Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22073 del 13/10/2020

Cassazione civile sez. lav., 13/10/2020, (ud. 05/03/2020, dep. 13/10/2020), n.22073

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. NOBILE Vittorio – Presidente –

Dott. BLASUTTO Daniela – rel. Consigliere –

Dott. GARRI Fabrizia – Consigliere –

Dott. PAGETTA Antonella – Consigliere –

Dott. CINQUE Guglielmo – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 17648-2016 proposto da:

C.E.P., D.S., elettivamente domiciliati

in ROMA, VIA L. NIEVO 61, presso lo studio dell’avvocato ROBERTO

ADAMO, che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato NICOLA

MESSINA;

– ricorrenti –

contro

FRIULI VENEZIA GIULIA STRADE S.P.A., in persona del legale

rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA

CRESCENZIO 58, presso lo studio dell’avvocato BRUNO COSSU, che la

rappresenta e difende unitamente all’avvocato STEFANO FRUTTAROLO;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 46/2016 della CORTE D’APPELLO di TRIESTE,

depositata il 09/05/2016 R.G.N. 229/2015;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del

05/03/2020 dal Consigliere Dott. DANIELA BLASUTTO;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott.

SANLORENZO RITA, che ha concluso per l’accoglimento del ricorso in

particolare con riferimento alla richiesta di rimessione alla Corte

Costituzionale della questione di costituzionalità relativa alla

L.R. 23 del 2007, art. 63, comma 7 quater come introdotto dalla L.R.

n. 13 del 2014, art. 18 in relazione ai parametri di cui agli artt.

36 e 117 quest’ultimo da sollevare d’ufficio stante la mancata

evidenziazione degli atti;

udito l’Avvocato NICOLA MESSINA;

udito l’Avvocato SAVINA BOMBOI, per delega verbale Avvocato BRUNO

COSSU.

 

Fatto

FATTI DI CAUSA

1. Con ricorso al Giudice del lavoro del Tribunale di Trieste, depositato il 21 novembre 2014, la Dott.ssa C.E.P. e l’ing. D.S., dirigenti della società a totale partecipazione regionale “Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a.”, chiedevano che fosse accertata e dichiarata la nullità e/o annullabilità e/o illegittimità e/o inefficacia dell’ordine di servizio in data 30 ottobre 2014 attraverso il quale, a seguito della L.R. n. 13 del 2014, la società aveva fissato il tetto del trattamento retributivo onnicomprensivo annuo dei suoi dirigenti in Euro 100.000,00; che fosse accertata la perdurante efficacia del livello retributivo già riconosciuto in funzione del contratto individuale di lavoro e del c.c.n.l. dirigenti Anas ai medesimi applicato; che la società convenuta fosse condannata a corrispondere loro le differenze retributive tra la retribuzione precedentemente riconosciuta e quella applicata attraverso il predetto ordine di servizio.

1.1. In via subordinata, i ricorrenti deducevano che la retribuzione come decurtata violava il disposto di cui all’art. 36 Cost. e che doveva essere rideterminata la retribuzione proporzionata e sufficiente alla luce di quanto previsto dal c.c.n.l. dirigenti Anas o altro c.c.n.l., in quanto ritenuto direttamente applicabile alla fattispecie, con condanna della società convenuta a corrispondere le differenze retributive tra la retribuzione individuata come proporzionata e sufficiente e quella applicata attraverso l’utilizzo del predetto ordine di servizio.

1.2. A sostegno della domanda, i ricorrenti, premesso di provenire dai ruoli dell’Anas s.p.a. e di essere transitati sin dal 2008 alle dipendenze della Friuli Venezia Giulia s.p.a., con inquadramento come dirigenti e contratto di lavoro a tempo indeterminato, la C. quale responsabile della divisione amministrazione e finanza e il D. quale responsabile dell’area pianificazione strategica, programmazione territoriale e attuazione programmi societari, con conservazione delle condizioni contrattuali e del trattamento economico in godimento presso Anas s.p.a., deducevano che in data 23 luglio 2014 era stata pubblicata la L.R. Friuli-Venezia Giulia n. 13 del 2014, il cui art. 18, comma 3, aveva fissato la soglia massima del trattamento economico annuo onnicomprensivo riconoscibile ai dirigenti di “Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a.” e che, in applicazione di tale norma regionale, il loro trattamento economico era stato illegittimamente decurtato di Euro 27.800,00 per ricondurlo nei limiti della soglia di Euro 100.000, indicata da tale norma; che la società FVG Strade, pur se di diritto pubblico, era costituita in forma di società per azioni e che il trattamento economico dei suoi dirigenti restava regolato dal contratto nazionale di lavoro dei dirigenti Anas s.p.a.; che l’applicazione, ad opera della datrice di lavoro, dell’art. 18 cit. aveva violato i principi del divieto di reformatio in peius e di irriducibilità della retribuzione.

2. La società “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a., costituitasi, deduceva di essere una società in house providing, al servizio dell’Amministrazione regionale e di altri Enti pubblici regionali; che l’applicazione del c.c.n.l. Anas derivava dal fatto che i ricorrenti, in precedenza appartenenti al predetto Ente, erano stati trasferiti a “FVG Strade” s.p.a. mediante procedura di mobilità; che, a seguito di chiarimenti richiesti all’Amministrazione regionale in merito all’applicazione della suddetta L.R. e in virtù delle disposizioni ricevute, essa resistente aveva disposto la riduzione del trattamento retributivo onnicomprensivo annuo dei dirigenti, ma l’intervento riduttivo aveva inciso esclusivamente sui superminimi individuali, da ritenere riassorbibili; che la società era obbligata ad ottemperare alla L.R., vincolante e precettiva; che il principio di irriducibilità della retribuzione e il divieto della reformatio in peius sono principi applicabili alle determinazioni unilaterali del datore di lavoro e non ad un atto datoriale che si conformi al disposto di una L.R..

