esame degli atti del giudizio di legittimità.

Il secondo motivo è assorbito dall’accoglimento del primo, riguardando una questione particolare afferente al quantum del credito tributario fatto valere. Pertanto, in accoglimento del ricorso per revocazione, fermo l’accoglimento del ricorso per cassazione, la sentenza d’appello impugnata va cassata, con rinvio alla medesima Ctr, affinchè, in base al principio di diritto enunciato da questa Corte con la citata sentenza n. 20546 del 2013, proceda alla determinazione della rendita vitalizia tassabile quale plusvalenza della cessione aziendale.

La Ctr pronuncerà anche sulle spese del giudizio svoltosi in sede di legittimità.

PQM

 

La Corte accoglie il ricorso per revocazione, limitatamente al primo motivo – assorbito il secondo – e revoca la sentenza della Corte di Cassazione impugnata;

Accoglie il ricorso per cassazione oggetto della sentenza revocata, vai sensi di cui in motivazione; cassa l’impugnata sentenza della Ctr e rinvia alla medesima Ctr dell’Emilia – Romagna, in diversa composizione, anche per le spese di lite.

Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio, il 8 marzo 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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