Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22096 del 29/10/2015


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Civile Ord. Sez. U Num. 22096 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI PALMA SALVATORE

ORDINANZA

sul ricorso 16901-2014 proposto da:
GUERRISI MARIA MARGHERITA, GUERRISI GIOVANNI, GUERRISI
FRANCESCO, GUERRISI MARIA CAROLINA, GUERRISI GOFFREDO,
GUERRISI ELISABETTA, elettivamente domiciliati in ROMA,
2015

VIA MONTE DELLE GIOIE 13, presso lo studio

325

dell’avvocato CAROLINA VALENSISE, che li rappresenta e
difende unitamente all’avvocato FRANCESCO SCAGLIONE,
per delega a margine del ricorso;
– ricorrenti –

Data pubblicazione: 29/10/2015

contro

COMUNE DI MELICUCCO, in persona del Sindaco protempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI
BOCCHERINI 3, presso lo studio dell’avvocato ALDO DE
CARIA, rappresentato e difeso dall’avvOcato SALVATORE

– controricorrente –

per regolamento di giurisdizione in relazione al
giudizio pendente n. 1143/2013 del TRIBUNALE di PALMI;
udito l’avvocato Carolina VALENSISE;
udita la relazione della causa svolta nella camera di
consiglio del 07/07/2015 dal Consigliere Dott.
SALVATORE DI PALMA;
lette le conclusioni scritte del Sostituto Procuratore
Generale dott. Mario FRESA, il quale, visti gli artt.
41 e 380 ter c.p.c., chiede alla Corte di cassazione
l’affermazione della giurisdizione del giudice
amministrativo.

COSTANTINO, per delega in calce al controricorso;

Ritenuto che, con ricorso del 25 giugno 2014, Francesco, Maria

Carolina, Goffredo, Giovanni, Maria Margherita ed Elisabetta Guerrisi – eredi
di Giuseppe Guerrisi – hanno proposto istanza di regolamento di
giurisdizione nei confronti del Comune di Melicucco (RC);
che tale istanza di regolamento di giurisdizione è proposta in
riferimento al giudizio, promosso dai germani Guerrisi nei confronti del

ottobre 2013, ai sensi dell’art. 702-bis cod. proc. civ., pendente dinanzi allo
stesso Tribunale ordinario di Palmi (r.g. n. 1143 del 2013);
che, con il predetto ricorso, i germani Guerrisi hanno chiesto che il
Giudice adito «indichi in Euro 418.214,86 la misura dell’indennizzo dovuto
dal detto Comune per il provvedimento acquisitivo dedotto in causa e in
Euro 94.079,45, con gli interessi legali dal 26.6.2013 al soddisfo, l’importo
ancora a debito del detto Comune dopo la compensazione con quanto
pagato in esecuzione della sentenza 696/1998 [recte: 696/2008], resa inter
partes dal T.A.R. Calabria, sezione di Reggio Calabria, ordinandone il
pagamento agli istanti come condizione (espressamente prevista dall’articolo
42-bis del D.P.R. 327/2001 e successive modifiche) per l’efficacia del
provvedimento acquisitivo»;
che gli odierni ricorrenti, per quanto in questa sede rileva, riferiscono
che: a) nel corso di un procedimento avente ad oggetto l’espropriazione di
un terreno di proprietà di Giuseppe Guerrisi – dante causa degli odierni
ricorrenti -, promosso dal Comune di Melicucco con deliberazione consiliare
n. 144 del 17 ottobre 2000, lo stesso Comune, con deliberazione consiliare
n. 15 del 26 giugno 2013, ha disposto l’acquisizione (di parte) del detto
terreno ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, inserito
dall’art. 34, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni
urgenti per la stabilizzazione finanziaria),

convertito in legge, con

modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111,
determinando l’indennizzo in C 92.339,50; b) precedentemente: 1) la Corte
d’Appello di Reggio Calabria, adita dal Guerrisi avverso la determinazione
dell’indennità definitiva di espropriazione, con sentenza n. 119 del 13 marzo
2012, passata in giudicato, aveva determinato unicamente l’indennità di
occupazione legittima; 2) il T.a.r. per la Calabria, adito dallo stesso Guerrisi
i

