Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22093 del 29/10/2015


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Civile Sent. Sez. U Num. 22093 Anno 2015
Presidente: ROVELLI LUIGI ANTONIO
Relatore: DI PALMA SALVATORE

SENTENZA

sul ricorso 10494-2009 proposto da:
ILLOCHROMA ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE e LIQUIDATION
JUDICIAIRE 01341930012, in persona del liquidatore protempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SALARIA
259, presso lo studio dell’avvocato MARCO PASSALACQUA,
che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato
LINDA M.C. MORELLINI, per delega a margine del ricorso;

Data pubblicazione: 29/10/2015

- ricorrente contro

SUTTI

STEFANO

STTSFN60H16F205E,

elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA ANTONIO BERTOLONI 55, presso
lo studio dell’avvocato FRANCESCO CEFALY, rappresentato

delega in calce al controricorso;
FALLIMENTO ILLOCHROMA ITALIA S.R.L. IN LIQUIDAZIONE, in
persona del Curatore pro-tempore, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BOLZANO 15, presso lo studio
dell’avvocato GIUSEPPE DE TOMMASO, che la rappresenta e
difende unitamente all’avvocato STEFANO AMBROSINI, per
delega a margine del controricorso;
– controricorrenti
nonché contro

MENEGHIN ROBERTO, RAPA CHRISTIAN, SATTAOUI ABDELMAJID,
BANO GJERGJI, ACETULLI VITALIANO, PANUNZIO LUIGI,
MONTAGNOLI ALBERTO, ANDREO MARCO, VECCHIA RENATO,
GASCONE GIUSEPPE, BONFIGLIO ANDREA, BURACCO GHION
MAURIZIO, RONCHETTO SALVANA ORNELLA, GRAMAZIO MICHELE,
MADDIO DAVIDE, VACCHINA GIUSEPPE, PIANCINO FRANCO EROS,
LE ROYERIK ROBERT ALFRED, CAVANA ERNESTO, TRANI
MICHELE, RONCHETTO SALVANA DANIELA, RICCIO GIUSEPPE,
CALVIELLO NICOLA MAXIMILIANO, ARDIZZONE ADRIANO, FUDA
NICODEMO, VAIO LUIGI, SCUTO MARIA, POPA DUMITREL,
BOBOCEA VIOLETA, AVWA AGATA, BARILE ROSANNA, DI
DOMENICO MASSIMO, SANDRETTI GIOVANNI, GAMBALUNGA MARCO,

e difeso dall’avvocato SIMONA MARIA CAZZANIGA, per

ALESSIO SILVIA LUCIA, GIACOMELLO MARTA MARIA, GUIDETTO
ALESSANDRA, CORONATO ANNA, CONTARDO MAURO, TORCHIO
GIANCARLO, GELSOMINO LUCIANO, GIORDANO ROSARIO,
COLONNELLI GIOVANNI;

Intimati

di TORINO, depositata il 10/03/2009;
udita la relazione

della

causa svolta nella pubblica

udienza del 07/07/2015 dal Consigliere Dott. SALVATORE
DI PALMA;
uditi gli avvocati

Decio

Nicola MATTEI

per delega

dell’avvocato Marso Passalacqua, Giuseppe DE TOMMASO;
udito il P.M. in persona dell’Avvocato Generale

Dott.

UMBERTO APICE, che ha concluso per il rigetto o
inammissibilità del ricorso.

avverso la sentenza n. 361/2009 della CORTE D’APPELLO

Svolgimento del processo
1.

— A séguito di istanze di dipendenti e di creditori della s.r.l.

unipersonale Illochroma Italia in liquidazione (società operante nel settore
dell’industria grafica), con sede legale e stabilimento in Castellamonte (TO),
il Tribunale di Ivrea, con sentenza del 20 ottobre 2008, dichiarò il fallimento
di tale Società, quale procedura secondaria ai sensi degli artt. 3, § 2, e 27 e

relativo alle procedure di insolvenza, limitatamente ai beni presenti in Italia;
ciò, in considerazione del fatto che la stessa Società era stata
precedentemente sottoposta in Francia alle procedure di

redressement

judiciaire e di liquidation judiciaire che il Tribuna! de Commerce de RoubaixTourcoing aveva previamente instaurato con jugement, rispettivamente, del
21 aprile 2008 e del 15 luglio-25 novembre 2008.
2.

Avverso tale sentenza la s.r.l. Illochroma Italia in liquidazione

propose reclamo alla Corte d’Appello di Torino, al quale resistettero il
Fallimento della s.r.l. Illochroma Italia in liquidazione e tutti i creditori
istanti.
La Corte adita, con la sentenza n. 361/2009 del 10 marzo 2009, ha
rigettato il reclamo.
In particolare, per quanto in questa sede rileva, la Corte ha motivato
come segue:
A) «Il contrasto interpretativo sorge [….] li dove si tratta di stabilire se
sia possibile aprire una procedura secondaria, come tale concorrente con
quella principale secondo le disposizioni del Regolamento n. 1346/2000,
allorché non vi sia una pluralità di sedi produttive o amministrative della
stessa impresa dislocate in territori cui fanno capo ordinamenti giuridici
diversi, ma esista un solo sito di produzione dell’attività economica, per di
più coincidente con la sede legale. Il problema specifico nasce dal fatto che il
Tribunale di commercio di Roubaix-Tourcoing, premesso che la Illochroma
Italia é società del gruppo omonimo, con a capo la Illochroma Group,
holding finanziaria di diritto belga che detiene il 100% delle quote delle
partecipate, tra cui, appunto, la Illochroma Italia e la Illochroma Francia, ha
ritenuto che il socio di maggioranza della holding, Didier Muller, titolare del
i

ss. del Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000,

93% delle quote di quest’ultima, gestiva le attività del gruppo e delle
partecipate dalla sede della Illochroma Francia, posta in Croix. Presso tale
sede, ha ritenuto il giudice transalpino, si svolgeva l’effettiva attività di
direzione generale, operativa e strategica, era assunta la maggior parte
delle decisioni riguardanti il gruppo e ciascuna società controllata, si
svolgevano le riunioni con i responsabili operativi delle entità straniere e si
definivano le politiche commerciali. Tutto ciò, secondo il Tribunale francese,
vale a superare la presunzione semplice di corrispondenza del centro degli
interessi principali della società italiana con la sede legale, sita in
Castellamonte, e a radicare in Francia la procedura d’insolvenza principale
[…]»;
Al) «Per le ragioni premesse è certo che la pronuncia del giudice

francese non possa essere messa in discussione in questa sede [….]. È
altrettanto indiscutibile, pertanto, che non è possibile instaurare altra
procedura d’insolvenza principale nei confronti della Illochroma Italia. Da
tale premessa non può farsi scaturire, però, la conclusione sostenuta dalla
parte reclamante, affetta da un’intrinseca contraddizione logico-giuridica
che, basata su un’impropria scissione del contenuto del provvedimento
giurisdizionale che ha instaurato la procedura principale, contrasta con
l’interpretazione teleologico-sistematica della fonte comunitaria. Il
riconoscimento della decisione dell’autorità francese, ex art. 16 del
Regolamento comporta non solo che non possa essere aperta in altri Stati
membri altra procedura principale, ma implica altresì – l’una affermazione
non potendosi separare dall’altra – l’accertamento positivo, del pari efficace
in ogni Stato membro, che il centro degli interessi principali della Illochroma
Italia s.r.l. non coincide con la relativa sede legale, ubicata in Castellamonte.
Detta efficacia determina la formazione di una regula iuris assimilabile a
quella di un giudicato esterno [viene richiamata la sentenza delle S.U. n.
9743 del 2008], che come tale non può essere contraddetta in nessuna delle
proposizioni in cui si articola la ratio decidendi. Ciò premesso, la sentenza
francese non afferma, né del resto avrebbe potuto affermare per difetto di
competenza comunitaria al riguardo, che la sede di Castellamonte non possa
essere considerata quale dipendenza ai fini di un’eventuale procedura
secondaria. Al contrario, ritenendo superata la presunzione semplice di cui
all’art. 3, par. 1, del Regolamento, lascia impregiudicato il problema della
2

