Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2209 del 25/01/2019

Cassazione civile sez. trib., 25/01/2019, (ud. 20/12/2018, dep. 25/01/2019), n.2209

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TRIBUTARIA

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CHINDEMI Domenico – Presidente –

Dott. DE MASI Oronzo – Consigliere –

Dott. ZOSO Liliana Maria Teresa – Consigliere –

Dott. CROLLA Cosmo – Consigliere –

Dott. FASANO Anna Maria – rel. Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 13294-2012 proposto da:

G.G. & C. SAS, elettivamente domiciliato in ROMA VIA DI

VILLA SACCHETTI 9, presso lo studio dell’avvocato GIUSEPPE MARINI,

che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato ERNESTINA

POLLAROLO;

– ricorrente –

contro

AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA VIA DEI PORTOGHESI 12, presso

l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che lo rappresenta e difende;

– controricorrente –

E contro

AGENZIA DELLE ENTRATE DIREZIONE PROVINCIALE DI CUNEO;

– intimata –

avverso la sentenza n. 29/2011 della COMM.TRIB.REG. di TORINO,

depositata il 07/04/2011;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

20/12/2018 dal Consigliere Dott. LIANA MARIA TERESA ZOSO.

Fatto

RILEVATO

Che:

1. G.G. e C. s.a.s. proponeva ricorso avverso il silenzio rifiuto opposto dall’agenzia delle entrate sull’istanza di rimborso presentata il 31.7.2007 per ottenere il 90% delle imposte versate per i mesi di novembre e dicembre 1994 e per gli anni 1995, 1996 e 1997. Assumeva che essa rientrava tra i soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 ai quali, ai sensi della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, erano state estese le disposizioni della L. n. 289 del 2002, art. 9 comma 17, che aveva introdotto la possibilità di definire in maniera automatica la posizione relativa al triennio 1990/1992 con il versamento dei tributi dovuti diminuito al 10% nel termine prorogato al 31 marzo 2008 dalla L. n. 31 del 2008. Sosteneva che, avendo versato regolarmente le imposte dovute, aveva diritto al rimborso del 90%.

La commissione tributaria provinciale di Cuneo rigettava il ricorso sul rilievo che la domanda era generica. Proposto appello, la commissione tributaria regionale del Piemonte lo rigettava sul rilievo che la domanda formulata in primo grado era generica e che solo nel giudizio di appello la contribuente aveva avanzato la domanda di restituzione della somma di Euro 855.296,00, peraltro contestata dall’agenzia delle entrate, ed aveva, perciò, introdotto una domanda nuova da ritenersi non ammissibile ai sensi del D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57. Osservava, poi, la CTR che l’intervento normativo di cui alla L. n. 289 del 2002, all’art. 9, comma 17, esteso ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994 in forza della L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, prevedeva che potessero godere del beneficio solamente i contribuenti che non avessero versato, in tutto o in parte, le imposte dovute, e non era previsto il diritto al rimborso a favore di coloro che avevano già regolarmente pagato.

2. Avverso la sentenza della CTR propone ricorso per cassazione la contribuente affidato a quattro motivi illustrati con memoria. L’agenzia delle entrate si è costituita in giudizio con controricorso.

Diritto

CONSIDERATO

Che:

1. Con il primo motivo la ricorrente deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 18. Sostiene che ha errato la CTR nel ritenere che la domanda formulata in giudizio fosse generica. Ciò in quanto l’oggetto della domanda era il ricorso avverso il silenzio rifiuto opposto dall’agenzia delle entrate sull’istanza di rimborso presentata il 31.7.2007 per ottenere il 90% delle imposte versate per i mesi di novembre e dicembre 1994 e per gli anni 1995, 1996 e 1997. Si doveva, dunque, ritenere che con il ricorso era stato indicato l’atto impugnato e l’oggetto della domanda.

2. Con il secondo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 53. Sostiene che anche nel giudizio di appello la domanda era specifica poichè aveva ad oggetto la riforma della sentenza di primo grado e la conseguente condanna dell’amministrazione alla restituzione dell’eccedenza dei tributi versati.

3. Con il terzo motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione al D.Lgs. n. 546 del 1992, art. 57. Sostiene che l’oggetto della domanda nel giudizio di appello non era mutato in quanto l’indicazione della somma pretesa, pari ad 855.296,00, costituiva una mera specificazione della domanda formulata in primo grado.

4. Con il quarto motivo deduce violazione di legge, ai sensi dell’art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, in relazione alla L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, e alla L. n. 289 del 2002, art. 9 comma 17. Sostiene che, diversamente da quanto ritenuto dalla CTR, l’intervento normativo di cui alle norme citate costituiva una agevolazione a favore delle popolazioni colpite dall’alluvione sicchè ne dovevano beneficiare sia i contribuenti che avessero già pagato le imposte sia coloro che non vi avevano provveduto.

5. Preliminarmente osserva la Corte che l’eccezione svolta dalla controricorrente, secondo cui la CTR avrebbe dichiarato che la società non aveva assolto il proprio onere probatorio volto a dimostrare l’avvenuto pagamento delle somme chieste a rimborso e che sul punto si sarebbe formato il giudicato, è infondata. Ciò in quanto non si rinviene nella sentenza impugnata una affermazione di tale contenuto, avendo affermato la CTR non già che la contribuente non aveva provato di aver versato le somme bensì che non aveva specificato nel giudizio di primo grado quali somme aveva versato in eccesso e che solo nel giudizio di secondo grado aveva indicato con precisione l’importo, introducendo una domanda nuova inammissibile.