3. Con sentenza n. 101/2015 del 13.5.2015 il Giudice del lavoro adito rigettava la domanda, osservando che l’atto datoriale costituiva mera conformazione al disposto della L.R., con conseguente sostituzione automatica delle clausole nulle ex art. 1339 e 1419 c.c. e che l’eventuale inottemperanza avrebbe esposto la società a responsabilità per danno erariale e all’intervento della Corte dei Conti.

4. Sul gravame dei dirigenti, la Corte di appello di Trieste, con sentenza n. 46 del 2016, confermava la decisione di primo grado, osservando che:

a) erano tardive, in quanto prospettate per la prima volta in appello, e come tali inammissibili ex artt. 414 e 437 c.p.c., tutte le allegazioni e le produzioni documentali a supporto delle censure di illegittimità costituzionale della norma; non solo non era dato comprendere con quale categoria di dirigenti fosse prospettata la comparazione posta a base delle censure di incostituzionalità della norma, ma per potere porre a confronto situazioni in tesi omologhe sarebbe stato necessario conoscere i dati salienti per il confronto, mentre la parte appellante era decaduta dal potere di allegazione e di prova;

b) la società convenuta è a totale partecipazione regionale e la riduzione del trattamento economico da essa disposto non è determinazione unilaterale, ma l’effetto dell’applicazione di una L.R., con conseguente sostituzione automatica nel contratto individuale di lavoro delle clausole nulle, ai sensi degli artt. 1339 e 1419 c.c.;

c) in merito alla natura del superminimo, l’art. 6 CCNL dirigenti Anas, richiamato dagli appellanti, non contiene un canone di irriducibilità e non riassorbibilità;

d) comunque, prendendo a riferimento i dati del trattamento dei dirigenti Anas di seconda fascia e considerando la retribuzione minima e l’indennità di funzione, si ottengono risultati di certo inferiori al totale di Euro 100.000 annui lordi, che è il limite definito per i ricorrenti dalla L.R..

5. Per la cassazione di tale sentenza gli originari ricorrenti hanno proposto ricorso affidato a due motivi. Ha resistito “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a. con controricorso.

6. La causa, originariamente fissata per l’adunanza in camera di consiglio del 28.11.2019, è stata rinviata all’odierna pubblica udienza, avendo il Collegio ravvisato l’insussistenza dei presupposti per la trattazione in sede camerale.

7. La società “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c..

8. All’odierna udienza, il Procuratore Generale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso e, con riferimento alla richiesta di parte ricorrente di rimessione alla Corte costituzionale per contrasto della L.R. F.V.G. n. 23 del 2007, art. 63, comma 7-quater introdotto dalla L.R. n. 13 del 2014, art. 18 ha sollecitato il rilievo d’ufficio da parte da questa Corte della rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di illegittimità costituzionale della suddetta norma per contrasto con l’art. 36 Cost. e l’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), anche in relazione a profili non sollevati dai ricorrenti e tuttavia rilevabili d’ufficio da questa Corte.

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. In via del tutto preliminare, quanto alla richiesta formulata in udienza dai difensori volta ad ottenere la concessione di un termine per il deposito di osservazioni, in applicazione dell’art. 384 c.p.c., comma 3, sulla questione di illegittimità costituzionale della L.R. n. 23 del 2007, art. 63, comma 7 in relazione all’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), rileva il Collegio che, secondo la giurisprudenza qui condivisa, la previsione di cui all’art. 384 c.p.c., comma 3 si riferisce esclusivamente all’ipotesi in cui la Corte ritenga di dovere decidere nel merito (Cass. n. 6669 del 2015, n. 15964 del 2011).

1.1. Vi sono elementi esegetici interni alla stessa norma dell’art. 384 c.p.c. che depongono per tale lettura restrittiva. Il comma 3 riferisce la sua disciplina sulla questione rilevabile d’ufficio letteralmente al caso in cui la Corte di cassazione “ritiene di porre a fondamento della sua decisione….”. L’uso della parola “decisione” riecheggia chiaramente soltanto una delle due ipotesi previste dal comma 2, ossia quella della cassazione con decisione nel merito, dove parimenti il legislatore ha usato il verbo “decidere”. Quindi è innanzitutto la collocazione e l’uso della terminologia che depongono per la soluzione interpretativa per cui il procedimento di cui al comma 3 sia stato voluto con riferimento al solo caso in cui la Corte intenda, a seguito dell’accoglimento del ricorso e della conseguente cassazione della sentenza impugnata, procedere alla decisione nel merito e ravvisi, però, di dovervi pervenire sulla base di una questione rilevabile d’ufficio non emersa nel contraddittorio delle parti (cfr. Cass. n. 15964 del 2011, in motivazione).

Occorre poi considerare che attraverso la rilevazione d’ufficio di questioni di diritto la Corte esplica la sua naturale funzione di giudice di legittimità e ciò avviene tanto in caso di cassazione senza rinvio sulla base di una questione rilevata d’ufficio dalla Corte con la stessa decisione, quanto nel caso di cassazione con rinvio, poichè in tal caso, se non chiude il processo, “chiude” sulla questione; tuttavia tale chiusura, ancora una volta, risulta l’effetto dell’esercizio da parte della Corte della sua funzione di giudice di legittimità (cfr. sent. cit.).

