Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22072 del 22/09/2017


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Cassazione civile, sez. VI, 22/09/2017, (ud. 13/07/2017, dep.22/09/2017),  n. 22072

 

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. FRASCA Raffaele – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – rel. Consigliere –

Dott. SCODITTI Enrico – Consigliere –

Dott. ROSSETTI Marco – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso iscritto al n. 19488/2016 R.G. proposto da:

PROVINCIA DI SALERNO, in persona del Presidente pro tempore,

elettivamente domiciliata in ROMA, VIA OSLAVIA 12, presso lo studio

dell’avvocato GERARDO ROMANO CESAREO, rappresentata e difesa

unitamente e disgiuntamente dagli avvocati UGO CORNETTA e FRANCESCO

TEDESCO;

– ricorrente –

contro

CONDOMINIO (OMISSIS), in persona dell’Amministratore pro tempore,

elettivamente domiciliato in ROMA, VIA E D’ONOFRIO 43, presso lo

studio dell’avvocato UMBERTO CASSANO, rappresentato e difeso

dall’avvocato RAIMONDO DI IESU;

– controricorrente –

avverso la sentenza n. 214/2016 della CORTE D’APPELLO di SALERNO,

depositata il 18/04/2016;

udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata

del 13/07/2017 dal Consigliere Dott. Franco DE STEFANO.

Fatto

RILEVATO

che:

la Provincia di Salerno ricorre, affidandosi ad un motivo, per la cassazione della sentenza n. 214 del 18/04/2016 della Corte di Appello di Salerno, notificata il 19/05/2016, con cui, in sua contumacia ed in riforma nei suoi confronti della sentenza di primo grado del Tribunale di Nocera Inferiore, essa è stata condannata ad eseguire lavori e a risarcire danni per infiltrazioni da un edificio di sua proprietà al Condominio di (OMISSIS) di quel centro urbano;

resiste con controricorso l’intimato;

è formulata proposta di definizione – per inammissibilità – in camera di consiglio ai sensi dell’art. 380-bis c.p.c., comma 1, come modificato D.L. 31 agosto 2016, n. 168, art. 1 bis, comma 1, lett. e), conv. con modif. dalla L. 25 ottobre 2016, n. 197;

la ricorrente deposita memoria ai sensi del medesimo art. 380-bis, comma 2, u.p..

Diritto

CONSIDERATO

che:

la ricorrente denuncia “violazione/falsa applicazione degli artt. 170 e 330, c.p.c. (art. 360 c.p.c., comma 1, nn. 3 e 4)”, lamentando essere avvenuta la notifica dell’atto di citazione in appello, anzichè al domicilio eletto in primo grado (e cioè presso l’avv. Rino Carpinelli, con studio in Nocera Inferiore alla via Marconi 10), direttamente al procuratore costituito, avv. Angelo Casella, “assumendone la domiciliazione presso la sede della Provincia… in il un momento in cui la sede dell’avvocatura provinciale non era nemmeno più coincidente con la sede legale dell’amministrazione intimata (via Roma n. 104, Salerno), atteso che l’ufficio si era già trasferito in Largo Pioppi n. 1…”;

ribatte il controricorrente che la relata di notifica attesta la notifica dell’atto di appello proprio all’avv. Casella, procuratore in primo grado, poi invocando l’autorità di Cass. 13857/14 e 15326/15 per sostenere la validità della notificazione eseguita personalmente a mani del destinatario ovunque lo trovi;

va preliminarmente riscontrato che, nonostante la ricorrente ometta di trascriverlo nel ricorso, il tenore testuale della relata di notifica, compiutasi a mezzo posta, si ricava dall’intestazione della relativa raccomandata (spedita il 18/09/2009 e ricevuta il 24 seguente) e comunque dall’indicazione del destinatario della notifica stessa come apposta sull’avviso di ricevimento, nei seguenti letterali sensi: “alla Provincia di Salerno, in persona del Presidente della G.P. e leg. rappr.nte p.t., ivi legalmente domiciliato unitamente all’avv. Angelo Casella che lo rappresenta e difende e presso il quale elettivamente domicilia in Salerno via Roma P.zo S. Agostino”;