6. In ordine ai motivi di ricorso, si osserva che va esaminato per primo il quarto poichè, in applicazione del principio processuale della “ragione più liquida” – desumibile dagli artt. 24 e 111 Cost. – deve ritenersi consentito al giudice di esaminare un motivo di merito, suscettibile di assicurare la definizione del giudizio, anche in presenza di una questione pregiudiziale. Ciò in considerazione del fatto che si impone un approccio interpretativo con la verifica delle soluzioni sul piano dell’impatto operativo, piuttosto che su quello della coerenza logico sistematica, ed è consentito sostituire il profilo di evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, costituzionalizzata dall’art. 111 Cost., con la conseguenza che la causa può essere decisa sulla base della questione ritenuta di più agevole soluzione – anche se logicamente subordinata – senza che sia necessario esaminare previamente le altre ( Cass. Sez. U, n. 9936 del 08/05/2014; Cass. n. 12002 del 28/05/2014).

Ora, la L. n. 350 del 2003, art. 4, comma 90, ha disposto che “Le disposizioni di cui alla L. 27 dicembre 2002, n. 289, art. 9,comma 17, si applicano ai soggetti colpiti dagli eventi alluvionali del novembre 1994, destinatari dei provvedimenti agevolativi in materia di versamento delle somme dovute a titolo di tributi, contributi e premi di cui al D.L. 24 novembre 1994, n. 646, art. 6, commi 2, 3 e 7-bis, convertito, con modificazioni, dalla L. 21 gennaio 1995, n. 22, che possono regolarizzare la propria posizione relativa agli anni 1995, 1996 e 1997, entro il 31 luglio 2004, ovvero secondo le modalità di rateizzazione previste dalla L. n. 289 del 2002, art. 9, comma 17 cit.. La presente disposizione si applica entro il limite di spesa di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2004”. Le aree interessate dalle misure sono i comuni di Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Toscana e Veneto colpiti dalle alluvioni del novembre 1994, identificati dai D.P.R. del 26 e 29 novembre 1994.

Le misure di riduzione sono entrate in vigore il 1 gennaio 2004 per le alluvioni del novembre 1994 in Italia settentrionale, data di entrata in vigore della L. 24 dicembre 2003 n. 350 (Legge finanziaria del 2004).

Questa Corte con numerose sentenze ha ritenuto che il beneficio dovesse estendersi a favore anche di coloro che avevano già pagato le imposte dovute. Ciò per effetto di un intervento normativo cui va riconosciuto il carattere di ius superveniens, tale da rendere quanto già versato non dovuto ex post. (Cass. n. 20641/2007; n. 11133/2010; n. 11247/2010; n. 9577/2012).

Sennonchè la Commissione Europea, con la decisione n. C(2015) 5549 del 14.8.2015, ha deciso che le misure di aiuto di Stato in oggetto e tutti gli atti esecutivi pertinenti ivi previsti che riducono tributi e contributi dovuti da imprese in aree colpite da calamità naturali in Italia dal 1990 e cui l’Italia ha dato effetto in maniera illegale in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del trattato sul funzionamento dell’Unione europea, sono incompatibili con il mercato interno. La Commissione ha ritenuto che l’Italia avesse attuato illegittimamente le misure di aiuto in violazione dell’art. 108, paragrafo 3, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea e, poichè per le misure in questione non era possibile individuare alcun motivo di compatibilità, le stesse risultavano incompatibili con il mercato interno. Era dunque fatto espresso divieto di concedere aiuti alle imprese interessate dagli eventi calamitosi. Ed ha precisato la Commissione che, per quanto atteneva al caso degli aiuti individuali già versati nel quadro delle misure in esame prima della data di avvio della decisione e dell’ingiunzione di sospensione, il regime andava considerato compatibile con il mercato interno ai sensi dell’art. 107, paragrafo 2, lett. b), del TFUE a condizione che potesse essere stabilito un nesso chiaro e diretto tra i danni subiti dalla singola impresa in seguito alle calamità naturali in oggetto e l’aiuto di Stato concesso a norma delle misure in esame, dovendosi evitare i casi di sovracompensazione, dovuta al cumulo di aiuti, rispetto ai danni subiti dalle singole imprese (paragrafo 136 della decisione, richiamato dal paragrafo 157) oppure il beneficio in questione fosse in linea con il regolamento de minimis applicabile. Nel caso che occupa la contribuente non ha provato il nesso diretto tra il danno subito e la calamità naturale e neppure la sussistenza dei presupposti connessi con il regolamento de minimis, così come precisato dalla Commissione, per il che il diritto al rimborso è insussistente.

7. Gli altri motivi di ricorso rimangono assorbiti.

8. Il ricorso va, dunque, rigettato. Le spese processuali si compensano in considerazione dell’evoluzione normativa e giurisprudenziale sul punto controverso.

PQM

La Corte rigetta il ricorso e compensa le spese.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 20 dicembre 2018.

Depositato in Cancelleria il 25 gennaio 2019

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