1.2. Nel caso in esame, la Corte ritiene che le questioni sollevate, anche con riguardo ai rilievi svolti dal Procuratore Generale nelle sue conclusioni in udienza, siano di mero diritto, per cui non sussistono i presupposti per disporre il rinvio del procedimento con concessione di un termine per osservazioni scritte in relazione all’art. 384 c.p.c., comma 3.

2. Il ricorso denuncia, con il primo motivo, violazione degli artt. 1339 e 1419 c.c. per avere la sentenza, in forza di un presunto automatico inserimento della L.R. nei contratti di lavoro, avvalorato un’interpretazione che porta ad eludere inviolabili precetti, quale l’intangibilità della retribuzione, con violazione di norme costituzionali (artt. 3 e 36 Cost.), accreditando un provvedimento regionale creato ad personam, in quanto relativo solo ai soli (tre) dirigenti della “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a., anche in violazione dei canoni di cui agli artt. 1175 e 1375 c.c..

Si denuncia altresì violazione ed errata interpretazione dell’art. 6 del CCNL dirigenti Anas, applicabile ai ricorrenti, che regola il superminimo individuale (“…il cui importo verrà determinato in funzione dell’autonoma valutazione dell’Azienda circa il peso della responsabilità organizzativa…”) e si assume che il superminimo non è riducibile nè riassorbibile.

3. Con il secondo motivo, rubricato “illegittimità costituzionale della L.R. 18 luglio 2014, n. 13, art. 18 in relazione agli artt. 3 e 36 Cost.”, si censura la sentenza laddove, affermando l’inserimento automatico di clausole nel contratto individuale ex artt. 1339 e 1419 c.c., ha omesso di esaminare se la L.R. n. 13 del 2014, art. 18 fosse o meno conforme alla Costituzione, segnatamente in relazione agli artt. 3 e 36, per le stesse ragioni di cui al precedente motivo.

4. Il ricorso è meritevole di accoglimento nei termini di seguito esposti. I due motivi interferiscono tra loro e vanno esaminati congiuntamente.

5. Ai fini di un inquadramento sistematico della questione, occorre premettere che questa Corte ha già avuto modo esaminare la normativa che concerne il trasferimento del personale Anas s.p.a. alla “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a. (Cass. nn. 15017 e 15295 del 2018). E’ stato osservato che tale vicenda trae fondamento nel D.Lgs. 1 aprile 2004, n. 111, recante norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia (L. Cost. n. 1 del 1963), che, all’art. 1, ha trasferito alla Regione, in base all’art. 4, comma 1, n. 9) e all’art. 8 dello Statuto, “tutte le funzioni amministrative in materia di pianificazione, di programmazione, di progettazione, di esecuzione, di manutenzione, di gestione, di nuova costruzione o di miglioramento, nonchè vigilanza delle reti stradali regionale e nazionale ricadenti sul territorio regionale come individuate, rispettivamente, negli elenchi allegati sub A) e B)…” e, all’art. 7 (“Funzioni del Compartimento dell’ANAS s.p.a. del Friuli-Venezia Giulia”), ha disposto che le funzioni previste dal medesimo decreto in capo all’ANAS s.p.a. sono esercitate attraverso il Compartimento ovvero “attraverso altra struttura autonoma per il Friuli-Venezia Giulia con sede in (OMISSIS)” (comma 1); che “il personale dell’ente di cui al comma 1 è trasferito in numero di 160 unità suddivise per categoria, secondo quanto previsto nella tabella allegata sub D)” (comma 2); che “la determinazione della partecipazione erariale relativa al trasferimento del personale di cui al presente articolo farà comunque riferimento al numero di unità individuate al comma 2” (comma 5).

5.1. Come osservato da questa Corte nei precedenti richiamati, le norme di attuazione statutaria hanno rimesso alla L.R., come desumibile da un’interpretazione logico-sistematica dell’intera disciplina di cui al D.Lgs. n. 111 del 2004, la scelta del modello organizzativo da adottare per la gestione dei beni demaniali e delle funzioni amministrative trasferite, ivi compreso il personale da assegnare all’esercizio di tali funzioni.

In tale contesto, la L.R. 20 agosto 2007, n. 23, artt. 63 e 68, ha disposto che il personale di cui al D.Lgs. n. 111 del 2004, art. 7 è trasferito a decorrere dal 1 gennaio 2008 alla società “Friuli-Venezia Giulia Strade” s.p.a., a capitale interamente pubblico, avente ad oggetto sociale esclusivo la progettazione, la realizzazione, la manutenzione, la gestione della vigilanza di opere di viabilità, costituita ai sensi della L.R. 20 agosto 2007, n. 22, art. 4, comma 87.

A tale personale “è riconosciuto il mantenimento delle condizioni contrattuali del Contratto collettivo nazionale di lavoro ANAS, dei trattamenti acquisiti e dell’assegnazione delle sede di lavoro”. E’ stato previsto che “in sede contrattuale sono definiti modalità e termini di applicazione della norma” (L.R. n. 23 del 2007, art. 68, commi 1 e 2).