Comune di Melicucco dinanzi al Tribunale ordinario di Palmi con ricorso del 3

per il risarcimento del danno da occupazione usurpativa, con sentenza n.
696/2008 del 15 dicembre 2008, aveva liquidato il danno richiesto nella
misura di C 228.000,00, oltre rivalutazione ed interessi, somma questa
pacificamente pagata dal Comune; 3) il Consiglio di Stato, adito in appello
dal Comune, con sentenza n. 6066/2013 del 18 dicembre 2013 – preso atto
dell’intervenuta emanazione del predetto provvedimento di acquisizione -,
in riforma della sentenza impugnata, ha dichiarato improcedibile l’appello,

che, tanto riferito, i ricorrenti chiedono che le Sezioni Unite della Corte
di cassazione «o confermino la giurisdizione e la competenza del Tribunale di
Palmi sulla domanda proposta dagli attuali ricorrenti in ordine alla misura
del ristoro loro spettante per il provvedimento acquisitivo pronunziato dal
Comune di Melicucco, ovvero si pronunzino in favore della natura risarcitoria
della pretesa degli attori e, conseguentemente, dell’appartenenza di detta
pretesa all’ambito della giurisdizione esclusiva del Giudice Amministrativo»,
instando altresì perché «trovino il modo, nell’interesse della certezza del
diritto, eventualmente in un semplice obiter dictum, di dirimere anche i
dubbi in ordine alla competenza del tribunale o della corte d’appello in unico
grado»;
che resiste, con controricorso, il Comune di Melicucco, il quale così
conclude: «In adesione alla richiesta dei ricorrenti, si chiede che le Sezioni
Unite della Cassazione confermino la giurisdizione del Tribunale di Palmi
sulla misura dell’indennizzo loro dovuto in ragione del provvedimento
acquisitivo adottato dal Comune di Melicucco ai sensi dell’art. 42-bis oppure
si pronuncino in favore della giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo»;
che il Procuratore generale ha concluso, chiedendo che le Sezioni Unite
della Corte di cassazione dichiarino la giurisdizione del Giudice
amministrativo.
Considerato che deve dichiararsi la giurisdizione del Giudice ordinario

a conoscere la controversia, promossa dagli odierni ricorrenti nei confronti
del Comune di Melicucco dinanzi al Tribunale ordinario di Palmi con ricorso
del 3 ottobre 2013, ai sensi dell’art.

702 bis cod. proc. civ., pendente

2

dichiarando altresì improcedibile il ricorso introduttivo;

dinanzi allo stesso Tribunale ordinario di Palmi (r.g. n. 1143 del 2013), nei
sensi della motivazione che segue;
che, come già dianzi rilevato, la fattispecie sottostante al presente
ricorso sta in ciò, che nel corso di un procedimento avente ad oggetto
l’espropriazione di un terreno di proprietà di Giuseppe Guerrisi – dante
causa degli odierni ricorrenti -, promosso dal Comune di Melicucco con