,.

qualificazione giuridica della struttura produttiva di Castellamonte. La
soluzione proposta dal reclamante, giocata su ciò, che la coesistenza di una
procedura principale e di una secondaria è ammissibile solo a condizione che
ricorra una pluralità di sedi, non trova riscontro nella disciplina positiva. Il
Regolamento [….] distingue non già tra sede principale e sedi secondarie,
ma fra centro degli interessi principali e dipendenza;

e nell’operare tale

suddivisione non afferma che l’una e le altre siano connotate da analoghe
strutture produttive differenziate fra loro in senso quali-quantitativo. Al
contrario, il centro degli interessi principali ben può prescindere dal luogo in
cui è ubicato il fattore capitale e dislocata la forza lavoro, tant’è che per le
società il C.O.M.I.

[Center Of Main Interests] si presume, salvo prova

contraria, coincidente con la sede statutaria e non già con il principale
stabilimento. Pur nella sua genericità, la dipendenza è tipizzata, invece,
dall’art. 2, lett. h), del Regolamento, che la qualifica come “luogo di
operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività
economica con mezzi umani e con beni”, il quale presuppone un rapporto
subalterno non necessariamente rispetto ad altra struttura produttiva, ma
con il principale centro direttivo, abbia o non quest’ultimo una propria
autonomia sotto il profilo strettamente aziendale»;
A2) «Vi è un’ulteriore ragione ostativa ad impostare la soluzione del
problema in esame nei termini indicati dalla parte reclamante, ossia nel
senso che vi sia un’incompatibilità di tipo ontologico tra dipendenza e sede
unica e che, pertanto, aperta la procedura principale non possa essere
instaurato un procedimento secondario in funzione liquidatoria dei beni
dell’unica sede, ancorché ubicata in uno Stato diverso da quello M cui pende
la procedura principale. Sebbene sia il centro degli interessi principali sia la
dipendenza siano concetti che il Regolamento associa alla figura del giudice
competente (vedi gli artt. 3, 16 e 27), solo il primo assolve la funzione di
individuare all’interno degli Stati membri quali siano i giudici investiti della
competenza comunitaria. La nozione di dipendenza opera, invece, a ben
vedere, non come criterio di competenza, essendo quest’ultima destinata a
ripartirsi secondo le regole proprie dell’ordinamento giuridico nazionale cui la
dipendenza si associa ratione loci, ma quale unica condizione oggettiva di
ammissibilità della procedura secondaria (non essendo necessaria, ai sensi
dell’art. 27, la verifica dello stato di insolvenza, siccome già effettuata dal
3

,

giudice che ha disposto la procedura principale). La diversa valenza dei due
concetti esclude che il riconoscimento della pronuncia che dispone la
procedura principale possa ipotecare in alcun modo il tema di ammissibilità
di quella secondaria. L’efficacia del primo opera a livello processuale,
impedendo un’ulteriore e antagonista_dichiarazione di insolvenza principale
da parte di giudici di altro Stato membro, nonché a livello determinativo
della lex fori concursus (art. 4), ma non anche nel senso di precludere o
limitare l’accertamento delle condizioni di instaurazione di un procedimento
di insolvenza secondario. Non solo, ma proprio la circostanza che il centro
degli interessi principali dell’impresa debitrice è accertato una e una sola
volta ed è riconosciuto in via di self execution in tutti gli Stati membri, con
una forza parificabile al giudicato, provoca, semmai, un effetto opposto nei
procedimenti intesi ad instaurare procedure secondarie, perché impedendo
di rimettere in discussione l’individuazione del C.O.M.I., asta, altresì, a che il
concetto di dipendenza possa essere escluso in un dato caso non perché
irriducibile alla relativa nozione tipica, ma in quanto coincidente con il centro
degli interessi principali, ancorché questo sia stato già altrimenti fissato dal
provvedimento di apertura del procedimento principale».
B) «Anche le sollevate obiezioni di funzionalità delle due procedure, in
quanto concorrenti sui medesimi beni, sicché la secondaria finirebbe per
sottrarre alla principale il suo stesso oggetto, non sembrano possedere
un’efficacia dirimente. Nel Regolamento [….] universalità e territorialità sono
destinate non solo a contemperarsi, ma anche a coadiuvare tra loro in
funzione servente rispetto al principio di cooperazione fra gli Stati membri
nel perseguire l’obiettivo di un miglior funzionamento del mercato interno
[viene richiamato ed esplicitato il 19° Considerando del Regolamento]. Che i
due principi non operino l’uno in funzione di limite esterno dell’altro, ma in
vista del conseguimento di un risultato necessariamente comune, è
dimostrato, del resto, da svariate diposizioni che confermano l’interscambio
tra le due procedure [viene richiamata la disciplina di cui agli artt. 31, §§ 1,
2 e 3, 32, §§ 1, 2 e 3, 33, 34 e 37]. Da siffatto angolo prospettico imposto
dallo spirito e dalle norme del Regolamento, appare recessiva tanto l’idea di
attribuire una sorta di primato assoluto al principio di universalità, secondo
una logica di privativa giurisdizionale, quanto la congettura che il criterio di
territorialità ne costituisca il sia pur parziale antidoto, operando in un’ottica
4

,

di separazione patrimoniale. Proprio la circostanza per cui la procedura
secondaria presenta ampi margini di intervento a vantaggio del curatore del
procedimento principale dimostra che i principi di cooperazione e di
reciproco affidamento prevalgono nel perseguire un interesse comune,
consistente nel governare efficacemente l’insolvenza nell’interesse dei
creditori e non degli Stati»;

dimostrata) di qualsivoglia attivo nella procedura principale diverso dai beni
ricadenti nel procedimento secondario non ostacola l’esercizio di alcuna delle
facoltà attribuite al curatore della procedura principale (né per contro
impedisce ai creditori insinuati o che si insinueranno in quest’ultima di far
valere le proprie ragioni nel diverso ambito territoriale), sicché la prefigurata
assenza di due diverse masse attive non costituisce argomento per
escludere l’ammissibilità della dichiarata procedura secondaria».
C) «Né tanto meno è denunciabile una carenza di interesse a
quest’ultima [procedura secondaria] da parte dei creditori, per il fatto che la
sentenza impugnata avrebbe provocato la sospensione della liquidazione dei
beni già avviata dal curatore della procedura principale. Ciò per l’ovvia
considerazione che: a) l’interesse ad agire in via esecutiva (e tale è quella
che si svolge con le forme concorsuali) è dato dalla legge e si sottrae,
pertanto, alla valutazione del giudice (che può essere effettuata solo per le
azioni di accertamento mero); b) la carenza di interesse ad agire non può
essere autocertificata dalla stessa parte che resiste all’azione, sostituendo il
proprio giudizio a quello dell’attore sulle prospettive di miglior appagamento
della pretesa».
3. — Avverso tale sentenza la s.r.l. Illochroma Italia in liquidazione e in
liquidation judiciaire ha proposto ricorso per cassazione, deducendo cinque
motivi di censura.
Resistono, con distinti controricorsi, il Fallimento della s.r.l. Illochroma
Italia in liquidazione e l’avvocato Stefano Sutti.
4. —

Il Procuratore generale, all’esito dell’odierna udienza di

discussione, ha concluso, chiedendo il rigetto o, in subordine,
l’inammissibilità del ricorso.
5

Bi) «Nel caso che qui ne occupa, l’assenza (peraltro affermata e non

Motivi della decisione
1.

