Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22078 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. un., 22/09/2017, (ud. 07/02/2017, dep.22/09/2017),  n. 22078

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONI UNITE CIVILI

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RORDORF Renato – Primo Presidente f.f. –

Dott. DI AMATO Sergio – Presidente di Sez. –

Dott. AMOROSO Giovanni – Presidente di Sez. –

Dott. TRAVAGLINO Giacomo – Presidente di Sez. –

Dott. BIELLI Stefano – Consigliere –

Dott. CAMPANILE Pietro – rel. Consigliere –

Dott. MANNA Felice – Consigliere –

Dott. TRIA Lucia – Consigliere –

Dott. D’ASCOLA Pasquale – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso n. 6272/2016 proposto da:

PROVINCIA DI RIMINI, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA GIOVANNI BETTOLO 4, presso lo

studio dell’avvocato FABRIZIO BROCHIERO MAGRONE, rappresentata e

difesa dall’avvocato LUIGINO BIAGINI;

– ricorrente –

contro

R.G., in proprio e nella qualità di Presidente del

COMITATO D’AREA DI CERASOLO AUSA IN COMUNE DI CORIANO, elettivamente

domiciliato in ROMA, CORSO VITTORIO EMANUELE II 18, presso lo studio

dell’avvocato GIAN MARCO GREZ, rappresentato e difeso dall’avvocato

GIANCARLO FANZINI;

– controricorrente –

contro

PETROLTECNICA S.P.A., COMUNE DI CORIANO;

– intimato –

avverso la sentenza n. 4156/2015 del CONSIGLIO DI STATO, depositata

l’8 settembre 2015.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 7

febbraio 2017 dal Consigliere Dott. PIETRO CAMPANILE;

uditi gli Avvocati Fabrizio BROCHIERO MAGRONE per delega

dell’avvocato Luigino Biagini e Giancarlo FANZINI;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

GIACALONE Giovanni, che ha concluso chiedendo l’inammissibilità del

ricorso.

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con sentenza n. 120 del 2014 il T.a.r. dell’Emilia Romagna – Bologna accoglieva il ricorso proposto da alcuni cittadini del Comune di Coriano, frazione di Cerasuolo, costituiti in Comitato d’area, nei confronti di delibere adottate dal Consiglio provinciale di Rimini e dal Consiglio comunale di Coriano, tutte relative all’approvazione di una variante al Piano regolatore generale di detto Comune, per l’ampliamento e l’accorpamento dell’area industriale di detta frazione. In particolare, respinte alcune eccezioni pregiudiziali, il Tribunale rilevava l’illegittimità della variante approvata, in quanto, prevedendo gli indirizzi della Regione Emilia Romagna e della stessa Provincia di Rimini limitati interventi di completamento degli insedia menti compresi nel territorio urbanizzato, l’area prescelta, al fine di consentire la localizzazione di discariche e inceneritori, era assolutamente priva dei prescritti requisiti, essendo completamente libera da qualsiasi edificazione suscettibile di completamento o ricucitura, esterna all’abitato e diversa dai siti di insediamento degli stabilimenti da accorpare.

2. Tale decisione, impugnata dalla S.p.a. Petroltecnica, dalla Provincia di Rimini e dal Comune, nonchè, in via incidentale, dal Comitato, è stata confermata dal Consiglio di Stato con la sentenza indicata in epigrafe, nella quale è stata ribadita l’incompatibilità delle scelte poste alla base delle delibere impugnate con la normativa di livello superiore, con riferimento al piano Territoriale Paesistico Regionale e al Piano Paesistico Provinciale, anche alla luce della Delib. Giunta Regionale dell’Emilia Romagna 12 novembre 2001, n. 2377 e ai chiarimenti dalla stessa fornita, in sede di interpretazione autentica, con nota del 21 dicembre 2011.

3. Per la cassazione di tale decisione la Provincia di Rimini propone ricorso, ai sensi dell’art. 362 c.p.c., comma 1, affidato ad unico motivo, cui resiste con controricorso, illustrato da memoria, il Comitato d’Area di Cerasuolo d’Ausa.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. L’Amministrazione ricorrente sostiene che con la decisione impugnata il Consiglio di Stato abbia superato i limiti esterni della giurisdizione, in quanto, pur dando atto del carattere discrezionale della scelta urbanistica effettuata dagli enti locali, avrebbe in sostanza sovrapposto la propria valutazione a quella effettuata dalle competenti amministrazioni, le quali, sulla base delle analisi già svolte tanto dal Comitato consultivo provinciale, quanto dal gruppo tecnico l’uopo costituito, avevano individuato l’area compresa nel territorio di (OMISSIS), così esprimendo un apprezzamento di natura tecnica insindacabile in sede giurisdizionale, salva la presenza, non ricorrente nella specie, di elementi deponenti nel senso di una scelta incongruente ed illogica. Si aggiunge che i requisiti e le condizioni posti dai piani sovraordinati erano stati adeguatamente considerati, sulla base delle risultanze di uno specifico studio di fattibilità all’uopo effettuato: il giudizio del Consiglio di Stato circa la violazione dei limiti posti dalla suddetta normativa, per aver ravvisato una eccessiva edificazione rispetto alla previsione di un intervento di completamento, non costituirebbe un sindacato di legittimità, bensì l’esercizio della discrezionalità riservata agli enti territoriali.

