Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22078 del 17/10/2014


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Civile Sent. Sez. 2 Num. 22078 Anno 2014
Presidente: TRIOLA ROBERTO MICHELE
Relatore: MAZZACANE VINCENZO

SENTENZA

sul ricorso 8136-2008 proposto da:
BOGNOLO MATILDE C.F.BGNMLD36E51F205R, elettivamente
domiciliata in ROMA, VIA BOEZIO 14, presso lo studio
dell’avvocato CLAUDIO D’ANGELANTONIO, che la%
rappresenta e difende unitamente all’avvocato RUSCONI
CARLO;

2014

– ricorrente –

1811

contro
AW/r
5
BOGNOLO GIOVANNI, elettivamente domiciliato in ROMA,
,1,„

VIALE GIUSEPPE MAZZINI 145, presso lo studio
dell’avvocato ROBERTO LOMBARDI, rappresentato e difeso

Data pubblicazione: 17/10/2014

dall’avvocato AGOSTINIS ENRICO;
– controricorzente –

nonchè contro

BOGNOLO GUIDO;
– intimato-

di TRIESTE, depositata il 27/10/2007) i’),-/1-74,•2->e-

1-02/ 1″” 3 ;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica
udienza del 16/09/2014 dal Consigliere Dott. VINCENZO
MAZZACANE;
udito l’Avvocato Rita Grazia Della Lena con delega
depositata in udienza dell’Avv. D’Angelantonio Claudio
difensore della ricorrente che si riporta agli atti
depositati;
udito

l’Avv.

Agostinis

Enrico

difensore

del

controricorrente che ha chiesto il rigetto del
ricorso;
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore
Generale Dott. LUCIO CAPASSO che ha concluso per
l’inammissibilità del ricorso.

e

avverso la sentenza n. 613/2007 della CORTE D’APPELLO

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

I fratelli Matilde Bognolo e Guido Bognolo, premesso che la madre degli esponenti Rosa Sozzi era
deceduto il 27-4-1997 lasciando un testamento olografo dei 2-8-1994 pubblicato il 28-7-1997,
convenivano in giudizio dinanzi al Tribunale di Pordenone l’altro fratello Giovanni Bognolo

quale aveva istituito erede la figlia Matilde per 2/4, il figlio Guido per 1/4 ed il figlio Giovanni per
1/4.

Il convenuto costituendosi in giudizio preliminarmente contestava che la sottoscrizione apposta in
calce alla copia dell’atto pubblico (la cui corrispondenza nel contenuto all’originale pure
contestava) fosse di pugno della madre, con la conseguenza che l’eredità restava devoluta in parti
uguali tra i tra fratelli secondo le norme della successione legittima; eccepiva inoltre l’incapacità di
intendere e di volere della testatrice al momento della redazione dell’atto.

il giudice istruttore assegnava alle parti i termini di cui all’art. 384 c.p.c. per la deduzione dei mezzi
istruttori, ed all’udienza del 9-1-2002, dopo la scadenza dei suddetti termini e dopo che il
convenuto aveva eccepito l’omessa proposizione dell’istanza di controparte di verificazione della
scrittura, l’istanza stessa veniva proposta; il giudice istruttore la accoglieva, avendola ritenuta
implicitamente manifestata già nella memoria ex art. 183 ultimo comma c.p.c.

Il Tribunale con sentenza non definitiva dei 13-5-2004 accoglieva l’istanza di verificazione proposta
dagli attori ex art. 216 c.p.c., e per l’effetto dichiarava che la sottoscrizione in calce al testamento
olografo del 2-8-1994 era autografa di Rosa Sozzi, rigettava la domanda di annullamento del
testamento formulata dal convenuto ai sensi dell’art. 591 n. 3 c.p.c., accertava che l’eredità della
Sozzi era devoluta alle parti sulla base del testamento olografo del 2-8-1994 e disponeva come da
separata ordinanza per il prosieguo del giudizio.
i

chiedendo dichiararsi la divisione della relativa eredità secondo le disposizioni della defunta, la