deliberazione consiliare n. 15 del 26 giugno 2013, ha disposto l’acquisizione
(di parte) del detto terreno ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001,
n. 327, inserito dall’art. 34, comma 1, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98
(Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito in legge,
con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 15 luglio 2011, n. 111,
determinando l’indennizzo dovuto in C 92.339,50;
che – a fronte della domanda proposta dagli odierni ricorrenti nel
giudizio promosso dinanzi al Tribunale ordinario di Palmi: «[ il Giudice adito]
indichi in Euro 418.214,86 la misura dell’indennizzo dovuto dal detto
Comune per il provvedimento acquisitivo dedotto in causa e in Euro
94.079,45, con gli interessi legali dal 26.6.2013 al soddisfo, l’importo ancora
a debito del detto Comune dopo la compensazione con quanto pagato in
esecuzione della sentenza 696/1998 [recte: 696/2008], resa inter partes dal
T.A.R. Calabria, sezione di Reggio Calabria, ordinandone il pagamento agli
istanti come condizione (espressamente prevista dall’articolo 42-bis del
D.P.R. 327/2001 e successive modifiche) per l’efficacia del provvedimento
acquisitivo» – la specifica questione oggetto del presente giudizio che, per la
prima volta, è sottoposta all’esame di queste Sezioni Unite, consiste nello
stabilire se la controversia avente ad oggetto la domanda di determinazione
e di corresponsione dell’indennizzo previsto dal citato art. 42-bis del d.P.R.
n. 327 del 2001, quale quella di specie, sia attribuita alla giurisdizione del
Giudice ordinario ovvero a quella del Giudice amministrativo;
che il quadro normativo di riferimento rilevante per la risoluzione di tale
questione di giurisdizione è costituito: a) innanzitutto, dallo stesso art. 42bis del d.P.R. n. 327 del 2001, quale inserito dal menzionato art. 34, comma
1, del decreto-legge n. 98 del 2011, che è così – tra l’altro – testualmente
formulato: «1. Al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n.
3

deliberazione consiliare n. 144 del 17 ottobre 2000, lo stesso Comune, con

327, dopo l’articolo 42 è inserito il seguente: “42-bis (Utilizzazione senza
titolo di un bene per scopi di interesse pubblico). – 1. Valutati gli interessi in
conflitto, l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse
pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di
esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, può disporre che esso sia
acquisito, non retroattivamente, al suo patrimonio indisponibile e che al
proprietario sia corrisposto un indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e

dieci per cento del valore venale del bene. 2. Il provvedimento di
acquisizione può essere adottato anche quando sia stato annullato l’atto da
cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, l’atto che abbia dichiarato la
pubblica utilità di un’opera o il decreto di esproprio. Il provvedimento di
acquisizione può essere adottato anche durante la pendenza di un giudizio
per l’annullamento degli atti di cui al primo periodo del presente comma, se
l’amministrazione che ha adottato l’atto impugnato lo ritira. In tali casi, le
somme eventualmente già erogate al proprietario a titolo di indennizzo,
maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute ai sensi del
presente articolo.

3. Salvi i casi in cui la legge disponga altrimenti,

l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale di cui al comma 1 è determinato
in misura corrispondente al valore venale del bene utilizzato per scopi di
pubblica utilità e, se l’occupazione riguarda un terreno edificabile, sulla base
delle disposizioni dell’articolo 37, commi 3, 4, 5, 6 e 7. Per il periodo di
occupazione senza titolo è computato a titolo risarcitorio, se dagli atti del
procedimento non risulta la prova di una diversa entità del danno, l’interesse
del cinque per cento annuo sul valore determinato ai sensi del presente
comma. 4. Il provvedimento di acquisizione, recante l’indicazione delle
circostanze che hanno condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se
possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio, è specificamente motivato
in riferimento alle attuali ed eccezionali ragioni di interesse pubblico che ne
giustificano l’emanazione, valutate comparativamente con i contrapposti
interessi privati ed evidenziando l’assenza di ragionevoli alternative alla sua
adozione; nell’atto è liquidato l’indennizzo di cui al comma 1 e ne è disposto
il pagamento entro il termine di trenta giorni. L’atto è notificato al
proprietario e comporta il passaggio del diritto di proprietà sotto condizione
sospensiva del pagamento delle somme dovute ai sensi del comma 1,
4

non patrimoniale, quest’ultimo forfetariamente liquidato nella misura del

ovvero del loro deposito effettuato ai sensi dell’articolo 20, comma 14; è
soggetto a trascrizione presso la conservatoria dei registri immobiliari a cura
dell’amministrazione procedente ed è trasmesso in copia all’ufficio istituito ai
sensi dell’articolo 14, comma 2. 5. Se le disposizioni di cui ai commi 1, 2 e 4
sono applicate quando un terreno sia stato utilizzato per finalità di edilizia
residenziale pubblica, agevolata o convenzionata, ovvero quando si tratta di
terreno destinato a essere attribuito per finalità di interesse pubblico in uso

che ha occupato il terreno e la liquidazione forfetaria dell’indennizzo per il
pregiudizio non patrimoniale è pari al venti per cento del valore venale del
bene. [….] 7. L’autorità che emana il provvedimento di acquisizione di cui al
presente articolo ne dà comunicazione, entro trenta giorni, alla Corte dei
conti mediante trasmissione di copia integrale.