5.2. Nei precedenti citati, questa Corte – nel rispondere alle censure di illegittimità costituzionale sollevate con riguardo alla L.R. n. 23 del 2007, art. 68 per contrasto della norma regionale rispetto a parametri costituzionali (artt. 116 e 117 Cost.), prospettate sul rilievo che la norma regionale sarebbe intervenuta in materia riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato in quanto afferente allmordinamento civile” di cui all’art. 117 Cost., lett. l, o all’ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato” di cui allo stesso art. 117 Cost., lett. g – ne ha ritenuto la manifesta infondatezza, osservando che il D.Lgs. n. 111 del 2007, art. 1 ha trasferito alla Regione le reti stradali regionale e nazionale ricadenti nel territorio regionale come individuate, rispettivamente, negli elenchi allegati sub A) e sub B) (rete stradale di interesse regionale e rete stradale di interesse statale a gestione regionale) e il personale trasferito è quello relativo alle reti stradali sulle quali si esercitano le funzioni trasferite alla Regione, beni e funzioni che lo stesso D.Lgs. n. 111 del 2004 riconosce come rientranti nella competenza legislativa regionale di cui all’art. 4, comma 1, dello Statuto.

5.3. In tale occasione questa Corte ha avuto modo di precisare che “deve poi escludersi che da tale regolamentazione sia derivato alcun concreto pregiudizio per i lavoratori trasferiti, quanto a trattamento retributivo e previdenziale, che gli stessi hanno potuto conservare rispetto alla posizione già dagli stessi rivestita presso l’ente di provenienza Anas s.p.a.” (sent. cit., in motivazione).

6. Di tali previsioni è stata fatta applicazione anche nei confronti degli odierni ricorrenti, come risulta pacifico dagli atti del giudizio di cassazione, poichè all’atto del loro trasferimento (2008) dall’Anas s.p.a. alla FVG Strade s.p.a. il rapporto di lavoro ha continuato ad essere regolato dal CCNL dirigenti Anas e i dirigenti hanno conservato il trattamento economico in godimento fino al momento in cui la società datrice di lavoro, interpretando ed applicando nel senso sopra esposto la sopravvenuta L.R. n. 13 del 2014, art. 18, ne ha ricondotto l’ammontare onnicomprensivo annuo entro il “tetto” di Euro 100.000,00.

7. Tanto premesso, venendo all’esame della norma che in questa sede direttamente interessa, la L.R. Regione autonoma Friuli Venezia Giulia 18 luglio 2014, n. 13 (recante “Misure di semplificazione dell’ordinamento regionale in materia urbanistico-edilizia, lavori pubblici, edilizia scolastica e residenziale pubblica, mobilità, telecomunicazioni e interventi contributivi”), all’art. 18 (Modifiche al titolo IV della L.R. n. 23 del 2007), comma 3, così ha disposto: “dopo il comma 7-ter della L.R. n. 23 del 2007, art. 63 è aggiunto il seguente: “7 quater. Il trattamento economico annuo onnicomprensivo riconosciuto ai dirigenti della società Friuli Venezia Giulia Strade SpA, correlato alla posizione occupata, alle responsabilità attribuite, nonchè alla complessità organizzativa e funzionale della struttura assegnata, può essere determinato fino alla misura massima di 100.000 Euro annui lordi e comunque determinato in coerenza con le disposizioni del Contratto collettivo regionale di lavoro – Area della dirigenza del personale del comparto unico regionale”.

7.1. Il dettato normativo rivela che due sono le proposizioni che il legislatore regionale ha contemplato nel comma 7-quater, inserito nell’originario testo della L.R. n. 23 del 2007, art. 63: la previsione secondo cui il trattamento economico annuo onnicomprensivo “può essere determinato fino alla misura massima di 100.000 Euro annui lordi” e l’ulteriore previsione secondo cui il predetto trattamento economico annuo onnicomprensivo deve essere comunque (“e comunque”) “determinato in coerenza con le disposizioni del Contratto collettivo regionale di lavoro – Area della dirigenza del personale del comparto unico regionale”.

7.2. Ritiene il Collegio che la locuzione “e comunque determinato in coerenza con le disposizioni del Contratto collettivo regionale di lavoro – Area della dirigenza del personale del comparto unico regionale” renda evidente, secondo il tenore della parole usate, che l’intento del legislatore regionale fosse quello di consentire la realizzazione – con riguardo alla società “Friuli Venezia Giulia Strade”, a totale partecipazione regionale – delle finalità proprie del CCRL comparto unico regionale della dirigenza della Regione Friuli-Venezia Giulia, ossia il raggiungimento della concreta realizzazione del processo di omogeneizzazione del personale dirigenziale, in modo da eliminare sperequazioni tra dirigenti appartenenti al personale del comparto unico e quelli che, pur appartenendo a società dalla veste formale di società per azioni, sono interamente partecipate dalla Regione, quale certamente è da considerarsi la “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a., società in house providing a totale partecipazione pubblica.

8. Proprio tenuto conto della perdurante applicazione del contratto collettivo di lavoro dei dirigenti Anas, che continuava a regolare i rapporti di lavoro dei dirigenti a suo tempo transitati da Anas s.p.a., deve ritenersi che la corretta interpretazione della norma suddetta sia quella che porta a individuare, con la prima previsione (“può essere determinato”), l’intento del legislatore regionale di sollecitare le parti sociali a ricondurre il trattamento annuo onnicomprensivo dei dirigenti della società “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a. entro il “tetto” prefissato dalla Regione in Euro 100.000,00 e, con la seconda previsione, più cogente (“e comunque determinato in coerenza…”), quella per cui il legislatore regionale intende rivolgere un vero e proprio indirizzo alle parti sociali di realizzare, in sede negoziale, il contenimento della spesa relativa ai trattamenti retributivi dei dirigenti della s.p.a. controllata dalla Regione. Tale previsione non può che significare, in coerenza con la finalità del contenimento della spesa pubblica, la ricerca di una tendenziale omogeneizzazione di trattamento economico, avuto riguardo (“in correlazione”) alla posizione occupata, alle responsabilità attribuite, nonchè alla complessità organizzativa e funzionale della struttura assegnata, tra dirigenti regionali e dirigenti di società in house, che – si ribadisce – è da qualificare come ente di diritto pubblico.