– Con il primo motivo (con cui deduce:

«Violazione e falsa

applicazione dell’art. 3 e dell’art . 2, lett. h, del Regolamento, in relazione
all’art. 360, n. 3, c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha ritenuto che tali
norme consentono l’apertura di più procedure di insolvenza anche nel caso
in cui l’impresa abbia un’unica sede»),

la ricorrente critica la sentenza

sulla premessa che la Società ha un’unica sede in Italia (Castellamonte) e
che la procedura principale è stata legittimamente aperta in Francia in
quanto il C.O.M.I. [Center Of Main Interests] ivi era stato individuato sostiene che la corretta interpretazione degli articoli del Regolamento
conduce alla conclusione che non è consentito aprire una procedura
secondaria nel caso – quale quello di specie – in cui l’impresa abbia un’unica
sede.
Con il secondo motivo (con cui deduce: «Violazione e falsa applicazione
dell’art. 3 e dell’art 27 del Regolamento, in relazione all’art. 360, n. 3,
c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha ritenuto ammissibile l’apertura di una
procedura secondaria di insolvenza la cui massa attiva e passiva coincide
perfettamente con la massa attiva e passiva della procedura principale di
insolvenza precedentemente aperta in un altro ordinamento»), la ricorrente
critica ancora la sentenza impugnata (cfr.,

supra,

Svolgimento del

processo, n. 2., lettere B e Bl), sostenendo che l’interpretazione della
Corte torinese conduce ad una palese contraddizione in contrasto con gli
artt. 3 e 27 del Regolamento – «da un lato si afferma (correttamente) che il
principio di universalità e territorialità devono convivere nel perseguimento
di un unico obiettivo comune, anche perché non vi è supremazia dell’uno
sull’altro e, dall’altro, si ritiene (erroneamente) che la procedura secondaria
ben possa privare quella principale di tutto l’attivo e di tutto il passivo,
paralizzandola e rendendola di fatto inutile e priva di efficacia» (cfr. Ricorso,
pag. 36) -, e che, invece, l’art. 27 presuppone che ad una pluralità di
procedure corrisponda una pluralità di sedi e, quindi, di masse attive.

Con il terzo motivo (con cui deduce: «Violazione e falsa applicazione
dell’ad 2, lett. h, e dell’art. 3 del Regolamento, in relazione all’art. 360, n.
3, c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha ritenuto che tali norme legittimino
6

i

I

impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2., lettera Al), e –

l’apertura di una procedura secondaria di insolvenza nonostante la pacifica e
definitiva cessazione della attività di impresa della Illochroma, intervenuta
prima che fosse stata presentata l’istanza di apertura della procedura
secondaria»), la ricorrente critica la sentenza impugnata per le ragioni
indicate in rubrica.
Entrambi i controricorrenti eccepiscono l’inammissibilità di tale motivo,

Fallimento, pag. 32; Controricorso Sutti, pag. 33), sia perché si risolverebbe
in una inammissibile richiesta di riesame del fatto (Controricorso Sutti, pag.
33).
Con il quarto motivo (con cui deduce: «Insufficiente e/o contraddittoria
motivazione su un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione
all’art. 360, n. 5, c.p.c., laddove la Corte d’Appello, pur riconoscendo il
principio di riconoscimento automatico della decisione francese di apertura
della procedura principale di insolvenza, di cui all’art. 16 del Regolamento,
ha poi di fatto privato tale decisione di qualsivoglia contenuto, avendo
confermato la legittimità della sentenza del Tribunale di Ivrea di apertura di
una procedura secondaria di insolvenza avente ad oggetto esattamente i
medesimi beni già assoggettati alla procedura principale francese»),

la

ricorrente critica la sentenza impugnata anche in ragione degli illegittimi
effetti dalla stessa prodotti: una illecita sovrapposizione delle due procedure
sulle stesse identiche masse attive e passive; una paralisi della procedura
principale francese, che non è stata affatto riconosciuta all’interno
dell’ordinamento italiano ma, al contrario, è stata resa di fatto inefficace
all’interno dello stesso ordinamento; un assurdo quanto deprecabile conflitto
positivo di giurisdizione tra il Tribunale francese e il Tribunale di Ivrea.
Con il quinto motivo (con cui deduce: «Violazione e falsa applicazione
dell’art. 100 c.p.c. e dell’art. 29 del Regolamento, in relazione all’art. 360, n.
3, c.p.c., laddove la Corte d’Appello ha ritenuto che (i) sussista l’interesse
ad agire degli odierni Resistenti (li) l’interesse ad agire in via esecutiva
anche nelle forme concorsuali, si sottragga alla valutazione del Giudice e (iii)
la carenza di interesse ad agire non possa essere eccepita dalla parte che
resiste all’azione, con riferimento alle prospettive di miglior soddisfazione
della pretesa avanzata dall’attore»),

la ricorrente

sulla premessa che
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sia perché conterrebbe una censura del tutto nuova (Controricorso

manca una “dipendenza” dell’impresa in Italia – critica la sentenza
impugnata (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2., lettera C),
sostenendo in definitiva che gli odierni resistenti non subirebbero alcun
danno dalla mancata apertura di una procedura secondaria in Italia.
1.1. – Preliminarmente, il controricorrente Stefano Sutti eccepisce
l’inammissibilità del ricorso per due diverse ragioni: in primo luogo, perché il

sull’identità e rappresentanza della parte ricorrente».
Ambedue le eccezioni sono infondate.
La prima, perché – posto che la sentenza impugnata è stata notificata
in data 23 marzo 2009 -, contrariamente a quanto affermato dal
controricorrente, la consegna del ricorso per cassazione all’ufficiale
giudiziario è avvenuta in data 22 aprile 2009, il giorno successivo 23 aprile
2009 essendo stato dato soltanto inizio al procedimento di notificazione a
mezzo del servizio postale, con la spedizione del plico raccomandato.
La seconda, perché – posto che l’intestazione del ricorso e la procura
ad litem a margine dello stesso indicano il Sig. Jéreime Theetten quale
«mandataire pro tempore» e il Sig. Franck Barbe quale «liquidatore pro
tempore» della s.r.l. unipersonale Illochroma Italia in liquidazione – è del
tutto evidente che il primo nominativo si riferisce alla procedura francese di
liquidation judiciaire,

mentre il secondo è il vero e proprio organo

rappresentativo della Società, posta in liquidazione volontaria in Italia con la
deliberazione assunta in data 6 marzo 2008, sicché, a tutto concedere, il
primo nominativo sarebbe meramente sovrabbondante e privo di effetti e,
dunque, non vizierebbe la procura ad litem.
2. – Il ricorso non merita accoglimento.
2.1. – La fattispecie sottostante al presente ricorso sta in ciò: a) che il
Tribuna! de Commette de Roubaix-Tourcoing –

con

jugement,

rispettivamente, del 21 aprile 2008 e del 15 luglio-25 novembre 2008 – ha
disposto, prima, la messa in amministrazione controllata di tutte le società
del Gruppo Illochroma (procedura di redressement judiciaire), ivi inclusa la
s.r.l. unipersonale Illochroma Italia in liquidazione, e ha aperto, poi, una
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ricorso medesimo sarebbe intempestivo; in secondo luogo, «per incertezza

