Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22087 del 25/10/2011

Cassazione civile sez. VI, 25/10/2011, (ud. 17/06/2011, dep. 25/10/2011), n.22087

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 2

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SETTIMJ Giovanni – Presidente –

Dott. BURSESE Gaetano Antonio – Consigliere –

Dott. MIGLIUCCI Emilio – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. SCALISI Antonino – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 20555-2010 proposto da:

V.E. (OMISSIS), Z.A.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, PIAZZA CAVOUR,

presso la CASSAZIONE, rappresentati e difesi dall’avvocato MANASSERO

FRANCO giusta delega a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

M.E. (OMISSIS), MU.LI.

(OMISSIS), elettivamente domiciliati in ROMA, VIA CICERONE

44, presso lo studio dell’avvocato POMPONIO AMEDEO, che li

rappresenta e difende unitamente all’avvocato GHIA DANILO giusta

procura speciale in calce al controricorso;

– controricorrenti –

avverso la sentenza n. 1314/2009 della CORTE D’APPELLO di TORINO del

14/07/09, depositata il 05/10/2009;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

17/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. EMILIO MIGLIUCCI;

è presente il P.G. in persona del Dott. PIERFELICE PRATIS che nulla

osserva.

Fatto

FATTO E DIRITTO

rilevato che:

Avverso la decisione indicata in epigrafe hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi:

Z.A. ed V.E..

Hanno resistito gli intimati.

Nominato, ai sensi dell’art. 377 cod. proc. civ., il consigliere relatore ha depositato la relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. ritenendo che il ricorso fosse da rigettare per manifesta infondatezza.

I ricorrenti hanno depositato memoria illustrativa che è pervenuta il 13-6-2011, cioè fuori termine.

Osserva:

Preliminarmente non possono esaminarsi i rilievi compiuti con la memoria illustrativa, in quanto depositata fuori termine, assumendo rilievo il momento in cui è pervenuta all’Ufficio e non quello della spedizione (Cass. 182/2011; 17726/2006).

Nella relazione di cui all’art. 380 bis cod. proc. civ. si legge quanto segue:

“1. M.E. e Mu.Li., premesso che con atto di divisione di alcuni appezzamenti di terreno intercorso con Z. A. ed V.E. erano stati stabiliti reciproci diritti di passaggio sulle rispettive proprietà, convenivano in giudizio i predetti dinanzi al tribunale di Pinerolo per sentirli condannare all’eliminazione di quelle opere dai medesimi realizzate che impedivano il passaggio, alla rimozione degli alberi collocati a distanza inferiore a quella prescritta nonchè al risarcimento dei danni.

I convenuti deducevano che in realtà erano stati gli attori a non rispettare le clausole pattuite con l’atto di divisione; che i diritti sanciti avevano natura obbligatoria e non reale; che essi convenuti pertanto si erano ritenuti liberi dal non adempiere;

chiedevano il rigetto della domanda e, in via riconvenzionale, la risoluzione della convenzione nonchè la rimozione delle siepi e degli alberi ubicati a distanza illegale, nonchè della tenda e della recinzione installate.

Il tribunale accoglieva la domanda proposta dagli attori che era in parte riformata in sede di gravame, in cui era respinta la domanda di rimozione degli alberi proposta dagli attori, mentre era accolta la domanda riconvenzionale relativa alla tenda e alla recinzione nella parte in cui aveva unitezza superiore a mt. 1,80: i Giudici di appello confermavano la sentenza impugnata con cui i convenuti erano stati condannati a rimuovere gli ostacoli che impedivano il diritto di passaggio statuito a favore degli attori, rilevando che il rifiuto di adempiere dei convenuti non era giustificato dagli inadempimenti degli attori che non erano tali da ostacolare il passaggio a favore dei predetti convenuti.

Hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi Z. A. ed V.E..

Hanno resistito gli intimati.

2. Il ricorso può essere trattato in camera di consiglio ai sensi degli artt. 376, 380 bis e 375 cod. proc. civ., essendo manifestamente infondato.

Il primo motivo lamenta che la sentenza impugnata, modificando la causa petendi azionata, avrebbe risolto una questione vertente in materia di adempimento di diritti obbligatori applicando i criteri dettati in tema di diritti reali.

Il motivo è infondato.