9. Occorre, innanzitutto, escludere che la L.R. abbia un’efficacia diretta e sostitutiva di clausole difformi ex art. 1339 e 1419 c.c. sul trattamento individuale dei dirigenti della società in house. L’intervento normativo costituisce un atto di indirizzo rivolto alle parti in sede di contrattazione di secondo livello, come di seguito verrà più ampiamente esposto, occorrendo per il momento solo ribadire che al personale a suo tempo transitato da Anas s.p.a. a “Friuli Venezia Giulia Strade” s.p.a. la L.R. n. 23 del 2007, art. 68, commi 1 e 2, ha riconosciuto il mantenimento delle condizioni contrattuali del Contratto collettivo nazionale di lavoro ANAS e dei trattamenti acquisiti, precisando poi che “in sede contrattuale sono definiti modalità e termini di applicazione della norma”.

Escluso, dunque, che l’intervento normativo possa avere inciso in modo diretto, in violazione del divieto di irriducibilità della retribuzione, sul diritto alla conservazione del trattamento in atto, come invece ritenuto dai giudici di merito, nessuna reformatio in peius è stata introdotta dalla norma in questione, atteso che la L.R. non ha inciso sul trattamento onnicomprensivo individuale che i ricorrenti percepivano all’atto dell’entrata in vigore della norma.

9.1. Una diversa lettura esporrebbe la previsione alla censura di incostituzionalità ex artt. 3 e 36 Cost., mentre, secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, dinanzi ad una scelta interpretativa suscettibile di determinare un contrasto fra la norma censurata e la Costituzione, l’interprete deve cercarne una diversa che eviti il supposto conflitto (cfr. sentenza n. 242 del 1999; ordinanze n. 3 del 2002 e n. 158 del 2000), dato che le leggi non si dichiarano costituzionalmente illegittime perchè è possibile darne interpretazioni incostituzionali, ma perchè è impossibile darne di costituzionali (cfr., fra le molte, sentenza n. 200 del 1999, n. 130 del 2002).

10. Deve pure escludersi che la norma ponga problemi di compatibilità costituzionale per contrasto con l’art. 117 della Carta fondamentale, come sostituito dalla L. Cost. 18 ottobre 2001, n. 3, art. 3.

10.1. In via generale, secondo costante giurisprudenza costituzionale, a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, rientrano nella materia “ordinamento civile”, riservata alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, la disciplina del trattamento economico dei dipendenti pubblici – affidata, nelle sue componenti fondamentali e accessorie, alla contrattazione collettiva (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 3 e art. 45; della L. n. 421 del 1992, art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo) entro i limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (del D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, commi 2, secondo periodo, e comma 3-bis) – e, più in generale, la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione, retta dalle disposizioni di legge e della contrattazione collettiva (C.Cost. sentenze n. 178 del 2015, n. 211 del 2014, n. 61 del 2014, n. 286 del 2013, n. 225 del 2013, n. 290 del 2012, n. 215 del 2012, n. 339 del 2011, n. 77 del 2011, n. 332 del 2010, n. 151 del 2010 e n. 189 del 2007).

La Corte costituzionale ha più volte affermato che le Regioni non possono determinare la struttura e l’entità del trattamento economico dei dirigenti pubblici, in quanto così ledono l’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), intervenendo in materia di “ordinamento civile”, quale la regolazione del rapporto di lavoro pubblico regionale, con specifico riferimento al profilo della sua contrattualizzazione, previsto dalla legislazione statale come principio regolatore del rapporto di lavoro con tutte le pubbliche amministrazioni, comprese le Regioni (vedi, tra le tante: Corte Cost. sentenze n. 175 del 2017, n. 160 del 2017, n. 72 del 2017, n. 257 del 2016, n. 180 del 2015, n. 269 del 2014, n. 211 del 2014 e n. 17 del 2014).

La Corte costituzionale ha rilevato la sussistenza di “riserva della contrattazione collettiva” inviolabile da parte delle Regioni con riguardo ad istituti centrali della disciplina del rapporto contrattuale dei pubblici dipendenti, che il D.Lgs. n. 165 del 2001 ha rimesso alla negoziazione con le organizzazioni sindacali, tra i quali il trattamento economico (C. Cost. n. 290 del 2012, n. 68 del 2011, n. 332 del 2010).

Nei limiti tracciati dalle disposizioni imperative della legge (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 2, comma 2, secondo periodo e comma 3-bis), il contratto collettivo si atteggia come imprescindibile fonte, che disciplina anche il trattamento economico (D.Lgs. n. 165 del 2001 art. 2, comma 3), nelle sue componenti fondamentali ed accessorie (D.Lgs. n. 165 del 2001, art. 45, comma 1) (C. Cost. n. 178 del 2015).

Dunque, la disciplina del rapporto di impiego alle dipendenze della Regione e i profili relativi al trattamento economico del personale pubblico privatizzato vengono ricondotti alla materia dell'”ordinamento civile”, di competenza esclusiva del legislatore nazionale, che in tale materia fissa principi che “costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull’esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l’uniformità nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati e, come tali si impongono anche alle Regioni a statuto speciale” (C. Cost. n. 189 del 2007, n. 81 del 2019 e 154 del 2019).

