Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 2208 del 30/01/2010

Cassazione civile sez. III, 30/01/2010, (ud. 19/11/2009, dep. 30/01/2010), n.2208

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. PREDEN Roberto – Presidente –

Dott. MASSERA Maurizio – rel. Consigliere –

Dott. SEGRETO Antonio – Consigliere –

Dott. VIVALDI Roberta – Consigliere –

Dott. FRASCA Raffaele – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 29894-2008 proposto da:

AZIENDA AUTONOMA MUNICIPALIZZATA ACQUEDOTTO ED IMPIANTO ELETTRICO –

A.M.A.I.E. SPA, in persona del Presidente in carica, elettivamente

domiciliata in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II n. 349, presso lo

studio dell’avvocato SANDULLI MARIA ALESSANDRA, che la rappresenta e

difende unitamente agli avvocati CORRADI MASSIMO, DAMONTE ROBERTO,

giusta procura a margine del ricorso;

– ricorrente –

contro

COMUNE DI IMPERIA, in persona del Sindaco pro tempore, elettivamente

domiciliato in ROMA, VIA TACITO 50, presso lo studio dell’avvocato

COSSU BRUNO, che lo rappresenta difende, giusta Delib. Giunta

Municipale n. 9, e giusta procura a margine del controricorso;

– controricorrente –

e contro

AZIENDA AUTONOMA MUNICIPALIZZATA ACQUEDOTTI E TRASPORTI – A.M.A.T. -;

– intimata –

avverso la sentenza n. 991/2008 della CORTE D’APPELLO di GENOVA del

16/7/08, depositata l’08/08/2008;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del

19/11/2009 dal Consigliere Relatore Dott. MAURIZIO MASSERA;

udito l’Avvocato Bomboi Savina (delega avvocato Cossu Bruno),

difensore del controricorrente che si riporta agli scritti;

è presente il P.G. in persona del Dott. EDUARDO VITTORIO

SCARDACCIONE che nulla osserva rispetto alla relazione scritta.

La Corte, Letti gli atti depositati:

Fatto

OSSERVA

E’ stata depositata la seguente relazione:

1 – Con ricorso notificato il 22 Dicembre 2008 Azienda l’Autonoma Municipalizzata e Impianto Elettrico – A.M.A.I.E. S.p.A. ha chiesto la cassazione della sentenza, notificata il 29 ottobre 2008, depositata in data 8 agosto 2008 dalla Corte d’Appello di Genova, che, in riforma della sentenza del Tribunale di Sanremo, aveva respinto la domanda svolta nei confronti del Comune di Genova (rectius: Imperia) finalizzata al pagamento di somme dipendenti da forniture d’acqua per gli anni 1983 – 1985 e aveva dichiarato cessata la materia del contendere tra l’attrice e l’Azienda Autonoma Municipalizzata Acquedotti e Trasporti – A.M.A.T. S.p.A..

Il Comune intimato ha resistito con controricorso, mentre l’Azienda Autonoma Municipalizzata Acquedotti e Trasporti – A.M.A.T. S.p.A. non ha espletato attività difensiva.

2 – I sei motivi del ricorso risultano inammissibili, poichè la loro formulazione non soddisfa i requisiti stabiliti dall’art. 366-bis c.p.c..

Occorre rilevare sul piano generale che, considerata la sua funzione, la norma indicata (art. 366 bis c.p.c.) va interpretata nel senso che per, ciascun punto della decisione e in relazione a ciascuno dei vizi, corrispondenti a quelli indicati dall’art. 360 c.p.c., per cui la parte chiede che la decisione sia cassata, va formulato un distinto motivo di ricorso.

Per quanto riguarda, in particolare, il quesito di diritto, è ormai jus receptum (Cass. n. 19892 del 2007) che è inammissibile, per violazione dell’art. 366 bis c.p.c., introdotto dal D.Lgs. n. 40 del 2006, art. 6, il ricorso per cassazione nel quale esso si risolva in una generica istanza di decisione sull’esistenza della violazione di legge denunziata nel motivo. Infatti la novella del 2006 ha lo scopo di innestare un circolo selettivo e “virtuoso” nella preparazione delle impugnazioni in sede di legittimità, imponendo al patrocinante in cassazione l’obbligo di sottoporre alla Corte la propria finale, conclusiva, valutazione della avvenuta violazione della legge processuale o sostanziale, riconducendo ad una sintesi logico- giuridica le precedenti affermazioni della lamentata violazione.