Proposto gravame da parte di Giovanni Bognolo cui resistevano Guido Bognolo e Matilde Bognoio
la Corte di Appello Trieste con sentenza del 27-10-2007, in parziale riforma della sentenza di primo
grado, ha dichiarato inammissibile l’istanza di verificazione del disconosciuto testamento olografo
sopra menzionato in quanto non proposta in modo non equivoco; inoltre il giudice di appello ha

avevano dichiarato espressamente di voler introdurre il procedimento di verificazione, ma
neppure avevano indicato i mezzi di prova o prodotto le scritture di comparazione, né avevano
prodotto l’originale del testamento; per l’effetto quindi la Corte territoriale, ritenuta
l’inutilizzabilità degli atti e dei documenti all’uopo assunti, ha dichiarato devoluta agli eredi per un
terzo ciascuno, secondo le regole della successione legittima, l’eredità della Sozzi, ed ha disposto
per la prosecuzione del giudizio.

Avverso tale sentenza Matilde Bognolo ha proposto un ricorso per cassazione articolato in due
motivi cui Giovanni Bognolo ha resistito con controricorso depositando successivamente una
memoria; Guido Bognolo non ha svolto attività difensiva in questa sede.

MOT1VI DELLA DECISIONE

Preliminarmente deve essere esaminata l’eccezione del controricorrente di irritualità del ricorso in
quanto la natura oggettivamente inscindibile della causa imponeva alla ricorrente di estendere il
contraddittorio anche a Guido Bognolo, anche lui beneficiario, in virtù della successione legittima
dichiarata dalla sentenza impugnata, di una chiamata all’eredità nella quota di 1/3, e non di 1/4,
come sarebbe stato in caso di riconosciuta successione testamentaria; l’eccezione deve essere
disattesa, posto che il ricorso in oggetto è stato ritualmente notificato anche a Guido Bognolo, che
peraltro non ha ritenuto di svolgere attività difensiva in questa sede.

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aggiunto che gli attori nel primo grado di giudizio nel termine di cui all’art. 184 c.p.c. non solo non

Venendo quindi all’esame del ricorso, si rileva che con il primo motivo la ricorrente, denunciando
vizio di motivazione, rileva che la Corte territoriale, dopo aver affermato che non sono richieste
formule sacramentali per la proposizione dell’istanza di verificazione ex art. 216 c.p.c., ha poi
aggiunto che detta istanza non deve essere equivoca e deve contenere la proposizione dei mezzi

che nella fattispecie gli attori nel giudizio di primo grado nel termine di cui all’art. 184 c.p.c. non
solo non avevano dichiarato espressamente di voler introdurre il procedimento di verificazione,
ma neppure avevano indicato i mezzi di prova o avevano prodotto le scritture di comparazione, e
nemmeno avevano prodotto l’originale del testamento; orbene, premesso che era contraddittorio
affermare da un lato la non necessità di formule sacramentali per la proposizione dell’istanza di
verificazione e dall’altro la necessità che la stessa non fosse equivoca, la ricorrente sottolinea che
non era stata svolta alcuna argomentazione per spiegare cosa il giudice di appello avesse inteso
ritenere per istanza non equivoca; inoltre evidenzia che secondo l’orientamento consolidato di
questa Corte l’istanza di verificazione di una determinata scrittura privata non richiede formule
sacramentali e deve ritenersi implicitamente proposta quando si insista per la pretesa
presupponente l’autenticità della scrittura privata stessa.

Con il secondo motivo Matilde &Ignoto, deducendo violazione e falsa applicazione dell’art. 216
c.p.c., ritiene che, contrariamente all’assunto della sentenza impugnata, la produzione di scritture
di comparazione quali allegati al documento costituito da perizia grafologica di parte non può
intendersi come mancato rispetto della previsione dell’art. 216 c.p.c.; invero, se si dà atto della
produzione di una perizia di parte, la produzione non investe esclusivamente la relazione peritale,
ma gli stessi documenti ad essa allegati che costituiscono un corpo unico rispetto al documento

“perizia” prodotto.

