Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2210 del 30/01/2010

Cassazione civile sez. III, 30/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 30/01/2010), n.2210

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 30135-2008 proposto da:

B.M.A., elettivamente domiciliato in ROMA, PIAZZA

CAPRANICA 78, presso lo studio dell’avvocato MAZZETTI FEDERICO, che

lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato BONGIORNO GALLEGRA

ANTONINO, giusta procura alle liti a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

B.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA DI VAL

GARDENA 3, presso lo studio dell’avvocato DE ANGELIS LUCIO, che lo

rappresenta e difende unitamente all’avvocato CASELLA DOMENICO,

giusta procura speciale a margine del controricorso;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2469/2008 della CORTE D’APPELLO di MILANO del

2.7.08, depositata il 17/09/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito per il controricorrente l’Avvocato Attilio Terzino (per delega

avv. De Angelis Lucio) che si riporta agli scritti.

E’ presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 15 dicembre 2008 B.M.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 15 ottobre 2008, depositata in data 17 settembre 20 08 dalla Corte d’Appello di Milano, confermativa della sentenza del Tribunale che aveva rigettato la domanda proposta nei confronti di B.A. e finalizzata ad ottenere il trasferimento di quota di una società a responsabilità limitata.

L’intimato ha resistito con controricorso.

2 – I due motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico-giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo il ricorrente denuncia violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c. nonchè carenza e illogicità della motivazione in ordine alla mancata ammissione dei mezzi di prova dedotti dalla parte attrice in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3, 4 e 5.

La censura si sviluppa in oltre diciotto pagine e si conclude con un quesito plurimo che, quanto al vizio di motivazione, non specifica adeguatamente il fatto controverso (si limita a riferirsi all’omessa ammissione dei capitoli di prova dedotti) nè le asserite carenza e illogicità della motivazione e, quanto alla violazione di norme di diritto, chiede l’affermazione di un principio (la parte ha diritto all’ammissione dei mezzi istruttori dedotti che siano ammissibili e rilevanti ed è conseguentemente nullo il procedimento svoltosi senza una giustificata ammissione di mezzi istruttori ritualmente dedotti e nulla conseguentemente la sentenza emessa) che si rivela del tutto astratto, fondato su presupposti da esso indimostrati (ammissibilità, rilevanza e rituale deduzione dei mezzi istruttori) e totalmente avulso dalla motivazione della sentenza impugnata, la quale ha spiegato le ragioni del rigetto.

Con il secondo motivo il ricorrente deduce violazione degli artt. 2697 e 2702 c.c. e artt. 115 e 116 c.p.c. in relazione all’art. 360 c.p.c., nn. 3 e 5.

Al termine dell’esposizione delle argomentazioni a sostegno, adduce come fatto controverso l’intestazione delle quote della società Progetto Italia, che asserisce essere di sua proprietà, al figlio B.A. in virtù di rapporto fiduciario, questione che costituisce l’oggetto della causa e, quindi, non può valere come specifica indicazione del fatto sottoposto alla verifica della Corte e formula un quesito che non postula l’enunciazione di un principio di diritto di applicabilità generalizzata e, nel contempo, decisivo per il giudizio, ma attiene all’omesso esame di documenti e nell’affermazione astratta della dimostrata per presunzioni sussistenza del rapporto fiduciario.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

Il ricorrente ha presentato memoria; il resistente ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dal ricorrente con la memoria non dimostrano l’assolvimento dell’onere processuale di cui era stata rilevata la carenza.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile; le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 2.100,00, di cui Euro 1.900,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2010

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