2. Il ricorso è inammissibile.

3. Secondo il consolidato orientamento di queste Sezioni Unite, le decisioni del giudice amministrativo sono viziate per eccesso di potere giurisdizionale e, quindi, sindacabili per motivi inerenti alla giurisdizione, laddove detto giudice, eccedendo i limiti dei riscontro di legittimità del provvedimento impugnato e sconfinando nella sfera del merito, riservato alla P.A., compia una diretta e concreta valutazione della opportunità e della convenienza dell’atto, ovvero quando la decisione finale, pur nel rispetto della formula dell’annullamento, esprima la volontà dell’organo giudicante di sostituirsi a quella dell’Amministrazione, così esercitando una giurisdizione di merito in situazioni che avrebbero potuto dare ingresso soltanto a una giurisdizione di legittimità (dunque, all’esercizio di poteri cognitivi e non anche esecutivi) o esclusiva, o che comunque ad essa non avrebbero potuto dare ingresso (Cass., Sez. U, 3 giugno 2015, n. 11375; Cass. Sez. U, 9 novembre 2011, n. 23302).

4. Con la sentenza impugnata il Consiglio di Stato ha sostanzialmente esercitato, nell’ambito del sindacato di legittimità dei provvedimenti amministrativi impugnati, la propria funzione interpretativa di norme primarie e secondarie, insindacabile come tale per motivi inerenti alla giurisdizione.

Non può seriamente porsi in dubbio, infatti, che l’interpretazione della legge rappresenta l’essenza della funzione giurisdizionale e non può, dunque, integrare la violazione dei limiti esterni della giurisdizione da parte del giudice amministrativo, così da giustificare il ricorso previsto dall’art. 111 Cost., comma 8 (Cass., Sez. U, 14 dicembre 2016, n. 25628; Cass, Sez. U, 31 maggio 2016, n. 11380).

5. In relazione alle decisioni in materia urbanistica, questa Corte ha già rilevato che l’attività ermeneutica relativa al quadro normativo di riferimento non integra una indebita ingerenza negli aspetti di natura decisionale, sulla base di valutazioni di natura discrezionale, riservati agli enti territoriali, ma realizza la primaria funzione del sindacato di legittimità, verificando la corrispondenza dell’atto impugnato alle prescrizioni alle quali avrebbe dovuto conformarsi, non escluse, per i fini che qui maggiormente rilevano, le cc.dd. norme sovraordinate (Cass., Sez. U, 12 novembre 2012, n. 19594). Mette conto di richiamare, sotto tale profilo, il sistema piramidale delineato dalla L.R. Emilia Romagna 24 marzo 2000, n. 20, che, prevedendo tre livelli di pianificazione urbanistica (il Piano Territoriale Regionale, il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e la competenza del Comune), disegna un sistema caratterizzato da una programmazione degli enti territoriali vincolata al rispetto delle indicazioni di carattere generale impartite nell’ambito dei livelli sovraordinati.

6. La verifica della conformità della variante in esame alle prescrizioni di carattere generale atteneva, dunque, al giudizio circa la legittimità degli atti impugnati, ed entro tali limiti si colloca la decisione impugnata.

Il Consiglio di Stato, invero, dopo aver evidenziato che la Regione Emilia Romagna aveva, con apposita delibera n. 2377 del 2001, introdotto una modifica che consentiva ai Comuni collinari e montani con popolazione superiore a 5.000 abitanti di assumere, previo accordo con l’Amministrazione provinciale, una variante allo strumento urbanistico “coerente con i nuovi disposti normativi che prevedono, per tali ambiti, limitati interventi di completamento compatibili per dimensione e utilizzo con le caratteristiche paesaggistiche e ambientali del sito come individuate dal P.T.C.P.”, e dopo aver sottolineato che quest’ultimo, all’art. 22, comma 7, delle N.T.A., fra l’altro consentiva, a determinate condizioni, “limitati completamenti degli insediamenti compresi nel perimetro del territorio urbanizzato”, ha osservato, anche in base alla disciplina di tutela dei caratteri ambientali di laghi, bacini e corso d’acqua dettata dal citato P.C.T.R., nonchè al lume della Delib. Giunta Regionale 21 dicembre 2011 di interpretazione autentica di quella sopra richiamata, che correttamente il Tribunale aveva escluso che l’intervento contestato potesse ricondursi nell’unica tipologia ammessa, vale a dire nel “completamento e nella ricucitura degli sfrangiamenti insediativi in terreno urbanizzato e in stretta continuità e organica coerenza con questi”, posto che esso investiva, al contrario, “un’area agricola, completamente libera, esterna all’abitato e diversa dagli attuali siti degli stabilimenti destinati a insediarvisi”.

7. Il Consiglio di Stato ha poi ribadito che il proprio sindacato era finalizzato alla verifica del rispetto della normativa sovraordinata, osservando, a tale proposito, che i rilievi degli appellanti in merito alla compatibilità della variante impugnata con le prescrizioni di livello superiore sopra indicate non erano condivisibili.

8. Il ricorso è quindi inammissibile, essendo preclusa, secondo il costante orientamento di questa Corte (Cass., Sez. U, 5 dicembre 2016, n. 24742; Cass., Sez. U, 3 ottobre 2013, n. 24468; Cass., Sez. U, 6 settembre 2013, n. 20569; Cass., Sez. U, 22 aprile 2013, n. 9687; Cass., Sez. U, 10 dicembre 2009, n. 26812), la denuncia di errores in iudicando dei giudici speciali nelle impugnazioni per cassazione ai sensi dell’art. 362 c.p.c..

PQM

 

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la Provincia di Rimini al pagamento delle spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in Euro 5.200,00, di cui Euro 5.000,00 per compensi, oltre agli accessori di legge.

Ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, il 7 febbraio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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