Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22093 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. VI, 13/10/2020, (ud. 23/09/2020, dep. 13/10/2020), n.22093

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE T

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MOCCI Mauro – Presidente –

Dott. CONTI Roberto Giovanni – Consigliere –

Dott. CAPRIOLI Maura – Consigliere –

Dott. LA TORRE Maria Enza – Consigliere –

Dott. RAGONESI Vittorio – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 35675-2018 proposto da:

D.C.M., elettivamente domiciliata in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa

dall’avvocato VINCENZO CONFORTI;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE, (OMISSIS), in persona del Direttore pro

tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA DEI PORTOGHESI 12,

presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e

difende ope legis;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 2077/24/2018 della COMMISSIONE TRIBUTARIA

REGIONALE della LOMBARDIA, depositata il 09/05/2018;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 23/09/2020 dal Consigliere Relatore Dott. VITTORIO

RAGONESI.

 

Fatto

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

La Commissione tributaria provinciale di Milano, con sentenza n. 7524/16, sez. 24, accoglieva il ricorso proposto da D.C.M. avverso l’avviso di intimazione di pagamento (OMISSIS) a titolo di Irpef 2007.

Avverso detta decisione l’Agenzia delle entrate proponeva appello innanzi alla CTR Lombardia che, con sentenza 2077/2018, accoglieva l’impugnazione.

Avverso la detta sentenza ha proposto ricorso per Cassazione la contribuente sulla base di due motivi.

Ha resistito con controricorso l’Agenzia delle Entrate.

La causa è stata discussa in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c., e decisa con motivazione semplificata.

Diritto

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con il primo motivo di ricorso la ricorrente contesta, sotto il profilo della violazione di legge, la ritenuta legittimazione del funzionario delegato alla firma dell’avviso di accertamento in ragione dei vizi del provvedimento di delega nonchè la validità della intimazione di pagamento per l’omessa indicazione della motivazione della pretesa.

Con il secondo motivo di ricorso deduce la nullità della sentenza per motivazione apparente ed apodittica.

Il primo motivo è manifestamente infondato.

La sentenza impugnata ha dato atto che il provvedimento di delega non indicava soltanto la qualifica di funzionari delegati ma recava altresì i nominativi degli stessi e che, in aggiunta a ciò, il provvedimento recava anche le ragioni della delega e la relativa durata.

Riguardo a questi due ulteriori elementi la sentenza ha precisato che l’atto aveva motivazione specifica con l’indicazione che aveva “lo scopo di aggiornare le deleghe di firma…alla luce dei nuovi conferimenti di incarichi dirigenziali” e che, riguardo alla scadenza, l’atto aveva ” validità fino al 31 dicembre 2014″.

Tale motivazione appare del tutto corretta alla luce della giurisprudenza di questa Corte che ha affermato che la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento ad un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente D.P.R. n. 600 del 1973, ex art. 42, ha natura di delega di firma – e non di funzioni – poichè realizza un mero decentramento burocratico senza rilevanza esterna, restando l’atto firmato dal delegato imputabile all’organo delegante, con la conseguenza che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione di detta delega di firma può avvenire anche mediante ordini di servizio, senza necessità di indicazione nominativa, essendo sufficiente l’individuazione della qualifica rivestita dall’impiegato delegato, la quale consente la successiva verifica della corrispondenza tra sottoscrittore e destinatario della delega stessa.(Cass. 11013/19).

In particolare, la citata sentenza ha osservato che nel caso di delega di firma “il delegato non esercita alcun potere o competenza riservata al delegante (cfr. la citata Cass. n. 20628 del 2015) e che trova titolo nei poteri di ordine e direzione, coordinamento e controllo attribuiti al dirigente preposto all’ufficio (Statuto Ag. Entrate, art. 11, comma 1, lett. c) e d), approvato con Delib. 13 novembre 2000, n. 6; reg. amm. n. 4 del 2000, art. 14, comma 2) nell’ambito dello schema organizzativo della subordinazione gerarchica tra persone appartenenti al medesimo ufficio. Ne consegue che, pur dovendosi ribadire l’orientamento, sopra richiamato, in relazione agli oneri probatori in capo all’amministrazione in caso di contestazione della sottoscrizione dell’avviso di accertamento, deve affermarsi che non è richiesta alcuna indicazione nominativa della delega, nè la sua temporaneità, apparendo conforme alle esigenze di buon andamento e della legalità della pubblica amministrazione ritenere che, nell’ambito dell’organizzazione interna dell’ufficio, l’attuazione della c.d. delega di firma possa avvenire, come nella specie, attraverso l’emanazione di ordini di servizio che abbiano valore di delega (Cass., 20 giugno 2011, n. 13512) e che individuino il soggetto delegato attraverso l’indicazione della qualifica rivestita”.

Risulta quindi con ogni chiarezza dalla motivazione dianzi riportata che la delega in questione non è tenuta ad indicare alcun nominativo specifico essendo sufficiente l’indicazione della qualifica rivestita dal delegato e parimenti non è necessaria l’indicazione di alcun termine di efficacia del provvedimento.

Nel caso di specie il giudice di appello ha accertato l’esistenza di entrambi gli elementi e dunque non può seriamente contestarsi sotto tali profili la validità del provvedimento.

Quanto poi alla motivazione, la stessa risulta adeguatamente fornita in relazione a quanto in precedenza detto perchè l’atto risulta adottato in sostituzione di un precedente provvedimento in ragione del fatto che vi era stato il conferimento di incarichi a nuovi dirigenti e che era dunque necessario un aggiornamento. Del resto, trattandosi di un provvedimento a rilevanza interna con cui il dirigente l’ufficio conferisce la delega a sottoscrivere atti che risultano sempre ad esso riferibili, non appare necessaria alcuna specifica motivazione risultando essa implicitamente dalla necessità di assicurare una più rapida ed efficace evasione delle pratiche.

Il secondo motivo è anch’esso manifestamente infondato.

La motivazione fornita dalla sentenza circa l’adeguata motivazione dell’atto impositivo appare del tutto esaustiva.

Il giudice di seconde cure ha infatti rilevato che il pagamento portato dall’avviso di intimazione era basato sulla sentenza 166/06/13, divenuta definitiva riguardo ad un avviso di accertamento relativo all’anno 2007 e che una apposita tabella riportava i dettagli delle somme dovute con le relative causali.

Alla stregua di tali elementi la sentenza ha del tutto correttamente concluso per l’adeguatezza della motivazione dell’avviso posto che la contribuente era necessariamente a conoscenza della sentenza emessa nel giudizio di cui era stata parte e che l’avviso conteneva l’indicazione delle somme dovute e delle relative causali.

Tutto ciò porta ad escludere la carenza motivazionale della sentenza.

Il ricorso va dunque respinto. Segue alla soccombenza la condanna al pagamento delle spese del presente giudizio liquidate come da dispositivo. Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis, se dovuto.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in Euro 2500,00 oltre spese prenotate a debito. Si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso

Così deciso in Roma, il 23 settembre 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

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