8. Le disposizioni del

presente articolo trovano altresì applicazione ai fatti anteriori alla sua
entrata in vigore ed anche se vi è già stato un provvedimento di
acquisizione successivamente ritirato o annullato, ma deve essere
comunque rinnovata la valutazione di attualità e prevalenza dell’interesse
pubblico a disporre l’acquisizione; in tal caso, le somme già erogate al
proprietario, maggiorate dell’interesse legale, sono detratte da quelle dovute
ai sensi del presente articolo”»; b) in secondo luogo, dall’art. 133, comma
1, lettera g), del d. Igs. 2 luglio 2010, n. 104 (Codice del processo
amministrativo): «1. Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice
amministrativo, salvo ulteriori previsioni di legge: [….] g) le controversie
aventi ad oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti,
riconducibili anche mediatamente all’esercizio di un pubblico potere, delle
pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità,
ferma restando la giurisdizione del giudice ordinario per quelle riguardanti la
determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza
dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa»; c) infine, dall’art. 53
del citato d.P.R. n. 327 del 2001, nel testo sostituito dall’art. 3, comma 10,
dell’Allegato 4 al d. Igs. n. 104 del 2010, il quale dispone: «10. Al decreto
del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, l’articolo 53 è
sostituito dal seguente: Art. 53 (L). Disposizioni processuali.

1. La tutela

giurisdizionale davanti al giudice amministrativo è disciplinata dal codice del
processo amministrativo (L).

2. Resta ferma la giurisdizione del giudice
5

speciale a soggetti privati, il provvedimento è di competenza dell’autorità

ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la
corresponsione delle indennità in conseguenza dell’adozione di atti di natura
espropriativa o ablativa (L)»;
che tale quadro normativo di riferimento deve essere necessariamente
integrato con la recente sentenza n. 71 del 30 aprile 2015 della Corte
costituzionale la quale – chiamata da queste stesse Sezioni Unite a

del 2001, in riferimento a molteplici parametri -, tra l’altro, ha dichiarato: 1)
«non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 42-bis del d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico
delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per
pubblica utilità – Testo A), sollevata, in riferimento agli artt. 42, 111, primo
e secondo comma, e 117, primo comma, della Costituzione»;

2) «non

fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis del d.P.R. n.
327 del 2001, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24, 97 e 113 Cost.»,
muovendo peraltro da una puntuale ricostruzione dell’istituto;
che, in particolare e per quanto in questa sede rileva, il Giudice
delle leggi:

a)

riassunta la disciplina dettata dall’articolo censurato

(Considerato in diritto, n. 2.) e raffrontatala con quella precedente, di cui
all’art. 43 dello stesso d.P.R. n. 327 del 2001, dichiarato costituzionalmente
illegittimo con la sentenza n. 293 dell’8 ottobre 2010, per eccesso di delega
(Considerato in diritto, nn. da 6.3. a 6.5.), è giunto alla conclusione che «Si
è [….] in presenza di un istituto diverso da quello disciplinato dall’art. 43 del
T.U. sulle espropriazioni»; b) al riguardo, quanto alla natura di tale nuovo
istituto, ha affermato:

«L’art. 42-bis del T.U. sulle espropriazioni ha

certamente reintrodotto la possibilità, per l’amministrazione che utilizza
senza titolo un bene privato per scopi di interesse pubblico, di evitarne la
restituzione al proprietario (e/o la riduzione in pristino stato), attraverso un
atto di acquisizione coattiva al proprio patrimonio indisponibile. Tale atto
sostituisce il regolare procedimento ablativo prefigurato dal T. U. sulle
espropriazioni, e si pone, a sua volta, come una sorta di procedimento
espropriativo semplificato, che assorbe in sé sia la dichiarazione di pubblica
utilità, sia il decreto di esproprio, e quindi sintetizza uno actu lo svolgimento
dell’intero procedimento, in presenza dei presupposti indicati dalla norma»
6

pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327

(Considerato in diritto, n. 6.5.; cfr. anche, tra l’altro, il n. 6.7., laddove si
ribadisce che la norma censurata