10.2. Anche questa Corte ha avuto modo di ribadire che la disciplina del rapporto di lavoro pubblico è rimessa alla legislazione esclusiva dello Stato a norma dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), in quanto riconducibile alla materia “ordinamento civile”, e vincola anche i rapporti alle dipendenze degli enti regionali ad autonomia differenziata, sicchè il legislatore può intervenire per conformarne gli istituti, imponendosi all’autonomia privata con carattere di inderogabilità (Cass. n. 24805 del 2015). Quanto alla disciplina del rapporto di lavoro, neppure le Regioni a statuto speciale hanno potestà legislativa, riservata in esclusiva allo Stato (cfr. Cass. n. 15017 del 2018 cit.).

11. Tanto premesso, è da escludersi che la Regione Friuli Venezia Giulia, con la L. n. 13 del 2014, art. 18, introducendo il comma 7-quater nella L.R. n. 23 del 2007, art. 63 abbia violato i principi sopra esposti, in quanto:

a) la norma anzidetta non è diretta a disciplinare istituti del rapporto di lavoro pubblico contrattualizzato relativi all’area della dirigenza del personale del comparto unico regionale; il richiamo, contenuto nel comma 7-quater cit., alla disciplina dettata dalla contrattazione collettiva di comparto per la regolamentazione del trattamento economico onnicomprensivo del personale dirigenziale costituisce l’indicazione, rivolta alle parti sociali, del parametro per la determinazione “coerente” del trattamento retributivo onnicomprensivo del personale della società “Friuli Venezia Giulia Strade”;

b) la norma in esame non ha regolato il trattamento economico dei dirigenti della società “Friuli Venezia Giulia Strade” in modo diverso da quanto previsto dalla disciplina contrattuale (privatistica) che ad essi risulta applicabile (CCNL dirigenti Anas), ma, in linea con la previsione della stessa L.R. n. 23 del 2007, art. 68 – secondo cui spetta alla sede contrattuale la definizione, tempo per tempo, dei modi e dei limiti del mantenimento, nei rapporti di lavoro alle dipendenze della medesima società, delle condizioni contrattuali del CCNL Anas e dei trattamenti economici individuali così acquisiti -, ha emanato norme di indirizzo, destinate ad essere attuate nella opportuna “sede contrattuale”, volte a conseguire l’effetto della conformazione del trattamento economico onnicomprensivo dei dirigenti della società a totale controllo regionale al trattamento onnicomprensivo della dirigenza del comparto pubblico regionale, con la finalità di contenimento della spesa pubblica.

12. E’ così da escludersi una violazione del riparto di competenza della potestà legislativa tra lo Stato e la Regione ad autonomia differenziata Friuli-Venezia Giulia, secondo le previsioni dell’art. 117 Cost. e dello Statuto di autonomia, anche in relazione alla Legge Cost. n. 3 del 2001, art. 10.

12.1. In proposito, giova osservare che, nel contenzioso riguardante il riparto di competenze tra Stato e Regioni, la riserva esclusiva dello Stato è stata spesso riaffermata proprio al fine del controllo della spesa pubblica locale, quale precondizione per la perequazione delle risorse pubbliche di esclusiva competenza statale; così, nel caso della sentenza n. 257 del 2016 (cfr. pure le altre pronunce ivi richiamate), la Corte costituzionale, su questione sollevata dal Governo, ha dichiarato costituzionalmente illegittima, per violazione dell’art. 117 Cost., comma 2, lett. l), una L.R. (di regione a statuto ordinario) che aveva regolato in via diretta il trattamento economico complessivo dei dirigenti degli enti dipendenti dalla Regione, delle società partecipate, delle fondazioni o altri organismi dipendenti comunque denominati. In altre occasioni, sono state accolte analoghe censure su questioni di costituzionalità sollevate dalla Corte dei Conti nel corso di giudizi di parificazione dei rendiconti regionali, con riferimento ai parametri costituzionali posti a tutela degli equilibri di bilancio e della sana gestione finanziaria (C. Cost. sent. n. 138 del 2019, n. 196 del 2018, n. 181 del 2015, n. 213 del 2008, n. 121 del 1966 e n. 165 del 1963).

13. Ritiene questa Corte che, come accennato in precedenza, l’intervento del legislatore della Regione Friuli-Venezia Giulia si inscriva nel contesto del potere di indirizzo che le Regioni esercitano sulle società pubbliche a totale partecipazione regionale. Una volta, infatti, che la Regione abbia esercitato la sua autonomia organizzativa, operando la scelta fra i vari moduli organizzativi possibili per lo svolgimento dei servizi strumentali alle proprie finalità istituzionali in favore dell’affidamento diretto a società pubbliche, essa ha anche accettato di rispettare lo speciale statuto che contraddistingue tali società, il quale, pur connotato da rilevanti profili di matrice pubblicistica, è comunque riconducibile, quanto ai rapporti di lavoro del suo personale, al modello societario privatistico che ha radice nel c.c..

La Corte Costituzionale ha precisato che la modalità privatistica scelta dall’ente pubblico controllante per realizzare le proprie finalità rende non assimilabile il rapporto di lavoro con tali società a un rapporto di lavoro pubblico. Il controllo, da parte dell’ente pubblico, della totalità (o di una quota rilevante) delle azioni delle predette società commerciali non è, infatti, sufficiente a giustificare il diverso assunto (v. in particolare, C. Cost. n. 167 del 2013).