”procedura di insolvenza principale”, in particolare di liquidation judiciaire,
anche nei confronti della s.r.l. unipersonale Illochroma Italia in liquidazione,
ai sensi dell’art. 3, § 1, del menzionato Regolamento n. 1346 del 2000, in
considerazione del fatto che «il centro degli interessi principali» di tale
Società era situato in Francia; b) che successivamente, a séguito di istanze
di dipendenti e di creditori della stessa s.r.l. unipersonale Illochrorna Italia in

legale e stabilimento produttivo in Castellannonte (TO), il Tribunale di Ivrea
– considerata tale Società «dipendenza» della Società insolvente in Francia,
e ritenuto di poter aprire una “procedura secondaria” di insolvenza ai sensi
degli artt. 3, § 2, e 27 e ss. del medesimo Regolamento (CE) n. 1346 del
2000 -, con sentenza del 20 ottobre 2008, ha dichiarato il fallimento della
stessa Società, limitatamente ai beni presenti in Italia.
Alcuni dei motivi del ricorso pongono la specifica questione – che, per
la prima volta, è sottoposta all’esame di questa Corte – consistente nello
stabilire se, nella su descritta fattispecie, sia legittimo o no, ai sensi dell’art.
3, § 2, del Regolamento (CE) n. 1346 del 2000, relativo alle procedure di
insolvenza, aprire in Italia una procedura di insolvenza secondaria di una
società con unica sede legale e produttiva in Italia, successivamente
all’apertura in Francia di una procedura di insolvenza principale della
medesima società, ove questa ha «il centro degli interessi principali», ai
sensi dell’art. 3, § 1, dello stesso Regolamento medesimo.
3.2. – Il quadro normativo di riferimento, pertinente per la risoluzione
di tale questione e, comunque, per la decisione sui motivi del ricorso, è
costituito, per un verso, da alcune diposizioni del citato Regolamento n.
1346 del 2000, per l’altro – ancorché parzialmente -, dalla recente sentenza
della Corte di giustizia dell’Unione europea (Prima Sezione) 4 settembre
2014, pronunciata nella causa C-327/13, sentenza che, sebbene non
richiamata da nessuna delle parti (le quali non hanno depositato memoria ai
sensi dell’art. 378 cod. proc. civ.), rileva con efficacia vincolante – come si
vedrà più oltre in dettaglio – per l’interpretazione e per l’applicazione dello
stesso Regolamento alla fattispecie.

9

I

liquidazione (società operante nel settore dell’industria grafica), con sede

2.2.1. – Quanto alle disposizioni del menzionato Regolamento sono

rilevanti:
a) l’art 2 (intitolato «Definizioni»), lettera h), secondo cui: «Ai fini del
presente regolamento, s’intende per: [….] h) “Dipendenza”, qualsiasi luogo
di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un’attività
economica con mezzi umani e con beni». Al riguardo, è utile rammentare

conto del fatto che, in considerazione delle notevoli differenze fra i diritti
sostanziali, non è realistico istituire un’unica procedura di insolvenza avente
valore universale per tutta la Comunità. Pertanto, l’applicazione senza
deroghe del diritto dello Stato che apre la procedura causerebbe spesso
difficoltà. [….] Il presente regolamento vuole tenerne conto [….],
prevedendo [….], oltre ad una procedura principale di insolvenza di carattere
universale, anche procedure locali che comprendano unicamente il
patrimonio situato nello Stato di apertura»;
b) l’art. 3 (intitolato «Competenza internazionale»), il quale dispone,
tra l’altro, quanto segue: «1. Sono competenti ad aprire la procedura di
insolvenza i giudici dello Stato membro nel cui territorio è situato il centro
degli interessi principali del debitore. Per le società e le persone giuridiche si
presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il
luogo in cui si trova la sede statutaria.

2. Se il centro degli interessi

principali del debitore è situato nel territorio di uno Stato membro, i giudici
di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura di
insolvenza nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza
nel territorio di tale altro Stato membro. Gli effetti di tale procedura sono
limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio. 3. Se è aperta
una procedura di insolvenza ai sensi del paragrafo 1, le procedure
d’insolvenza aperte successivamente aí sensi del paragrafo 2 sono
procedure secondarie. Tale procedura è obbligatoriamente una procedura di
liquidazione [….]»;
– l’art. 16 (intitolato

«Principio»), il quale così dispone:

«1.

La

decisione di apertura della procedura di insolvenza da parte di un giudice di
uno Stato membro, competente in virtù dell’articolo 3, è riconosciuta in tutti
10

che 1 1 11° Considerando così motiva: «(11) Il presente regolamento tiene

gli altri Stati membri non appena essa produce effetto nello Stato in cui la
procedura è aperta. Tale disposizione si applica anche quando il debitore,
per la sua qualità, non può essere assoggettato a una procedura di
insolvenza negli altri Stati membri. 2. Il riconoscimento di una procedura di
cui all’articolo 3, paragrafo 1, non osta all’apertura di una procedura di cui
all’articolo 3, paragrafo 2, da parte del giudice di un altro Stato membro.
Quest’ultima è una procedura secondaria di insolvenza ai sensi del capitolo

– l’art. 27 (intitolato «Apertura»), che così dispone: «La procedura di
cui all’articolo 3, paragrafo 1, aperta da un giudice di uno Stato membro e
riconosciuta in un altro Stato membro (procedura principale) permette di
aprire, in quest’altro Stato membro, i cui giudici siano competenti ai sensi
dell’articolo 3, paragrafo 2, una procedura secondaria d’insolvenza, senza
che in questo altro Stato sia esaminata l’insolvenza del debitore. Tale
procedura deve essere una delle procedure che figurano nell’allegato B. I
suoi effetti sono limitati ai beni del debitore situati in tale altro Stato
membro».
Riguardo a tali disposizioni, è utile rammentare il 12°, il 18° e il 19°
Considerando,

che così, rispettivamente, motivano:

«(12) Il presente

regolamento consente di aprire la procedura principale d’insolvenza nello
Stato membro nel quale è situato il centro degli interessi principali del
debitore. Tale procedura ha portata universale e tende a comprendere tutti i
beni del debitore. Per tutelare tutti i diversi interessi, il regolamento
permette di aprire una procedura secondaria in parallelo con la procedura
principale. La procedura secondaria può essere aperta nello Stato membro
in cui il debitore ha una dipendenza. Gli effetti della procedura secondaria
sono limitati ai beni situati in tale Stato [….]»; «(18) In seguito all’apertura
della procedura principale di insolvenza, il diritto di chiedere l’apertura di
una procedura di insolvenza nello Stato membro in_cui il debitore ha una
dipendenza non è limitato dal presente regolamento. Il curatore della
procedura principale o chiunque sia a ciò legittimato ai sensi della legge
nazionale di tale Stato membro può chiedere l’apertura di una procedura
secondaria di insolvenza»; «(19) Le procedure secondarie di insolvenza
possono avere diversi scopi, oltre a quello della tutela dell’interesse locale.
11

III»;