se è indubbio che non corrisponde al vero che l’avv. Casella avesse eletto domicilio in Salerno via Roma p.zo S. Agostino, cioè presso la sede della Provincia, visto che è provato che in primo grado egli aveva invece eletto domicilio presso un collega in Nocera Inferiore, tuttavia non solo nulla di tanto risulta dalla sentenza di primo grado, che tale domiciliazione non riporta nell’intestazione, ma, soprattutto, va osservato che la notifica dell’atto di appello ha avuto luogo nei confronti del legale della Provincia presso la sede di questa: sicchè, pacificamente essendo incardinato quell’avvocato nell’apposito ufficio legale dell’Ente locale territoriale, una siffatta notifica deve qualificarsi avere avuto luogo presso quello che deve equipararsi al suo studio (quello cioè dove il professionista ufficialmente risiede in ragione del suo ufficio – come ricorda Cass. 15/10/2013, n. 23384 – a norma del R.D.L. 27 novembre 1933, n. 1578, art. 10 e art. 17, comma 1, n. 7, convertito nella L. 22 gennaio 1934, n. 36, applicabili ratione temporis); e tutto ciò senza considerare che tuttora, da informazioni a chiunque accessibili con gli ordinari strumenti informatici ed in particolare dal sito CNF compulsato alla data della decisione, egli risulta domiciliato proprio – e tuttora – in Via Roma 104 Salerno, indirizzo che corrisponde a quello della Provincia, ma non al diverso luogo ove sarebbero stati trasferiti gli uffici dell’Avvocatura Provinciale;

vi è da osservare che da tempo questa Corte ha affermato che (Cass. Sez. U. 18/02/2009, n. 3818) “in tema di impugnazione, la notifica presso il procuratore costituito o domiciliatario va effettuata nel domicilio da lui eletto nel giudizio, se esercente l’ufficio in un circondario diverso da quello di assegnazione, o, altrimenti, nel suo domicilio effettivo, previo riscontro, da parte del notificante, delle risultanze dell’albo professionale, dovendosi escludere che tale onere di verifica – attuabile anche per via informatica o telematica arrechi un significativo pregiudizio temporale o impedisca di fruire, per l’intero, dei termini di impugnazione”;

d’altra parte, già per Cass. 11/11/2013, n. 25294, è stata ritenuta valida, sia pure al parzialmente diverso fine della decorrenza del termine breve per proporre l’appello, la notificazione della sentenza effettuata al procuratore costituito nello studio risultante dall’albo professionale, anzichè in quello, da lui indicato in corso di causa, ubicato nel circondario del giudice di primo grado, posto che l’esigenza della piena conoscenza del contenuto della decisione per la parte tramite il suo difensore, unico ad essere definito come qualificato professionalmente a valutare l’opportunità dell’impugnazione, è in pieno soddisfatta da tale modalità di consegna dell’atto da prendere in considerazione;

analogamente, questa Corte è saldamente attestata sul principio in base al quale la denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione: sicchè è inammissibile l’impugnazione con cui si lamenti un mero vizio del processo, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o altro pregiudizio per la decisione di merito (Cass. 18/12/2015, n. 26831); o, in altri termini, in virtù del generale principio di diritto processuale, elaborato da questa Corte (Cass. 22/02/2016, n. 3432; Cass. 24/09/2015, n. 18394; Cass. 16/12/2014, n. 26450; Cass. 13/05/2014, n. 10327; Cass. 22/04/2013, n. 9722; Cass. 19/02/2013, n. 4020; Cass. 14/11/2012, n. 19992; Cass. 23/07/2012, n. 12804; Cass. 09/03/2012, n. 3712; Cass. 12/09/2011, n. 18635; Cass. Sez. U. 19/07/2011, n. 15763; Cass. 21/02/2008, n. 4435; Cass. 13/07/2007, n. 15678), per il quale nessuno ha diritto al rispetto delle regole del processo in quanto tali, ma solo se, appunto in dipendenza della loro violazione, ha subito un concreto pregiudizio (espressamente, ancor più di recente, v. Cass. Sez. U. 08/05/2017, n. 11141, p. 6 delle ragioni della decisione);

in applicazione di tali principi al caso di specie, la pure evidente, erroneità, in quanto presupponeva un’elezione di domicilio in primo grado dell’avv. Casella presso la sede della Provincia che invece non vi era stata, dell’invio dell’atto di appello da notificare non elide la circostanza che l’atto abbia raggiunto comunque validamente la controparte, sia in persona del suo legale rappresentante che per di più del suo difensore in primo grado, in un luogo, quale la sede legale dell’Ente pubblico nel cui ufficio legale quegli era pacificamente incardinato, in cui il destinatario dell’atto avrebbe potuto, con un’ordinaria diligenza ed una anche solo minimale autoorganizzazione delle proprie risorse – di certo esigibile in astratto ed attesa in concreto da una pubblica amministrazione in applicazione dei principi costituzionali di cui all’art. 97 Cost. – in grado di smistare tempestivamente gli atti in arrivo all’ufficio competente: tanto da potersi predicare l’equipollenza di un tale luogo di effettiva ricezione, se ed in quanto corrispondente con la sede legale e non risultando nulla di diverso dalle pure doverose comunicazioni al Consiglio dell’Ordine, di un qualunque atto ad essa diretto a prescindere dall’erroneità dell’individuazione del domiciliatario e dello stesso luogo di domiciliazione, anche ai fini di una valida instaurazione del grado di impugnazione;