«delinea pur sempre una procedura

espropriativa» di carattere «eccezionale», come si desume testualmente dal
comma 4 dello stesso art. 42 bis); c) inoltre, quanto alle «significative

differenze» del nuovo istituto rispetto a quello di cui all’annullato art. 43, ha
sottolineato che: 1)

«La nuova disposizione, risolvendo un contrasto

interpretativo insorto in giurisprudenza sull’art. 43 appena citato, dispone

pubblica amministrazione avvenga

ex nunc,

solo al momento

dell’emanazione dell’atto di acquisizione (ciò che impedisce l’utilizzo
dell’istituto in presenza di un giudicato che abbia già disposto la restituzione
del bene al privato) [commi 1 e 8]»; 2) «[….] la norma censurata impone
uno specifico obbligo motivazionale “rafforzato” in capo alla pubblica
amministrazione procedente, che deve indicare le circostanze che hanno
condotto alla indebita utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale
essa ha avuto inizio. La motivazione, in particolare, deve esibire le “attuali
ed eccezionali” ragioni di interesse pubblico che giustificano l’emanazione
dell’atto, valutate comparativamente con i contrapposti interessi privati, e
deve, altresì, evidenziare l’assenza di ragionevoli alternative alla sua
adozione [comma 4, primo periodo]»; 3) «[….] nel computo dell’indennizzo
viene fatto rientrare non solo il danno patrimoniale, ma anche quello non
patrimoniale, forfetariamente liquidato nella misura del 10 per cento del
valore venale del bene. Ciò costituisce sicuramente un ristoro
supplementare rispetto alla somma che sarebbe spettata nella vigenza della
precedente disciplina [comma 1]»; 4) «Il passaggio del diritto di proprietà
[….] è sottoposto alla condizione sospensiva del pagamento delle somme
dovute, da effettuare entro 30 giorni dal provvedimento di acquisizione
[comma 4, terzo e quarto periodo]»; 5) «La nuova disciplina si applica non
solo quando manchi del tutto l’atto espropriativo, ma anche laddove sia
stato annullato – o impugnato a tal fine, nel qual caso occorre il previo ritiro
in autotutela da parte della medesima pubblica amministrazione – l’atto da
cui sia sorto il vincolo preordinato all’esproprio, oppure la dichiarazione di
pubblica utilità dell’opera oppure, ancora, il decreto di esproprio [comma
2]»; 6) «Non è stata più riproposta la cosiddetta acquisizione in via
giudiziaria, precedentemente prevista dal comma 3 dell’art. 43, ed in virtù
7

espressamente che l’acquisto della proprietà del bene da parte della

della quale l’acquisizione del bene in favore della pubblica amministrazione
poteva realizzarsi anche per effetto dell’intervento di una pronuncia del
giudice amministrativo, volta a paralizzare l’azione restitutoria proposta dal
privato»; 7) «Non secondaria, nell’economia complessiva del nuovo istituto,
è [….] la previsione (non presente nel precedente art. 43) in base alla quale
l’autorità che emana il provvedimento di acquisizione ne dà comunicazione,
entro trenta giorni, alla Corte dei conti mediante trasmissione di copia