Può accadere ad esempio che il patrimonio del debitore sia troppo
complesso da amministrare unitariamente o che le divergenze tra gli
ordinamenti giuridici interessati siano così rilevanti che possono sorgere
difficoltà per l’estendersi degli effetti derivanti dal diritto dello Stato di
apertura della procedura agli altri Stati nei quali i beni sono situati. Per
questo motivo il curatore della procedura principale può chiedere l’apertura
di una procedura secondaria quando ciò sia necessario per una gestione

c) l’art. 28 (intitolato «Legge applicabile»), che così dispone: «Salvo
disposizioni contrarie del presente regolamento, si applica alla procedura
secondaria la legge dello Stato membro nel cui territorio questa è aperta»;
d)

l’art. 29 (intitolato

«Diritto di chiedere l’apertura»),

che così

dispone: «L’apertura di una procedura secondaria può essere chiesta: a) dal
curatore della procedura principale; b) da qualsiasi altra persona o autorità
legittimata a chiedere l’apertura di una procedura di insolvenza secondo la
legge dello Stato membro nel cui territorio è chiesta l’apertura della
procedura secondaria».
2.2.2. – Quanto alla menzionata sentenza della Corte UE del 4
settembre 2014, la stessa ha ad oggetto la domanda di pronuncia
pregiudiziale, proposta alla Corte, ai sensi dell’art. 267 del TFUE, dalla Cour
d’appel de Bruxelles nel procedimento promosso dalla S.p.a Burgo Group
contro la S.A. Illochroma in liquidazione e .léKirrie Theetten, in qualità di
liquidatore della S.A. Illochroma in liquidazione.
Al fine verificare la già affermata – parziale – pertinenza di tale
sentenza alla risoluzione della principale questione posta dal ricorso in
esame, è indispensabile prender le mosse dalla fattispecie sottostante al
procedimento nell’ambito del quale sono state formulate le domande di
pronuncia pregiudiziale.
Tale fattispecie – per quanto in questa sede rileva – è così descritta
dalla Corte UE (nn. da 11 a 18): «1121 aprile 2008 il Tribunal de commerce
de Roubaix-Tourcoing [….] (Francia) ha disposto la messa in
amministrazione controllata di tutte le società del gruppo Illochroma, ivi
12

efficace dell’attivo»;