La sentenza – nel confermare quanto al riguardo ritenuto dal Tribunale – ha proceduto all’interpretazione e alla qualificazione della domanda sulla base dei fatti allegati (il diritto oggetto dell’atto di divisione), dovendo qui ricordarsi che il giudice non è vincolato al nomen iuris dell’azione dato dalla parte: dunque, doveva escludersi che potesse configurarsi alcuna modifica della causa petendi azionata. D’altra parte, i Giudici, avendo ritenuto la natura obbligatoria della pretesa, non hanno affatto applicato i criteri dettati dagli artt. 1064 e 1067 cod. civ. ai quali hanno fatto riferimento i ricorrenti, avendo piuttosto respinto l’eccezione di inadempimento sollevata dai medesimi sulla base delle regole che disciplinano i contratti a prestazioni corrispettive: infatti, hanno escluso, in primo luogo, il vincolo di sinallagmaticità delle prestazioni poste rispettivamente a carico delle parti e, comunque, il rapporto di causalità fra l’inadempimento degli attori e quello dei convenuti, come del resto il tenore delle stesse censure sollevate con il secondo motivo sta a confermare.

Il secondo motivo del ricorso denuncia: che la sentenza impugnata avrebbe erroneamente applicato in tema di eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ. le norme dettate in materia di gravità dell’inadempimento di cui all’art. 1455 cod. civ. nonchè i criteri di cui agli artt. 1064 e 1067 cod. civ.; che il precedente richiamato dalla sentenza impugnata era inconferente, posto che nella specie l’eccezione di inadempimento era stata invocata soltanto da una parte; che non sussistevano i presupposti, nei quali è richiesta la gravità dell’inadempimento per fondare l’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ., mentre secondo la giurisprudenza di legittimità, al riguardo è sufficiente un inesatto adempimento della controparte, sulla quale incombe l’onere di avere effettuato puntualmente la prestazione. La sentenza, dopo avere ritenuto che i principi in materia di obbligazioni non fossero applicabili ai contratti di divisione, aveva contraddittoriamente escluso il collegamento delle pattuizioni che scaturivano dalla natura del contratto e dalle stesse modalità costruttive ivi indicate: d’altra parte, l’eccezione di inadempimento è opponibile anche quando la parte che deve adempiere in un tempo diverso e successivo ha dichiarato di non volere adempiere ovvero sia certo o probabile che essa non sia in grado adempiere.

Il motivo è infondato.

La sentenza si è fondata su una duplice ratio decidendi.

Con la prima i Giudici hanno escluso il rapporto di sinallagmaticità fra le prestazioni, indicandone specificamente le ragioni (la cessazione del diritto personale di passaggio a favore del primo lotto qualora i proprietari non fossero gli attuali assegnatari o loro eredi in linea retta). L’assenza del vincolo di corrispettività delle prestazioni ovvero del collegamento causale fra le stesse è assorbente di qualsiasi considerazione circa la temporaneità o meno delle prestazioni, dovendosi chiarire che i precedenti di legittimità citati in proposito presuppongono evidentemente la necessaria corrispettività delle prestazioni, seppure siano stabiliti termini diversi di adempimento. Tale motivazione è già di per sè idonea a sorreggere la decisione, tenuto conto che le censure al riguardo sollevate non sono idonee a scalfire la correttezza e la congruità dell’iter logico giuridico seguito, risolvendosi le doglianze piuttosto in una soggettiva interpretazione del regolamento contrattuale che è evidentemente oggetto dell’indagine di fatto riservata al giudice di merito e, come tale, è insindacabile in sede di legittimità, dovendo sottolinearsi che l’interpretazione del contratto, consistendo in un’operazione di accertamento della volontà, si risolve in un’indagine di fatto riservata al giudice di merito, il cui accertamento è censurabile in cassazione soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche, laddove la denuncia della violazione delle regole di ermeneutica esige una specifica indicazione dei canoni in concreto inosservati e del modo attraverso il quale si è realizzata la violazione, mentre la denunzia del vizio di motivazione implica la puntualizzazione dell’obiettiva deficienza e contraddittorietà del ragionamento svolto dal giudice del merito; nessuna delle due censure può, invece, risolversi in una critica del risultato interpretativo raggiunto dal giudice che – come nella specie – si sostami nella mera contrapposizione di una differente interpretazione dell’atto.

Ciò posto, va ricordato che quando una sentenza (o un capo di questa) si fondi su più ragioni, tutte autonomamente idonee a sorreggerla, è necessario – per giungere alla cassazione della pronuncia- che con il ricorso per cassazione non solo ciascuna di esse abbia formato oggetto di specifica censura, ma anche che il ricorso abbia esito positivo nella sua interezza con l’accoglimento di tutte le censure, affinchè si realizzi lo scopo proprio di tale mezzo di impugnazione, il quale deve mirare alla cassazione della sentenza, “in toto” o nel suo singolo capo, per tutte le ragioni che autonomamente l’una o l’altro sorreggano. Ne consegue che è sufficiente che anche una sola delle dette ragioni non abbia formato oggetto di censura, ovvero, pur essendo stata impugnata, sia respinta, perchè il ricorso o il motivo di impugnazione avverso il singolo capo di essa, debba essere respinto nella sua interezza, divenendo inammissibili, per difetto di interesse, le censure avverso le altre ragioni poste a base della sentenza o del capo impugnato (Cass. 16602/2005).