nella specie, d’altro canto, la doglianza mossa dalla ricorrente prospetta l’irritualità della notifica all’Ufficio dell’Avvocatura della Provincia, in quanto quest’ultimo si era già trasferito da due anni in altro luogo: ciò che avrebbe impedito la puntuale conoscenza dell’impugnazione proposta; ma, in disparte i seri dubbi sulla possibilità che una circostanza a sè favorevole possa essere autocertificata dalla parte, il fatto che gli Uffici dell’Avvocatura provinciale fossero stati trasferiti fin dal 2007 in altro luogo risulta irrilevante ai fini della ritualità della notifica così eseguita, visto che tanto non si allega, nè tanto meno si prova, essere stato comunicato al Consiglio dell’Ordine al fine dell’inserimento del dato del domicilio del professionista e della sua variazione nell’albo a tutti accessibile ed a tacer del fatto che un Ente dovrebbe sempre essere in grado di smistare tra i suoi uffici gli atti ricevuti per di più alla sua sede legale, in un contesto ordinamentale in cui ha sempre meno rilevanza l’errore formale dell’interlocutore nell’individuazione dell’autorità corretta cui rivolgersi (di cui ultima prova si ha perfino – di recente – nel caso dell’instaurazione di un appello a giudice territorialmente non competente, che Cass. Sez. U. 14/09/2016, n. 18121, ritiene ovviabile con la trasmissione ufficiosa dell’atto a quello competente);

va così equiparata, nonostante la domiciliazione in altro luogo in primo grado, la notifica di un atto di impugnazione indirizzato al legale rappresentante ed al difensore di un Ente pubblico territoriale presso la sede legale dell’Ente stesso ad una esperita direttamente presso lo studio del legale, a meno che non risulti come non risulta nella specie – una diversa e specifica ubicazione di quest’ultimo, ritualmente comunicata al Consiglio dell’Ordine al fine della sua pubblicazione nell’albo, solo quella potendo compulsarsi dal pubblico dei potenziali interessati;

in questi termini – cioè ampliato all’ipotesi della consegna a persona addetta alla sede legale dell’Ente nel cui ufficio legale è incardinato il suo difensore già costituito – può ritenersi sostanzialmente corretto, benchè riferito all’ipotesi della notificazione a mani proprie dell’avvocato destinatario, il richiamo che il controricorrente opera a Cass. 21/07/2015, n. 15326 (che, peraltro, a sua volta si rifà al precedente di Cass. 17/07/1999, n. 7613), sulla validità della notifica degli atti processuali a mani del procuratore costituito, nonostante l’elezione di domicilio, dovendo prevalere, per la funzione di rappresentanza istituzionale e di vera e propria immedesimazione con la parte, su qualunque diverso formalismo la circostanza dell’acquisizione della conoscenza effettiva dell’atto che si rileva dalla ricezione del medesimo con la sua consegna in quel luogo ad ufficio incardinato nell’Ente;

pertanto, la gravata sentenza non merita le censure mossele dalla ricorrente, dovendo trovare applicazione alla specie il seguente principio di diritto: è valida la notificazione dell’atto di appello al difensore di un Ente locale territoriale, il quale aveva per il primo grado eletto domicilio altrove, anche se eseguita presso la sede legale dell’Ente medesimo sul presupposto della coincidenza in quel luogo della sua Avvocatura e nella quale il difensore era ed è incardinato, equiparandosi la consegna a persona addetta a tale sede, ove non si alleghi e non provi che una diversa ubicazione di quegli Uffici sia stata preventivamente comunicata al Consiglio dell’Ordine, ad una notifica allo studio del legale e comunque risultando tale notifica in quel luogo idonea a porre il professionista in grado di espletare, col dispiegamento di una minimale diligenza ed attività di autoorganizzazione nello smistamento degli atti ricevuti normalmente esigibile da una pubblica amministrazione, tempestivamente il suo ministero;

il ricorso, quindi, non può che essere rigettato, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità in favore di controparte;

deve infine darsi atto – mancando la possibilità di valutazioni discrezionali (tra le prime: Cass. 14/03/2014, n. 5955; tra molte altre: Cass. Sez. U. 27/11/2015, n. 24245) – della sussistenza dei presupposti per l’applicazione del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, in tema di contributo unificato per i gradi o i giudizi di impugnazione.

PQM

 

rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 2.300,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge. Ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater, inserito dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17 dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso art. 13, comma 1 bis.

Così deciso in Roma, il 13 luglio 2017.

Depositato in Cancelleria il 22 settembre 2017

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