Sentenza Sentenza Cassazione Civile n. 22070 del 11/09/2018

Cassazione civile sez. VI, 11/09/2018, (ud. 17/05/2018, dep. 11/09/2018), n.22070

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE SESTA CIVILE

SOTTOSEZIONE 3

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. AMENDOLA Adelaide – Presidente –

Dott. DE STEFANO Franco – Consigliere –

Dott. SCRIMA Antonietta – rel. Consigliere –

Dott. CIRILLO Francesco Maria – Consigliere –

Dott. PELLECCHIA Antonella – Consigliere –

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA

sul ricorso 14799-2017 proposto da:

M.G., considerato domiciliato ex lege in ROMA, PIAZZA

CAVOUR, presso la CORTE DI CASSAZIONE, rappresentato e difeso

dall’avvocato ROBERTO BUONANNO;

– ricorrente –

contro

CREDITO FONDIARIO SPA;

– intimato –

avverso la sentenza n. 1093/2017 della CORTE D’APPELLO di FIRENZE,

depositata il 10/05/2017;

udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non

partecipata del 17/05/2018 dal Consigliere Dott. ANTONIETTA SCRIMA.

Fatto

FATTI DI CAUSA

M.G. ha proposto ricorso per cassazione, basato su quattro motivi e illustrato a memoria, avverso la sentenza n. 1093 del 10 maggio 2017, notificata a mezzo pec, con cui la Corte di appello di Firenze ha rigettato il gravame, da lui proposto, nei confronti del Credito Fondiario S.p.a. e contro la sentenza del Tribunale di Firenze n. 4513/2015, ha condannato l’appellante alle spese di quel grado nonchè al pagamento, ex art. 96 c.p.c., comma 3, della somma di Euro 3.777,00 e dato atto della sussistenza dei presupposti per il raddoppio del c.u.

L’intimato non ha svolto attività difensiva in questa sede.

La proposta del relatore è stata ritualmente comunicata, unitamente al decreto di fissazione dell’adunanza in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 bis c.p.c..

Diritto

RAGIONI DELLA DECISIONE

1. Il Collegio ha disposto la redazione dell’ordinanza con motivazione semplificata.

2. Il ricorso è improcedibile.

2.1. Al riguardo deve premettersi che al giudizio di cassazione non è stato esteso il cd. processo telematico ma il ricorrente ha comunque la facoltà di notificare il ricorso alla controparte con modalità telematiche.

Ove scelga di avvalersi di tale facoltà, il ricorrente, effettuata la notifica telematica, è tenuto, dunque, ad estrarre copia cartacea dell’atto notificato e della relata di notificazione, al fine di procedere al suo deposito nella cancelleria della Corte secondo le modalità tradizionali.

La fattispecie trova una precisa regolamentazione nella L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, commi 1-bis e 1-ter, introdotti, rispettivamente, dal D.L. n. 179 del 2012 (conv. con modificazioni nella L. n. 221 del 2012) e dal D.L. n. 90 del 2014 (conv. con modificazioni nella L. n. 114 del 2014).

Secondo queste disposizioni, qualora non si possa procedere al deposito con modalità telematiche dell’atto notificato a mezzo di posta elettronica certificata – nonchè in tutti i casi in cui si debba fornire la prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche -, l’avvocato estrae copia su supporto analogico (cioè cartaceo) del messaggio di posta, dei suoi allegati (ricorso e relata di notifica) e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna.

Le norme in parola stabiliscono che delle copie estratte su supporto cartaceo destinate ad essere depositate secondo le modalità tradizionali (messaggio pec, ricorso, relazione di notifica, ricevuta di accettazione, ricevuta di avvenuta consegna), l’avvocato deve attestare la conformità ai documenti informatici da cui sono tratte, ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 1985, n. 82, art. 23, comma 1, (cd. Codice dell’amministrazione digitale), a mente del quale le copie su supporto analogico di un documento informatico, anche sottoscritto con firma elettronica avanzata, qualificata o digitale, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale da cui sono tratte se la loro conformità all’originale in tutte le sue componenti è attestata da un pubblico ufficiale a ciò autorizzato.

Quando compie le attestazioni previste dalle disposizioni in esame, l’avvocato acquisisce la qualifica di pubblico ufficiale (L. n. 53 del 1994, art. 6, come modificato dal D.L. n. 179 del 29012, art. 16 quater, comma 1, lett. g), conv. nella L. n. 221 del 2012) e viene dunque sollevato dalla necessità di chiedere, di volta in volta, apposite certificazioni di conformità.

2.3. Nel caso di specie, il difensore si è avvalso della facoltà di notificare il ricorso alla controparte a mezzo di posta elettronica certificata. Egli quindi ha depositato presso la cancelleria di questa Corte tale atto nonchè le copie analogiche della relazione di notifica sottoscritta digitalmente e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna ma non ha provveduto ad attestare, ai sensi dell’art. 23 comma 1, del codice dell’amministrazione digitale, la conformità delle copie analogiche depositate ai documenti informatici da cui sono tratte, così violando il disposto della L. n. 53 del 1994, art. 9,commi 1-bis e 1-ter.