Le enunciate censure, da esaminare congiuntamente per ragioni di connessione, sono infondate.
3

di prova ritenuti utili e la produzione o l’indicazione delle scritture di comparazione, ed ha rilevato

Sotto un primo profilo deve rilevarsi che non è condivisibile il convincimento del giudice di appello
in ordine alla necessità che la parte che intenda avvalersi della scrittura privata disconosciuta deve
presentare l’istanza di verificazione in modo non equivoco, entro il termine perentorio per le
deduzioni istruttorie delle parti (richiamando a tale proposito la pronuncia di questa Corte del 7-2-

comportamento della parte è possibile desumere in modo inequivocabile la sua volontà di
proporre implicitamente detta istanza, come quando si insista per l’accoglimento della pretesa
presupponente l’autenticità del documento, essendo evidente che, una volta disconosciuta la
scrittura privata dalla parte nei cui confronti è stata prodotta, insistere sulla fondatezza della
propria domanda basata sull’autenticità del documento prodotto significa inequivocabilmente
proporre sia pure implicitamente l’istanza di verificazione di tale scrittura privata, costituente
invero io specifico strumento processuale per ottenere la declaratoria di autenticità di essa; in
proposito quindi si ritiene di aderire all’orientamento prevalente di questa Corte che si è espresso
in tali termini (Cass. 11-6-1991 n. 6613; Cass. 23-10-2001 n. 12976; Cass. 6-6-2006 n. 13258; Cass.
24-5-2012 n. 8272, quest’ultima pronuncia con specifico riferimento all’istanza di verificazione di
un testamento olografo).

Nondimeno deve rilevarsi l’infondatezza dell’assunto sostenuto dalla ricorrente in ordine alla non
necessità della produzione o della indicazione delle scritture di comparazione previste dall’art. 216
primo comma c.p.c., essendo a tal fine sufficienti i documenti allegati alla perizia di parte prodotta.

Al riguardo la sentenza impugnata, nell’affermare che gli attori nel giudizio di primo grado avevano
presentato una perizia di parte concludente per l’autografia della firma sulla copia del testamento
olografo per cui è causa allegando le scritture delle quali il perito di parte si era avvalso per la
comparazione, ha correttamente osservato che una cosa è produrre le scritture di comparazione
e

indicandole al giudice ed alle controparti, ed altra cosa è allegarle semplicemente quali documenti
4

2005 n. 2411); ritiene invero il Collegio che tale esigenza non sussiste, allorché dal complessivo

ad una perizia di parte; infatti secondo il procedimento delineato dal codice di rito, la parte che
intende valersi della scrittura privata disconosciuta, nel chiederne la verificazione, deve proporre i
mezzi di prova ritenuti utili e produrre o indicare le scritture di comparazione (art, 216 primo
comma c.p.c.), ed anzi a tal riguardo il giudice stabilisce il termine per il deposito in cancelleria

mentre la nomina di un consulente tecnico è comunque eventuale (art. 217 primo e secondo
comma c.p.c.), potendo il giudice di merito procedere direttamente alla verifica, senza necessità di
ricorrere alla perizia grafologica (Cass. 29-1-2003 n. 1282), desumendo la veridicità del documento
attraverso la comparazione di esso con altre scritture incontestabilmente provenienti dalla
medesima parte e ritualmente acquisite al processo (Cass. 19-5-2008 n. 12695); pertanto la
produzione o l’indicazione delle scritture di comparazione da parte di colui che intende valersi
della scrittura privata disconosciuta costituisce un onere imprescindibile per una corretta
proposizione dell’istanza di verificazione; né evidentemente tale onere può essere assolto
mediante l’allegazione di tali scritture ad una perizia di parte, tale fase del procedimento
attenendo all’ espletamento di una consulenza tecnica d’ufficio che comunque, oltre che
eventuale, è in ogni caso successiva alla proposizione dell’istanza di verificazione.

Inoltre neppure è censurata l’ulteriore statuizione della sentenza impugnata in ordina alla
mancata produzione dell’originale del testamento olografo, originale evidentemente necessario
per la procedura di verificazione (Cass. 27-7-2000 n. 9869).

Il ricorso deve pertanto essere rigettato; le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come
in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte
5

delle scritture di comparazione e poi determina quelle che debbono servire di comparazione,

Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento di euro 200,00 per esborsi e di euro
3.000,00 per compensi oltre spese forfettarie.

Così deciso in Roma il 16-9-2014

11 PIeLdente

Il Consigliere estensore

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