< inclusa la società Illochroma, con sede in Bruxelles (Belgio), e ha nominato commissario l'avv. Theetten. Il 25 novembre 2006 Io stesso tribunale ha disposto la messa in liquidazione giudiziale della società Illochroma (in prosieguo: la «Illochroma») e nominato l'avv. Theetten in qualità di liquidatore. [....] La Burgo Group, con sede in Altavilla Vicentina-Vicenza (Italia), è creditrice della Illochroma per averle fornito merci rimaste non pagate. Il 4 novembre 2008, la Burgo Group ha trasmesso all'avv. Theetten lettera del 5 novembre 2008, l'avv. Theetten ha comunicato alla Burgo Group di non poter prendere in considerazione detta dichiarazione di credito in quanto tardiva. [....] II 15 gennaio 2009, la Burgo Group ha chiesto l'apertura di una procedura secondaria nei confronti della Illochroma dinanzi al Tribunal de cammei-ce de Bruxelles (Belgio) [....]. Poiché tale domanda è stata respinta in primo grado, la Burgo Group ha interposto appello dinanzi al giudice del rinvio, reiterando la propria richiesta iniziale. [....] Il giudice del rinvio osserva a tal proposito che il regolamento definisce la "dipendenza" come qualsiasi luogo in cui il debitore eserciti in maniera non transitoria un'attività economica con mezzi umani e con beni, il che ricorre nella fattispecie. Infatti, in Belgio la Illochroma ha due sedi di attività, è proprietaria di un immobile, acquista e rivende merci e impiega personale. [....] Per contro, i convenuti nel procedimento principale sostengono che, dato che la Illochroma ha la sua sede sociale in Belgio, questa non può essere considerata come una dipendenza ai sensi del regolamento. Infatti, le procedure secondarie sarebbero riservate alle dipendenze prive di personalità giuridica. [....] Secondo il giudice del rinvio, ai sensi del diritto belga applicabile alla fattispecie qualsiasi creditore, anche stabilito al di fuori del Belgio, può citare il suo debitore nella procedura di fallimento dinanzi a un giudice belga. Orbene, la Illochroma sostiene che tale diritto è riservato ai creditori con sede nello Stato membro del giudice adito con la domanda di apertura della procedura secondaria, posto che detta procedura avrebbe come unico scopo la tutela degli interessi locali. [....] Infine, il giudice del rinvio osserva che il regolamento non specifica se la facoltà offerta alle persone di cui al suo articolo 29 di chiedere, nello Stato membro in cui si trova la dipendenza, l'apertura di una procedura secondaria, sia un diritto che deve essere riconosciuto dal giudice competente oppure se quest'ultimo 13 I I una dichiarazione di credito per un importo di Ell1R 359 778,48. [....] Con possa valutare l'opportunità di accogliere la domanda, in particolare al fine di salvaguardare interessi locali». Ponendo a raffronto tale fattispecie con quella sottostante al ricorso in esame (cfr., supra, n. 2.1.), è immediato il rilievo che esse sono quasi speculari. Infatti: a) la procedura di insolvenza principale aperta in Francia relativamente a tutte le società del gruppo Illochroma è comune alla b) ambedue le Società hanno sedi legali e produttive, rispettivamente, in Italia ed in Belgio; c) in entrambi i casi si controverte sulla legittimità - sia pure sotto profili parzialmente diversi - dell'apertura di una procedura di insolvenza secondaria nei due Stati membri - Italia e Belgio - diversi dalla Francia. Ne consegue la doverosa applicabilità della predetta sentenza della Corte UE anche alla presente fattispecie. Due delle tre questioni pregiudiziali sollevate . dalla Cour d'appel de Bruxelles - come riformulate dalla Corte UE - sono le seguenti: 1) «[....] se l'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento debba essere interpretato nel senso che, nell'ambito della messa in liquidazione di una società in uno Stato membro diverso da quello in cui essa ha la sua sede I legale, detta società possa essere oggetto anche di una procedura secondaria nell'altro Stato membro, dove essa ha la sua sede legale e dove è dotata di personalità giuridica» (n. 20); 2) «[....] se l'articolo 29, lettera b), del regolamento debba essere interpretato nel senso che la persona o l'autorità legittimata a chiedere l'apertura di una procedura secondaria deve essere domiciliata o avere la propria sede sociale nello Stato membro in cui è chiesta tale procedura, o se tale apertura possa essere chiesta da tutti i cittadini il cui credito sia sorto nell'ambito dell'attività della dipendenza in questione» (n. 40); La Corte di Lussemburgo ha così risposto: i.) «L'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, dev'essere interpretato nel senso che, in caso di messa in liquidazione di 14 i Illochroma italiana ed a quella belga; una società in uno Stato membro diverso da quello dove essa ha la sua sede legale, detta società può essere oggetto anche di una procedura secondaria di insolvenza nell'altro Stato membro, dove essa ha la sua sede legale e dove è dotata di personalità giuridica»; 2) «L'articolo 29, lettera b), del regolamento n. 1346/2000 deve essere interpretato nel senso che la questione di sapere quale persona o autorità insolvenza deve essere valutata sulla base del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stata chiesta l'apertura di detta procedura. Tuttavia, il diritto di chiedere l'apertura di una procedura secondaria di insolvenza non può essere limitato ai soli creditori domiciliati o aventi la loro sede sociale nello Stato membro nel quale si trova la dipendenza in questione ovvero ai soli creditori il cui credito derivi dall'esercizio di tale dipendenza»; 2.3. - Questo essendo il quadro normativo di riferimento, debbono esaminarsi i singoli motivi del ricorso. 2.3.1. - Il primo motivo - a conclusione del quale la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: «[....] se sia legittimo, ai sensi dell'art. 3 e dell'art. 2, lett. h), del Regolamento CE n. 1346 del 29 maggio 2000, aprire una procedura di insolvenza secondaria in Italia, ove è situata l'unica sede del debitore insolvente, pur in presenza di una procedura di insolvenza principale precedentemente aperta in Francia, dove è stato individuato dal competente tribunale il centro principale degli interessi del debitore, ma non anche un'altra sede o dipendenza del debitore stesso» - è privo di fondamento. Con tale motivo, la ricorrente - sulla premessa che la Società ha un'unica sede in Italia (Castellamonte) e che la procedura principale è stata legittimamente aperta in Francia in quanto il C.O.M.I. [Center Of Main Interests] ivi era stato individuato - sostiene, in definitiva, che la corretta interpretazione degli articoli del Regolamento conduce alla conclusione che è consentito aprire una procedura secondaria di insolvenza soltanto nel caso che non ricorre nella specie - in cui l'impresa abbia una pluralità di sedi. 15 sia legittimata a chiedere l'apertura di una procedura secondaria di ! Come già rilevato, i Giudici a quibus - i quali si erano posti il quesito «[....] se sia possibile aprire una procedura secondaria, come tale concorrente con quella principale secondo le disposizioni del Regolamento n. 1346/2000, allorché non vi sia una pluralità di sedi produttive o amministrative della stessa impresa dislocate in territori cui fanno capo ordinamenti giuridici diversi, ma esista un solo sito di produzione dell'attività questa tesi, correttamente osservando al riguardo che: a) «Il Regolamento [....] distingue non già tra sede principale e sedi secondarie, ma fra centro degli interessi principali e dipendenza; e nell'operare tale suddivisione non afferma che l'una e le altre siano connotate da analoghe strutture produttive differenziate fra loro in senso quali-quantitativo. Al contrario, il centro degli interessi principali ben può prescindere dal luogo in cui è ubicato il fattore capitale e dislocata la forza lavoro, tant'è che per le società il C.O.M.I. si presume, salvo prova contraria, coincidente con la sede statutaria e non già con il principale stabilimento»; b) «Pur nella sua genericità, la dipendenza è tipizzata, invece, dall'art. 2, lett. h), del Regolamento, che la qualifica come "luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un'attività economica con I mezzi umani e con beni", il quale presuppone un rapporto subalterno non necessariamente rispetto ad altra struttura produttiva, ma con il principale centro direttivo, abbia o non quest'ultimo una propria autonomia sotto il profilo strettamente aziendale»; c) «Sebbene sia il centro degli interessi principali sia la dipendenza siano concetti che il Regolamento associa alla figura del giudice competente (vedi gli artt. 3, 16 e 27), solo il primo assolve la funzione di individuare all'interno degli Stati membri quali siano i giudici investiti della competenza comunitaria. La nozione di dipendenza opera, invece, a ben vedere, non come criterio di competenza, essendo quest'ultima destinata a ripartirsi secondo le regole proprie dell'ordinamento giuridico nazionale cui la dipendenza si associa ratione loci, ma quale unica condizione oggettiva di ammissibilità della procedura secondaria (non essendo necessaria, ai sensi dell'art. 27, la verifica dello stato di insolvenza, siccome già effettuata dal 16 I economica, per di più coincidente con la sede legale» - hanno già respinto giudice che ha disposto la procedura principale). La diversa valenza dei due concetti esclude che il riconoscimento della pronuncia che dispone la procedura principale possa ipotecare in alcun modo il tema di ammissibilità di quella secondaria. L'efficacia del primo opera a livello processuale, impedendo un'ulteriore e antagonista dichiarazione di insolvenza principale da parte di giudici di altro Stato membro, nonché a livello determinativo della lex fori con cursus (art. 4), ma non anche nel senso di precludere