In altri termini, la formulazione corretta del quesito di diritto esige che il ricorrente dapprima indichi in esso la fattispecie concreta, poi la rapporti ad uno schema normativo tipico, infine formuli il principio giuridico di cui chiede l’affermazione.

Quanto al vizio di motivazione, l’illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilità, la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione; la relativa censura deve contenere un momento di sintesi (omologo del quesito di diritto), che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilità (Cass. Sez. Unite, n. 20603 del 2007).

3. – Con il primo motivo la ricorrente lamenta erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione degli artt. 1988 e 2697 c.c.; contraddittorietà; difetto di presupposto. La censura si sviluppa con varie argomentazioni che occupano oltre cinque pagine e si concludono con la formulazione di un quesito che non sintetizza nè spiega i vizi denunciati e si limita a chiedere alla Corte se le circostanze dedotte costituiscano idonea prova del credito vantato, cioè sollecitano un apprezzamento che spetta al giudice di merito.

Considerazioni del tutto analoghe valgono per il secondo motivo, mediante il quale viene denunciata erroneità della sentenza per violazione e/o falsa applicazione dei principi generali in materia contrattuale in combinato disposto all’art. 1597 c.c. nonchè travisamento del fatto e si conclude con un quesito che attiene alla verifica dell’esistenza del titolo giuridico concernente il credito.

Le medesime caratteristiche negative inficiano il terzo motivo, con il quale vengono ipotizzate violazione e/o falsa applicazione (ma non si tratta di sinonimi, per cui il ricorrente per cassazione deve scegliere se denunciare l’una o l’altra, non potendo normalmente sussistere entrambe nel medesimo capo della sentenza) della L. n. 573 del 1993, art. 6 nonchè illogicità, il quarto motivo, che denuncia violazione e/o falsa applicazione della L. n. 41 del 1990, art. 11 nonchè illogicità, il quinto motivo, che lamenta violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2041 c.c. nonchè travisamento dei fatti e il sesto, che assume violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1988 c.c. travisamento dei fatti e contraddittorietà sotto altro profilo.

Infatti tutti questi motivi, che come primi due trattano vizi strutturalmente diversi come la violazione e falsa applicazione di norme di diritto e i vizi di motivazione, si concludono con la formulazione di un quesito per ciascuno che non spiega le violazioni indicate e si limita a chiedere alla Corte una mera verifica e non l’enunciazione di un principio di applicazione generalizzata e decisivo per il giudizio.

4.- La relazione è stata comunicata al pubblico ministero e notificata ai difensori delle parti;

La ricorrente ha presentato memoria; il resistente ha chiesto d’essere ascoltato in camera di consiglio;

Le argomentazioni addotte dalla ricorrente con la memoria trascurano di considerare che il quesito di diritto e il momento di sintesi debbono essere autosufficienti e non richiedere attività interpretativa da parte della Corte; che la costituzionalità dell’art. 366 bis c.p.c. è stata più volte riconosciuta; che l’avvenuta abrogazione di tale norma con riferimento ai provvedimenti emanati dopo l’entrata in vigore della nuova normativa non presenta alcun profilo d’incostituzionalità.

5.- Ritenuto:

che, a seguito della discussione sul ricorso, tenuta nella camera di consiglio, il collegio ha condiviso i motivi in fatto e in diritto esposti nella relazione;

che pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile;

le spese seguono la soccombenza;

visti gli artt. 380-bis e 385 cod. proc. civ..

P.Q.M.

Dichiara il ricorso inammissibile. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di cassazione, liquidate in complessivi Euro 3.200,00, di cui Euro 3.000,00 per onorari, oltre spese generali e accessori di legge.

Così deciso in Roma, il 19 novembre 2009.

Depositato in Cancelleria il 30 gennaio 2010

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