Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22088 del 02/08/2021

Cassazione civile sez. lav., 02/08/2021, (ud. 03/03/2021, dep. 02/08/2021), n.22088

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNA Antonio – Presidente –

Dott. D’ANTONIO Enrica – rel. Consigliere –

Dott. MANCINO Rossana – Consigliere –

Dott. CALAFIORE Daniela – Consigliere –

Dott. CAVALLO Aldo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 28691-2015 proposto da:

HOTEL VIOZ S.A.S., in persona del legale rappresentante pro tempore,

domiciliata in ROMA, PIAZZA CAVOUR, presso la CANCELLERIA DELLA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato

FILIPPO VALCANOVER;

– ricorrente –

contro

I.N.P.S. – ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona

del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in

ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso l’Avvocatura Centrale

dell’Istituto, rappresentato e difeso dagli avvocati EMANUELE DE

ROSE, ANTONINO SGROI, CARLA D’ALOISIO, LELIO MARITATO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 34/2015 della CORTE D’APPELLO di TRENTO,

depositata il 21/05/2015 R.G.N. 4/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

03/03/2021 dal Consigliere Dott. ENRICA D’ANTONIO;

il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA

Mario, visto il D.L. 28 ottobre 2020, n. 137, art. 23, comma 8 bis,

convertito con modificazioni nella L. 18 dicembre 2020, n. 176, ha

depositato conclusioni scritte.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1.La Corte d’appello di Trento, in riforma della sentenza del Tribunale, ha rigettato l’opposizione proposta dalla soc. in accomandita semplice Hotel Vioz avverso l’avviso di addebito per il mancato corretto pagamento all’Inps dei contributi CUAF, avendo la società erroneamente applicato le aliquote agevolate di cui al D.L. n. 30 del 1974, art. 20, comma 1, conv. in L. n. 114 del 1975.

Secondo la Corte non spettava la riduzione dell’aliquota contributiva in considerazione della circostanza che, a fronte dell’esistenza di due soci accomandatari, solo uno risultava iscritto alla gestione previdenziale commercianti, essendo irrilevante la posizione dei soci accomandanti, fossero o no collaboratori familiari.

La Corte ha rilevato che, laddove la normativa CUAF faceva riferimento ai datori di lavoro commercianti iscritti nei relativi elenchi nominativi per l’assicurazione malattia, si riferiva ai soci con le caratteristiche indicate nelle lett. b) e c) dell’originaria formulazione della L. n. 1397 del 1960, mantenute con la L. n. 160 del 1975, art. 29 per individuare i soci titolari dell’impresa e dunque quei soci che, con riferimento alle società commerciali, avevano la responsabilità, partecipavano ai rischi e svolgevano in via prevalente la loro attività lavorativa nella società e che, pertanto, era fondata la tesi dell’Inps secondo cui per le società di persone si faceva riferimento ai soci titolari e, per le s.a.s., ai soli soci accomandatari.

La Corte territoriale ha quindi concluso che nella specie non era applicabile la riduzione in quanto era pacificamente iscritto alla gestione commercianti solo uno dei due soci accomandatari.

2.Avverso la sentenza ricorre la soc. Hotel Vioz sas con due motivi. Resiste l’Inps. La Procura generale ha depositato conclusioni scritte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

3.Con il primo motivo la ricorrente denuncia la violazione del D.L. n. 30 del 1974, art. 20, comma 1, conv in L. n. 114 del 1974, art. 3 L. n. 860 del 1956 e n. 1533 del 1956, e L. n. 1397 del 1960.