o di insolvenza secondario». Tale ratio decidendi trova significative e sostanziali convergenze con le considerazioni svolte dalla Corte UE con la più volte menzionata sentenza. Infatti, la Corte UE ha così, tra l'altro, argomentato: a) «Per quanto riguarda detto centro degli interessi principali, l'articolo 3, paragrafo 1, seconda frase, del Ihgolamento prevede che, per le società e le persone giuridiche, si presume che il centro degli interessi principali sia, fino a prova contraria, il luogo in cui si trova la sede statutaria. Risulta dunque dalla stessa formulazione di questa disposizione che il centro degli interessi principali di una società può non coincidere, ai fini dell'applicazione del regolamento, con il luogo in cui si trova la sua sede statutaria. Inoltre, si deve ricordare che, ai sensi del considerando 18 del regolamento [cfr., supra, n. 2.2., lettera b], in seguito all'apertura della procedura principale, il diritto di chiedere l'apertura di una procedura di insolvenza nello Stato membro in cui il debitore ha una dipendenza non è limitato dal regolamento. Quindi, l'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento prevede che, in tale ipotesi, i giudici di un altro Stato membro sono competenti ad aprire una procedura secondaria nei confronti del debitore solo se questi possiede una dipendenza nel territorio di tale altro Stato membro» (nn. 29 e 30); b) «Per quanto riguarda la nozione di «dipendenza» in tale contesto, essa è definita all'articolo 2, lettera h), del regolamento come "qualsiasi luogo di operazioni in cui il debitore esercita in maniera non transitoria un'attività economica con mezzi umani e con beni". Orbene, come è già stato giudicato dalla Corte, il fatto che tale definizione colleghi l'esercizio di un'attività economica alla presenza di risorse umane dimostra che sono 17 limitare l'accertamento delle condizioni di instaurazione di un procedimento necessarie un minimo di organizzazione e una certa stabilità e che di conseguenza, a contrario, la mera presenza di singoli beni o di conti bancari non soddisfa, in linea di principio, i requisiti necessari ai fini della qualificazione come "dipendenza" (sentenza Interedil, C-396/09, [....] punto 62)» (n. 31); c) «[....] la definizione di cui all'articolo 2, lettera h), del regolamento debitrice o alla natura giuridica de/luogo delle operazioni in questione. Essa non esclude dunque, alla luce della sua formulazione, che, ai fini di questa disposizione, una dipendenza possa essere dotata di personalità giuridica e situarsi nello Stato membro in cui tale società ha la suddetta sede, a condizione che la dipendenza soddisfi i criteri previsti da questa disposizione» (n. 32); d) «Una simile interpretazione è suffragata altresì dagli obiettivi connessi alla possibilità, prevista in particolare dall'articolo 29, lettera b), del regolamento, di chiedere l'apertura di una procedura secondaria. Difatti, il considerando 11 del regolamento [cfr., supra, n. 2.2., lettera a] enuncia che "in considerazione delle notevoli differenze fra i diritti sostanziali, non è realistico istituire un'unica procedura di insolvenza avente valore universale per tutta la Comunità", che "[n'applicazione senza deroghe del diritto dello Stato che apre la procedura causerebbe spesso difficoltà" e che, infine, il regolamento dovrebbe tenerne conto, in particolare, "prevedendo (...) anche procedure locali che comprendano unicamente il patrimonio situato nello Stato di apertura". Per tale ragione, il considerando 12 del regolamento precisa che l'apertura di procedure secondarie è consentita, in particolare, "[p]er tutelare tutti i diversi interessi" e il considerando 19 del regolamento [cfr., supra, n. 2.2., lettera a] aggiunge che, oltre alla tutela degli interessi locali, le procedure secondarie possono perseguire "diversi scopi". Di conseguenza, se la nozione di "dipendenza" dovesse essere interpretata nel senso che non può includere un luogo di operazioni di una società debitrice, luogo che soddisfa í criteri espressamente previsti all'articolo 2, lettera h, del regolamento e si trova nel territorio dello Stato membro in cui è situata la sede statutaria di tale società, agli "interessi locali", inclusi in particolare gli interessi dei creditori stabiliti in tale Stato 18 non contiene alcun riferimento al luogo della sede statutaria di una società membro, sarebbe negata la tutela prevista dal regolamento, nella forma dell'apertura, in detto Stato membro, di una procedura secondaria. A tal riguardo, occorre precisare che, da un lato, se è vero che la tutela dei creditori locali non è il solo obiettivo perseguito dalla possibilità di aprire una procedura secondaria, vero è anche che un'interpretazione come quella menzionata al punto precedente contrasterebbe chiaramente con il suddetto probabile che taluni "interessi locali" ai quali è riconosciuta la tutela prevista dalle disposizioni del regolamento si materializzino proprio nello Stato membro dove è situata la sede statutaria della società debitrice interessata, anche nel caso in cui il centro degli interessi principali di detta società si trovi in un altro Stato membro. Infatti, interessi di questo tipo possono risiedere, in particolare, nel legittimo affidamento di un creditore di poter chiedere la liquidazione di un diritto reale sui beni del debitore rientranti nella dipendenza interessata o di beneficiare dell'applicazione di altri diritti preferenziali, secondo le norme vigenti nello Stato membro in cui si trova detta dipendenza, dato che tali norme sono prevedibili per il creditore nel momento in cui entra in rapporti commerciali con il debitore. D'altra parte, un'interpretazione come quella indicata al punto 35 della presente sentenza sarebbe tale da generare una disparità di trattamento dei creditori stabiliti nello Stato membro in cui la società debitrice ha la propria sede sociale, in particolare rispetto ai creditori stabiliti in altri Stati membri dove si trovano, eventualmente, altre dipendenze del debitore» (mi. da 33 a 38). Le condivisibili argomentazioni dei Giudici a quibus e le vincolanti considerazioni ermeneutiche del diritto eurounitario della Corte di giustizia UE esimono queste Sezioni Unite dallo svolgimento di ulteriori osservazioni. Può, pertanto, enunciarsi il seguente principio di diritto: «Nel caso in cui, nei confronti di una società a responsabilità limitata avente sede statutaria e struttura produttiva in Italia - facente parte di un gruppo di imprese partecipate totalitariamente da una holding finanziaria di diritto belga -, sia stata aperta una procedura di insolvenza principale dal Giudice francese in base all'individuazione in Francia del centro degli interessi principali della stessa società, ai sensi dell'art. 3, paragrafo 1, del Regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo 19 obiettivo essenziale del regolamento, tanto più che, generalmente, sembra alle procedure di insolvenza - individuazione incontestabile da parte di tutti gli altri Stati membri, ai sensi del combinato disposto degli adt. 16, § 1, e 17, § 1, del Regolamento -, l'apertura di tale procedura non osta a che il Giudice italiano apra successivamente nei confronti della società medesima una procedura di insolvenza secondaria ai sensi dell'art. 3, paragrafo 2, dello stesso Regolamento, all'unica condizione che detta società sia qualificabile come "dipendenza", ai sensi del combinato disposto dell'art. 2, come interpretato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea con la sentenza 4 settembre 2014, pronunciata nella causa C-327/13, secondo la quale "l'articolo 3, paragrafo 2, del regolamento (CE) n. 1346/2000 del Consiglio, del 29 maggio 2000, relativo alle procedure di insolvenza, dev'essere interpretato nel senso che, in caso di messa in liquidazione di una società in uno Stato membro diverso da quello dove essa ha la sua sede legale, detta società può essere oggetto anche di una procedura secondaria di insolvenza nell'altro Stato membro, dove essa ha la sua sede legale e dove è dotata di personalità giuridica"». 2.3.2. - Il secondo motivo - a conclusione del quale la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: «[....] se sia legittimo, ai sensi dell'art. 3 e dell'art. 27 del Regolamento CE n. 1346 del 29 maggio 2000, aprire una procedura di insolvenza secondaria in Italia in presenza di una procedura di insolvenza principale precedentemente aperta in Francia, nel caso in cui i beni della massa attiva ed i debiti oggetto della massa passiva della procedura di insolvenza principale coincidono perfettamente con i beni ed i debiti che costituirebbero l'oggetto, rispettivamente, della massa attiva e della massa passiva della procedura di insolvenza secondaria» - è, in parte, inammissibile e, in parte, privo di fondamento. Con tale motivo, la ricorrente sostiene che l'interpretazione della Corte torinese conduce ad una palese contraddizione in contrasto con gli artt. 3 e 27 del Regolamento - «da un lato si afferma (correttamente) che il principio di universalità e territorialità devono convivere nel perseguimento di un unico obiettivo comune, anche perché non vi è supremazia dell'uno sull'altro e, dall'altro, si ritiene (erroneamente) che la procedura secondaria ben possa privare quella principale di tutto l'attivo e di tutto il passivo, 20 I I lettera h), e dello stesso art. 3, paragrafo 2, del Regolamento medesimo, paralizzandola e rendendola di fatto inutile e priva di efficacia» (cfr. Ricorso, pag. 36) -, e che, invece, l'art. 27 presuppone che ad una pluralità di procedure corrisponda una pluralità di sedi e, quindi, di masse attive. Il quarto motivo, da esaminare unitamente al secondo, per la stretta connessione che li lega - a conclusione del quale la ricorrente formula il seguente quesito di