14. All’epoca della emanazione della L.R. n. 13 del 2014, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Autonoma FVG in data 23 luglio 2014, le leggi statali avevano definito come segue il rapporto tra Regioni, società a totale partecipazione pubblica e contrattazione collettiva di secondo livello, quanto a disciplina del rapporto di lavoro dei dipendenti delle società controllate.

14.1. La L. 27 dicembre 2013, n. 147 (legge finanziaria per l’anno 2014), all’art. 1, comma 557, nel sostituire il comma 2-bis del D.L. 25 giugno 2008, n. 112, art. 18 conv. in L. 6 agosto 2008, n. 133, aveva stabilito, per quanto interessa nella presente sede, che “…alle società a partecipazione pubblica locale totale…” si applicano “…le disposizioni che stabiliscono, a carico delle rispettive pubbliche amministrazioni locali, obblighi di contenimento degli oneri contrattuali e delle altre voci di natura retributiva o indennitaria e per consulenze, attraverso misure di estensione al personale dei soggetti medesimi della vigente normativa in materia di vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria”. La norma aveva precisato che “a tal fine, su atto di indirizzo dell’ente controllante, nella contrattazione di secondo livello è stabilita la concreta applicazione dei citati vincoli alla retribuzione individuale e alla retribuzione accessoria, fermo restando il contratto nazionale di lavoro vigente alla data di entrata in vigore della presente disposizione”.

L’art. 2-bis è stato poi modificato dal D.L. n. 66 del 2014, conv. in L. 23 giugno 2014, n. 89, art. 20, in senso ancora più specifico, come segue: “Le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo si attengono al principio di riduzione dei costi del personale, attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale. A tal fine l’ente controllante, con proprio atto di indirizzo, tenuto anche conto delle disposizioni che stabiliscono, a suo carico, divieti o limitazioni alle assunzioni di personale, definisce, per ciascuno dei soggetti di cui al precedente periodo, specifici criteri e modalità di attuazione del principio di contenimento dei costi del personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera. Le aziende speciali, le istituzioni e le società a partecipazione pubblica locale totale o di controllo adottano tali indirizzi con propri provvedimenti e, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, gli stessi vengono recepiti in sede di contrattazione di secondo livello”.

14.2. La disposizione individua le rispettive competenze, nel senso che: a) compete all’ente controllante adottare l’atto di indirizzo, definendo “specifici criteri e modalità di attuazione del principio di contenimento dei costi del personale, tenendo conto del settore in cui ciascun soggetto opera”; b) compete alle società a partecipazione pubblica totale o di controllo (oltre che agli altri enti sopra menzionati) adottare tali indirizzi “con propri provvedimenti”; c) i provvedimenti della società controllata che abbiano ad oggetto il contenimento degli oneri contrattuali e delle voci di natura retributiva, incidendo su rapporti di lavoro regolati dalla contrattazione collettiva di diritto privato, devono a loro volta essere “recepiti in sede di contrattazione di secondo livello”.

14.3. La norma impone un adeguamento, ai fini del contenimento degli oneri contrattuali, con modalità equivalenti fra il sistema del pubblico impiego e la contigua area contrattual-privatistica delle società a partecipazione pubblica, pur a fronte della difformità tra contrattazione collettiva di comparto delle pubbliche amministrazioni e contrattazione collettiva di diritto privato, prevedendo che obblighi di contenimento degli oneri contrattuali trovino applicazione attraverso misure di estensione al personale in questione della vigente normativa in tema di vincoli alla retribuzione individuale e accessoria.

15. Alla stregua di quanto finora esposto, la L.R., non solo non è incorsa in alcuna violazione di norme costituzionali, ma ha fissato, in conformità a quanto sopra esposto, un atto di indirizzo finalizzato al controllo della spesa pubblica e a realizzare il recepimento, per la dirigenza della società a totale partecipazione pubblica, dei medesimi vincoli cui è assoggettata la dirigenza pubblica del comparto unico regionale.

16. Come è noto, è successivamente intervenuto il D.Lgs. 19 agosto 2016, n. 175 (“Testo unico in materia di società a partecipazione pubblica”) che, all’art. 19 (“Gestione del personale”), comma 1, ha ribadito che, per quanto non espressamente disciplinato dal T.U., ai rapporti di lavoro dei dipendenti delle società a controllo pubblico si applicano le disposizioni del c.c. (capo I, titolo II, del libro V del c.c.), le leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa e i contratti collettivi di riferimento.

Il medesimo art. 19 T.U. cit., ai commi 5 e 6, ha poi riaffermato principi sostanzialmente sovrapponibili a quelli sopra esposti, stabilendo che:

“Le amministrazioni pubbliche socie fissano, con propri provvedimenti, obiettivi specifici, annuali e pluriennali, sul complesso delle spese di funzionamento, ivi comprese quelle per il personale delle società controllate, anche attraverso il contenimento degli oneri contrattuali e delle assunzioni di personale….” (comma 5); “Le società a controllo pubblico garantiscono il concreto perseguimento degli obiettivi di cui al comma 5 tramite propri provvedimenti da recepire, ove possibile, nel caso del contenimento degli oneri contrattuali, in sede di contrattazione di secondo livello” (comma 6). L’inserimento della locuzione “ove possibile”, non presente nei testi legislativi precedenti, sembra costituire – come pure osservato in dottrina – una presa d’atto dell’impossibilità di vincolare, con un atto unilaterale della società, un atto di natura privata, quale il contratto collettivo di lavoro.