2.4 Il deposito dei predetti atti privi della necessaria attestazione di conformità sottoscritta dal difensore prevista dal comma 1-bis della L. n. 53 del 1994, art. 9, induce a ritenere mancante la condizione di procedibilità stabilita dall’art. 369 c.p.c., comma 1.

2.5. La circostanza assume rilievo perchè gli atti introduttivi di un giudizio d’impugnazione non hanno soltanto lo scopo di instaurare il contraddittorio (come avviene nel primo grado), ma anche quello di introdurre un gravame su una decisione giurisdizionale che – per esigenze di certezza del diritto – può essere sottoposta al vaglio del giudice superiore solo entro termini processuali prestabiliti dal legislatore e rigorosamente perentori.

I termini per l’impugnazione (e lo stesso deve affermarsi per il termine ex art. 370 c.p.c., fissato per contraddire l’impugnazione principale col controricorso) sono sottratti alla disponibilità delle parti e soggetti a verifica ex officio da parte del giudice: conseguentemente, un particolare rigore formale caratterizza gli adempimenti procedimentali volti a dimostrare il dies a quo del termine per impugnare (il deposito della sentenza o la sua notificazione) e il rispetto del dies ad quem dell’atto di impugnazione (la notificazione del ricorso per cassazione o del controricorso, il quale può contenere ricorso incidentale) e, per tale ragione, la sola produzione di copia fotostatica dei predetti atti, mancante della garanzia di autenticità, deve reputarsi inidonea a consentire le verifiche officiose del giudice dell’impugnazione “senza che rilevi la mancata contestazione tra le parti della conformità tra copia e originale, non trovando applicazione, nella specie, il disposto dell’art. 2719 c.c., il quale riguarda la diversa questione dell’efficacia probatoria di un documento da valere fra le parti” (in tema, Cass. 18/09/2012, n. 15624; sull’inidoneità della fotocopia a sostituire l’originale, v. anche Cass. 26/05/2015, n. 10784 e Cass. 20/01/2015, n. 870).

2.6. Riguardo alla prova della notificazione con modalità telematica degli atti introduttivi del giudizio di cassazione, si ribadisce che – a norma della L. 21 gennaio 1994, n. 53, art. 9, comma 1-ter, (il quale concerne “tutti i casi in cui l’avvocato debba fornire prova della notificazione e non sia possibile fornirla con modalità telematiche, procede ai sensi del comma 1-bis”) – l’avvocato deve provvedere ad estrarre copia su supporto analogico (id est, cartaceo) del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e della ricevuta di accettazione e di avvenuta consegna e, poi, ad attestarne la conformità ai documenti informatici da cui le copie sono tratte ai sensi del D.Lgs. 7 marzo 2005, n. 82, art. 23, comma 1.

Perciò, per il deposito presso la cancelleria di questa Corte, il procuratore mittente deve formare copie cartacee del messaggio di posta elettronica certificata inviato, degli allegati, e delle ricevute di accettazione e di avvenuta consegna e, soprattutto, è tenuto ad attestare la conformità all’originale digitale dei documenti prodotti in formato analogico (Cass. 14/07/2017, n. 17450, in motivazione).

2.7. La necessità che la produzione in copia cartacea del ricorso notificato a mezzo di posta elettronica certificata sia accompagnata dall’asseverazione di conformità, ai documenti informatici da cui sono tratte, delle copie del messaggio pec, dei relativi allegati e delle ricevute di accettazione e conferma, già affermata da questa Corte (Cass. 19/12/2016, n. 26102; v. in tema di controricorso Cass. 28/07/2017, n. 18758), è stata di recente ribadita, con l’ordinanza 22/12/2017, n. 30918, dalla Sezione Sesta, nella composizione di cui al paragrafo 41.2. delle tabelle di questa Corte, la quale ha ritenuto che “il deposito in cancelleria di copia analogica del ricorso per cassazione predisposto in originale telematico e notificato a mezzo posta elettronica certificata, con attestazione di conformità priva di sottoscrizione autografa del difensore L. n. 53 del 1994, ex art. 9, commi 1 bis e 1 ter, ne comporta l’improcedibilità rilevabile d’ufficio ai sensi dell’art. 369 c.p.c., a nulla rilevando la mancata contestazione della controparte ovvero il deposito di copia del ricorso ritualmente autenticata oltre il termine perentorio di venti giorni dall’ultima notifica, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante al momento della scadenza del termine per il deposito del ricorso”.