Peraltro, e ciò dicasi evidentemente ad abundantiam a stregua di quanto sopra esposto, la sentenza ha esaminato l’ipotesi in cui si fosse voluta ritenere proponibile l’eccezione di inadempimento proposta dai convenuti, ritenendola infondata.

Orbene, premesso che di fronte alla domanda dell’attore che aveva invocato il mancato adempimento dei convenuti alle pattuizioni di cui all’atto di divisione, chiedendone l’esecuzione nonchè il risarcimento dei danni ad esso conseguenti, i predetti hanno addirittura chiesto in via riconvenzionale la risoluzione della convenzione per inadempimento degli attori, la sentenza ha correttamente applicato i principi in materia di contratti con prestazioni corrispettive, secondo cui nel caso di inadempienze reciproche, è necessario far luogo ad un giudizio di comparazione in ordine al comportamento di ambo le parti, alfine di stabilire quale di esse, in relazione ai rispettivi interessi ed all’oggettiva entità degli inadempimenti, si sia resa responsabile delle violazioni maggiormente rilevanti, perchè l’inadempimento deve essere addebitato esclusivamente a quel contraente che, con il proprio comportamento colpevole prevalente, abbia alterato il nesso di reciprocità che lega le obbligazioni assunte con il contratto, dando causa al giustificato inadempimento dell’altra parte (Cass. 15691/2006; 20614/2009); tale valutazione comparativa deve essere compiuta anche nel caso in cui sia dedotto l’inesatto adempimento, dovendo qui sottolinearsi che i precedenti di legittimità citati dal ricorrente si sono limitati ad affermare che i principi in materia di inadempimento e di ripartizione dell’onere probatorio fra debitore e creditore nel caso di reciproche inadempienze trovano applicazione anche nel caso in cui l’inesatto adempimento sia posto a fondamento dell’eccezione di cui all’art. 1460 cod. civ. (cfr., in particolare, 9439/2008 in motivazione)”. Vanno condivise le conclusioni di cui alla relazione, dovendo qui ribadirsi che:

a) mentre non assume alcun rilievo quanto ritenuto dal tribunale, la sentenza di appello – che si sostituisce alla decisione di primo grado – ha deciso la controversia, tenendo conto della natura obbligatoria e non reale dei diritti derivanti dalla scrittura intercorsa fra le parti, tant’è vero che ha fatto riferimento alla nozione di sinallagmaticità fra le prestazioni e all’eccezione di inadempimento di cui all’art. 1460 cod. civ.: il che, del resto, ha trovato conferma nello stesso tenore delle censure sollevate con il secondo motivo laddove si è tra l’altro denunciata la erronea applicazione degli artt. 1460 e 1455 cod. civ.;

b) il vincolo sinallagmatico fra le prestazioni ha per oggetto un tipico accertamento di fatto, che va compiuto alla stregua della interpretazione della volontà delle parti quale si è consacrata nel contratto, per cui trattasi evidentemente di un’ indagine riservata al giudice di merito e che è sindacabile in sede di legittimità soltanto per inadeguatezza della motivazione o per violazione delle regole ermeneutiche che nella specie non sono state dedotte, posto che, come è stato chiarito nella relazione – la doglianza si sostanzia nella mera contrapposizione di una differente interpretazione dell’atto rispetto a quella accolta dalla sentenza impugnata;

c) poichè, per quel che si è detto, la motivazione con la quale la sentenza ha escluso la corrispettività delle prestazioni, essendo immune da vizi logici e giuridici, è di per sè idonea sorreggere la decisione impugnata, i ricorrenti difettano di interesse a denunciare eventuali errori in merito all’eccezione; di inadempimento che i Giudici hanno comunque esaminato, posto che l’esclusione della sinallagmaticità fra le prestazioni era assorbente di ogni altra considerazione in quanto comportava sul piano logico-giuridico che non era neppure configurabile l’eccezione di inadempimento, che è prevista nei contratti a prestazioni corrispettive.

Le spese della presente fase vanno poste in solido a carico dei ricorrenti, risultati soccombenti.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso Condanna i ricorrenti in solido al pagamento in favore dei resistenti delle spese relative alla presente fase che liquida in Euro 2.000,00 di cui Euro 200,00 per esborsi ed Euro 1.800.00 per onorari di avvocato oltre spese generali ed accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 17 giugno 2011.

Depositato in Cancelleria il 25 ottobre 2011

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