Secondo la ricorrente il beneficio della riduzione dell’aliquota spettava anche nel caso in cui la maggioranza dei soci, ivi compresi i soci accomandanti, fosse iscritta alla gestione commercianti; né era necessario che tutti e due i soci accomandatari fossero iscritti, essendo sufficiente che uno solo fosse iscritto. Osserva che nella specie la maggioranza dei soci era iscritta alla gestione commercianti (tre su cinque); che per le imprese commerciali non sussisteva la nozione di socio titolare (a differenza delle imprese artigiane) e che ai fini dell’assoggettamento del socio di impresa commerciale all’assicurazione contro le malattie era necessario che il socio avesse la piena responsabilità della stessa, assumesse tutti i rischi e gli oneri inerenti alla sua direzione e gestione essendo sufficiente che svolgesse il ruolo di preposto alla vendita; che pertanto era compatibile con la posizione del socio accomandante tanto più nella fattispecie l’Inps aveva accettato il pagamento dei contributi al commercio per i soci accomandanti per molti anni.

4.Con il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 116, comma 8, L. n. 388 in relazione alla quantificazione delle somme aggiuntive.

5.Il ricorso deve essere rigettato.

6.Con riferimento al primo motivo va rilevato che la Corte d’appello ha ritenuto che l’applicazione dell’aliquota ridotta del contributo dovuto dal datore di lavoro alla cassa unica per gli assegni familiari fosse limitata ai casi in cui i soci accomandatari, iscritti alla gestione commerciale, rappresentassero la maggioranza dei soci, non potendosi computare a tal fine i soci accomandanti. Nella specie uno dei due soci accomandatari si era cancellato dalla gestione Inps commercio a domanda dal 31/10/1999 e, dunque, da tale data la società non avrebbe più potuto godere dell’aliquota ridotta.

7. Il D.L. n. 30 del 1974, art. 20 conv. in L. n. 114 del 1974, dopo aver fissato una aliquota generale per tutti i datori di lavoro, prevede delle riduzioni a favore di alcune categorie di datori di lavoro e, per quel che qui rileva, è prevista una riduzione “a carico dei datori di lavoro artigiani e commercianti iscritti nei relativi elenchi nominativi per l’assicurazione di malattia di cui rispettivamente, alle L. 29 dicembre 1956, n. 1533, e L. 27 novembre 1960, n. 1397, e successive modificazioni ed integrazioni”.

Come correttamente rilevato dalla Corte territoriale l’individuazione dei datori di lavoro artigiani o commercianti è fatta mediante il richiamo alla legislazione che aveva introdotto originariamente un sistema di tutela obbligatorio previdenziale nei confronti dei lavoratori autonomi e, con riguardo ai commercianti, la L. n. 1397 del 1960.

Questa Corte ha affermato che “l’intento del legislatore del D.L. n. 30 del 1974 è chiaramente quello di favorire le categorie produttive economicamente più deboli che non abbiano la piena idoneità, neppure potenziale, di affrontare i maggiori costi del lavoro anche quelli dipendenti dalle contribuzioni previdenziali. La riduzione di queste, per la loro struttura, opera perciò in favore degli artigiani e degli imprenditori di piccole dimensioni, anche se in forma societaria nella quale l’elemento caratterizzante sia l’apporto lavorativo dei soci.

L’art. 20 del predetto D.L. rinvia alla L. n. 1553 del 1956 e n. 1397 del 1960 perché dette norme vengano utilizzate come strumento per l’esatta identificazione delle categorie protette in stretta correlazione con i fini che la legge in sé si propone. (cfr Cass. n 2440/1990).

8. Con riferimento ai commercianti il riferimento normativo è alla L n 1397/1960 nel cui art. 1 si individuano i lavoratori autonomi commercianti ed in particolare i soggetti che “a) siano titolari o gestori in proprio di imprese..b) abbiano la piena responsabilità della azienda ed assumano tutti gli oneri e i rischi inerenti alla sua direzione e alla sua gestione;c) partecipino personalmente e materialmente al lavoro aziendale con carattere di continuità”.

