Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2208 del 30/01/2020

Cassazione civile sez. II, 30/01/2020, (ud. 28/11/2019, dep. 30/01/2020), n.2208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SECONDA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. GORJAN Sergio – Presidente –

Dott. PICARONI Elisa – Consigliere –

Dott. ABETE Luigi – Consigliere –

Dott. CARBONE Enrico – rel. Consigliere –

Dott. OLIVA Stefano – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 24127/2015 R.G. proposto da:

G.L., rappresentata e difesa dall’Avv. Sandro Campagna

per procura in calce al ricorso, elettivamente domiciliata in Roma

presso il suo studio alla via Roberto Scott n. 62;

– ricorrente –

contro

ATER Azienda Territoriale Edilizia Residenziale Pubblica del Comune

di Roma, rappresentata e difesa dall’Avv. Edmonda Rolli per procura

a margine del controricorso, elettivamente domiciliata in Roma

presso l’avvocatura d’istituto alla via Fulcieri Paulucci dè

Calboli n. 20/E;

– controricorrente –

e nei confronti di:

G.P.;

– intimato –

avverso la sentenza della Corte d’appello di Roma, n. 4930,

depositata il 22 luglio 2014.

Udita la relazione svolta dal Consigliere Enrico Carbone nella camera

di consiglio del 28 novembre 2019.

Vista la memoria depositata dalla ricorrente fuori termine.

Fatto

ATTESO

CHE:

– G.L. ha adito il Tribunale di Roma per sentirsi dichiarare proprietaria in usucapione di un alloggio ATER, ex GESCAL, sito alla via (OMISSIS), sull’assunto che ella fin dal 1984 era subentrata nel possesso al padre, G.P., il quale aveva acquistato l’immobile nel (OMISSIS) dall’assegnatario, D.S., costui resosene acquirente su invito GESCAL del (OMISSIS): soccombente in entrambi i gradi di merito, G.L. ricorre per cassazione con due motivi.

– Il primo motivo di ricorso denuncia omesso esame e violazione dell’art. 345 c.p.c., per aver il giudice d’appello dichiarato nuova e quindi inammissibile la deduzione della G. inerente l’acquisto in proprietà immediata del D., deduzione in realtà già sottoposta al Tribunale con la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, per controeccepire all’avversa eccezione di non usucapibilità. Il primo motivo è infondato: per come trascritta in ricorso, la memoria ex art. 183 c.p.c., comma 6, non conteneva alcuno specifico riferimento all’istituto dell’acquisto in proprietà immediata di cui alla L. n. 60 del 1963, art. 2 che risulta invece espressamente menzionato soltanto nella comparsa conclusionale, a tal fine inidonea, attesa la sua funzione meramente illustrativa (Cass. 16 luglio 2004, n. 13165; Cass. 12 gennaio 2012, n. 315).

Il rilievo di novità della deduzione non è stato, quindi, frutto di un omesso esame del giudice d’appello, nè di un suo errore di diritto, ma esatta conseguenza del principio di stabilità dei temi d’indagine, considerato che l’acquisto in proprietà immediata a richiesta dell’assegnatario L. n. 60 del 1963, ex art. 2 era subordinato a determinati presupposti in fatto da verificare (l’assegnazione doveva essere a riscatto, con patto di futura vendita, ed esecutiva di piano-casa), oltre a configurarsi come istituto del tutto eccezionale, appunto per l’autonomia dell’effetto traslativo rispetto alla stipula di contratto (Cass. 15 dicembre 2006, n. 26936).

Il secondo motivo di ricorso denuncia violazione dell’art. 828 c.c., comma 2 e artt. 830 e 2697 c.c., per aver il giudice d’appello ritenuto non usucapibile l’alloggio ATER quale bene patrimoniale indisponibile, nonostante esso fosse stato posto in vendita dalla GESCAL fin dagli anni ‘60 e da allora fosse rimasto sostanzialmente estraneo al vincolo pubblicistico di destinazione.

Il secondo motivo è infondato: dall’inesistenza dell’acquisto in proprietà del D. il giudice d’appello ha tratto l’esatta conseguenza della permanenza dell’alloggio nel patrimonio indisponibile dell’ente pubblico, e quindi ha ben applicato il principio nomofilattico per cui, ai sensi dell’art. 828 c.c., comma 2 e art. 830 c.c., gli alloggi di edilizia residenziale pubblica non possono essere sottratti alla pubblica destinazione se non nei modi di legge, non essendo usucapibili diritti reali incompatibili con la destinazione del bene al soddisfacimento del bisogno primario della casa di abitazione per i cittadini non abbienti (Cass. 9 aprile 1998, n. 3667; Cass. 28 agosto 2002, n. 12608).

E’ irrilevante l’eventuale disimpegno di lungo corso nella gestione pubblica dell’alloggio, poichè la declassificazione dei beni del patrimonio indisponibile la cui destinazione all’uso pubblico derivi da una determinazione legislativa esige un atto di pari rango, e non può trarsi da atti concludenti dell’ente proprietario, dai quali, allora, non può neppure desumersi l’ingresso del bene nell’area dell’usucapibilità (riguardo gli alloggi a carico dello Stato per le esigenze abitative post-sismiche, Cass. 27 febbraio 2012, n. 2962). Il ricorso deve essere respinto, con le conseguenze di legge in ordine al regolamento delle spese processuali e al raddoppio del contributo unificato.

PQM

Rigetta il ricorso.

Condanna la ricorrente a rifondere alla controricorrente le spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.300,00 per compensi, oltre Euro 200,00 per esborsi, spese generali al 15% e accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma dello stesso art. 13, comma 1-bis se dovuto.

Così deciso in Roma, nell’adunanza camerale, il 28 novembre 2019.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2020

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