Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22096 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. I, 13/10/2020, (ud. 22/07/2020, dep. 13/10/2020), n.22096

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE PRIMA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CRISTIANO Magda – Presidente –

Dott. CARADONNA Lunella – rel. Consigliere –

Dott. CAMPESE Eduardo – Consigliere –

Dott. FIDANZIA Andrea – Consigliere –

Dott. AMATORE Roberto – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso n. 9928/2016 proposto da:

Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.a., nella persona del legale

rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’avv.

Maddalena Arlenghi, giusta procura in calce al ricorso per

cassazione, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo studio

dell’Avv. Sabrina Cherchi.

– ricorrente –

contro

Costaferroviaria S.p.a., in Amministrazione straordinaria,nella

persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e

difesa, in forza di procura speciale in calce al controricorso, in

via tra loro disgiunta, dagli Avv.ti Chiara Boniotti, Andrea Carroli

e Concetta M. Rita Trovato e presso lo studio di quest’ultima in

Roma elettivamente domiciliata.

– controricorrente –

avverso la sentenza della Corte di appello di MILANO n. 502/2016,

pubblicata in data 11 febbraio 2016;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

22/07/2020 dal consigliere Lunella Caradonna.

 

Fatto

RILEVATO

CHE:

1) Il Tribunale di Lecco, in parziale accoglimento della domanda ex art. 67, comma 2, L. Fall. proposta da Costaferroviaria in A.S. nei confronti di Banca Antonveneta s.p.a., dichiarò l’inefficacia delle rimesse solutorie per complessivi Euro 164.807,19, affluite, nel c.d. periodo sospetto, sul conto corrente intrattenuto dalla società in bonis presso l’istituto di credito convenuto, escludendo che fra le stesse potesse rientrare un accredito di Euro 681.136,38, in quanto rinveniente dalla vendita di titoli costituiti in pegno irregolare in favore della banca.

2) La decisione fu impugnata in via principale da Costaferroviaria in A.S. e in via incidentale da Banca Monte dei Paschi di Siena (in seguito MPS), succeduta ad Antonveneta nella titolarità del rapporto controverso.

3) La Corte d’Appello di Milano, con sentenza dell’11.2.2016, ha accolto l’appello principale ed ha respinto quello incidentale.

4) La corte del merito ha qualificato il pegno come regolare, ha ritenuto sussistente la scientia decoctionis di Antonveneta ed ha escluso che, ai fini della determinazione delle rimesse revocabili, potesse tenersi conto del contratto di apertura di credito – privo di data certa e perciò inopponibile alla procedura – prodotto dalla banca; ha pertanto dichiarato l’inefficacia ai sensi dell’art. 67, comma 2, L. Fall. anche della rimessa derivata dall’escussione del pegno ed ha condannato MPS a restituire all’A.S. la somma complessiva di Euro 845.943,57, maggiorata degli interessi legali dalla domanda.

5. MPS ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza, affidato a quattro motivi, cui l’A.S. ha resistito con controricorso.

6. Entrambe le parti hanno depositato memorie.

Diritto

CONSIDERATO

CHE:

1.Con il primo motivo MPS lamenta la violazione dell’art. 112 c.p.c. e la nullità della sentenza impugnata, per omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità del motivo d’appello, introduttivo di una nuova questione, con il quale l’A.S. aveva dedotto la natura regolare del pegno, dopo che, nel giudizio di primo grado, non aveva in alcun modo contrastato la difesa di Antonveneta secondo cui i titoli erano stati costituiti in suo favore in pegno irregolare, con facoltà di disporne per soddisfarsi dei propri crediti senza dovere agire in sede esecutiva, con conseguente non assoggettabilità a revocatoria della somma derivante dal loro realizzo.

2. Con il secondo motivo la ricorrente, lamentando violazione degli artt. 1851,1362 e 1363 c.c. e artt. 67 e 56 L. Fall., sostiene che la corte del merito, nel qualificare il pegno come regolare, ha erroneamente interpretato l’atto di costituzione della garanzia.

3. Con il terzo motivo, che denuncia violazione degli artt. 2697,2727 e 2729 c.c., art. 115 c.p.c., comma 2, nonchè dei principi generali in materia di presunzioni e di onere della prova, MPS contesta che l’A.S. avesse dimostrato la ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione. Lamenta, in particolare, che la corte territoriale: abbia tratto il proprio convincimento sul punto da un’analisi approssimativa del bilancio al 31.12.2000 di Costaferroviaria, limitandosi a evidenziare il mancato versamento dei contributi previdenziali del secondo semestre dell’esercizio ed ignorando che, in base ad una verifica complessiva dei dati finanziari ed economici esposti nel documento contabile, la struttura patrimoniale della società appariva assolutamente normale; abbia, sostanzialmente, prestato adesione acritica alla valutazione del CTU nominato dal giudice di primo grado – secondo cui dall’esame di tale bilancio emergeva lo stato di “irreversibile dissesto” di Costaferroviaria – ed abbia negato che la conclusione fosse in contrasto con quella del CT di parte attrice, che aveva ritenuto che il bilancio denotasse soltanto uno stato di “irreversibile difficoltà” dell’impresa; che abbia, inoltre, ravvisato un elemento sintomatico della scientia decoctionis nell’avvenuto rilascio da parte di Antoveneta di una fideiussione estera (solo in parte controgarantita dal pegno contestualmente costituito) a favore di una cliente tedesca di Costaferroviaria, a garanzia del richiesto ed eseguito pagamento anticipato delle forniture a questa ordinate, benchè si trattasse di un’operazione indicativa della piena fiducia nutrita dalla banca nella solvibilità della propria correntista; che abbia, infine, tenuto conto di notizie di stampa generiche e, comunque, non allarmanti e, per contro, abbia ritenuto irrilevante che Costaferroviaria godesse presso Antonveneta di un affidamento per L. 400 milioni ed avesse continuato ad operare sul conto, senza limitazioni, fino al novembre del 2001.