I datori di lavoro cui si riferisce l’art. 20 citato, dunque, sono individuati, oltre che nei titolari o gestori in proprio dell’impresa commerciale, in coloro che abbiano la piena responsabilità dell’azienda con assunzione di tutti gli oneri e i rischi e partecipino al lavoro aziendale con continuità e, dunque, per quel che qui rileva, la norma non può che riferirsi ai soci accomandatari, i quali rispondono illimitatamente e solidalmente per le obbligazioni sociali,con esclusione degli accomandanti che non hanno la titolarità giuridica ed economica della società. Il beneficio previsto dall’art. 20 citato è in connessione con l’iscrizione alla gestione previdenziale commercianti dei lavoratori autonomi che hanno la titolarità ed il rischio giuridico ed economico dell’attività imprenditoriale esercitata.

9. In conclusione devono ritenersi condivisibili le conclusioni cui è pervenuta la Corte territoriale secondo cui, laddove la normativa CUAF fa riferimento ai datori di lavoro commercianti iscritti nei relativi elenchi nominativi per l’assicurazione di malattia, si riferisce “ai soci che posseggono le caratteristiche che erano indicate alle lett. b) e c) della originaria formulazione della L. n. 1397 del 1960 per individuare i soci titolari dell’impresa e dunque quei soci che, con riferimento alle società commerciali – come del resto per gli artigiani- hanno la responsabilità, partecipano ai rischi e svolgono in via prevalente la loro attività lavorativa nella società”.

Tale interpretazione appare conforme alla ratio della normativa che, come si è detto, tutela i piccoli commercianti e gli artigiani e il beneficio della riduzione dell’aliquota è giustificabile solo in presenza dell’iscrizione alla gestione previdenziale dei lavoratori autonomi che hanno la titolarità ed il rischio giuridico ed economico dell’attività imprenditoriale esercitata. Nella fattispecie la titolarità ed il rischio economico è in capo ai soci accomandatari dei quali, tuttavia, uno solo è iscritto alla gestione previdenziale del commercio.

11.Anche il secondo motivo, con cui la ricorrente lamenta l’applicazione con riguardo al calcolo delle sanzioni civili, del criterio dell’evasione invece di quello dell’omissione, sottolineando l’assenza di una volontà di occultare i rapporti di lavoro e o le retribuzioni erogate, è infondato.

A riguardo la Corte territoriale ha osservato che la società non aveva neppure allegato e tantomeno dimostrato che nei modelli DM10 fossero contenuti tutti gli elementi che avrebbero consentito all’Inps di rilevare l’erronea determinazione dell’aliquota agevolata e conseguentemente desumere l’ammontare dei contributi dovuti al fine di consentire di sussumere la fattispecie nella ipotesi meno grave di “omissione contributiva”. Sul punto non vi sono state adeguate e specifici, oltre che autosufficienti, rilievi da parte della ricorrente. Quanto alla complessità della normativa che dovrebbe giustificare una riduzione delle sanzioni secondo il consolidato orientamento di questa Corte (v. tra le altre, ord. n. 9185 del 2015, Cass. n. 27513 del 2013) costituisce uno dei presupposti indefettibili per farsi luogo all’applicazione delle sanzioni in misura ridotta, l’integrale pagamento della contribuzione controversa. Tale assunto trova fondamento nella lettera della legge, atteso che il citato comma 15, pone come premessa per “la riduzione delle sanzioni civili di cui al comma 8”, in presenza delle suddette incertezze, “l’integrale pagamento dei contributi e dei premi dovuti alle gestioni previdenziali e assistenziali”.

12. Per le considerazioni che precedono il ricorso deve essere rigettato con condanna della ricorrente, soccombente, a pagare le spese di lite. Avuto riguardo all’esito del giudizio ed alla data di proposizione del ricorso sussistono i presupposti di cui al D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente a pagare le spese di lite liquidate in Euro 1.700,00 per compensi professionali, oltre 15% per spese generali e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello per il ricorso a norma del comma 1 bis, dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 3 marzo 2021.

Depositato in Cancelleria il 2 agosto 2021

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