Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22095 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. II, 25/10/2011, (ud. 22/09/2011, dep. 25/10/2011), n.22095

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCHETTINO Olindo – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. NUZZO Laurenza – rel. Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – Consigliere –

Dott. MATERA Lina – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

sentenza

sul ricorso proposto da:

C.G. (OMISSIS), elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA MONTE ACERO 2-A, presso lo studio dell’avv.

BAZZANI GINO, che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato

ASDRUBALI MASSIMO;

– ricorrente –

contro

3EMME MODA SRL in persona del legale rappresentante pro tempore;

– intimato –

avverso la sentenze, n. (Ndr: testo originale non comprensibile) 2004

della CORTE D’APPELLO di MILANO depositata il 03/12/2004;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

22/09/2011 dal Consigliere Dott. LAURENZA NUZZO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SCARDACCIONE Eduardo Vittorio che ha concluso per l’inammissibilità

del ricorso.

Fatto

SVOLGIMENTO DI PROCESSO

Con atto di citazione ritualmente notificato C.G. proponeva opposizione avverso il decreto ingiuntivo con cui gli era stato intimato di pagare alla società 3Emme Moda s.r.l. la somma di L. 8.100.000 oltre interessi, quale corrispettivo della fornitura di calzature di cui alla fattura n. (OMISSIS); l’opponente assumeva l’avvenuto pagamento di detta somma mentre l’opposta rilevava che quanto risultante dalla fattura, in ordine al versamento del prezzo, era frutto di un errore noto all’opponente.

Con sentenza 5.11.2002 il Tribunale di Monza respingeva l’opposizione.

Il C. proponeva appello, respinto dalla Corte di Appello di Milano con sentenza 23.11.2004. Osservava la Corte di merito che dalla prova testimoniale era emerso un errore d’impostazione del software della contabilità 3Emme Moda, per cui l’importo “totale documento” veniva automaticamente riportato alla voce “totale acconto”.

Tale decisione viene impugnata con ricorso per cassazione dal C. sulla base di due motivi. L’intimata non ha svolto alcuna attività difensiva.

MOTIVI DELLA DECISIONE Il ricorrente deduce:

1) erronea valutazione ed applicazione dell’art. 2697 c.c. in ordine all’onere probatorio ed inammissibilità della prova testimoniale ammessa, con violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 3; la dicitura relativa all’acconto ricevuto, oltre a costituire quietanza per il corrispondente importo, integrava riconoscimento e/o confessione in ordine al versamento attestato; ne conseguiva l’inammissibilità della prova testimoniale diretta a provare detto errore, peraltro non opponibile in quanto irriconoscibile dall’altra parte contraente, non risultando dalla fattura in questione l’erronea indicazione relativa all’acconto versato; i giudici di merito avevano, inoltre, omesso di considerare che la fatturazione, nella specie, avveniva qualche giorno dopo la consegna della merce, a pagamento eseguito;

2) nullità dell’ingiunzione, rilevabile anche ex officio, e violazione dell’art. 360 c.p.c., n. 4, posto che a fondamento del ricorso per ingiunzione era stato posta una fattura senza alcun accenno all’erroneità della dicitura riguardante l’acconto per l’importo corrispondente a quanto preteso; il decreto ingiuntivo risultava, quindi, emesso in difetto dei presupposti di legge in quanto fondato su un credito smentito documentalmente.

Il ricorso è infondato.

La Corte territoriale ha correttamente applicato i principi in tema di onere probatorio, rilevando, ex art. 2697 c.c., che incombeva al C., quale debitore opponente, provare l’eccepito avvenuto pagamento della somma risultante dalla fattura relativa alla fornitura di calzature in questione. Ha evidenziato, inoltre, con adeguata motivazione, che tale prova non poteva desumersi dalla dicitura “pagato” riportata su detta fattura, atteso che la dicitura stessa era stata pacificamente apposta dal C. e che l’opposta aveva provato, invece, attraverso testimoni, il proprio assunto in ordine all’esistenza di un errore d’impostazione del software della contabilità 3 Emme Moda,laddove l’importo “totale documento” era automaticamente riportato alla voce “totale acconto”.

La prova testimoniale su detto errore è stata legittimamente acquisita in sede di giudizio di opposizione, non potendosi attribuire alla fattura in questione, posta a fondamento del decreto ingiuntivo, natura di atto di quietanza o di confessione dell’avvenuto pagamento, a fronte della contestazione al riguardo della parte opposta. Priva di rilevanza è, infine, la doglianza concernente il difetto dei presupposti per emanare il decreto ingiuntivo, posto che l’opposizione al decreto ingiuntivo da luogo ad un ordinario giudizio di cognizione, teso all’accertamento dell’esistenza del diritto di credito azionato dal creditore con il ricorso ex artt. 633 e 638 c.p.c., di tal che la sentenza che decide il giudizio deve rigettare l’opposizione ove abbia riscontrato che i fatti costitutivi del diritto fatto valere in sede monitoria, pur se non sussistenti al momento della proposizione del ricorso o della emissione del decreto, tuttavia sussistano in quello successivo della decisione; l’opponente è privo quindi, di interesse a dolersi del fatto che la sentenza impugnata, nel rigettare l’opposizione, non abbia tenuto conto che difettava una delle condizioni originarie di ammissibilità del decreto ingiuntivo, quando tale condizione, in realtà, sia maturata immediatamente dopo (Cass. n. 6421/2003).

Il ricorso, alla stregua di quanto osservato, deve essere rigettato.

Nessun provvedimento deve adottarsi in ordine alle spese di lite del presente giudizio di cassazione, atteso che l’intimata non ha svolto attività difensiva in questa sede.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso;

nulla per le spese processuali di questo giudizio di cassazione.

Così deciso in Roma, il 22 settembre 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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