4. Con il quarto motivo la ricorrente lamenta violazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., nonchè vizio di motivazione della sentenza impugnata. Sostiene che il contratto di apertura di credito stipulato fra Antonveneta e Costaferroviaria era munito di data certa e si duole che non si sia tenuto conto di tale affidamento al fine della determinazione delle rimesse solutorie.

5. Il primo motivo è fondato.

Come già affermato da questa Corte (Cass. 9 maggio 2007, n. 10629), ciò che distingue il pegno irregolare di cose fungibili da quello regolare è la circostanza che nel primo, a differenza che nel secondo, il debitore concede al creditore pignoratizio la facoltà di disporre del bene oggetto della garanzia.

La deduzione della ricorrenza dell’una o dell’altra fattispecie di pegno, rendendo necessaria l’allegazione del diverso fatto costitutivo (non disponibilità/disponibilità del bene) che le caratterizza e comportando (nel caso che la questione sia controversa) un apposito accertamento del giudice del merito sul punto (cfr. ancora Cass. 10629/07 cit.), non integra pertanto una mera difesa: ne consegue che la parte che nel primo grado del giudizio abbia qualificato il pegno come regolare o irregolare non può, in grado d’appello, fondare la propria domanda sull’opposta qualificazione, attraverso la quale introdurrebbe in sede di gravame (a seconda della sua posizione di attore o di convenuto) una nuova causa petendi o una nuova eccezione, entrambe precluse dall’art. 345 c.p.c..

Nel caso in esame è stata la banca convenuta, e non la procedura attrice, a dedurre nella propria comparsa di risposta, in via di eccezione, che la rimessa rinveniente dalla vendita dei titoli costituiti in pegno era irrevocabile in ragione della natura irregolare della garanzia pignoratizia.

MPS sostiene però che l’A.S. avrebbe prestato adesione, quantomeno implicita, a detta eccezione, non avendola contrastata sotto alcun profilo di fatto ed essendosi limitata, nella memoria di replica, ad eccepire a sua volta l’inopponibilità o l’invalidità dell’atto costitutivo della garanzia.

La questione della novità della causa petendi dedotta dall’A.S. in appello (peraltro rilevabile anche d’ufficio) era stata espressamente sottoposta all’esame del giudice del gravame. Si legge infatti nella sentenza impugnata, a pagina 6, che MPS “ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità dell’affermazione, fatta dalla procedura per la prima volta in questo grado, della natura regolare del pegno oggetto della lite”.

La corte territoriale, incorrendo nel denunciato vizio procedurale, ha però omesso di pronunciare su tale eccezione, che le imponeva di accertare, prima di scendere all’esame nel merito dell’appello principale, se nel corso del giudizio di primo grado l’A.S. avesse, esplicitamente od implicitamente, aderito alla tesi della banca convenuta, della natura irregolare del pegno costituito sui titoli, posto che in tale ipotesi l’impugnazione proposta dalla procedura sarebbe risultata inammissibile in quanto fondata su un nuovo fatto costitutivo.

Resta assorbito il secondo motivo del ricorso.

6.11 terzo motivo è inammissibile, perchè, lungi dall’allegare le ragioni per le quali la corte d’appello avrebbe violato le norme che regolano la formazione della prova presuntiva, si risolve nella richiesta di una rivalutazione dei fatti già oggetto del sindacato del giudice di merito e nella sollecitazione ad un nuovo esame delle risultanze istruttorie sulle quali la corte d’appello ha fondato l’accertamento della ricorrenza del presupposto soggettivo dell’azione, senza che sia indicato – secondo quanto richiesto dall’attuale testo dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5 il fatto decisivo omesso che, ove valutato, avrebbe condotto ad una diversa pronuncia sul punto.

7. Analoghe considerazioni vanno svolte in relazione al quarto motivo, anch’esso volto ad ottenere, inammissibilmente, un accertamento difforme da quello operato dal giudice del merito in ordine alla mancanza di data certa, ed alla conseguente inopponibilità alla procedura, dei documenti prodotti dalla banca per provare l’esistenza degli affidamenti collegati al rapporto di conto corrente.

7.1E’ sufficiente al riguardo rammentare in proposito che, in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge ed implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è, invece, esterna all’esatta interpretazione della norma ed inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito, sottratta al sindacato di legittimità (Cass., 13 ottobre 2017, n. 24155).

7.2Non sussiste nemmeno il vizio di omesso esame di un fatto decisivo di cui all’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5), nella nuova formulazione ratione temporis applicabile al caso di specie, avendo la Corte di appello, a pag. 13 (al punto B.II.1), valutato il contratto di concessione di fido e rilevato espressamente che non poteva ritenersi data certa “quella appostavi sulla prima pagina, in quanto non conforme a quanto prescritto dall’art. 2704 c.c.”.

8. All’accoglimento del primo motivo di ricorso conseguono la cassazione della sentenza impugnata ed il rinvio della causa, per un nuovo esame sulla sole questioni concernenti l’ammissibilità dell’appello principale e la qualificazione del pegno, alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, che liquiderà anche le spese di questo giudizio di legittimità.

PQM

La Corte, accoglie il primo motivo ricorso e dichiara assorbito il secondo; dichiara inammissibili il terzo e quarto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di appello di Milano in diversa composizione, anche per le spese.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, il 22 luglio 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

 

 

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