diritto: «[....] se, stante il principio di cui all'art. 16 del in tutti gli altri Stati dell'Unione europea della decisione di apertura di una procedura principale di insolvenza da parte di un giudice di uno Stato membro, sia legittima, ai sensi degli articoli 2, lett. h), 3 e 27 del Regolamento CE n. 1346 del 29 maggio 2000, l'apertura di una procedura di insolvenza secondaria in Italia, ove si trovano gli unici beni del debitore, pur in presenza di una procedura di insolvenza principale precedentemente aperta in Francia, per cui la successiva procedura secondaria italiana si troverebbe a concorrere sui medesimi beni e a dover soddisfare i medesimi creditori della precedente procedura principale francese» - è ugualmente, in parte, inammissibile e, in parte, privo di fondamento. Con tale motivo, la ricorrente critica la sentenza impugnata anche in ragione degli illegittimi effetti dalla stessa prodotti: una illecita sovrapposizione delle due procedure sulle stesse identiche masse attive e passive; una paralisi della procedura principale francese, che non è stata affatto riconosciuta all'interno dell'ordinamento italiano ma, al contrario, è stata resa di fatto inefficace all'interno dello stesso ordinamento; un assurdo quanto deprecabile conflitto positivo di giurisdizione tra il Tribunale francese e il Tribunale di Ivrea. La parziale inammissibilità dei motivi in esame è determinata dal rilievo che la ricorrente ha omesso di censurare l'affermazione della Corte torinese, secondo la quale la dedotta assenza di qualsiasi attivo nella procedura principale diverso dai beni ricadenti nel procedimento secondario è stata soltanto «affermata e non dimostrata» (cfr., supra, Svolgimento del processo, n. 2., lettera B1): la ricorrente, infatti, pone a fondamento delle censure in esame la circostanza che l'oggetto della liquidation judiciaire in Francia e dell'attivo fallimentare in Italia sia costituito dai medesimi beni, dalla quale fa discendere l'inefficacia" della procedura di insolvenza 21 Regolamento CE n. 1346 del 29 maggio 2000, di riconoscimento automatico principale aperta in Francia. è, dunque, evidente la necessità di censurare detta affermazione. In ogni caso, i motivi medesimi sono infondati. Premesso che, ai sensi dell'art. 3, § 2, seconda frase, del Regolamento dispone che «Gli effetti di tale procedura [secondaria] sono limitati ai beni del debitore che si trovano in tale territorio [cioè, nel territorio dello Stato membro nel quale i! debitore di una procedura di insolvenza secondaria]» (cfr. anche l'art. 27), e che il Regolamento non pone limiti generali al «diritto di chiedere l'apertura di una procedura d'insolvenza nello Stato membro in cui il debitore ha una dipendenza» (18° Considerando), devono sottolinearsi e condividersi, con i Giudici a quibus, i rilievi che «Nel Regolamento [....] universalità e territorialità sono destinate non solo a contemperarsi, ma anche a coadiuvare tra loro in funzione servente rispetto al principio di cooperazione fra gli Stati membri nel perseguire l'obiettivo di un miglior funzionamento del mercato interno [viene richiamato ed esplicitato il 19° Considerando], che «i due principi non oper[a]no l'uno in funzione di limite esterno dell'altro, ma in vista del conseguimento di un risultato necessariamente comune, [come] dimostrato, del resto, da svariate diposizioni che confermano l'interscambio tra le due procedure [viene richiamata la disciplina di cui agli artt. 31, §§ 1, 2 e 3, 32, §§ 1, 2 e 3, 33, 34 e 37], e che «Da siffatto angolo prospettico imposto dallo spirito e dalle norme del Regolamento, appare recessiva tanto l'idea di attribuire una sorta di primato assoluto al principio di universalità, secondo una logica di privativa giurisdizionale, quanto la congettura che il criterio di territorialità ne costituisca il sia pur parziale antidoto, operando in un'ottica di separazione' patrimoniale. Proprio la circostanza per cui la procedura secondaria presenta ampi margini di intervento a vantaggio del curatore del procedimento principale dimostra che i principi di cooperazione e di reciproco affidamento prevalgono nel perseguire un interesse comune, consistente nel governare efficacemente l'insolvenza nell'interesse dei creditori e non degli Stati». 2.3.3. — Con il terzo motivo la ricorrente deduce «Violazione e falsa applicazione dell'art 2, lett. h, e dell'art. 3 del Regolamento, in relazione all'art. 360, n. 3, c.p.c., laddove la Corte d'Appello ha ritenuto che tali 22 I «possiede una dipendenza», che legittima i Giudici di tale Stato all'apertura norme legittimino l'apertura di una procedura secondaria di insolvenza nonostante la pacifica e definitiva cessazione della attività di impresa della Illochroma, intervenuta prima che fosse stata presentata l'istanza di apertura della procedura secondaria». Tale motivo, come correttamente eccepiscono i controricorrenti, è inammissibile, sia perché contiene una censura del tutto nuova, della quale in una inammissibile richiesta di riesame del fatto, costituito dalla dedotta «definitiva cessazione della attività di impresa della Illochroma, intervenuta prima che fosse stata presentata l'istanza di apertura della procedura secondaria». 2.3.4. - Il quinto motivo - a conclusione del quale la i ricorrente formula il seguente quesito di diritto: «[....] se, ai sensi dell'art. 100 c.p.c. e/o dell'art. 29, lett. b), del Regolamento ed ai fini della (eventuale) apertura di una procedura di insolvenza secondaria in Italia, nel caso in cui (i) sia stata precedentemente aperta in Francia una procedura di insolvenza principale, (ii) i beni oggetto della massa attiva della procedura di insolvenza principale sono i medesimi beni che costituirebbero l'oggetto della massa attiva della procedura di insolvenza secondaria, (iii) i creditori della I procedura secondaria coinciderebbero con quelli della procedura principale; e (iv) la fase di liquidazione dei beni condotta nell'ambito della procedura principale francese è già stata avviata, sussiste un interesse ad agire giuridicamente rilevante dei creditori sociali a richiedere l'apertura di una procedura secondaria in Italia, nonostante gli stessi subirebbero, in conseguenza dell'apertura di tale procedura secondaria e della sospensione della liquidazione dell'attivo nella procedura principale, un allungamento dei tempi di soddisfazione dei propri crediti ed una (inevitabile) riduzione della massa attiva distribuibile a soddisfazione dei propri crediti» - è, in parte, inammissibile e, in parte, privo di fondamento. Con tale motivo, la ricorrente - sulle premesse che manca una "dipendenza" dell'impresa in Italia e che l'apertura della procedura di insolvenza secondaria è illegittima sulla base di tutti i precedenti motivi sostiene, in definitiva, che gli odierni resistenti difettano di interesse ad agire, in quanto non subirebbero alcun danno dalla dichiarazione di 23 i non v'è traccia nella sentenza impugnata, sia perché, comunque, si risolve illegittimità dell'apertura di una procedura secondaria in Italia, mentre lo subirebbero certamente ove l'apertura di tale procedura fosse dichiarata legittima. Le ragioni di inammissibilità del motivo derivano immediatamente dalla mera riproposizione - quali "premesse" del motivo medesimo - dei Le ragioni della sua infondatezza stanno, invece, nell'art. 29, lettera b), del Regolamento, che qualifica come «Diritto» quello di chiedere l'apertura di una procedura di insolvenza secondaria, legittimando a ciò, oltreché il «curatore della procedura principale» (lettera a), «qualsiasi altra persona o autorità legittimata a chiedere l'apertura di una procedura di insolvenza secondo la legge dello Stato membro nel cui territorio è chiesta l'apertura della procedura secondaria» (lettera b; cfr. gli artt. 6, primo comma, e 7 della legge fallimentare) e, come già rilevato (cfr., supra, n. 2.2.2.), nell'interpretazione datane dalla Corte UE, la quale ha appunto interpretato tale disposizione «nel senso che la questione di sapere quale persona o autorità sia legittimata a chiedere l'apertura di una procedura secondaria di insolvenza deve essere valutata sulla base del diritto nazionale dello Stato membro in cui è stata chiesta l'apertura di detta procedura», affermando altresì che «Tuttavia, il diritto di chiedere l'apertura di una procedura secondaria di insolvenza non può essere limitato ai soli creditori domiciliati o aventi la loro sede sociale nello Stato membro nel quale si trova la dipendenza in questione ovvero ai soli creditori il cui credito derivi dall'esercizio di tale dipendenza». Trattandosi, quindi, di un vero e proprio «diritto di chiedere l'apertura», attribuito a tutela non solo degli «interessi locali» ma anche «di tutti i diversi interessi» (12° Considerando del Regolamento) e strumentale alla realizzazione dei sottostanti diritti sostanziali nascenti dai rapporti con la società debitrice, l'interesse ad agire - da intendere quale requisito della domanda consistente nell'esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l'intervento del giudice (cfr., ex plurimis, la sentenza di queste Sezioni Unite n. 565 del 2000, nonché la sentenza n. 13485 del 2014) - è, per così dire, in re ipsa, volto 24 precedenti motivi, già giudicati inammissibili e/o infondati. com'è alla all'apertura di una procedura di insolvenza secondaria e, nell'ambito di questa, alla realizzazione dei predetti diritti sostanziali. 3. — Tenuto conto della sostanziale novità delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate per intero tra le parti le spese del presente grado del giudizio. P.Q.M. Rigetta il ricorso e compensa le spese. Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio delle Sezioni Unite Civili, il 7 luglio 2015 e

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