16. Per altro verso, vale ribadire che il tratto distintivo della società odierna resistente è la sussistenza di una relazione di partecipazione da parte dell’Amministrazione pubblica che esercita su tale società un controllo non solo economico, bensì un controllo analogo a quello che l’ente pubblico socio avrebbe su di un proprio reparto o ufficio o altra struttura organizzativa, ancorchè in forma congiunta.

Nella ricorrenza dei requisiti individuati dalla giurisprudenza della CGUE (cfr. sent. Teckal del 19.11.1999, n. 107/98) e di legittimità (cfr. Cass. Sezioni Unite nn. 5491 e 26283 del 2014; n. 26643 del 2016 e 22409 del 2018), non risultando possibile configurare un rapporto di alterità tra l’ente pubblico partecipante e la società in house che ad esso fa capo, è giocoforza concludere che anche la distinzione tra il patrimonio dell’ente e quello della società si può porre in termini di separazione patrimoniale, ma non di distinta titolarità.

La società avente detti connotati non è altro che una longa manus della pubblica amministrazione, al punto che l’affidamento pubblico mediante in house contract neppure consente veramente di configurare un rapporto contrattuale intersoggettivo, per che l’ente in house non può ritenersi terzo rispetto all’amministrazione controllante ma deve considerarsi come uno dei servizi propri dell’amministrazione stessa (Cons. Stato, Ad. plen., n. 1/08).

Con la sentenza n. 46 del 2013 la Corte costituzionale, richiamando la sua precedente sentenza n. 325 del 2010, ha affermato che “.. Secondo la normativa comunitaria, le condizioni integranti tale tipo di gestione ed alle quali è subordinata la possibilità del suo affidamento diretto (capitale totalmente pubblico; controllo esercitato dall’aggiudicante sull’affidatario di “contenuto analogo” a quello esercitato dall’aggiudicante stesso sui propri uffici; svolgimento della parte più importante dell’attività dell’affidatario in favore dell’aggiudicante) debbono essere interpretate restrittivamente, costituendo l’in house providing un’eccezione rispetto alla regola generale dell’affidamento a terzi mediante gara ad evidenza pubblica. Tale eccezione viene giustificata dal diritto comunitario con il rilievo che la sussistenza delle suddette condizioni esclude che l’in house contract configuri, nella sostanza, un rapporto contrattuale intersoggettivo tra aggiudicante ed affidatario, perchè quest’ultimo è, in realtà, solo la longa manus del primo”. Quindi, una diversa disciplina che favorisca le società in house rispetto all’aggiudicante Amministrazione pubblica si potrebbe porre in contrasto con la stessa disciplina comunitaria…” (sent. cit., in motivazione).

17. Dunque, alla luce della ricostruzione della normativa statale vigente e della giurisprudenza del Giudice delle leggi, deve ritenersi che, nel vigente ordinamento, siano imposti alle società in house i medesimi vincoli di contenimento di spesa nell’ambito della politica di attribuzione delle voci retributive e di compensi ai propri dipendenti, analogamente a quelli previsti per i dipendenti pubblici.

18. In tale contesto, giova osservare che il D.Lgs. 23 giugno 2011, n. 118, nell’armonizzare i sistemi contabili e gli schemi di bilancio delle Regioni, delle Province e degli Enti locali, dispone il consolidamento dei conti tra gli enti e i loro organismi partecipati. Ampio è il perimetro del consolidamento, che include aziende, società controllate e partecipate, enti e organismi strumentali degli Enti territoriali (D.Lgs. n. 118 del 2011, art. 11-bis), sicchè lo stesso consente di pervenire a un risultato economico unitario del “gruppo ente locale”, che tenga conto sia del risultato dell’esercizio dell’ente, sia dei profitti e delle perdite degli organismi partecipati.

Come osservato dalla Corte dei Conti, “L’attenzione sul sistema della partecipazioni pubbliche è andata crescendo sia a livello centrale sia a livello territoriale essendo maturata la convinzione che l’utilizzo dello strumento societario possa costituire una modalità di elusione dei vincoli di finanza pubblica. Al riguardo si segnala la costante attenzione del legislatore nei confronti di quei comportamenti, pur legittimi, che risultino finalizzati ad eludere il rispetto delle nuove regole di pareggio del bilancio” (Corte dei Conti, Sezione delle autonomie, Relazione 2016, Delib. n. 27 del 2016, punto n. 1.3).

19. In conclusione, la sentenza va cassata con rinvio dovendo il giudice di rinvio riesaminare il merito della causa, alla luce dei motivi di appello, conformandosi al seguente principio di diritto:

“La L.R. Regione Friuli-Venezia Giulia n. 23 del 2007, art. 63, comma 7-quater, aggiunto dalla L.R. n. 13 del 2014, nel disporre che il trattamento economico annuo onnicomprensivo dei dirigenti della soc. in house Friuli Venezia Giulia Strade s.p.a., a totale partecipazione regionale, deve essere determinato in coerenza al contratto collettivo regionale di lavoro per l’Area della dirigenza del personale del comparto unico regionale, non ha inteso incidere sul trattamento che alla data di entrata in vigore della legge era già acquisito nel patrimonio individuale dei dirigenti in servizio, il cui rapporto di lavoro è regolato dal CCNL Anas, ma ha emanato una norma di indirizzo finalizzata al contenimento degli oneri contrattuali, da recepire in successivi accordi in sede di contrattazione di secondo livello”.

20. Si designa quale giudice di rinvio la Corte di appello di Trieste, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese del presente giudizio.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte di appello di Trieste in diversa composizione.

Così deciso in Roma, il 5 marzo 2020.

Depositato in Cancelleria il 13 ottobre 2020

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