che tra queste considerazioni ricostruttive, sostanzialmente condivisibili
– fatte tuttavia salve ulteriori precisazioni che non rilevano in questa sede -,
deve essere segnatamente condivisa quella relativa alla più volte
sottolineata natura espropriativa del nuovo istituto, innestato su un
precedente procedimento espropriativo irrimediabilmente viziato (commi 1 e
2, primo periodo) o, comunque, fondato su titolo astrattamente annullabile
sub judice (comma 2, secondo periodo);
che, quanto alla disciplina del riparto di giurisdizione tra Giudice
ordinario e Giudice amministrativo, pertanto, tale natura determina la piena
riconducibilità dell’istituto alle su menzionate disposizioni di cui all’art. 133,
comma 1, lettera g), cod. proc. amm., ed all’art. 53 del d.P.R. n. 327 del
2001;
che la complessiva disciplina di cui all’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del
2001 consente di prefigurare – in prima approssimazione e senza pretesa di
completezza – quantomeno due grandi categorie di controversie, a seconda
che il loro oggetto sia costituito dalla denuncia di illegittimità del
«provvedimento di acquisizione» (ad esempio, per incompetenza o per vizi
di motivazione del provvedimento: commi 4 e 5) e dalla eventuale
consequenziale richiesta di risarcimento del danno (artt. 7 e 30 cod. proc.
amm.), oppure dalla domanda di

«determinazione»

(ad esempio,

controversia sul quantum) o di «corresponsione» (ad esempio, controversia
per omesso o ritardato pagamento)

«delle indennità in conseguenza

dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa»: in linea di massima
ed in stretta applicazione dell’art. 133, comma 1, lettera

g), cod. proc.

amm., e dell’art. 53 del d.P.R. n. 327 del 2001 – è del tutto evidente che la
prima categoria di controversie deve ritenersi attribuita alla giurisdizione del

8

integrale [comma 7]»;

Giudice amministrativo, mentre la seconda deve ritenersi attribuita alla
giurisdizione del Giudice ordinario;
che al riguardo, in mancanza di precedenti specifici di queste Sezioni
Unite, non può non tenersi conto delle elaborazioni giurisprudenziali del
Giudice amministrativo, le quali registrano peraltro incertezze e veri e propri
contrasti quanto, in particolare, all’individuazione delle controversie da

che, in particolare, il principale argomento per sostenere la natura
“risarcitoria” dell’«indennizzo» previsto dall’art. 42-bis, e per negare quindi
tout court la giurisdizione del Giudice ordinario anche relativamente alla su
individuata seconda categoria di controversie, sta nel rilievo che il
presupposto per l’esercizio del potere ablatorio consentito da tale
disposizione è il pregresso “cattivo uso” dell’ordinario potere espropriativo
(«[….] l’autorità che utilizza un bene immobile per scopi di interesse
pubblico, modificato in assenza di un valido ed efficace provvedimento di
esproprio o dichiarativo della pubblica utilità [….]»: comma 1) e l’attuale
esigenza dell’amministrazione di continuare a mantenere il bene in ragione
della perdurante utilizzazione di esso nell’interesse pubblico, con la
conseguenza che detto indennizzo, in quanto strettamente correlato
all’illecito risalente alle violazioni commesse dalla stessa amministrazione
nell’ambito del (precedente) procedimento espropriativo illegittimo, non può
che avere natura risarcitoria (cfr., ex plurimis, Consiglio di Stato, sentenze
nn. 1114 del 2015 e 993 del 2014);
che, tuttavia, tale argomento è stato efficacemente e condivisibilmente
confutato sia da successive pronunce del Giudice amministrativo (cfr., ad
esempio, T.a.r. Toscana sentenza n. 890 dell’Il giugno 2015), sia dalla
stessa Corte costituzionale con la menzionata sentenza n. 71 del 2015;
che, in particolare, la Corte costituzionale – nel dichiarare non fondata
la predetta questione di costituzionalità in riferimento all’art. 3 Cost., sul
rilievo che «la norma riserverebbe un trattamento privilegiato alla pubblica
amministrazione rispetto a qualsiasi altro soggetto dell’ordinamento che
abbia commesso un fatto illecito, pur in mancanza di un pregresso effettivo
esercizio di funzione amministrativa e, dunque, sulla base della sola qualifica
soggettiva dell’autore della condotta» – ha affermato che «[….] se pure il
9

attribuire alla competenza giurisdizionale del Giudice ordinario;

presupposto di applicazione della norma sia “l’indebita utilizzazione
dell’area”