In particolare, nella motivazione della decisione si legge: “Il potere di attestazione dell’avvocato previsto dalla L. n. 53 del 1994, art. 9, comma 1-bis e successive integrazioni, ha per oggetto: il messaggio di posta elettronica certificata, i suoi allegati (ricorso e relazione di notifica), le ricevute di accettazione e di avvenuta consegna. Si estende quindi, per espressa previsione normativa, anche agli atti allegati. Se, come nel caso in esame, il ricorso analogico è una mera copia di quello informatico priva della necessaria attestazione di conformità sottoscritta dal difensore, non è idoneo ad integrare quanto richiesto dall’art. 369 c.p.c., comma 1, ed è quindi improcedibile. Le Sezioni Unite hanno infatti affermato che “è improcedibile il ricorso per cassazione del quale sia stata depositata, nel termine di venti giorni dalla notificazione, soltanto una copia non autenticata e non già originale”… Analogo discorso vale per la relazione di notifica ed il relativo messaggio attestante il tempo della notifica dal quale decorre il termine per il deposito in cancelleria… La giurisprudenza afferma, senza oscillazioni, che l’improcedibilità del ricorso deve essere rilevata d’ufficio senza che sia necessaria un’eccezione della controparte… Nè rileva la mancata contestazione della controparte, in quanto la materia non è nella disponibilità delle parti.”. (v. anche Cass. 30/03/2018, n. 7900, in relazione alla problematica analoga della notifica a mezzo pec del controricorso; per il rilievo d’ufficio dell’improcedibilità, senza che sia necessaria un’eccezione di parte v., tra le altre, Cass. 18/09/2012, n. 15624, Cass. 8/10/2013, n. 22914; Cass. 7/02/2017, n. 3132 e, in tema di irrilevanza, in senso contrario, della mancata contestazione della controparte, in quanto la materia non rientra nella disponibilità delle parti v., tra le altre, Cass. 8/10/2013, n. 22914; Cass.26/05/2015, n. 10784).

2.8. Nel caso di specie, avuto riguardo alla circostanza che la parte intimata non ha svolto difese, deve dunque procedersi al rilievo officioso dell’improcedibilità del ricorso.

2.9. Solo in prossimità della camera di consiglio, in allegato ad un atto intestato “Nota di deposito delle attestazioni di conformità” e datato 26 aprile 2018, il ricorrente ha depositato (con trasmissione in plico postale) copie su supporto analogico del ricorso, della relata di notifica, della ricevuta di accettazione e della ricevuta di avvenuta consegna, corredate da attestazione di conformità agli originali sottoscritta dall’avvocato nella medesima data del 26 aprile 2018.

Il M., nella memoria contemporaneamente e con lo stesso mezzo pure depositata, dà sostanzialmente atto della mancata attestazione di conformità dei predetti atti in sede di deposito del ricorso.

2.10. La giurisprudenza della Corte ammette che il deposito dell’originale possa avvenire anche separatamente e dopo la produzione della copia non autenticata, ma a condizione che avvenga nel termine di venti giorni dall’ultima notificazione, non essendo ammissibile il recupero di una condizione di procedibilità mancante dopo la scadenza del termine per il deposito del ricorso (Cass. 20 gennaio 2015, n. 870 e Cass., 7 febbraio 2017, n. 3132) e tale principio è stato ribadito di recente dalle sezioni Unite nella sentenza 2 maggio 2017, n. 10648. Con questa pronuncia, la Corte ha affermato che non si applica la sanzione della improcedibilità quando il documento mancante sia nella disponibilità del giudice perchè prodotto dalla controparte o perchè presente nel fascicolo d’ufficio. Ha però ribadito che, invece, “consentire il recupero dell’omissione mediante la produzione a tempo indeterminato con lo strumento dell’art. 372 c.p.c. vanificherebbe il senso del duplice adempimento del meccanismo processuale. L’improcedibilità, infatti, a differenza di quanto previsto in altre situazioni procedurali, trova la sua ragione nel presidiare, con efficacia sanzionatoria, un comportamento omissivo che ostacola la sequenza di avvio di un determinato processo”.

2.11. Il deposito delle attestazioni di conformità degli atti di cui si discute deve, quindi, ritenersi tardivo.

3. In conclusione, il ricorso va dichiarato improcedibile.

4. Non vi è luogo a provvedere per le spese, non avendo l’intimata società svolto attività difensiva in questa sede.

5. Va dato atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, evidenziandosi che il presupposto dell’insorgenza di tale obbligo non è collegato alla condanna alle spese, ma al fatto oggettivo del rigetto integrale o della definizione in rito, negativa per l’impugnante, del gravame (v. Cass. 13 maggio 2014, n. 10306).

PQM

La Corte dichiara improcedibile il ricorso; ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1-quater, nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Sesta Civile – 3 della Corte Suprema di Cassazione, il 17 maggio 2018.

Depositato in Cancelleria il 11 settembre 2018

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