[comma 4]

ossia una situazione creata dalla pubblica

amministrazione in carenza di potere (per la mancanza di una preventiva
dichiarazione di pubblica utilità dell’opera o per l’annullamento o la perdita
di efficacia di essa) – tuttavia l’adozione dell’atto acquisitivo, con effetti non
retroattivi, è certamente espressione di un potere attribuito appositamente
dalla norma impugnata alla stessa pubblica amministrazione. Con l’adozione

amministrativa, esercitando una funzione amministrativa ritenuta meritevole
di tutela privilegiata, in funzione degli scopi di pubblica utilità perseguití,
sebbene emersi successivamente alla consumazione di un illecito ai danni
del privato cittadino», concludendo nel senso che, «Sotto questo punto di
vista, [….], la situazione appare conforme alla giurisprudenza di questa
Corte, secondo cui T.] la P.A. ha una posizione di preminenza in base alla
Costituzione non in quanto soggetto, ma in quanto esercita potestà
specificamente ed esclusivamente attribuitele nelle forme tipiche loro
proprie. In altre parole, è protetto non il soggetto, ma la funzione, ed è alle
singole manifestazioni della P.A. che è assicurata efficacia per il
raggiungimento dei vari fini pubblici ad essa assegnati” (così la sentenza n.
138 del 1981)”» (Considerato in diritto, n. 6.6.1.);
che, d’altro canto, la su menzionata sentenza del T.a.r. per la Toscana
n. 890 del 2015 ha rilevato che «Il punto debole della teoria risarcitoria [….]
risiede nella circostanza che ricollega all’agire illecito dell’amministrazione
anche il rimedio finale previsto dall’art. 42-bis [….], consistente
nell’emanazione del provvedimento di acquisizione sanante»,
così di ritenere

correttamente, come osservato in dottrina

mostrando

che «ad

essere rilevante non è il complessivo operato pregresso, con tra jus,
dell’amministrazione, bensì, a valle, il provvedimento di acquisizione
sanante che sia stato emanato: se è legittimo quest’ultimo provvedimento,
l’indennizzo liquidato non potrà che avere natura indennitaria; con
conseguente radicamento della controversia sul quantum in capo al giudice
ordinario»;
che gli ulteriori argomenti posti a fondamento della “teoria risarcitoria”
– cioè l’uso, da parte del legislatore, del termine «indennizzo» anziché di
10

di tale atto, quest’ultima riprende a muoversi nell’alveo della legalità

quello «indennità», e la previsione di tale indennizzo per il ristoro anche del
«pregiudizio non patrimoniale»

appaiono, anche alla luce delle

considerazioni che precedono, intrinsecamente deboli: il primo, perché – a
prescindere da altre pur possibili osservazioni – presuppone una
permanente, appropriata e precisa utilizzazione del lessico giuridico da parte
del legislatore che, invece ad esempio, nel comma 3 dello stesso art. 42 bis,

richiamando l’art. 37 del d. P.R. n. 327 del 2001 (che reca la rubrica

per la determinazione dell’indennizzo in caso di provvedimento di
acquisizione di aree edificabili, mostra evidentemente di utilizzare i due
termini come sinonimi; il secondo, perché il ristoro del pregiudizio non
patrimoniale, automatico e predeterminato nel quantum in una percentuale
del valore venale del bene, è chiaramente misura accessoria inidonea ad
incidere, di per se sola, sul riparto di giurisdizione;
che, in definitiva – alla luce di tutte le considerazioni che precedono e,
in particolare, di quelle svolte dalla Corte costituzionale con la più volte
richiamata sentenza n. 71 del 2015 -, può affermarsi che, nella fattispecie
delineata dall’art. 42 bis del d.P.R. n. 327 del 2001, l’illecita o l’illegittima

utilizzazione di un bene immobile da parte dell’amministrazione per scopi di
interesse pubblico costituisce soltanto il presupposto indispensabile,
unitamente alle altre specifiche condizioni previste da tale articolo, per
l’adozione – si noti: nell’ambito di un apposito procedimento espropriativo,
del tutto autonomo rispetto alla precedente attività della stessa
amministrazione (cfr. la più volte citata sentenza della Corte costituzionale,
nn. 6.7. e 6.8. del Considerato in diritto)

del peculiare provvedimento di

acquisizione ivi previsto (presupposto da indicare puntualmente nella
motivazione di tale provvedimento:

«Il provvedimento di acquisizione,

recante l’indicazione delle circostanze che hanno condotto alla indebita
utilizzazione dell’area e se possibile la data dalla quale essa ha avuto inizio,
[….]»: comma 4), con la conseguenza che, ove detto autonomo, speciale ed
eccezionale procedimento espropriativo sia stato legittimamente promosso,
attuato e concluso,
patrimoniale»,

l’«indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non

in quanto previsto dal legislatore per la perdita della

proprietà del predetto bene immobile, non può che conferire all’indennizzo
medesimo natura non già risarcitoria ma indennitaria, con l’ulteriore
11

«Determinazione dell’indennità nel caso di esproprio di un’area edificabile»)

corollario che le controversie aventi ad oggetto la domanda di
«determinazione

[o di] corresponsione delle indennità in conseguenza

dell’adozione di atti di natura espropriativa o ablativa» sono attribuite alla
giurisdizione del Giudice ordinario;
che, nella specie, non v’è alcun dubbio – tenuto conto del concreto
svolgimento del procedimento espropriativo in questione e, soprattutto,

ordinario di Palmi – che la controversia

de qua

ha ad oggetto la

determinazione e la corresponsione dell’indennizzo preteso a séguito
dell’emanazione, ai sensi dell’art. 42-bis del d.P.R. n. 327 del 2001, del
provvedimento di acquisizione dell’area di proprietà degli stessi ricorrenti da
parte del Comune di Melicucco, sicché la competenza giurisdizionale a
conoscere la controversia medesima è attribuita al Giudice ordinario;
che infine, quanto all’ulteriore sollecitazione dei ricorrenti a che queste
Sezioni Unite «trovino il modo, nell’interesse della certezza del diritto,
eventualmente in un semplice obiter dictum, di dirimere anche i dubbi in
ordine alla competenza del tribunale o della corte d’appello in unico grado»,
a tale istanza non può darsi risposta in questa sede, sia perché – trattandosi
di procedimento a quo promosso dagli odierni ricorrenti ai sensi dell’art.
702-bis cod. proc. civ. (conformemente a quanto disposto dall’art. 29 del d.
Igs. 10 settembre 2011, n. 150) -, mentre è certo che il Comune di
Melicucco è decaduto dal diritto di sollevare l’eccezione di incompetenza ai
sensi del secondo periodo del quarto comma dello stesso art. 702-bis (cfr.
Controricorso, pagg. 5 e segg.), non risulta chiaramente dagli atti se il
rilievo d’ufficio dell’eventuale incompetenza del Giudice adito sia, o no,
precluso (cfr., ad esempio, sentenza n. 21434 del 2007); sia perché,
comunque, sulla questione di competenza non risulta instaurato il
contraddittorio né nel giudizio a quo né in questa sede; sia infine perché la
specifica questione dell’individuazione del giudice competente – tribunale o
corte d’appello in unico grado – a conoscere le controversie sulla
determinazione o sulla corresponsione dell’indennizzo di cui all’art.

42-bis

del d.P.R. n. 327 del 2001 è stata rimessa all’esame di queste Sezioni Unite
con ordinanza interlocutoria della VI.1. Sezione n. 15816/15 del 28 luglio
2015;
12

della su riprodotta domanda proposta dagli odierni ricorrenti al Tribunale

che le spese della presente fase del giudizio saranno regolate dal
Tribunale ordinario di Palmi, dinanzi al quale le parti sono rimesse.
P.Q.M.
Dichiara la giurisdizione del Giudice ordinario, rimettendo le parti dinanzi al
Tribunale ordinario di Palmi, che provvederà anche al regolamento delle

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7
luglio 2015

spese della presente fase del giudizio.

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